Leonardo Boff a Rainews.it: “L’Enciclica Laudato si’ è una nuova speranza per il Pianeta” L’Enciclica di Papa Francesco dedicata all’ ecologia , ovvero alla “madre terra”, non ha deluso le aspettative. Sta facendo discutere l’opinione pubblica mond Per andare alle “radici” dell’Enciclica abbiamo intervistato il teologo brasiliano Leonardo Boff, uno dei padri della teologia liberazione. Boff è tra gli ispiratori dell’Enciclica
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il commento di R. La Valle all’enciclica ‘laudato sì’
“questa enciclica rappresenta un salto di qualità nella riflessione sull’ambiente, si potrebbe dire che apre una seconda fase nella elaborazione del discorso ecologico, così come accadde nel costituzionalismo quando dalla prima generazione dei diritti, quelli relativi alle libertà civili e politiche, si passò alla considerazione dei diritti di seconda e terza generazione, sociali, economici, ambientali, e cambiò il concetto stesso di democrazia”
A TUTTI
C’è un debito estero dei Paesi poveri che non viene condonato, e anzi si è trasformato in uno strumento di controllo mediante cui i Paesi ricchi continuano a depredare e a tenere sotto scacco i Paesi impoveriti, dice il papa (e la Grecia è lì a testimoniare per lui). Ma il “debito ecologico” che il Nord ricco e dissipatore ha contratto nel tempo e soprattutto negli ultimi due secoli nei confronti del Sud che è stato spogliato, nei confronti dei poveri cui è negata perfino l’acqua per bere e nei confronti dell’intero pianeta avviato sempre più rapidamente al disastro ecologico, all’inabissamento delle città costiere, alla devastazione delle biodiversità, non viene pagato, dice il papa ( e non c’è Troika o Eurozona o Banca Mondiale che muova un dito per esigerlo). La denuncia del papa («il mio appello», dice Francesco) non è generica e rituale, come quella di una certa ecologia “superficiale ed apparente” che si limita a drammatizzare alcuni segni visibili di inquinamento e di degrado e magari si lancia nei nuovi affari dell’economia “verde”, ma è estremamente circostanziata e precisa: essa arriva a lamentare che la desertificazione delle terre del Sud causata dal vecchio colonialismo e dalle nuove multinazionali, provocando migrazioni di animali e vegetali necessari al nutrimento, costringe all’esodo anche le popolazioni ivi residenti; e questi migranti, in quanto vittime non di persecuzioni e guerre ma di una miseria aggravata dal degrado ambientale, non sono riconosciuti e accolti come rifugiati, ma sbattuti sugli scogli di Ventimiglia o al di là di muri che il mondo anche da poco approdato al privilegio si affretta ad alzare, come sta facendo l’Ungheria. L’«appello» del papa giunge poi fino ad accusare che lo sfruttamento delle risorse dei Paesi colonizzati o abusati è stato tale che dalle loro miniere d’oro e di rame sono state prelevate le ricchezze e in cambio si è lasciato loro l’inquinamento da mercurio e da diossido di zolfo serviti per l’estrazione. Questa enciclica rappresenta un salto di qualità nella riflessione sull’ambiente, si potrebbe dire che apre una seconda fase nella elaborazione del discorso ecologico, così come accadde nel costituzionalismo quando dalla prima generazione dei diritti, quelli relativi alle libertà civili e politiche, si passò alla considerazione dei diritti di seconda e terza generazione, sociali, economici, ambientali, e cambiò il concetto stesso di democrazia. Ora il discorso della giustizia sociale e della condizione dei poveri, a cui nei Paesi del Sud «l’accesso alla proprietà dei beni e delle risorse per soddisfare le proprie necessità vitali è vietato da un sistema di rapporti commerciali e di proprietà strutturalmente perversi», viene introdotto organicamente da papa Francesco nella questione ecologica, sicché essa non riguarda più semplicemente l’ambiente fisico, il suolo, l’aria, l’acqua, le foreste, le altre specie viventi, ma assume la vita e il destino di tutti gli esseri umani sulla terra, diventa un’«ecologia integrale», a cui è dedicato l’intero capitolo quarto dell’enciclica: «Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale», dice il papa; e la prima cosa da sapere, come dicono i vescovi boliviani ma anche molte altre Chiese, è che i primi a essere colpiti da «quello che sta succedendo alla nostra casa comune» sono i poveri. E il salto di qualità è anche nel rigore dell’analisi, nella cura con cui vengono ricercate tutte le connessioni tra i diversi fenomeni ed ecosistemi, e anche nell’onestà con cui si dice che non tutto possiamo sapere, che la scienza deve fare ancora un grande cammino, e che non si può presumere di prevedere gli sviluppi futuri, sicché il principio di precauzione diventa un obbligo di saggezza e di rispetto per l’umanità di domani, contro l’ideologia della ricerca immediata del profitto e dell’egoismo realizzato. Si può capire allora come con questa enciclica che comincia con un cantico di san Francesco e finisce con una preghiera in forma di poesia, l’idillio del mondo ricco con papa Francesco sia finito. «Tocca i cuori di quanti cercano solo vantaggi a spese dei poveri e della terra», dice il papa nella sua preghiera. «Non occuparti di politica, perché l’ambiente è politica», gli dicono i ricchi. E mentre da un lato quello che negli Stati Uniti non si fa chiamare Bush per riprendersi in famiglia il governo dell’America dice che non si farà dettare la sua agenda dal papa, dall’altro quello che da noi pubblica sulle sue felpe messaggi di razzismo e di guerra dice che non c’è proprio di che essere perdonati per le porte chiuse in faccia ai profughi e tutti i «clandestini» vorrebbe metterli a Santa Marta. «Questo papa piace troppo» diceva la destra più zelante, allarmata al vedere masse intere di persone in tutto il mondo affascinate da un pensiero diverso dal pensiero unico. Però si faceva finta di niente, sperando che la gente non capisse. Il papa diceva che l’attuale sistema non ha volto e fini veramente umani, e stavano zitti. Diceva che questa economia uccide, e stavano zitti. Diceva che l’attuale società, in cui il denaro governa (Marx diceva «il capitale») è fondata sull’esclusione e lo scarto di milioni di persone, e stavano zitti. Diceva ai politici che erano corrotti, e stavano zitti. Diceva ai disoccupati di lottare per il lavoro e ai poveri di lottare contro l’ingiustizia, e facevano il Jobs Act. Ma con questa enciclica il gioco di far finta di non capire non sarà più possibile. Bisognerà stare o dalla parte di Francesco o contro di lui, perché non sta facendo una predica, sta chiedendo una scelta. E questo vale non solo per i politici, per gli opinionisti, per i giornali, vale anche per i vescovi, per i cardinali. E vale anche per i semplici fedeli perché, scrive Francesco «dobbiamo riconoscere che alcuni cristiani impegnati e dediti alla preghiera, con il pretesto del realismo e della pragmaticità, spesso si fanno beffe delle preoccupazioni per l’ambiente». Quello che infatti da Francesco è posto davanti al mondo è il problema vero: «il grido della terra» è anche il «grido dei poveri», ma nel monito che si leva dai poveri perché la loro vita non vada perduta, c’è un monito che riguarda tutti, perché senza un rimedio, senza un cambiamento, senza un’assunzione di responsabilità universale la vita di tutti sarà perduta. Ed è per questo che l’enciclica di papa Francesco è rivolta a «ogni persona che abita questo pianeta»: non ai cattolici, e nemmeno agli «uomini di buona volontà», come faceva la «Pacem in terris» di Giovanni XXIII, in cui si poteva sospettare ancora un residuo di esclusione, nei confronti di qualcuno che eventualmente fosse di volontà non buona. Qui papa Francesco abbraccia veramente tutti (come ne sono figura essenzialissima per il cristiano le braccia di Cristo aperte sulla croce) e si pone non come capo di una Chiesa, e nemmeno come profeta dei credenti, ma come padre della intera umanità. Perché il messaggio è il seguente: non questa o quella Potenza o Istituzione, non questo o quello Stato, non quel partito o movimento, ma solo l’unità umana, solo la intera famiglia umana giuridicamente costituita e agente come soggetto politico può prendere in mano la terra e assicurarne la vita per l’attuale e le prossime generazioni.
Raniero La Valle Il manifesto, 19 giugno 2015
il commento di Boff (e altri) all’enciclica ‘laudato sì’
- Lettera enciclica Laudato si’
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dalla madre Terra all’ecologia integrale i tributi di Francesco alla teologia della liberazione
- di Leonardo Boff
- Prima di qualsiasi altro commento è il caso di sottolineare alcune singolarità dell’enciclica Laudato si’ di papa Francesco. È la prima volta che un papa affronta il tema dell’ecologia nel senso di un’ecologia integrale (quindi al di là del tema ambientale) in una forma così completa. Grande sorpresa: egli elabora il tema alla luce del nuovo paradigma ecologico, cosa che nessun documento ufficiale delle Nazioni Unite ha mai fatto. È fondamentale che il suo discorso si appoggi sui dati più certi delle scienze della vita e della Terra. Legge i dati affettivamente (con intelligenza sensibile o cordiale), poiché discerne che dietro di essi si celano drammi umani e grande sofferenza, anche da parte di madre Terra. La situazione attuale è grave, ma papa Francesco trova sempre ragioni per la speranza e per la fiducia che l’essere umano trovi soluzioni viabili. Papa Francesco non scrive in qualità di Maestro e Dottore della fede, ma come Pastore zelante che si prende cura della casa comune e di tutti gli esseri, non solo umani, che in essa abitano. Merita evidenziare un elemento che rivela la forma mentis di papa Francesco: il suo essere tributario dell’esperienza pastorale e teologica delle Chiese latinoamericane, che, alla luce dei documenti dell’episcopato latinoamericano (Celam) di Medellín (1968), di Puebla (1979) e di Aparecida (2007), fecero un’opzione per i poveri, contro la povertà e a favore della liberazione. Il testo e il tono dell’enciclica sono tipici di papa Francesco e della cultura ecologica che egli ha maturato. Mi accorgo anche, però, di come tante espressioni e modi di dire rimandino a quanto si pensa e si scrive da tempo in America Latina. Quelli della «casa comune», della «madre Terra», del «grido della Terra e grido dei poveri», della «cura», dell’interdipendenza fra tutti gli esseri, dell’«essere umano come Terra» che sente, pensa, ama e venera, dell’«ecologia integrale», e altri, sono tutti temi ricorrenti tra noi. La struttura dell’enciclica ubbidisce al rituale metodologico in uso nelle nostre Chiese e nella riflessione teologica legata alla pratica della liberazione, ora adottata e consacrata dal papa: vedere, giudicare, agire e celebrare. Fin dalle prime righe si rivela la sua fonte d’ispirazione: san Francesco d’Assisi, che l’enciclica definisce «esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale » e che «manifestò un’attenzione particolare verso i più poveri e abbandonati». Quindi si incomincia con il vedere «quello che sta accadendo alla nostra casa». Il papa afferma: «Basta però guardare la realtà con sincerità per vedere che c’è un grande deterioramento della nostra casa comune ». In questa sezione egli incorpora i dati più consistenti sul cambiamento climatico, la questione dell’acqua, l’erosione della biodiversità, il deterioramento della qualità della vita umana e il degrado della vita sociale, e denuncia l’alto tasso di «inequità» planetaria, che colpisce tutti gli ambiti della vita e che vede come vittime principali i poveri. In questa stessa parte inserisce una frase che rinvia alla riflessione fatta in America Latina: «Oggi non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri». Più avanti, aggiunge: «I gemiti di sorella terra si uniscono ai gemiti degli abbandonati del mondo». È assolutamente coerente con quanto viene detto subito all’inizio, che «noi stessi siamo terra», nella linea del grande cantore e poeta indigeno argentino Atahualpa Yupanqui: «L’essere umano è la Terra che cammina, che sente, che pensa e che ama». Condanna poi le proposte di internazionalizzazione dell’Amazzonia, «che servono solo agli interessi economici delle multinazionali ». E troviamo un’affermazione di grande vigore etico: è «gravissima inequità quando si pretende di ottenere importanti benefici facendo pagare al resto dell’umanità, presente e futura, gli altissimi costi del degrado ambientale». Riconosce con tristezza: «Mai abbiamo maltrattato e offeso la nostra casa comune come negli ultimi due secoli». Di fronte all’offensiva umana in atto contro madre Terra, che molti scienziati hanno denunciato come l’inaugurazione di una nuova era geologica — l’Antropocene – , lamenta l’inadeguatezza dei poteri di questo mondo che, illusi, pensano che «il pianeta potrebbe rimanere per molto tempo nelle condizioni attuali», ma è un alibi che ci serve «per alimentare tutti i vizi autodistruttivi» con un «comportamento che a volte sembra suicida». Prudente, il Papa riconosce la diversità di opinioni e che «non c’è un’unica via di soluzione». È comunque «certo che l’attuale sistema mondiale è insostenibile da diversi punti di vista, perché abbiamo smesso di pensare ai fini dell’agire umano» e ci perdiamo dietro la realizzazione di mezzi destinati a un accumulo illimitato a spese della giustizia ecologica (degrado degli ecosistemi) e della giustizia sociale (impoverimento delle popolazioni). L’umanità semplicemente «ha deluso l’attesa divina». La sfida urgente consiste allora nel «proteggere la nostra casa comune»; per farlo necessitiamo, citando Giovanni Paolo II, di una «conversione ecologica globale» e di una «cultura della cura che impregni tutta la società». Esaurita la dimensione del vedere, s’impone adesso la dimensione del giudicare. Il giudicare è realizzato su due fronti, uno scientifico e l’altro teologico. Partiamo dalla dimensione scientifica. L’enciclica dedica tutto il terzo capitolo all’analisi della «radice umana della crisi ecologica». Il Papa si propone qui di analizzare la tecnoscienza, senza preconcetti, accogliendo quanto essa apporta, «cose realmente preziose per migliorare la qualità della vita dell’essere umano». Non sta qui il problema. È che essa si è resa indipendente, ha sottomesso l’economia, la politica e la natura in vista dell’accumulo di beni materiali. Essa parte dal presupposto errato della «disponibilità infinita dei beni del pianeta », quando sappiamo di avere già intaccato i limiti fisici della Terra e che gran parte dei beni e servizi non sono rinnovabili. La tecnoscienza è divenuta tecnocrazia, una vera dittatura con la sua ferrea logica di dominio su tutto e tutti. La grande illusione oggi imperante è la credenza che con la tecnoscienza si possano risolvere tutti i problemi ecologici. È una via ingannevole, poiché «significa isolare cose che nella realtà sono connesse». Davvero «tutto è connesso», «tutto è in relazione»: affermazione, questa, che attraversa tutto il testo dell’enciclica come un leitmotiv: è infatti un concetto chiave del nuovo paradigma contemporaneo. Il grande limite della tecnocrazia sta nella «frammentazione del sapere» fino a «perdere il senso della totalità ». Il peggio è che in questo modo essa «non riconosce agli altri esseri un valore proprio, fino alla reazione di negare ogni peculiare valore all’essere umano». Il valore intrinseco di ogni essere, per minuscolo che sia, è costantemente esaltato dall’enciclica, così come fa la Carta della Terra.
- traduzione dal portoghese di Pier Maria Mazzola. ll testo di Leonardo Boff riprende stralci del suo intervento in Curare madre terra. Commento all’enciclica Laudato si’ di papa Francesco (Editrice Missionaria Italiana, pp. 64 euro 3,90), in libreria dal 26 giugno.
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di seguito altri commenti comparsi sulla stampa italiana:
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- «Il nuovo umanesimo nasce dalla saggezza contadina» intervista a Carlin Petrini a cura di Alessandro Zaccuri in Avvenire del 19 giugno 2015
“«Il papa non si limita… alle esortazioni morali… ma documenta, fornisce indicazioni… un’ampiezza di visione che… a volte manca nell’ecologismo militante… corregge il rischio di un eccessivo antropocentrismo… e tutto questo nel segno della gioia… getta le fondamenta di un nuovo umanesimo, che faccia tesoro delle esperienze spirituali anche dei popoli più lontani e… permetta un dialogo sereno e paritario tra i saperi tradizionali e la moderna ricerca scientifica”- L’enciclica che scalda i catastrofisti di Matteo Matzuzzi in Il Foglio del 19 giugno 2015
La giornata era iniziata con Leonardo Boff, ex padre francescano cultore della madre terra, che dal suo buen retiro brasiliano faceva sapere al mondo quanto longa fosse stata la sua manus nella stesura del documento papale sulla cura della casa comune… -
- Oltre i sintomi di Pierangelo Sequeri in Avvenire del 19 giugno 2015
“La visione di papa Francesco viene da una lunga e appassionata frequentazione dell’argomento… i problemi comunemente rubricati sotto il segno dell’ecologia sono sintomi, prima ancora che cause, di un dissesto etico-antropologico del pensiero e dell’azione creativa dell’uomo… La terra «ci precede», dice Francesco. E noi «non siamo Dio»… pressante invito dell’enciclica a un bagno di umiltà, per l’Occidente”- Superuomo addio di Leonardo Becchetti in Avvenire del 19 giugno 2015
“l’uomo e del suo ruolo nel mondo e nella storia. Da una parte… il superuomo inebriato dalle conquiste… per sfruttare e dominare ciò che lo circonda. Dall’altra la persona che si rende conto di vivere in un ‘ambiente’ fatto di interdipendenze e reti di relazioni… un sistema economico di pochi sfruttatori e tanti sfruttati… [oppure] inclusivo e solidale e… orientato al bene comune.”- La magna carta del creato per salvare il nostro futuro di Stefania Falasca in Avvenire del 19 giugno 2015
“Laudato si’ è un profondo inno alla vita… È un appello realista per l’urgente salvaguardia della «nostra casa comune»… dichiara la necessità di un’alleanza tra scienze e religioni per la cura dell’ambiente… e rigetta il malthusianesimo… È una critica al modello di gestione del mondo imposto dalla globalizzazione neo-mercatista… che non rispetta l’uomo… è un programma educativo rivolto a ogni persona”- Integrale, perché «tutto è connesso» di Mimmo Muolo in Avvenire del 19 giugno 2015
“La ‘sua’ ecologia integrale non solo ricomprende salvaguardia del creato ed ecologia umana, ma va oltre, mettendo in luce le diverse interazioni tra scienze esatte, politica, economia, cultura, organizzazione sociale… L’esempio più lampante è dato dal rapporto tra i cambiamenti climatici e l’aumento della povertà. Un rapporto che in molti casi è di causa effetto”- Zamagni: uno stop al mercato quando diventa «incivile» intervista a Stefano Zamagni a cura di Massimo Calvi in Avvenire del 19 giugno 2015
“Enciclica innovativa innanzitutto per lo stile colloquiale: è lunga, ma chiunque può leggerla e comprenderla. Molto importanti i capitoli 1 (riconoscimento del contributo degli scienziati) e 5 (critica netta all’economia di mercato)… Francesco non è contro l’economia di mercato, ma contro il mercato quando… genera disuguaglianze… soggioga le democrazie e detta i fini dell’azione politica… «decrescita» intesa come «redistribuzione»” - Cosa manca in Laudato Si’ di Peter Ciaccio in www.riforma.it del 19 giugno 2015
“in questo testo, che mette finalmente il magistero cattolico in linea con quanto già dibattuto a livello ecumenico, manca la speranza. Manca la speranza che, nonostante il peccato degli uomini e delle donne, contro Dio, contro il prossimo e contro il Creato, il Padre amorevole non ci abbandonerà. ” (ndr.:mi sembra una lettura più “deformata” che “riformata”. Così si legge nel testo dell’enciclica ai n. 244-245: “Che le nostre lotte e la nostra preoccupazione per questo pianeta non ci tolgano la gioia della speranza… Egli (Dio) non ci abbandona, non ci lascia soli, perché si è unito definitivamente con la nostra terra, e il suo amore ci conduce sempre a trovare nuove strade. A Lui sia la lode!”. Forse più che la speranza è mancata una lettura più attenta)- L'”ecologia integrale” dell’enciclica Laudato si’ di papa Francesco di Letizia Tomassone in www.riforma.it del 19 giugno 2015
Come facciamo abitualmente diamo spazio al punto di vista delle chiese evangeliche. All’interno di una valutazione sostanzialmente positiva viene rilevata l’insufficiente attenzione alle tante riflessioni svolte sul tema dal Consiglio Ecumenico delle Chiese in questi ultimi trentanni. “Già si vede, però, che questa enciclica potrà avere un forte peso sulla cultura del nostro tempo e, speriamo, sulle scelte economiche e industriali che gli Stati si trovano a dover fronteggiare di fronte alla crisi climatica e ambientale del pianeta.”- Custodiamo la nostra casa comune di Bruno Forte in Il Sole 24 Ore del 19 giugno 2015
La posta in gioco è il futuro di tutti, anche se lo sguardo di Francesco è rivolto in modo prioritario a coloro che più di altri pagano il prezzo della crisi ecologica: i poveri. È anche in loro nome, oltre che a loro favore, che intende parlare. “Un aspetto particolarmente rilevante dell’Enciclica è l’aver valorizzato la riflessione collegiale nella Chiesa: numerosi documenti di episcopati nazionali” ” Come il Santo di cui porta il nome, Papa Francesco ha saputo dar voce in queste pagine all’intera famiglia umana” -
- “La politica ormai si è arresa al potere dei mercati Questa è la vera degenerazione del presente” intervista a Stefano Zamagni a cura di Giacomo Galeazzi in La Stampa del 19 giugno 2015
- Il papa: l’uomo non è il cancro del pianeta di Andrea Tornielli in La Stampa del 19 giugno 2015
- Bartolomeo: curare l’ambiente è preoccuparsi anche della povertà intervista a Bartolomeo I a cura di Andrea Tornielli in La Stampa-Vatican Insider del 18 giugno 2015
- La «Summa Ecologica» di Bergoglio: ritorno alla realtà di Gianni Valente in La Stampa-Vatican Insider del 18 giugno 2015