la destra ecclesiale torna alla carica
“il papa è un idolatra”
da: Adista Notizie n° 40 del 23/11/2019
L’ennesimo manifesto contro papa Francesco è la “Protesta di cento studiosi contro i recenti atti sacrileghi di Papa Francesco” (12/11, www.contrarecentiasacrilegia.org/it). Fra i cento studiosi, annota l’agenzia Corrispondenza Romana che l’ha diffuso in Italia, il moralista John F. McCarthy, il teologo Brian W. Harrison, lo storico Roberto de Mattei, il ricercatore John Lamont, il filosofo del diritto Paolo Pasqualucci, il medievalista Claudio Pierantoni, il patrologo John Rist, il filosofo Josef Seifert, lo storico Henry Sire, la principessa Gloria Thurn und Taxis, il filosofo Giovanni Turco, lo studioso Jose Antonio Ureta e John-Henry Westen, cofondatore del sito LifeSiteNews.
La denuncia dei firmatari, riassume l’agenzia, riguarda l’«atto di adorazione della dea pagana Pachamama nei Giardini Vaticani» che avrebbe compiuto il papa il 4 ottobre, e il fatto che «il 7 ottobre l’idolo è stato posto di fronte all’altare maggiore di San Pietro e poi portato in processione nella Sala del Sinodo». Nel tentativo di accreditare maggiormente l’accusa, il documento ricorda che «queste cerimonie» sono state condannate come idolatriche o sacrileghe dal card. Walter Brandmüller, dal card. Raymond Burke, dal card. Gerhard Müller, dal card. Jorge Urosa Savino, dall’arcivescovo Carlo Maria Viganò, da mons. Athanasius Schneider, da mons. José Luis Azcona Hermoso, da mons. Rudolf Voderholzer e da mons. Marian Eleganti. Nessuno di questi, però, ha sottoscritto la “Protesta” in questione.
Francesco, idolatra sistematico!
La quale protesta non riguarda solo la «partecipazione all’idolatria», perché questa «è stata preceduta dalla dichiarazione intitolata “Documento sulla Fraternità Umana”, firmata da Papa Francesco e Ahmad Al-Tayyeb, il Grande Imam della Moschea di Al-Azhar, il 4 Febbraio 2019». In essa si afferma – argomenta il documento – che «Il pluralismo e la diversità di religione, colore, sesso, razza e linguaggio sono voluti da Dio nella Sua saggezza, attraverso la quale ha creato gli esseri umani. Questa saggezza divina è la fonte da cui discende il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi». Ne deriva, secondo il manifesto dei cento studiosi, una rivelazione: «Il coinvolgimento di Papa Francesco nelle cerimonie idolatriche indica che egli intendeva dare a questa affermazione un senso eterodosso, il quale consente che l’adorazione pagana di idoli venga considerata un bene voluto da Dio in senso positivo».
“Penitenziagite!”
Perciò gli studiosi chiedono a papa Francesco, ma «rispettosamente», «di pentirsi pubblicamente e senza ambiguità, di questi peccati oggettivamente gravi e di tutte le trasgressioni pubbliche che ha commesso contro Dio e la vera religione, e di riparare a questi oltraggi»; e chiedono «a tutti i vescovi della Chiesa cattolica di rivolgere una correzione fraterna a Papa Francesco per questi scandali, e di ammonire i loro greggi che, in base a quanto affermato dall’insegnamento della fede cattolica divinamente rivelato, se seguiranno l’attuale Papa nell’offesa contro il Primo Comandamento, rischiano la dannazione eterna».
“Che impudenza!”
Una risposta semi-ufficiale alle accusa mosse dai “cento studiosi” è giunta a stretto giro di posta dall’Osservatore Romano, che il 13 novembre pubblica un articolo di mons. Felipe Arizmendi, vescovo emerito di San Cristóbal de las Casas (Messico), intitolato: “Se la creazione è manifestazione dell’amore di Dio. È una divinità la Pachamama?”. Senza mezzi termini, Arizmendi scrive: «È una grande impudenza condannare il Papa come idolatra, perché non lo è stato né lo sarà mai. Al termine della cerimonia nei giardini vaticani, gli hanno chiesto una parola e lui si è limitato a pregare con il Padrenostro. Non c’è altro Dio all’infuori del nostro Padre celeste». Non c’è stata nessuna «idolatria», nessuna «adorazione della “madre terra” e di altre “divinità”. Non c’è stato niente di tutto ciò. Non sono dee; non c’è stato alcun culto idolatrico. Sono simboli di realtà ed esperienze amazzoniche, con motivazioni non solo culturali, ma anche religiose, ma non di adorazione, perché questa si deve solo a Dio».
«E per dissipare ogni dubbio sull’atteggiamento del Papa», aggiunge fra l’altro, «basta ricordare ciò che ha scritto nella Laudato si’: “Quando ci si rende conto del riflesso di Dio in tutto ciò che esiste, il cuore sperimenta il desiderio di adorare il Signore per tutte le sue creature e insieme ad esse (…)”. Questo non significa equiparare tutti gli esseri viventi e togliere all’essere umano quel valore peculiare che implica allo stesso tempo una tremenda responsabilità. E nemmeno comporta una divinizzazione della terra, che ci priverebbe della chiamata a collaborare con essa e a proteggere la sua fragilità” (n. 90)».
«Come dice Gesù», è la chiusa dell’articolo del vescovo messicano, «non dobbiamo giudicare né condannare come idolatria ciò che non lo è. Dobbiamo conoscere più a fondo le culture originarie. Ed è nostro compito condividere il Vangelo di Gesù, che ci libera da idolatrie, laddove ci fossero».
Lo scisma: a chi giova?
È dunque patente che ci sia divisione nella Chiesa, perciò non è ipotesi inverosimile l’evento di uno scisma. Il 12 settembre scorso, sull’aereo che lo riportava a casa proveniente dal Madagascar, papa Francesco minimizzò questo rischio: «C’è sempre l’opzione scismatica nella Chiesa, sempre. Ma è una delle opzioni che il Signore lascia alla libertà umana. Io non ho paura degli scismi, prego perché non ce ne siano». È tornato sull’argomento il teologo amico del papa, Carlos M. Galli, docente a Buenos Aires presso la Pontificia Università Cattolica dell’Argentina. In un’intervista rilasciata all’agenzia Efe – nel contesto del congresso internazionale organizzato a Barcellona dall’Ateneo dell’Università Sant Pacià per analizzare i contributi del Papa alla teologia e alla cura pastorale della Chiesa (v. Adista online, 8/11) – ha riconosciuto che lo scisma è «possibile» ad opera di settori conservatori europei e nordamericani. Settori non solo interni alla Chiesa: da tempo, ha sottolineato, potenti settori economici e politici «stanno manifestando una forte opposizione al papa, perché sono infastiditi dal suo pronunciamento pubblico su temi quali l’accoglienza dei migranti, la povertà, il dialogo finalizzato alla pace». La celebrazione, lo scorso ottobre, del Sinodo per l’Amazzonia, secondo il teologo, «ha accentuato» il rifiuto dei settori più tradizionalisti della Chiesa cattolica alle politiche di papa Francesco.