la scuola e i bambini rom: più di qualcosa non va
minori rom
la scuola che fallisce
Un altro spreco di denaro pubblico per un’integrazione mai verificata nei risultati. Tra 2002 e 2015 il Comune di Roma ha speso 27 milioni di euro per la scolarizzazione dei minori rom. Ma uno su 5 non si è mai presentato in classe, 9 su 10 non hanno frequentato regolarmente, uno su due è in ritardo scolastico e frequenta una classe non conforme alla sua età, e sui 1.800 bambini rom iscritti, solo 198 hanno frequentato almeno i tre quarti dell’orario scolastico.
Nell’ultimo anno scolastico monitorato, 2014/15, nella baraccopoli istituzionale di Castel Romano la frequenza regolare è crollata al 3,1%. Impietosa l’analisi. «La politica di scolarizzazione dei minori rom a Roma si riduce al servizio di trasporto degli alunni» e «il monitoraggio della frequenza scolastica si trasforma, in realtà, in frequenza delle presenze sullo scuolabus». Non solo: «il numero di bus è eccessivamente inferiore» e ciascun mezzo «ogni mattina, in media si reca presso 9 scuole differenti». Tra la prima e l’ultima passa «oltre un’ora e mezzo che alcuni alunni trascorrono sul pullman anziché a scuola».
E visto che il bus parte dai campi attorno alle 7,40, «diversi alunni entrano in classe dopo la prima o addirittura dopo la seconda ora».
Le responsabilità? Per il dossier sono imputabili alla politica e all’amministrazione, alle competenze degli enti affidatari, al contesto socio- economico dei rom, alle politiche abitative e di sgombero. Perché «alla base di tutto c’è la segregazione abitativa all’interno delle baraccopoli, istituzionali e non, che incide in maniera determinante».
Perché «un bambino nato e cresciuto in un contesto di emergenza abitativa» parte «in una condizione di oggettiva penalizzazione»: non ha «servizi igienici adeguati», non ha «spazi di studio per i compiti», quasi sempre i genitori «sono privi di strumenti e capacità per sostenerlo», il trasporto scolastico insufficiente e da periferie estreme istituzionalizza entrate in ritardo e uscite anticipate. E allora, dice Stasolla, «è dal superamento delle baraccopoli che il nuovo sindaco dovrà ripartire per salvaguardare un’infanzia il cui futuro è già compromesso».