‘pax Christi’ contro la guerra in Iraq e LIbia

IL RITUALE DELLA GUERRA

Renato Sacco

Renato Sacco, coordinatore Nazionale di Pax Christi

Come sempre le guerre si preparano!
Con gli articoli di giornale che annunciano il coinvolgimento anche dei nostri Tornado.
Con i Ministri del Governo che smentiscono.
Con le domande provocatorie ‘dove sono i pacifisti’?
Con la promessa che sicuramente se ne discuterà in Parlamento.. sovrano!
E poi gli aerei partono e bombardano. Anche i Tornado, definiti fino a qualche mese fa vecchi e obsoleti, ‘bare volanti’, ora improvvisamnte sono super efficienti!
tornado
Sarai mica contrario a bombardare l’Is? – mi viene detto anche in queste ore – Allora sei dalla loro parte!?’.
Le stesse cose, ripetute come un rituale, già sentite nel 1991, con la prima guerra del Golfo: ma allora tu sei favorevole a Saddam? E magari era un po’ favorevole anche il Papa che aveva osato dire “la ‘Guerra è avventura senza ritorno”!?
Gli ‘avventurieri’ oggi hanno il terreno preparato.
Poi si sa, con la guerra muoiono sempre più gli innocenti, vedi l’ospedale di MSF a Kunduz.
Anche qui il rituale prevede le smentite, poi le giustificazioni, poi l’ammissione dell’errore con le doverose scuse… ci mancherebbe!
Tutto rigorosamente secondo un rituale da far invidia al più pignolo cerimoniere per liturgie di nostalgica memoria.

Pax Christi aveva già scritto lo scorso 22 settembre: “Basta con la vendita di armi! Basta!”, ci hanno chiesto anche in questi giorni i tanti amici che abbiamo in Iraq. … Come Pax Christi rinnoviamo la nostra scelta per la nonviolenza, lavorando insieme con tutti coloro che credono alla pace, ad una soluzione nonviolenta dei conflitti, perché Un’altra Difesa è possibile.

Ma assistiamo a preparativi di nuove guerre! In questa prospettiva non possiamo tacere di fronte alla prossima esercitazione NATO “Trident Juncture 2015”, dal 3 ottobre al 6 novembre, con il coinvolgimento di 36.000 uomini, 60 navi e 140 aerei. Il comando di questa operazione sarà alla base NATO di Lago Patria, a Napoli. ‘La più grande esercitazione della storia moderna della Nato’. Trident Juncture 2015 dimostrerà il nuovo accrescimento del livello di ambizione della NATO nello scenario di guerra moderna comune’ …. Per questo saremo presenti, come Pax Christi, alla manifestazione promossa dai comitati ‘No Trident’, in programma a Napoli il prossimo 24 ottobre.” (http://www.paxchristi.it/?p=10890)

E non certo per essere dalla parte di Putin, come vorrebbe il rituale della guerra, ma per ribadire che la guerra è sempre follia, suicidio, ‘inutile strage’.

Interressanti e puntuali mi sembrano le riflessioni di Francesco Vignarca, coordinatore di Rete Disarmo: “Quale carta migliore di una ‘necessità operativa’ per difendere i fondi destinati alla spesa militare?”( http://ilmanifesto.info/bombardare-lisis-gli-errori-della-guerra/ )

lavoriamo per una pace vera, costruttiva, che non abbia il sapore e il rumore della violenza e delle bombe, ma il gusto della vita.

Firenze, 7 ottobre 2015

d. Renato Sacco,

Coordinatore nazionale di Pax Christi

Contatti:

d. Renato Sacco, coordinatore nazionale drenato@tin.it – 348-3035658

Segreteria Nazionale Pax Christi info@paxchristi.it 055-2020375

terra bruciata per i cristiani in Iraq

iraq

in Iraq è caccia ai cristiani

l’isis fa terra bruciata

di Cristina Scanu e Giuseppe Ciulla

in “il Fatto Quotidiano” del 8 agosto 2014

isis

L’uomo chiede un pezzo di carta e una penna. Fissa sul foglio bianco Mosul. Poi a ventaglio scrive i nomi dei villaggi e un numero accanto. Qaraqosh 200, Bartella 44, Alqosh 70, Tall kayf 46. In pochi minuti disegna la mappa della fuga. Le famiglie cristiane cacciate dall’Isis dalla capitale dell’autoproclamato Stato Islamico hanno raggiunto i paesi vicini a piedi. Quelle che invece avevano soldi a sufficienza per pagare un taxi o una macchina con cui fuggire sono arrivate fino a Erbil, la capitale del Kurdistan iracheno, 65 chilometri da Mosul. E si sono rifugiate a Ankawa, il quartiere a maggioranza cristiana. Hanno chiesto ospitalità a parenti e conoscenti. E se non avevano nessuno hanno bussato alle porte delle chiese. L’uomo della mappa è uno che conta nel governo del Kurdistan iracheno. Si chiama Paulos Shimaoun ma per tutti è Abuban ed è una figura centrale della comunità caldea, i cristiani che c’erano prima degli altri a Mosul, Bagdad, Kirkuk. “Gli sfollati un mese fa dormivano ovunque – dice – nelle chiese, nelle famiglie, nelle scuole. Li vedevi vagare per Ankawa coi loro furgoni pieni di roba. Adesso chi aveva dei soldi ha preso una casa in affitto, gli altri sono ancora accampati da amici o parenti”. È molto difficile fare una stima dell’esodo perché nessuno nell’emergenza ha fatto un censimento e perché questa è solo l’ultima ondata di una fuga iniziata ben prima del 10 giugno, il giorno della presa della città.

cristiani isis

Il terrore arriva da lontano. Lo conferma un cristiano che a Mosul faceva il poliziotto. Si chiama Ghanim e anche lui è fuggito con la sua famiglia, moglie, fratello e cinque bambini. “Era la fine del 2012 e avevo scoperto che i miliziani dell’Isis avevano mandato quattro uomini imbottiti di esplosivo per distruggere la chiesa di Marafram. Siamo riusciti ad arrivare in tempo e ne abbiamo arrestati tre. Uno invece è riuscito a fuggire. Da quando Daesh (termine arabo per indicare Isis, ndr) è arrivato, è diventato impossibile per noi vivere. I cristiani in Iraq non possono più starci. È un paese senza speranza. In un’altra circostanza ho assistito a una vera e propria esecuzione. Hanno ucciso un cristiano davanti ai miei occhi. Dopo hanno acceso un rogo e hanno bruciato il cadavere”. Da due settimane Ghanim vive accampato con la famiglia nella sede del partito comunista iracheno ad Ankawa. Con loro c’è anche una ragazza: Diana, di 18 anni, sfollata da Qaraqosh insieme con i suoi sei fratelli più piccoli. La madre è morta qualche mese fa. Il padre guadagna pochi dinari facendo il tassista. Lei non sorride mai. Vive col rimpianto di non essere riuscita, nella fretta della fuga, a portar via neanche una foto di sua madre.

grande fuga dei cristiani

I loro racconti si somigliano tutti. “Quando i miliziani hanno bombardato la città, abbiamo preso soldi e qualche vestito e siamo scappati”. Rispetto a tanti altri cristiani Diana è stata più fortunata, è riuscita a conservare il crocifisso d’oro. Per mostrarcelo scava dentro un sacco nero con dentro la biancheria pulita. Estrae dal fondo un pacchettino, lo apre, e tira fuori la sua catenina. Quell’oggetto nascosto come il pane in tempo di guerra, dà la misura della paura di perdere ogni cosa: quei pochi grammi d’oro, e la croce, simbolo di una minoranza che si sente dimenticata. “Vorrei restare a vivere qui ma i cristiani d’Europa devono aiutarci”. Lo ripetono tutti. Evocano l’Europa, i loro “fratelli nella croce” e Papa Francesco. I racconti della fuga sono laceranti. “Mentre Daesh bombardava la città sono salito all’ultimo piano della mia casa, ho pianto e pregato Dio perché salvasse la mia famiglia – dice Ghanim – Il giorno dopo siamo partiti. Siamo passati davanti alla chiesa, l’abbiamo guardata per l’ultima volta e tutta la famiglia è scoppiata in lacrime”. Qaraqosh, 50mila abitanti, quasi tutti cristiani è il simbolo di questo dramma. Mosul è a 27 chilometri ma la linea del fronte è a poche centinaia di metri. Da lì l’Isis ha bersagliato le case dei cristiani.

cristiani e musulmani pregano Quasi la metà degli abitanti è fuggita, solo in pochi sono tornati a casa, temono altre rappresaglie. Vedi le sventagliate delle mitragliatrici sulle porte e sui muri. Le famiglie rimaste sono le più povere, oppure quelle che da Mosul si erano spostate e non hanno soldi per andare altrove. Un uomo con una lunga tunica grigia e un rosario tra le mani vive con altri sfollati in una schiera di case ancora in costruzione: “Al check point i miliziani di Daesh ci hanno portato via tutto: gli abbiamo lasciato l’auto, l’oro, e 700mila dinari”. La casa è vuota, per terra ci sono solo dei materassi. “Dove sono i vostri vestiti?” – chiediamo. “Hanno preso anche quelli”.

 

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