il grido profetico di Zanotelli contro la globalizzazione della riccheza contro i poveri

l’illusione dei ricchi

 

Incredibile l’abuso che noi occidentali abbiamo fatto della Bibbia per dominare il mondo

 

Quanti Lazzaro stesi davanti alle porte delle Chiese, segnati da ferite fisiche o esistenziali, desiderosi di avere le stesse opportunità dei benestanti. Quanti ricchi che frequentano piamente il tempio e disertano gli altri luoghi in cui vive Dio, deformato e sfigurato da povero. Se fa impressione l’inarrestabile calo di presenze in chiesa non sorprendono invece le assenze sugli attuali Golgota. Infatti anche nelle crocifissioni di oggi Dio continua a rimanere terribilmente solo (o quasi). Non si può non provare pena per i ricchi. Vivono nell’illusione che il “successo” sociale di cui godono sia il segno del favore del Cielo. Purtroppo per loro Dio ha scelto la sconfitta, ciò che non luccica, la contraddizione, i rifiutati. I ricchi senza conversione conosceranno un solo momento di verità: la morte. Lì si renderanno conto che hanno rinunciato alla propria umanità e alla possibilità di infinito per contare dei sudici pezzi di carta. “Gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi”(1) è la giustizia al contrario del nostro meraviglioso Dio. Così quelli che oggi stanno fuori entreranno e quelli che credono di stare dentro usciranno o comunque aspetteranno. Così quelli piegati dalla sbarra dell’oppressione saranno sollevati, rimessi in piedi e saliranno, quelli che stanno sul piedistallo, sui pulpiti del legalismo/moralismo/rigorismo scenderanno e senza gli applausi a cui sono abituati. Così quelli calunniati, perseguitati, uccisi per i loro richiami profetici saranno ascoltati pubblicamente, quelli che hanno predicato di giorno il Vangelo e stretto accordi di notte con il potere saranno messi a tacere.

(1) Vangelo di Matteo 20,16

Vangelo di Luca 16, 19-31

C’era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando nell’inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura. Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi. E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento. Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro. E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno. Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi».

pubblicato da altranarrazione

la spietata intolleranza dei comuni di Pisa e Cascina nei confronti di alcune famiglie rom

il grido di disagio di alcune famiglie rom che chiedono di poter mandare i loro bambini a scuola dopo essere cacciati dai loro terreni:

Noi Rom costretti ad essere nomadi

Ora non possiamo stare in pace, neanche dentro i nostri camper.”

Anni fa, abitavamo dentro il campo Rom, ed eravamo censiti nel Progetto “Città Sottili” del comune, poi ci ha chiesto di uscire dal campo e ci siamo sistemati in aree di nostra proprietà. Anche da lì il comune ci ha allontanato, confiscandoci l’area. Ben 4 terreni ci sono stati tolti. Per vivere ci è toccato prendere dei camper. Ma cosa dobbiamo fare?

Siamo circa 12 famiglie, una cinquantina di persone, con trenta minori. Stiamo vivendo nei camper da circa un anno, ma da mesi è una vera “odissea”, costretti a continui spostamenti, da un parcheggio all’altro tra Pisa e Cascina, in seguito ad ordinanze che l’amministrazione di Cascina e Pisa hanno emanato e che vietano l’uso dei camper al di fuori delle aree attrezzate…politicamente con colori diversi (Lega e PD), ma uguali nell’accanirsi con noi. Ordinanze mirate soprattutto a perseguire la presenza di noi Rom che viviamo nei camper, non certo per una nostra scelta, ma in seguito la chiusura dei nostri terreni e senza l’offerta di reali alternative.

Il motivo della confisca dei nostri spazi è perché abbiamo messo la ghiaia su terreni destinati ad uso agricolo, ma se lo abbiamo fatto era solo per rendere la nostra vita più decorosa, soprattutto per i nostri figli, che in tutti questi anni hanno frequentato le scuole, ottenendo tra l’altro i diplomi della elementare e medie e qualcuno frequenta la superiore. Una di queste famiglie ha tre bambini portatori di handicap, tra l’altro frequentavano pure loro la scuola con il sostegno di psicologi. In questi anni abbiamo lottato perché i nostri figli frequentassero la scuola e vorremmo che continuassero a farlo, ma nelle condizioni attuali ci è praticamente impossibile. Non passa giorno che i vigili ci invitano ad allontanarci dal parcheggio in cui siamo e di andare nel parcheggio riservato per i camperisti, a volte anche due o tre volte al giorno. L’assurdo è che noi di giorno, non possiamo usare il camper, perché i vigili ci allontanano e di notte per dormire, andando nelle aree riservate ai camperisti e ci tocca pagare 30 € per 24 ore di permanenza, questo noi non ce lo possiamo permettere. E’ una ordinanza assurda che penalizza solo noi Rom, noi siamo stati costretti dalle Amministrazioni a dover vivere nei camper, non siamo dei turisti occasionali che vengono a visitare la città di Pisa per qualche giorno l’anno.

Noi Rom siamo costretti a vivere come nomadi, è forse questa la strada dell’integrazione che tutti i comuni ci gridano sulle nostre teste ogni giorno? Siamo ritornati a fare la vita di 40 anni fa, esattamente quella dei nostri padri, anzi per loro era molto più facile, perché allora non esistevano queste ordinanze assurde, la gente si spostava liberamente e trovava con facilità un posto dove sostare.

Tanti dei nostri figli sono nati qui a Pisa, cresciuti insieme ai loro compagni sui banchi di scuola, si frequentavano e giocavano insieme, ma dopo il 28 Agosto del 2017 (giorno dell’ultima ordinanza anti accampamento e bivacco del comune di Pisa, la precedente era del giugno 2016), per loro non è più possibile, questa legge ci punisce troppo e non possiamo soddisfare il loro desiderio di frequentare i loro compagni di scuola. Tutto questo che ci sta capitando non è per una nostra scelta! In questi anni sono state tante le promesse che i servizi Sociali ci hanno fatto, ma il risultato è sotto gli occhi di tutti, cioè niente e tante parole al vento: come ora sono le nostre vite, siamo ritornati ad essere come nomadi al vento!

La nostra richiesta.

Noi non chiediamo e non vogliamo la casa, anche perché sappiamo che tanti italiani la stanno aspettando da anni e ne hanno più bisogno di noi, quello che chiediamo è che l’Amministrazione di Pisa ci dia la possibilità di stare nel nostro territorio, anche per far studiare i nostri bambini. Ci indichi un’area di sosta temporanea, per la durata dell’anno scolastico, dove stare anche con i camper senza dover pagare cifre troppo alte. Siamo sempre disposti a parlare con l’assessore del sociale, dott.ssa Capuzzi (finora non ha mai accettato un incontro con noi), perché con il dialogo e la mediazione è possibile risolvere tanti problemi, se c’è la volontà di capire e aiutarsi da entrambe le parti.

22 Settembre 2017

(da un parcheggio pubblico di Pisa)

Fam.Seferovic

Fam. Halilovic

Fam. Ahmetovic

un grido da ascoltare

summit umanitario mondiale

“ascoltiamo il grido di chi soffre”

Non ci deve essere una famiglia senza casa, nessun rifugiato senza un’accoglienza, nessuna persona senza una dignità, nessun ferito senza cure, nessun bambino senza un’infanzia, nessun giovane senza un futuro, nessun anziano senza una dignitosa vecchiaia.

 A chiederlo è Papa Francesco, nel suo messaggio inviato al segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, in occasione della prima giornata del Summit Umanitario Mondiale. Dobbiamo impegnarci personalmente e poi tutti insieme – si legge nel testo – “coordinando le nostre forze e iniziative, rispettando le reciproche competenze ed esperienze, non discriminando, ma piuttosto accogliendo”

da Istanbul, Il servizio di Francesca Sabatinelli:

 

Questo summit, per Francesco “è un’occasione per dare una svolta alle vite di milioni di persone che necessitano protezione, cura e assistenza, e che cercano un futuro dignitoso”. L’auspicio che il Papa rivolge all’assemblea è quindi quello che da questo summit possano arrivare risultati che possano “realmente contribuire ad alleviare le sofferenze di questi milioni di persone”, frutti che “possano essere dimostrati attraverso una solidarietà sincera e un vero e profondo rispetto per i diritti e per la dignità di coloro che soffrono a causa dei conflitti, della violenza, della persecuzione, e dei disastri naturali”. Le vittime, scrive il Papa, sono le persone più vulnerabili, chi vive in condizioni “di miseria e di sfruttamento”
No al “mercato” degli aiuti
Le soluzione dei conflitti oggi sono impedite da troppi interessi, le strategie militari, economiche e geopolitiche costringono le persone a spostarsi, “imponendo il dio denaro, il dio del potere”. Allo stesso tempo – stigmatizza Francesco – gli sforzi umanitari sono spesso condizionati da vincoli commerciali e ideologici. Occorre quindi “un impegno rinnovato per proteggere ogni persona nella sua vita quotidiana e per proteggerne la dignità e i diritti umani, la sicurezza e i bisogni globali”.
Nessuno resti indietro
Al tempo stesso è necessario preservare la libertà e l’identità sociale e culturale dei popoli, senza che ciò ne comporti l’isolamento, ma che al contrario favorisca cooperazione, dialogo e soprattutto pace. “Non lasciare nessuno indietro” e “fare ognuno del suo meglio” (alcuni obiettivi del Summit – ndr) sono esigenze che chiedono che non ci si arrenda, e che tutti noi ci si assuma la responsabilità delle nostre decisioni e azioni riguardanti le stesse vittime.
Conoscere chi si prende cura della società
Francesco si augura quindi che il Summit possa anche essere l’occasione per riconoscere il lavoro di chi aiuta il prossimo, il proprio vicino, di chi contribuisce alla consolazione delle sofferenze delle vittime di guerre e calamità, degli sfollati e dei rifugiati, di chi si prende cura della società, in particolare attraverso scelte coraggiose in favore della pace, del rispetto , della guarigione e del perdono. E’ così, dice il Papa, che si salvano vite umane.
Non amiamo le idee, ma le persone
“Nessuno ama un concetto, nessuno ama un’idea, noi amiamo le persone. Il sacrificio di sé, vero dono di sé, scaturisce dall’amore verso gli uomini e le donne, verso i bambini e gli anziani , i popoli e le comunità… facce, quei volti e nomi che riempiono i nostri cuori”. Da Francesco parte quindi quella che lui stesso definisce “una sfida” al Summit: ai partecipanti chiede di far “ascoltare il pianto delle vittime e di coloro che soffrono”. Di consentire loro di insegnarci una lezioni di umanità. E di consentire a tutti noi di cambiare il modo di vivere, le nostre politiche, le nostre scelte economiche, i nostri comportamenti e atteggiamenti di superiorità culturale. “Imparando dalle vittime e da coloro che soffrono – conclude il Papa – saremo in grado di costruire un mondo più umano”.

(Da Radio Vaticana)

image_pdfimage_print