il Dio cristiano preferisce i poveri

i preferiti da Dio 

 i poveri !

Gustavo Gutierrez

Gutierrez

Non stiamo con i poveri se non siamo contro la povertà, diceva Paul Ricoeur, molti anni fa.  Ovvero, se non rigettiamo la condizione che opprime una parte tanto importante  dell’umanità. Non si tratta di un rifiuto meramente emotivo, è necessario conoscere le  ragioni della povertà a livello sociale, economico e culturale.

Ciò esige strumenti di analisi  che ci sono forniti dalle scienze umane, ma come ogni pensiero scientifico, esse lavorano  con ipotesi che permettono di comprendere la realtà che cercano di spiegare; ciò equivale  a dire che sono chiamate a cambiare dinanzi a fenomeni nuovi.

E’ quando accade oggi di  fronte alla presenza dominante del neoliberismo, che giunge sulle spalle di una economia  sempre più autonoma dalla politica (e prima ancora dall’etica) grazie al fenomeno noto  con il termine, un po’ barbaro, di globalizzazione.

La situazione così designata, come sappiamo, viene dal mondo dell’informazione ma ha potenti ripercussioni sul terreno  economico e sociale, e in altri ambiti dell’attività umana. Tuttavia, la parola è ingannevole  perché fa credere che ci orientiamo verso un mondo unico, quando in realtà, è nel momento attuale, comporta ineluttabilmente una contropartita: l’esclusione di una parte  dell’umanità dal circuito economico e dai cosiddetti benefici della civiltà contemporanea.

Una asimmetria che diviene sempre più pronunciata. Milioni di persone vengono così trasformate in oggetti inutili, o gettabili dopo l’uso. Si tratta di coloro che sono rimasti fuori dall’ambito della conoscenza, elemento decisivo dell’economia dei nostri giorni e l’asse più  importante di accumulazione di capitale. Va notato che questa polarizzazione è  conseguenza della maniera in cui stiamo vivendo oggi la globalizzazione, la quale
costituisce un fatto che non necessariamente deve prendere l’odierna piega di una crescente disuguaglianza. E, lo sappiamo, senza uguaglianza non c’è giustizia. Lo sappiamo, ma il problema assume oggi un’urgenza sempre maggiore.

Il neoliberismo economico postula un mercato senza limiti, chiamato a regolarsi da solo, e sottopone qualunque solidarietà sociale in questo campo a una dura critica, accusandola non solo di essere inefficace nei confronti della povertà, ma addirittura di essere una delle cause. Che in questo campo vi siano stati abusi è chiaro e riconosciuto, ma qui siamo di fronte ad un rifiuto di un principio che lascia senza protezione i più fragili della società.

Uno dei corollari di questo pensiero, e fra i più dolorosi e acuti, è quello del debito estero, che opprime e tiene con le mani legate le nazioni povere. Debito che è cresciuto in maniera spettacolare, tra altri motivi, a causa dei tassi di interesse manipolati dagli stessi  creditori. La richiesta della sua cancellazione è stato uno dei punti più concreti e  interessanti della decisione di Giovanni Paolo II di celebrare un giubileo, nel senso biblico  del termine, per l’anno duemila. Questa disumanizzazione dell’economia, in atto già da tempo, che tende a trasformare tutto in merce, comprese le persone, è stata denunciata da una riflessione teologica che mostra il carattere idolatrico, nel senso biblico del termine, di questo fatto.  Le circostanze odierne non hanno solo reso più impellente questo richiamo ma anche fornito nuovi elementi di approfondimento. D’altra parte, assistiamo oggi a un  curioso tentativo di giustificazione teologica del neoliberismo economico che, ad esempio,  paragona le multinazionali al servo di Jahvé, da tutti vilipeso e attaccato, mentre da esse verrebbero la giustizia e la salvezza.

Per non parlare della cosiddetta teologia della  prosperità, che ha vincoli molto stretti con la posizione appena ricordata. Ciò ha talora  spinto a postulare un certo parallelismo tra cristianesimo e dottrina neoliberale. Senza  negare le intuizioni, bisogna interrogarsi sulla portata di un’operazione che ci ricorda quella  che, all’estremo opposto, è stata fatta, anni fa, per confutare il marxismo ritenuto anch’esso una sorta di “religione”, la quale peraltro avrebbe seguito, passo per passo, il messaggio cristiano (peccato originale e proprietà privata, necessità di un redentore e proletariato, ecc). Ma questa osservazione, è chiaro, non toglie nulla alla necessità di una  critica radicale alle idee dominanti oggi nell’ambito dell’economia.

Al contrario. Una  riflessione teologica a partire dai poveri, preferiti da Dio, si impone. Essa deve prendere in
considerazione l’autonomia della disciplina economica e al tempo stesso tenere presente la sua relazione con l’insieme della vita degli esseri umani, il che comporta, innanzitutto, prendere in considerazione una esigenza etica.

Analogamente, evitando di entrare nel gioco delle posizioni he abbiamo appena menzionato, non bisognerà perdere di vista che il rifiuto più fermo delle posizioni neoliberali, avviene a partire dalle contraddizioni di una economia che dimentica  cinicamente e, alla lunga, in maniera suicida, gli esseri umani, in particolare coloro che  non hanno difese in questo campo cioè, oggi, la maggior parte dell’umanità.

Si tratta di una questione etica nel senso più ampio del termine, la quale impone di entrare nei perversi meccanismi che distorcono dall’interno l’attività umana chiamata economia. Coraggiosi sforzi di riflessione teologica si fanno in questo senso tra noi. In questa linea, quella della globalizzazione e della povertà, dobbiamo collocare pure le  prospettive aperte dalle correnti ecologiste dinanzi alla distruzione, ugualmente suicida,  della natura. Esse ci hanno reso più sensibili a tutte le dimensioni del dono della vita, e ci  hanno aiutato ad ampliare l’orizzonte della solidarietà sociale che deve comprendere un rispettoso legame con la natura.

Il problema non tocca solamente i Paesi sviluppati, le cui  industrie causano tanti danni all’habitat naturale dell’umanità; coinvolge tutti, anche i paesi  più poveri. E’ impossibile oggi riflettere teologicamente sul  problema della povertà senza  tenere conto di queste realtà.

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