papa Francesco in in televisione da Fazio – critiche di metodo ma linguaggio chiaro e forte

i giornaloni prevenuti sul papa “degli ultimi”

di Gad Lerner
in “il Fatto Quotidiano” del 9 febbraio 2022

Domenica scorsa 6 milioni e 731 mila spettatori hanno seguito per un’ora papa Francesco che dialogava su Rai3 con Fabio Fazio su un vasto spettro di tematiche cruciali del nostro tempo e sul mistero della fede. Ma nessuno dei principali giornali italiani ha ritenuto questo evento degno della prima pagina, né tantomeno di commentare nel merito le riflessioni del pontefice; quasi fossero risapute e irrilevanti.
Il più noto dei critici televisivi, Aldo Grasso, si è limitato a una breve, ironica recensione sul web per dire che il papa aveva sbagliato location e che voleva sembrare “un parroco in tv”. Esortandolo a non riprovarci perché “una volta va bene, dalla seconda si entra nel detestabile chiacchiericcio che Francesco ha detto di biasimare”. In una parentesi Grasso se l’è presa pure con Fazio, suggerendo che “era più prete l’intervistatore dell’intervistato”. Niente di originale: ci aveva già pensato un ospite indispettito, tempo fa, a dargli del “fratacchione”. C’è poi chi ha indugiato sul dilemma se si trattasse di una vera o di una finta diretta, come se cambiasse qualcosa. Mentre la storica Lucetta Scaraffia aveva preventivamente criticato la scelta del papa che, accettando di partecipare a una trasmissione leggera, sminuirebbe il suo ruolo di capo della Chiesa riducendosi a una “celebrity” qualsiasi. Anche lei, dopo, ha criticato Fazio per non aver osato rivolgere domande scomode al suo ospite. Questa ridda di malevole obiezioni di metodo ha evidenziato un senso di fastidio nei confronti di Francesco, e della sua scelta di concedersi proprio a Fazio, tanto intenso da indurre costoro a ignorare i contenuti del suo intervento. Non devono averla pensata così i telespettatori, numerosi come non mai per una trasmissione già rigettata da Rai1 e da Rai2 a causa del suo orientamento politico e culturale. Eppure, di tutto si può accusare il papa tranne che di non aver parlato chiaro. Chi l’ha seguito con animo sgombro, ne è rimasto colpito.

Ha ricordato che il lavoro
non riceve una giusta retribuzione.

Ha denunciato l’istinto dei governanti che antepongono la logica del potere alla cura degli uomini, spendendo più in armi che in opere di bene.

Ha definito criminale l’accanimento contro i migranti.

Ha chiamato con il loro nome, lager, i campi di prigionia libici finanziati dai nostri soldi.

Ha richiamato l’antica saggezza dei popoli che nella madre terra riconoscono una natura da custodire, anziché avvelenarla.

Ha raccomandato di guardare negli occhi i poveri, di non avere paura a toccarli perché il tatto è il più prezioso dei sensi, e aiuterà a scacciare le paure che ci assalgono.

Ha ammesso di non riuscire a spiegarsi la sofferenza dei bambini nell’ambito del disegno divino in cui pure crede. Ha indicato la mondanità e il clericalismo come i
vizi peggiori della Chiesa.

Ha esortato alla preghiera come bisogno umano fin dalla più tenera infanzia.

Considerare tutto ciò una predica inutile, condannata all’oblio, è l’esito del cinismo diffuso che spinge tanti sapientoni a trattare con sufficienza il suo prodigarsi. Banalizzano il suo pensiero come se si trattasse di una versione religiosa del “politicamente corretto”. Lo snobbano. Dà loro fastidio che la critica radicale del sistema dominante, entrate in crisi le ideologie, possa rianimarsi nella dimensione del sacro, trovare alimento e aggiornamento nella tradizione biblica. E naturalmente li irrita che il papa possa trovare interlocutori nel pensiero laico e nei suoi strumenti di divulgazione popolare. Il progressismo, comunque inteso, è la loro bestia nera. Torni a fare il suo
mestiere, questo papa, senza troppe invasioni di campo! È fin troppo facile constatare che questi scandalizzati critici di Francesco, non importa se cristiani osservanti o meno, sono essi per primi espressione del clericalismo contro cui domenica scorsa egli ha puntato il dito. Lo ha fatto sorridendo, spiegando perché si trova più a suo agio abitando in una struttura alberghiera piuttosto che negli appartamenti vaticani dove vivevano isolati i suoi predecessori. Loro santi, lui no, ha scherzato.
Non credo proprio che la moltitudine di persone, fedeli e non, che lo hanno guardato e ascoltato davanti al teleschermo, ne abbiano tratto la sensazione di un pastore venuto meno al suo ruolo.
Resterà un papa di minoranza, ma ha dimostrato di saper trasmettere il suo messaggio sormontando il muro di sufficienza cementato dallo scetticismo dei media che lo trattano come una bizzarra anomalia. Scommetto che oggi, giustamente, troverà vasta eco sulle prime pagine dei giornali l’accorata lettera con cui Benedetto XVI respinge l’accusa di “comportamenti erronei” nella vicenda degli abusi pedofili perpetrati a Monaco di Baviera quando lui ne era arcivescovo. Continuino pure a riservare un trattamento minore ai messaggi di Francesco. Nel mondo lui troverà altri seguaci.

image_pdfimage_print