Per una riforma radicale della chiesa: Il pensiero di Küng
Nel prezioso libro di Roberto Garaventa Per una riforma radicale della chiesa – Con Hans Kung oltre Joseph Ratzinger* si legge fra l’altro: «La “cattolicità” non è una proprietà esclusiva dei cristiani cattolici, che la riceverebbero aproblematicamente per via ereditaria». Essa, anzi, si fa «cattolicesimo», divenendo ideologia, «laddove la realtà storica della chiesa cattolica viene accettata passivamente, invece di essere posta in discussione alla luce dell’unico vero criterio, dell’unica vera unità di misura, che è il messaggio cristiano originario, l’evangelo di Gesù Cristo». Perciò «il teologo autenticamente cattolico deve essere sempre intenzionalmente evangelico e il teologo autenticamente evangelico deve restare sempre cattolicamente aperto». E più che mai controverso è il concetto stesso di «tradizione». A confrontarsi, in realtà, sono diversi paradigmi, intesi come costellazioni di convinzioni, valori, modi di procedere condivisi in una comunità. Così la Chiesa di Roma è ancora in gran parte legata al paradigma medievale, maturato a iniziare dall’XI secolo, «ignora largamente» quello ebraico-cristiano e «accetta solo in maniera selettiva» quello greco-ellenistico del primo millennio. Non a caso Ratzinger, aspramente polemico nei confronti della modernità tout court e pronto ad accettare solo «l’illuminismo greco-classico», identifica la chiesa antica «più con quella dei padri latini che con quella dei padri greci» e «non con quella dei padri vissuti prima del concilio di Nicea (325)». Egli, inoltre, in nome della tradizione magisteriale, giunge a porre il primato della «rivelazione» rispetto alle Scritture. Più in generale, come sostiene Küng, l’uomo e la donna di oggi sentono estranei dogmi concepiti ed espressi con le categorie del pensiero greco. Da qui l’esigenza di tornare al Gesù storico. Garaventa, inoltre, ricorda i falsi con i quali tra il VI e il IX secolo i papi (per primo fu il vescovo romano Siricio, verso la fine del IV secolo, ad assumere il titolo di «papa», «dal greco pappas, denominazione onorifica e affettuosa per indicare il padre», che già in Oriente indicava tutti i vescovi) «cercarono di rafforzare e ampliare il loro potere»: la «donazione di Costantino», le «falsificazioni simmachiane» e le «decretali pseudo-isidoriane». Da qui, secondo Küng, l’esigenza di una riflessione autocritica da parte cattolico-romana «sull’umile ruolo giocato da Pietro nella cristianità originaria» e sulla funzione di diaconia svolta dalla chiesa romana primitiva, al fine di sviluppare «l’idea di un servizio di Pietro», non di un suo potere. Avvincente è poi il capitolo dedicato al profondo rapporto umano e intellettuale fra Barth e Küng, che risale addirittura alla tesi di dottorato di quest’ultimo, discussa nel 1957 e dedicata alla dottrina della giustificazione del grande teologo protestante. Alcuni fraintendimenti, sostenne il giovane teologo cattolico, erano scaturiti da motivi lessicali: l’evento salvifico «oggettivo» è chiamato «redenzione» nella terminologia tridentina, la quale definisce «giustificazione» l’evento salvifico «soggettivo», con il quale l’essere umano «si sottomette attivamente alla giustificazione divina». E il commento di Barth ci dice molto della sua apertura, pur non priva di ironia: se ciò che scrivi, rispose in sostanza, è davvero la dottrina della tua chiesa emergerà dal consenso che la dissertazione susciterà. Ma il testo del giovane Küng «fu preso in scarsa considerazione dai vertici della chiesa di Roma». Garaventa, infine, non manca di ricordare, motivandole, le proposte di Küng per cambiare davvero il volto del cattolicesimo: «ristrutturazione radicale della curia romana, eliminazione completa di ogni pratica inquisitoria, riforma profonda del Codice di diritto canonico».
Roberto Garaventa, Per una riforma radicale della chiesa – Con Hans Küng oltre Joseph Ratzinger, Orthotes