l’hotel gestito dai rom che diventa laboratorio di pace
Pristina
“Non so ancora se l’impresa riuscirà”, dice Gashnjani alla Sueddeutsche Zeitung, che all’albergo ha dedicato un ampio reportage multimediale. “Forse Andreas ha scelto me e Atlan, che pure non siamo manager alberghieri di professione, per dare un esempio. Per mostrare al governo del Kosovo e al mondo che uno svizzero, due rom, e dipendenti locali di etnia serba e albanese, possono lavorare insieme. Che la convivenza può funzionare, fino a trasformarsi in un buon affare”.
L’albergo si chiama semplicemente Hotel Gracanica. E’un gioiello architettonico, modernista ed evocativo, in stile futurista. Wormser, con l’aiuto di Polansky, ha lanciato l’idea dopo aver lavorato per l’Onu in Kosovo. E si è deciso a rinunciare alla carriera e perfino ad affrontare un matrimonio a distanza visto che la moglie è rimasta a Berna. Certo, si tratta di una scommessa difficile: in Kosovo il turismo non è ancora decollato e finora l’albergo è occupato in media al 20 per cento delle sue capacità. Ma quest’estate, Gashnjani, Gidzic e il loro amico svizzero contano in più arrivi e pernottamenti, sperando di pareggiare il bilancio. I finanziamenti li hanno messi insieme alla meglio, indebitandosi.
Un destino che sembrava impensabile per Gashnjani e Gidzic, passati attraverso le guerre jugoslave/postjugoslave. Odiati in quanto rom, considerati nemici di tutti e perfino accusati di essere collaborazionisti subendo perfino incursioni e demolizioni di case. Tanto che ancora oggi, Gashnjani non entra nella vicina cittadina di Pomazatin, dove pure i suoi genitori avevano vissuto per 40 anni. Adesso lui, Gidzic e i loro due amici imprenditori, lo svizzero e l’americano sognano, di dare un segnale differente.