H. Kung di fronte alla sua morte

 

Il teologo svizzero potrebbe scegliere il suicidio assistito

Trasmissione Raitre Che tempo che fa

Hans Küng, tra i più famosi sacerdoti e teologi cattolici contemporanei – noto soprattutto per le idee progressiste e di rottura rispetto alla tradizione – potrebbe scegliere la strada del suicidio assistito.

Lo studioso svizzero, nato nel 1928, è da tempo affetto dal morbo di Parkinson e nel suo ultimo libro di memorie “Erlebte Menschlichkeit” (pubblicato in lingua tedesca la scorsa settimana) esprime il proprio parere favorevole all’autodeterminazione sul fine vita.

la gioia di H. Kung: “rinasce la speranza … “

rinnovamento

E’ estremamente sodisfatto H. Kung della svolta che papa Francesco sta imprimendo con coraggio e determinazione alla chiesa ed esprime la soddisfazione di uno che ritorna a sperare:

Io credo che sia un evento di grande valore e di cui rallegrarsi moltissimo, il fatto che il dialogo tra Papa Francesco ed Eugenio Scalfari non sia terminato con un epistolario, ma sia continuato con un’intervista. Quella pubblicata ieri su Repubblica è il documento straordinario di un incontro da uomo a uomo con un’intensa e profonda volontà reciproca di proseguire e approfondire il dialogo. Una delle cose che colpisce all’inizio del colloquio è che abbiano saputo trovare anche la dimensione dello humour: entrambi dicono di essere stati ammoniti e avvertiti dai loro collaboratori a non lasciarsi convertire l’uno dall’altro, né alla fede cristiana né al laicismo.
ED  ENTRAMBI – lo trovo straordinario anche sul piano della comunicazione – hanno reagito ridendo e assicurando che nessuno dei due aveva questa intenzione. Ma poi, passando con disinvoltura al discorso serio, hanno sottolineato che il loro colloquio aveva e avrebbe avuto lo scopo di accrescere con uno sforzo reciproco la conoscenza. Questo si proponevano di fare e questo hanno saputo fare trovando punti significativi di convergenza e punti di leale disaccordo. Un confronto tanto più straordinario perché nessuno dei due voleva fare proselitismo.
Uno dei punti interessanti dell’intervista è il giudizio sul comunismo. Francesco afferma che non avrebbe mai aderito al materialismo, ma che ciò nonostante, attraverso i docenti che ebbe e conobbe all’università, da quella dottrina imparò moltissimo. Imparò e capì molto sulle questioni sociali di cui parlavano i comunisti. Non è un caso che Francesco abbia sottolineato l’importanza di alcuni temi che sollevava il movimento (che era sia politico che di fede) della Teologia della Liberazione.
Poi c’è la questione della Curia, o diciamo anche della Corte romana. Il Papa ha usato parole molto dure, parole che non mi aspettavo, parole che persino a me avrebbero causato estremo disagio se le avessi usate: “La Corte è la lebbra del Papato”. In quel momento del loro dialogo, Francesco e Scalfari hanno davvero colto il punto essenziale, cioè che la Curia romana deve essere posta di nuovo al servizio del genere umano e non al servizio di un sistema romano che non ha nulla a che vedere con la lezione del Vangelo. E che da un punto di vista veramente cattolico il Vaticano non può divenire la necessità suprema, ma al contrario tutte le strutture della Chiesa, anche quelle della Curia, devono porsi al servizio del Popolo di Dio.
E infine, il Papa ha rifiutato di pronunciare una gerarchia dei santi: ha detto che è possibile fare una classifica dei migliori calciatori argentini ma non dei Santi. Poi si è espresso in favore di San Paolo, quale interpretazione del cristianesimo che è rimasta valida per millenni, di Sant’Agostino e di Francesco d’Assisi. Nel corso di tutto il dialogo tra Francesco e Scalfari non c’è un singolo tono sbagliato. Si può solo sperare che questo dialogo resti d’esempio per il dialogo tra credenti e non credenti.    (H. Kung, in ‘la Repubblica’ odierna)                                     

 

(02 ottobre 2013)

per una riforma radicale della chiesa

 

fiorita

Per una riforma radicale della chiesa: Il pensiero di Küng

Nel prezioso libro di Roberto Garaventa Per una riforma radicale della chiesa – Con Hans Kung oltre Joseph Ratzinger* si legge fra l’altro: «La “cattolicità” non è una proprietà esclusiva dei cristiani cattolici, che la riceverebbero aproblematicamente per via ereditaria». Essa, anzi, si fa «cattolicesimo», divenendo ideologia, «laddove la realtà storica della chiesa cattolica viene accettata passivamente, invece di essere posta in discussione alla luce dell’unico vero criterio, dell’unica vera unità di misura, che è il messaggio cristiano originario, l’evangelo di Gesù Cristo». Perciò «il teologo autenticamente cattolico deve essere sempre intenzionalmente evangelico e il teologo autenticamente evangelico deve restare sempre cattolicamente aperto». E più che mai controverso è il concetto stesso di «tradizione». A confrontarsi, in realtà, sono diversi paradigmi, intesi come costellazioni di convinzioni, valori, modi di procedere condivisi in una comunità. Così la Chiesa di Roma è ancora in gran parte legata al paradigma medievale, maturato a iniziare dall’XI secolo, «ignora largamente» quello ebraico-cristiano e «accetta solo in maniera selettiva» quello greco-ellenistico del primo millennio. Non a caso Ratzinger, aspramente polemico nei confronti della modernità tout court e pronto ad accettare solo «l’illuminismo greco-classico», identifica la chiesa antica «più con quella dei padri latini che con quella dei padri greci» e «non con quella dei padri vissuti prima del concilio di Nicea (325)». Egli, inoltre, in nome della tradizione magisteriale, giunge a porre il primato della «rivelazione» rispetto alle Scritture. Più in generale, come sostiene Küng, l’uomo e la donna di oggi sentono estranei dogmi concepiti ed espressi con le categorie del pensiero greco. Da qui l’esigenza di tornare al Gesù storico. Garaventa, inoltre, ricorda i falsi con i quali tra il VI e il IX secolo i papi (per primo fu il vescovo romano Siricio, verso la fine del IV secolo, ad assumere il titolo di «papa», «dal greco pappas, denominazione onorifica e affettuosa per indicare il padre», che già in Oriente indicava tutti i vescovi) «cercarono di rafforzare e ampliare il loro potere»: la «donazione di Costantino», le «falsificazioni simmachiane» e le «decretali pseudo-isidoriane». Da qui, secondo Küng, l’esigenza di una riflessione autocritica da parte cattolico-romana «sull’umile ruolo giocato da Pietro nella cristianità originaria» e sulla funzione di diaconia svolta dalla chiesa romana primitiva, al fine di sviluppare «l’idea di un servizio di Pietro», non di un suo potere. Avvincente è poi il capitolo dedicato al profondo rapporto umano e intellettuale fra Barth e Küng, che risale addirittura alla tesi di dottorato di quest’ultimo, discussa nel 1957 e dedicata alla dottrina della giustificazione del grande teologo protestante. Alcuni fraintendimenti, sostenne il giovane teologo cattolico, erano scaturiti da motivi lessicali: l’evento salvifico «oggettivo» è chiamato «redenzione» nella terminologia tridentina, la quale definisce «giustificazione» l’evento salvifico «soggettivo», con il quale l’essere umano «si sottomette attivamente alla giustificazione divina». E il commento di Barth ci dice molto della sua apertura, pur non priva di ironia: se ciò che scrivi, rispose in sostanza, è davvero la dottrina della tua chiesa emergerà dal consenso che la dissertazione susciterà. Ma il testo del giovane Küng «fu preso in scarsa considerazione dai vertici della chiesa di Roma». Garaventa, infine, non manca di ricordare, motivandole, le proposte di Küng per cambiare davvero il volto del cattolicesimo: «ristrutturazione radicale della curia romana, eliminazione completa di ogni pratica inquisitoria, riforma profonda del Codice di diritto canonico».
Roberto Garaventa, Per una riforma radicale della chiesa – Con Hans Küng oltre Joseph Ratzinger, Orthotes

chi è davvero Gesù di Nazaret

crocifisso

al di là di luoghi comuni, di immagini distorte personali o popolari su Gesù, è importante lasciarci dire direttamente dal vangelo chi lui in realtà di fatto è stato

una buona sintesi in un quadretto essenziale ma molto preciso da parte di uno dei massimi teologi mondiali, H. Kung, il cui best seller ‘essere cristiani’ è stato ripubblicato quest’anno a distanza di quarant’anni

(vedi link qui sotto)

Il Cristo non è altri che il personaggio storico Gesù di Nazareth

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