l’omsessualità come dono – parola di vescovo

monsignor Antonio Carlos Cruz Santos:

«l’omosessualità è un dono di Dio»

 

«Considerato il fatto che l’omosessualità non è una scelta, che l’Organizzazione Mondiale della Sanità non lo considera più come una malattia, nella prospettiva della fede noi abbiamo solo una risposta: se non è una scelta, se non è una malattia, nella prospettiva della fede solo può essere un dono, e un dono è dato da Dio. Non c’è verso, se non è scelta, non è malattia, è dono, è dono dato da Dio; ma forse i nostri preconcetti non permettono di comprenderlo come dono di Dio. Così come i preconcetti nei confronti dei neri, e si diceva che i neri non avevano l’anima, il nostro preconcetto non permette di percepire questo dono».

È quanto affermato da monsignor Antonio Carlos Cruz Santos, vescovo di Caicó (Brasile).

Pare dunque in costante crescita il numero di vescovi che contestano l’integralismo di chi difende il mero pregiudizio, spesso con modalità che li dovrebbe portare a sostenere che se un tempo la Chiesa si diceva certa che la Terra fosse piatta, il buon cristiano dovrebbe continuare rifiutarsi di accettare che sia sferica.




una giornata importante da diversi anni ma che stenta a dare risultati apprezzabili nella chiesa

credenti contro l’omo-transfobia

veglie, contestazioni e passi avanti

di Luca Kocci
in “il manifesto” del 17 maggio 2017

Si celebra oggi la Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia e, come succede ormai da diversi anni, in decine di città italiane ed europee si svolgono veglie, culti e fiaccolate per le vittime della violenza dell’omo-transfobia promosse da gruppi di omosessuali credenti, parrocchie cattoliche, chiese battiste, metodiste e valdesi. Avviate undici anni fa in maniera semiclandestina da pochi gruppi e comunità di frontiera che decidevano di sfidare l’indifferenza e talvolta l’ostilità delle istituzioni ecclesiastiche – soprattutto cattoliche – oggi, pur non essendo ancora diventate esperienze pienamente condivise, le veglie sono un appuntamento diffuso. Tanto che i settori più tradizionalisti del mondo cattolico e i loro mezzi di informazione (siti web e blog), che fino ad ora hanno quasi sempre scelto di ignorare eventi considerati di nicchia, si sono fatti più aggressivi.

A Reggio Emilia c’è stata una dura contestazione degli ultrà cattolici – e il silenzio del vescovo, il ciellino mons. Camisasca – nei confronti del parroco che ha ospitato la veglia nella sua parrocchia, dove si è svolta regolarmente, e con una grande partecipazione, la sera del 14 maggio. E uno dei siti di riferimento della galassia dell’integralismo cattolico (La nuova bussola quotidiana) pubblica articoli dal titolo eloquente: “Veglie per inesistenti vittime dell’omofobia”. Chissà cosa ne pensano gli omosessuali reclusi dei campi di rieducazione in Cecenia. Sono più di venticinque le città italiane coinvolte. Nei giorni scorsi veglie ed iniziative ecumeniche per le vittime della violenza omo-transfobica si sono già svolte nei tempi valdesi di Milano e Firenze, nella chiesa luterana di Trieste, in una parrocchia cattolica di Pistoia. Stasera sarà la volta di Palermo e di nuovo Firenze (dove le veglie saranno seguite da fiaccolate per le vie della città), Catania, Sanremo, Torino, Varese. E altre nei giorni successivi: Bologna, Cagliari, Napoli, Padova, Siracusa, Genova. A Roma la veglia ecumenica, organizzata dai cattolici di Cammini di speranza-Nuova proposta e dalla Rete evangelica fede e omosessualità (Refo), si terrà domenica sera in piazza del Campidoglio, al termine della Settimana contro l’omotransfobia: uno spazio pubblico all’aperto anche perché il card. Vallini (vicario del papa per la diocesi di Roma) nei mesi scorsi ha invitato le due parrocchie romane che ospitavano gli incontri periodici dei gruppi di omosessuali cattolici a chiudere loro le porte, per cui la possibilità di svolgere la veglia in una parrocchia non è stata nemmeno presa in considerazione dai promotori. Segnale eloquente che, nonostante i passi avanti, nella Chiesa cattolica il tema è ancora controverso e che l’azione di papa Francesco, camminando sul filo dell’equilibrismo di una pastorale più aperta e inclusiva e di una dottrina immutata, ha modificato il clima ma non ha prodotto cambiamenti strutturali.




modificare il catechismo?

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Settimanale cattolico francese al papa: cancelli l'articolo del Catechismo che condanna l'omosessualità

settimanale cattolico francese al papa:

cancelli l’articolo del Catechismo che condanna l’omosessualità

 
da: Adista Segni Nuovi n° 27 del 23/07/2016

Il 1° luglio scorso il settimanale cattolico francese “Témoignage chrétien” ha lanciato un appello al papa affinché abroghi l’articolo del Catechismo che condanna l’omosessualità e faccia valere la sua autorevolezza presso l’Onu al fine di depenalizzare l’omosessualità ovunque nel mondo. La petizione, che in pochi giorni ha superato le mille firme, sarà rimessa a tempo debito al nunzio apostolico a Parigi e a papa Francesco. Di seguito il testo integrale dell’appello in una nostra traduzione dal francese


Non c’è dubbio che l’abominevole strage di Orlando sia un crimine d’odio contro gli omosessuali. Di fronte all’orrore non è sufficiente deplorare né compatire: bisogna lottare e combattere ciò che conduce all’odio e al crimine. In questo senso, ogni connivenza con parole o comportamenti che possono condurre all’odio nei confronti delle persone omosessuali costituisce una colpa.

Il crimine di omofobia di massa di Orlando non deve farci dimenticare la moltitudine di violenze, morali o fisiche, subite dalle persone gay e lesbiche in tutto il mondo in ragione del loro orientamento sessuale.

È la violenza dell’esclusione a essere contraria alla legge naturale, nient’altro. Questa colpa, papa Francesco, hai cominciato a riconoscerla quando hai dichiarato che i cristiani, e specificamente i cattolici, devono chiedere perdono alle persone omosessuali e che queste ultime non devono essere discriminate.

Sono parole sacrosante, un pensiero alto che ti è familiare, ma bisogna fare di più.

Papa Francesco tu puoi combattere l’odio. Abroga immediatamente l’articolo 2357 del Catechismo che stigmatizza questo orientamento sessuale (l’articolo in questione recita: «Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni,  la Tradizione ha sempre dichiarato che “gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati”. Sono contrari alla legge naturale. Precludono all’atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati», ndt). La repressione penale dell’omosessualità costituisce, è noto, un terreno fertile per il passaggio all’atto omicida, ed è per questo che ci appelliamo a te affinché tu faccia valere la tua autorevolezza e quella del Vaticano presso l’Onu, che stranamente finora si è rifugiato nell’astensione, al fine di ottenere la depenalizzazione universale dell’omosessualità.

Non siamo una “lobby”, ma uomini e donne, di ogni orientamento sessuale, che riconoscono le persone omosessuali come loro fratelli e sorelle, un gruppo umano che quando è sotto minaccia ha diritto a una protezione attiva. Papa Francesco, l’odio non deve trovare forza in testi o posizioni che si conservano per fedeltà ad usi passati. Ricordati dell’impegno eclatante e senza ambiguità di papa Giovanni XXIII contro il millenario insegnamento di disprezzo verso il popolo ebraico.

Papa Francesco, il tempo che viviamo ha bisogno di grandi voci per lottare contro la violenza e l’odio. È per questo che, cristiani e no, al di là delle nostre appartenenze spirituali o delle nostre credenze, riuniti nella nostra comune umanità, ti lanciamo questo appello aperto alla sottoscrizione di tutti, perché tutti sono coinvolti. Sei una di queste voci, non tacere.




le religioni di fronte all’omosessualità

cosa manca alle religioni per accettare l’omosessualità

l’intervento del prof. Vito Mancuso al convegno sull’omosessualità tenutosi martedì 19 maggio nella Sala Zuccari del Senato della Repubblica 

Schermata 2015-05-18 alle 23.46.06Anche se oggi il giudizio delle religioni sull’omosessualità è per lo più di condanna, qualcosa sta cambiando. È ormai citatissima la frase di papa Francesco del 28 luglio 2013: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla? ». Affermazione scioccante perché i Papi, compresi gli immediati predecessori di Francesco, hanno sempre formulato esplicite valutazioni sull’omosessualità, e sempre di condanna. Nel 2006 il Dalai Lama riaffermava la disapprovazione buddhista: «Una coppia gay è venuta a trovarmi cercando il mio appoggio e la mia benedizione: ho dovuto spiegare loro i nostri insegnamenti. Una donna mi ha presentato un’altra donna come sua moglie: sconcertante». Nel 2014 l’approccio è stato diverso: «Se due persone, una coppia, sentono veramente che quel modo è più pratico, più fonte di soddisfazione, e se entrambi sono pienamente d’accordo, allora va bene»…

Oggi tutte le religioni presentano tale oscillazione, in esse si nota l’evoluzione prodotta dallo “spirito del mondo”, per riprendere l’espressione con cui Hegel qualificava l’azione divina. È in atto nel mondo una complessiva riscrittura dei rapporti tra singolo e società: all’insegna del primato non più della società e delle sue tradizioni, ma del singolo e della sua realizzazione, un movimento che sta portando a valorizzare i soggetti tradizionalmente più emarginati, tra cui appunto gli omosessuali. Ne viene che oggi l’atteggiamento delle religioni sull’omosessualità presenta orientamenti molto diversi, dalla tradizionale e intransigente condanna alla più totale accoglienza. È vero tuttavia che le religioni abramitiche sono tradizionalmente più chiuse e che tra esse la posizione più rigida è quella dell’islam: ancora oggi nella gran parte del mondo musulmano l’omosessualità non è socialmente accettata e in alcuni paesi (Afghanistan, Arabia Saudita, Brunei, Iran, Mauritania, Nigeria, Sudan, Yemen) è persino punita con la pena di morte. Ciononostante in altri paesi a maggioranza musulmana non è più illegale, e in Albania, Libano e Turchia vi sono addirittura discussioni sulla legalizzazione dei matrimoni gay.
All’interno dell’ebraismo gli ebrei ortodossi considerano l’omosessualità un peccato e tendono a escludere le persone con tale orientamento, gli ebrei conservatori accettano le persone ma rifiutano la pratica omosessuale, gli ebrei riformisti ritengono l’omosessualità accettabile in tutti i suoi aspetti tanto quanto l’eterosessualità.
All’interno del cristianesimo si riproduce la medesima situazione, non solo a seconda delle diverse chiese, ma anche all’interno di una stessa chiesa. I luterani per esempio in Missouri dicono no all’ordinazione, alla benedizione delle coppie, ai matrimoni e persino all’accoglienza tra i fedeli dei gay, mentre in altri stati Usa e in Canada dicono sì su tutte e quattro le questioni. Si può comunque dire che il mondo protestante pentecostale (tra cui avventisti, assemblee di Dio, mormoni, testimoni di Geova) è generalmente contrario ai diritti gay, mentre il protestantesimo storico (tra cui luterani, riformati, anglicani, battisti, valdesi) è più favorevole.
La Chiesa cattolica riproduce la medesima dialettica, anche se sbilanciata a favore del no. La dottrina è giunta a dire sì all’accoglienza delle persone gay (cf. Catechismo, art. 2358) ma è ferma nel dire no alla benedizione della coppia e al matrimonio. Tale no si basa sul ritenere peccaminosa ogni forma di espressione omosessuale della sessualità: «Gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati» (art. 2357). Da qui una conseguenza implacabile: «Le persone omosessuali sono chiamate alla castità» (art. 2359). Più controversa è la posizione sull’ordinazione sacerdotale. In un documento del 2005 della Congregazione per l’Educazione cattolica sull’ammissione in seminario di omosessuali si legge: «La Chiesa, pur rispettando profondamente le persone in questione, non può ammettere al Seminario e agli Ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay. Le suddette persone si trovano, infatti, in una situazione che ostacola gravemente un corretto relazionarsi con uomini e donne». Ciò non impedisce tuttavia la presenza di omosessuali tra il clero cattolico e le comunità religiose maschili e femminili, con una percentuale difficilmente quantificabile ma certo non inferiore rispetto alla società, e da molti ritenuta doppia o ancora maggiore.
La maggioranza dei fedeli cattolici, soprattutto tra africani e asiatici, condivide l’intransigenza dottrinale, mentre a favore dei diritti gay vi sono specifici movimenti di fedeli omosessuali, non pochi teologi e religiosi, persino singoli vescovi, e qualche giorno fa la Conferenza episcopale tedesca e la Conferenza episcopale svizzera. Ha scritto quest’ultima: «La pretesa che le persone omosessuali vivano castamente viene respinta perché considerata ingiusta e inumana. La maggior parte dei fedeli considera legittimo il desiderio delle persone omosessuali di avere dei rapporti e delle relazioni di coppia e una grande maggioranza auspica che la Chiesa le riconosca, apprezzi e benedica”.
In ambito cristiano gli argomenti contro l’amore omosessuale sono due: la Bibbia e la natura. Il primo si basa su alcuni testi biblici che condannano esplicitamente l’omosessualità, in particolare Levitico 18,22-23 e 1Corinzi 6,9-10. Il secondo dice che c’è un imprescindibile dato naturale che si impone alla coscienza al punto da diventare legge, legge naturale, il quale mostra che il maschio cerca la femmina e la femmina cerca il maschio, sicché ogni altra ricerca di affettività è da considerarsi innaturale, espressione o di una patologia o di una vera e propria perversione, cioè o malattia o peccato.
Qual è la forza degli argomenti? L’argomento scritturistico è molto debole, non solo perché Gesù non ha detto una sola parola al riguardo, ma soprattutto perché nella Bibbia si trovano testi di ogni tipo, tra cui alcuni oggi avvertiti come eticamente insostenibili. I testi biblici che condannano le persone omosessuali io ritengo siano da collocare tra questi, accanto a quelli che incitano alla violenza o che sostengono la subordinazione della donna. E in quanto tali sono da superare.
Per quanto attiene all’argomento basato sulla natura, personalmente non ho dubbi sul fatto che la relazione fisiologicamente corretta sia la complementarità dei sessi maschile e femminile, vi è l’attestazione della natura al riguardo, tutti noi siamo venuti al mondo così. Neppure vi sono dubbi però che anche il fenomeno omosessualità in natura si dà e si è sempre dato. Occorre quindi tenere insieme i due dati: una fisiologia di fondo e una variante rispetto a essa. Come definire tale variante? Le interpretazioni tradizionali di malattia o peccato non sono più convincenti: l’omosessualità non è una malattia da cui si possa guarire, né è un peccato a cui si accondiscende deliberatamente. Come interpretare allora tale variante: è un handicap, una ricchezza, o semplicemente un’altra versione della normalità? Questo lo deve stabilire per se stesso ogni omosessuale. Quanto io posso affermare è che questo stato si impone al soggetto, non è oggetto di scelta, e quindi si tratta di un fenomeno naturale. E con ciò anche l’argomento contro l’amore omosessuale basato sulla natura viene a cadere.
Gli argomenti a favore si concentrano in uno solo: il diritto alla piena integrazione sociale di ogni essere umano a prescindere dagli orientamenti sessuali, così come si prescinde da età, ricchezza, istruzione, religione, colore della pelle. Accettare una persona significa accettarla anche nel suo orientamento omosessuale. Non si può dire, come fa la dottrina cattolica attuale, di voler accettare le persone ma non il loro orientamento affettivo e sessuale, perché una persona è anche la sua affettività e la sua sessualità.
La maturità di una società si misura sulla possibilità data a ciascuno di realizzarsi integralmente in tutte le dimensioni della sua personalità. Io credo che anche la maturità di una comunità cristiana si misura sulla capacità di accoglienza di tutti i figli di Dio, così come sono venuti al mondo, nessuna dimensione esclusa.

Vito Mancuso la Repubblica 19 maggio 2015




verso nuovi paradigmi nella comprensione della sessualità

Omosessualità e Sinodo 2015

psicoanalisi e teologia in dialogo verso nuovi paradigmi

Beatrice Brogliato e Damiano Migliorini [1] autori del libro L’amore omosessuale. Saggi di psicoanalisi, teologia e pastorale. In dialogo per una nuova sintesi ( Cittadella, Assisi 2014) fanno questa belle puntualizzazione su Micromega:

1. Una stagione culturale nuova

La stagione culturale aperta dal Sinodo Straordinario dell’ottobre 2014 non può che condurci a esplorare nuovamente la realtà dell’omosessualità, sulla quale pesano ancora fraintendimenti e posizioni contrapposte. La Relatio post disceptationem ha dato slancio a questo momento di ascolto e di parresia, laddove si spinge a considerare che «il mutuo sostegno fino al sacrificio costituisce un appoggio prezioso per la vita dei partner [omosessuali]» (n. 52). Aperture che, come sappiamo, sono state poi ridimensionate nella Relatio Synodi. Tuttavia, ciò che è emerso nel dibattito sinodale – i numeri nelle votazioni finali lasciano a intendere la pluralità delle posizioni emerse nella discussione tra i vescovi – ha continuato a dare i suoi frutti. In questa fase inter-sinodale, infatti, teologi, vescovi, sacerdoti[2] e Conferenze Episcopali[3] si sono espressi con più libertà, mostrando come le posizioni interne alla Chiesa siano molto variegate. Con prese di posizione anche piuttosto dure, da parte di esponenti di rilievo della cultura cattolica: posizioni che – inutile nasconderlo – lasciano un po’ di amaro in bocca per il loro stile.

Indagini demoscopiche, del resto, confermano che la situazione è la stessa anche tra i fedeli[4]. Non da ultima, anche la società civile ha mandato alla Chiesa dei segnali piuttosto forti, dato che il numero di Stati in cui il riconoscimento delle relazioni d’amore omosessuali è ufficiale si sta progressivamente allargando (ricordiamo le recenti approvazioni in Slovenia ed Estonia). La vittoria del sì nel referendum della “cattolica” Irlanda ha solo certificato quel che era chiaro da tempo: si è creata una distanza notevole tra la maggioranza dei cattolici e le indicazioni (ufficiali) della Chiesa in materia di morale sessuale.

Questa «rivoluzione sociale», ha affermato l’arcivescovo Martin, chiede anche alla Chiesa e alle sue istituzioni culturali di «fare i conti con la realtà»[5]. Per farlo, però, sono necessari dei paradigmi nuovi: bisogna cercare di capire quali sono le convinzioni profonde delle nuove generazioni, che le muovono a dissentire così profondamente dalla dottrina ufficiale. La richiesta del riconoscimento di un ‘amore forte’, del totale dono di sé per un’altra persona, non sembra avere a che fare con l’individualismo, e sembra poter essere un fattore di coesione sociale, di promozione umana, di sana libertà, anche se non contribuisce a generare biologicamente un figlio. La distanza culturale tra la Chiesa e i suoi fedeli (non solo i più giovani), forse, sta proprio qui. Senza dimenticare, come già ci hanno suggerito molti saggi di storia[6], che nelle fasi storiche di tolleranza – non di relativismo – le ragioni filosofiche e teologiche di chi si oppone al riconoscimento dell’amore omosessuale perdono di efficacia, perché esse traggono buona parte della loro forza dall’intolleranza generalizzata e dai pregiudizi consolidati.

La Chiesa quindi, sostenuta dalla novità «metodologica» introdotta da papa Francesco, è spinta a interrogarsi in modo nuovo, sforzandosi di comprendere le ragioni di chi vede nell’amore omosessuale una forma lecita di affettività, realizzante, umana, promuovente anche l’amore eterosessuale nella sua forma cristiana. In accordo, non in contrapposizione; a sostegno, non come pericolosa minaccia. In questo cammino di ascolto, di fondamentale importanza è la disponibilità a lasciarsi provocare da una realtà evidente per molti: tra persone dello stesso sesso vi può essere un’autentica relazione d’amore. È proprio il considerare «amore» l’esperienza affettiva delle persone omosessuali, infatti, il cuore del problema in teologia, la prospettiva con cui può essere affrontato, e allo stesso tempo la chiave di volta di una possibile soluzione alle varie impasse, quelle teoretiche e quelle pastorali.

Perché, dunque, un cattolico dovrebbe spingersi a chiamarlo amore? Può farlo, sia dal punto di vista scientifico, sia da quello etico-teologico?

2. Indicazioni dalla psicoanalisi

La psicoanalisi è la scienza che, più di ogni altra, può contribuire a rispondere a questi interrogativi. Un’analisi scientifica priva di pregiudizi metodologici, epistemici e sociali mostra che l’amore omosessuale può essere una forma di relazione affettiva sana e umanizzante. L’amore omosessuale non è immaturo, né narcisistico (l’omosessuale non ritira gli investimenti libidici dagli oggetti, bensì ama l’altro nella sua interezza); le persone omosessuali non sono più promiscue o psicologicamente instabili delle persone eterosessuali. Vi possono essere delle difficoltà contingenti – dovute a fattori ambientali e sociali[7] – che tuttavia non sono determinate dall’omosessualità stessa della persona.

La formazione dell’orientamento omosessuale – inteso come fenomeno psichico e insieme di desideri e affetti – è molto precoce e determinata da elementi soggettivi primitivi a cui non abbiamo accesso immediato. Ciò significa, innanzitutto, che dell’omosessualità non si possa individuare una vera e propria causa, e tantomeno una colpa (dei genitori, della famiglia, dell’ambiente). Vi è un tale complesso intreccio di elementi – dalla possibile predisposizione genetica, a tutti i fattori ambientali, psicologici e relazionali che ne determinano l’espressione – da escludere la possibilità di risalire a una concatenazione causale univoca, né come teoria generale, né nell’applicazione al singolo caso. Tutte le presunte ‘teorie eziologiche’ (genetiche, ormonali, anatomiche, psicologiche) hanno infatti mostrato, nel tempo, la loro insufficienza[8].

L’orientamento omosessuale, e il mondo degli affetti e dell’erotismo che ne deriva, implica un’uscita dall’Edipo, non presenta particolari disturbi di personalità o forme perverse di vivere la propria sessualità[9]. Al netto di ciò, la plausibilità terapeutica e teorica delle ‘teorie riparative’ risulta del tutto compromessa, com’è stato ampiamente dimostrato[10].

La sofferenza che le persone omosessuali sono spesso costrette a vivere, quindi, non è necessariamente legata a particolari disturbi psichici o di personalità, a traumi, ad abusi; non nasce da famiglie conflittuali o da disturbi fisici di varia natura. Queste persone soffrono perché sono sole, chiuse, timorose di vivere pienamente e liberamente le relazioni sociali. Tale ritiro non è determinato da una loro ‘difettosa’ struttura psichica, ma è determinato dal forte pregiudizio sociale, che queste persone fanno proprio (è il fenomeno dello stigma – o pregiudizio – sociale interiorizzato) e nelle quali s’identificano, autodenigrandosi. Tale processo di interiorizzazione e, quindi, di identificazione avviene perché, durante lo sviluppo dell’identità di genere, tutti noi abbiamo bisogno di modelli sociali di riferimento. Nella fase adolescenziale, quando iniziamo a comprendere chi siamo, qual è il nostro orientamento sessuale, abbiamo bisogno di modelli stabili e precisi. Per tutti noi, quindi, è essenziale avere delle linee guida che la società ci può e ci deve dare. Perciò, piuttosto del nulla, assorbiamo modelli negativi, se sono gli unici punti di riferimento. Molte ragazze e ragazzi omosessuali che iniziano a vivere questo vero e proprio sconquasso, conducono una lotta interiore in completa solitudine[11]. Nella ricerca di modelli in cui identificarsi, trovano soltanto pregiudizi: valutazioni degradanti, parcellizzanti la loro persona, spesso legate solo al sesso e non all’interezza dell’individuo.

Piuttosto del vuoto identitario, interiorizzano questi modelli negativi. Spesso, il ragazzo o la ragazza omosessuale entra, quindi, in un circolo vizioso, dando credito ai pregiudizi sociali, iniziando ad avere comportamenti svalorizzanti. Ecco perché la rimozione del pregiudizio – che oggi è identificata, a torto o a ragione, con la locuzione «lotta all’omofobia» – è urgentissima e necessaria. Quando le persone sono accolte nella loro interezza, arrivano a vivere in maggiore armonia con se stessi, iniziando ad amarsi e a valorizzare l’interezza della loro persona. Lo sviluppo di un’immagine di sé positiva prelude all’affermazione positiva di sé. È una questione di autostima, non di orgoglio. Quando l’omosessuale riconosce il proprio valore, intraprende la strada del ‘venir fuori’, e le relazioni affettive fanno parte di questa affermazione, poiché l’identità omosessuale si completa in esse, in quanto promuoventi un’immagine di sé positiva. Da questo punto di vista, è incomprensibile la richiesta fatta agli omosessuali di vivere la propria affettività nel nascondimento o nell’astinenza perpetua: per una persona omosessuale ciò corrisponde a un’incarcerazione, alla negazione di ciò che di più bello può avere nella vita.

Le\i giovani omosessuali hanno poi bisogno di un modello positivo: dobbiamo parlare loro di amore, di fedeltà, di progetto di coppia, di dono, da realizzare a partire da ciò che sono, e rivolti a colui o colei che sentono essere il compimento del loro desiderio affettivo.

Un discorso sobrio, sereno e scientifico sull’omosessualità, infine, implica una presa di distanza dai contrapposti estremismi circa il gender. Premesso che una «teoria del gender» (al singolare) non esiste[12], è sempre più urgente sottolineare come gli assunti principali delle teorie sul genere – anche delle più moderate, che potrebbero ottenere positiva accoglienza nella Chiesa[13] – riguardino i ruoli di genere (e, solo in rari casi, l’identità di genere[14]) e non l’orientamento sessuale. Le persone omosessuali vivono in armonia la loro identità di genere, perché il loro sesso psichico coincide con il sesso biologico: l’omosessuale femmina, per capirci, si sente pienamente femmina, non desidera avere un corpo maschile. Dal momento che l’essere omosessuali non genera e non è d’impedimento alle capacità di giudizio, sociali, lavorative (adattamento e funzionamento), possiamo desumere che la persona omosessuale esce positivamente dall’Edipo. L’Edipo non “riesce” solo quando “produce” eterosessuali, ma quando “produce” persone capaci di positive relazioni sociali, affettive, intellettuali. Se l’Edipo è riuscito, dunque, si è risolta positivamente anche la relazione della persona omosessuale con l’altro sesso: le persone omosessuali non sono né misogine, né misandrogine. Anzi, proprio le profondissime relazioni di amicizia delle persone omosessuali con le persone di sesso opposto mostrano come l’accettazione della differenza sessuale avvenga in loro in un modo diverso, ma che non la nega affatto: al contrario, queste amicizie attestano come vi possa essere una relazione uomo-donna straordinaria – complice, di rispetto assoluto – anche laddove manchi l’attrazione sessuale.

Riconoscere il valore dell’amore omosessuale, dunque, non ha nulla a che vedere con la negazione della differenza sessuale, né con l’imposizione di una rivoluzione circa i ruoli di genere. Educare al rispetto di questo amore – parlarne, anche con i giovani, nelle sedi istituzionali e religiose – è un atto dovuto. Se poi vi fossero delle degenerazioni, è giusto segnalarle, ma senza generare dannose caccie alle streghe, complottismi[15], o demonizzare qualsiasi forma di educazione al rispetto della diversità. Iniziare a rimuovere alcuni stereotipi è indispensabile – siano essi riguardanti gli omosessuali o gli eterosessuali (troppo spesso schiacciati da alcuni stereotipi di genere) – e creare una cultura del rispetto e dell’accoglienza è fondamentale, e non può essere sacrificato sull’altare delle contrapposizioni ideologiche.

3. Prospettive teologiche

La teologia e le istituzioni religiose, dal canto loro, possono cooperare a questo processo di umanizzazione delle relazioni e di rimozione delle sofferenze. Purché abbiano la lucidità di andare al cuore pulsante della propria dottrina, sapendo trasmettere ciò che vi è di essenziale. La Chiesa afferma che perché una relazione affettiva si possa chiamare ‘amore’ sono necessarie la reciprocità, la passione, il rispetto, la magnanimità, la fedeltà, la donazione altruistica, la solidarietà, nonché il sacrificio.

Le caratteristiche elencate sono riscontrabili anche in una coppia omosessuale. I sacerdoti e i teologi spesso non ne sono consapevoli, perché è raro che giungano a contatto con coppie omosessuali che vivono il «per sempre» in senso cristiano. Eppure esistono. Certo, è precisamente compito di queste coppie di testimoniare alla Chiesa la loro esistenza, dare prova che esiste questo luogo teologico in cui si manifesta la grazia dell’amore di Dio. Ma è anche compito della Chiesa di cercarle, avere uno sguardo attento, che non allontani queste realtà cercandovi per forza qualcosa di perverso. E sarebbe dovere dei sacerdoti educare la coppia a vivere quelle caratteristiche, esattamente come le insegnerebbero alle coppie eterosessuali, che spesso giungono a implementarle solo al termine di un lungo percorso di maturazione umana e di fede.

Negli atti sessuali compiuti da una coppia omosessuale sono però assenti la finalità procreativa e la complementarietà (entrambe in senso biologico-riproduttivo), ed è ciò a costituire per la Chiesa il punto ermeneutico più critico. Dalla mancanza di queste caratteristiche fondamentali dell’oggettività della sessualità, nasce la parola ‘disordine’, o meglio la locuzione ‘oggettivo disordine morale’[16] con cui il magistero ordinario della Chiesa indica sinteticamente gli atti sessuali delle persone che vivono una relazione d’amore omosessuale.

La domanda che la Chiesa si è posta, in vista del Sinodo, è se tali categorie si possano aggiornare senza negarle o snaturarle, per implementare una pastorale più efficace e coerente. Non vi è, crediamo, una risposta univoca a questo interrogativo. Tuttavia, alcune proposte teologiche[17] sembrano mostrare che un’analisi più approfondita può portare a elaborare significati di ‘fecondità’ e ‘complementarietà’ più ampi e complessi, più inclusivi. Ampiezza che non è una forma di annacquamento o capovolgimento. Nelle stesse affermazioni della Chiesa è riscontrabile questa pluralità di significati, soprattutto quando si applicano alle situazioni umane in cui non vi è procreazione biologica (lo stato celibatario o verginale, o quello delle coppie sterili). Certo, l’allargamento del campo semantico di questi termini implica un complesso lavoro di ermeneutica della Scrittura, della Tradizione e della dottrina della legge morale naturale[18], che passa anche per l’indagine antropologica.

Tuttavia, proprio quest’ultima può riuscire a scorgere che riconoscere come leciti gli atti compiuti nel contesto di un amore omosessuale non significa mettere in discussione l’antropologia cristiana circa la differenziazione sessuale, ma solo prendere in considerazione il fatto che il riconoscimento dell’alterità sessuale – e di ogni alterità – non passa solo per la dinamica di attrazione sessuale. Il simbolismo sessuale coniugale eterosessuale presente nel testo biblico è sicuramente paradigmatico, ma non esclude che vi possano essere altre forme di relazione sessuale buone. La Bibbia conosce varie forme di alterità, e definisce l’uomo come l’essere capace di relazione e comunione tra alterità (nucleo antropologico fondamentale); tra queste vi è anche l’alterità sessuale, il riconoscimento della quale è essenziale per la persona, ma che non si attua solo nel desiderio carnale. Da questo punto di vista, il riconoscimento della liceità dell’amore omosessuale è il frutto maturo dell’antropologica personalista cattolica (prima che s’infilasse nelle strettoie argomentative dell’unità-duale[19]).

Se così fosse, riconoscendo le differenze e le somiglianze tra amore omosessuale e amore eterosessuale, è possibile – rimanendo nelle categorie già fissate e senza rinnegare del tutto una Tradizione – interpretare il termine ‘disordine’ in un’accezione positiva. Il disordine potrebbe essere, in alcuni casi, un ordine diverso, un ordine (il bene possibile) che nella nostra contemporaneità abbiamo iniziato a scoprire, e del quale dobbiamo cogliere gli aspetti postivi, facendoli prevalere e risplendere. Nell’amore omosessuale – e negli atti sessuali che ne derivano – si possono esprimere e realizzare alcuni beni fondamentali della persona, che lo rendono ordinabile a Dio secondo l’ordine naturale che gli è proprio. La necessità della presenza del fine unitivo in un atto sessuale, allora, è ciò che a pieno titolo rientra nelle norme universali della legge morale naturale, rispettandone le caratteristiche formali. E questa è precisamente la razionalità (oggettività) dell’amore che deve guidare il nostro agire.

Certo, proponendo di valorizzare anche gli atti sessuali in cui la procreatività biologica è preclusa[20] – negando cioè che vi sia sempre un’inscindibilità dei sensi unitivo e procreativo – ci si spinge a riconsiderare alcuni assunti della dottrina oggi in vigore[21]. Ha quindi ragione mons. Robinson quando sostiene che «Non c’è possibilità di cambiamento per l’insegnamento della Chiesa Cattolica riguardo agli atti omosessuali, a meno che e non prima che ci sia un cambiamento nel suo insegnamento riguardo gli atti eterosessuali»[22]. Il che corrisponde a chiedersi se nell’antropologia metafisica (biblica e tomistica) cattolica vi sia spazio per riconsiderare le finalità proprie dell’atto sessuale[23]. Personalmente riteniamo che vi sia, ma il discorso ci porterebbe lontano, fino a considerare i confini di un possibile ripensamento del magistero ordinario[24]. Non è un segreto, del resto, che lo ‘scisma sommerso’ tra dottrina e comportamento dei fedeli – quella distanza culturale di cui parlavamo all’inizio – trova alcune sue radici proprio in certe formulazioni dell’Humanae Vitae. Riconoscerlo apertamente – fosse anche per ribadire con più convinzione ciò che in quell’enciclica è stato affermato – è una forma positiva di autoconsapevolezza per la Chiesa, che su di essa potrà formulare le proprie strategie pastorali future.

Un cammino non facile, che può suscitare spaesamento e rifiuti, ma che la realtà c’impone di prendere almeno in considerazione. Dal nostro umile punto di vista, crediamo fortemente che gli spazi per l’aggiornamento ci siano, e si siano già formati proprio a partire da alcune problematiche legate alle coppie eterosessuali e la vita consacrata. Un’ipotesi è quella d’ampliare il campo semantico del termine ‘procreativo’, fino a includere alcune forme di fecondità spirituale che promanano direttamente dal significato unitivo. La vita di coppia è già feconda nel suo darsi, perché il dono di sé per l’altro – che si manifesta anche nel concreto degli atti sessuali – crea qualcosa di nuovo, fa entrare le persone in una nuova vita, genera valore aggiunto: il noi emerge dall’io-tu come qualcosa di nuovo e stupendo. In questo ampliamento non vi è alcun cedimento all’edonismo o all’individualismo, giacché si propongono anche alla coppia omosessuale gli stessi alti ed esigenti appelli alla castità coniugale. È un aggiornamento possibile che, tuttavia, è stato sovraccaricato d’importanza simbolica (circa la morale e le posizioni di egemonia culturale e sociale), rendendolo di fatto quasi impraticabile. E ciò a discapito della vita delle persone.

Ecco allora che aprirsi al mondo, in questo contesto, non significa acquisirne automaticamente le istanze. Sappiamo che il cristianesimo – sia nei testi del Vangelo, sia nella Tradizione – spinge sempre a superare le logiche del mondo, verso un orizzonte di senso più ampio, dove l’umano sfiora il divino. Aprirsi con fiducia – nello stile di papa Francesco e nel modello di sinodalità sognato nel Vaticano II e concretizzatosi nella discussione franca e libera di questo Sinodo – significa accettare di porsi in ascolto, senza demonizzare ciò che proviene ‘dal mondo’, ma sapendone riconoscere le dinamiche positive, portarle a compimento, depurarle da ciò che vi è di inumano, senza rinunciare al cuore della propria tradizione, ma allo stesso tempo senza porsi anacronisticamente fuori dalla realtà.

Questo è il compito della dottrina che si traduce in pastorale: proporre anche alle persone omosessuali che vivono una relazione d’amore con persone dello stesso sesso i caratteri fondamentali della spiritualità cristiana sulla sessualità. Ci sono delle intuizioni basilari – nella morale sessuale cattolica – che fanno parte di una saggezza laica e cristiana che costituisce l’oggettività della sessualità, e che pertanto non possono essere negate, seppur mediate dalla consapevolezza della gradualità d’ogni percorso di maturazione morale. Ad esempio l’idea che l’atto sessuale debba essere espressione del livello relazionale del rapporto e frutto di uno sguardo casto (nucleo dell’idea di castità coniugale).

Proporre queste indicazioni significa inserirsi in un percorso storico ormai avviato e irreversibile – quello del riconoscimento dell’integralità umana delle persone omosessuali e del loro amore di coppia – sapendolo governare, invece di opporvisi tenacemente; significa far primeggiare il bene che si esprime in questo percorso, senza doversi scusare tra qualche anno per non averlo saputo riconoscere.

Certo, resta aperta la questione di quale sia il modo migliore – sia a livello sacramentale sia a livello giuridico – per attuare concretamente questo riconoscimento[25]. E qui entra in gioco la creatività umana, che però non può usare paraventi linguistici che possono solo, alla lunga, risultare ipocriti.

In questo Sinodo forse la Chiesa non potrà procedere a un aggiornamento dottrinale sostanziale. Tuttavia, ha di fronte a sé molte opzioni per compiere qualche passo in avanti. Potrebbe, ad esempio, invitare i teologi, i vescovi e i laici a intraprendere un libero cammino di approfondimento di alcuni termini, della Tradizione e dell’esegesi; consentendo di sperimentare nuove ipotesi pastorali alle singole Conferenze Episcopali, le quali si trovano a confronto con sensibilità sociali, spirituali e culturali molto diverse, nelle differenti aeree del pianeta in cui si trovano a operare.

NOTE

[1] Autori del libro L’amore omosessuale. Saggi di psicoanalisi, teologia e pastorale. In dialogo per una nuova sintesi, Cittadella, Assisi 2014.

[2] L’Association of U.S. Catholic priests ha inviato al Sinodo i risultati della consultazione di oltre 500 sacerdoti americani, attraverso una lettera che chiede forti innovazioni su tutti i temi affrontati dal Sinodo (cf. Adista Notizie 16 (2015), file originale in inglese scaricabile qui: http://www.uscatholicpriests.org/). Si sono pronunciati per delle aperture, anche se con sfumature differenti, il vescovo Johan Bonny, mons. Domenico Mogavero (intervista su Vatican Insider del 14\10\2014), il vescovo Juan Vicente Cordoba, il cardinale Reinhard Marx, il vescovo Bruno Forte (intervista su Vatican Insider del 13\10\2014), il vescovo Raul Vera, mons. Geoffrey Robinson, mons. Luigi Bettazzi.

[3] Hanno fatto scalpore le posizioni d’avanguardia dei fedeli svizzeri, sintetizzate nel documento «Rapporto della Chiesa cattolica in Svizzera sugli interrogativi sollevati nei Lineamenta in preparazione al Sinodo ordinario dei Vescovi 2015 a Roma» inviato dalla loro Conferenza Episcopale (si può trovare qui: http://www.ivescovi.ch/documenti /comunicati/dibattiti-presinodali- in-svizzera), e quelle dei fedeli tedeschi: «La maggioranza si aspetta dalla Chiesa una valutazione più differenziata basata sulla teologia morale, che tenga conto delle esperienze pastorali e delle conoscenze scientifiche. Quasi tutti i cattolici accettano rapporti omosessuali se i partner vivono valori come amore, fedeltà, responsabilità reciproca e affidabilità» (La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo, risposta della Conferenza Episcopale Tedesca, tradotta in http://www.viandanti.org).

[4] Secondo il Public Religion Research Institute (PRRI), circa il 60% dei cattolici americani approverebbero il matrimonio gay (Attitudes on Same-sex Marriage by Religious Affiliation and Denominational Family, consultabile in http://publicreligion.org/2015/04/). Anche i dati, certamente più modesti, dai noi raccolti nelle parrocchie del vicentino circa l’accettazione positiva della realtà omosessuale, sembrano indicare un risultato analogo (cf. D. Migliorini, I fedeli cattolici e l’omosessualità: un’indagine in parrocchia, in http://vaticaninsider.lastampa.it/, 9/02/2015).

[5] «Nozze gay, l’arcivescovo di Dublino: “La Chiesa faccia i conti con la realtà”», articolo in ‘www.repubblica.it’ del 24/05/2015. L’interpretazione del dato e della direzione che deve prendere questa necessaria ‘riflessione’ è stata diversa all’interno della Chiesa, come testimoniano le differenti affermazioni del card. Parolin e del card. Kasper (entrambe in Corriere della Sera del 27/05/2015, p. 6).

[6] Ricordiamo l’insuperata opera di J. Boswell, Cristianesimo, tolleranza, omosessualità, Leonardo, Milano 1989; a cui si possono aggiungere, per una prima ricognizione: E. Cantarella, Secondo natura. La bisessualità nel mondo antico, BUR, Milano 2010; M. P. Faggioni, L’atteggiamento e la prassi della Chiesa in epoca medievale e moderna sull’omosessualità, in Gregorianum 91 (2010) 3; L. Crompton, Homosexuality and civilization, Harvard University Press 2006; recentissima l’uscita di G. Dall’Orto, Tutta un’altra storia. L’omosessualità dall’antichità al secondo dopoguerra, Il Saggiatore, 2015.

[7] Per un’introduzione ad alcune questioni sociologiche, tra cui la genesi e il significato del termine omofobia: L. Trappolin, Per una sociologia dell’omosessualità, Carocci, Roma 2009; C. Bertone, Le omosessualità, Carocci, Roma 2001; G. Herdt, Omosessualità, in Enciclopedia delle scienze sociali, vol. 6, Roma 1996; A. Sullivan, Praticamente normali, Mondadori, Milano 1996; M. Graglia, Omofobia. Strumenti di analisi e di intervento, Carocci, Roma 2012; S. Argentieri, A qualcuno piace uguale, Einaudi, Torino 2010.

[8] M. L. Di Pietro, Il processo di sessualizzazione della persona. Il dato biologico, in Aa.Vv., Amare nella differenza, Cantagalli-Libreria Editrice Vaticana, 2012, pp. 133-143.

[9] American Psychological Association, Appropriate Therapeutic Responses to Sexual Orientation (2009), in www.apa.org.

[10] Oltre al documento dell’Apa, ricordiamo il dettagliato volume P. Rigliano – J. Ciliberto – F. Ferrari, Curare i gay? Oltre l’ideologia riparativa dell’omosessualità, Cortina, Milano 2012; M. Graglia, Psicoterapia e omosessualità, Carocci, Roma 2009; V. Lingiardi – N. Nardelli, Linee guida per la consulenza psicologica e la psicoterapia con persone lesbiche gay bisessuali, Cortina, Milano 2014.

[11] M. Palomba, Essere e vivere la diversità, Kappa, Roma 1999.

[12] Solo all’interno del femminismo si possono riscontrare posizioni essenzialiste, decostruzioniste (tra cui le teorie queer), della differenza sessuale, e postmoderniste (o teoria delle differenze locali). Cf. E. Ruspini, Identità di genere, Carocci, Roma 2009, pp. 57-61.

[13] G. Piana, Sesso o gender. Davvero alternativi?, in Rocca 8 (2015), pp. 30-32; Aa.Vv., Identità di genere. Pensare la differenza tra scienze, filosofia e teologia, EDB, Bologna 2015; C. Simonelli, Teologia, differenza e gender: un dibattito aperto, in Studia Patavina 62 (2015), pp. 73-88; Per una panoramica sui gender studies rimandiamo a B. Gelli, Psicologia delle differenze di genere, Franco Angeli, 2014; R.W. Connell, Questioni di genere, Il Mulino, 2011; S. Zanardo, Gender e differenza sessuale. Un dibattito in corso, in Aggiornamenti Sociali 5 (2014).

[14] Sono i casi in cui si manifesta una disforia di genere, cioè i casi di transessualità. Secondo la teoria più accreditata, sono casi in cui la persona – per un’alterazione ormonale nelle prime fasi di vita – si trova con un corpo non corrispondente al sesso biologico del cervello. Non hanno, evidentemente, nulla a che vedere con l’omosessualità. Inoltre, non vi sono evidenze scientifiche che mostrano come un’eventuale maggiore flessibilità nei ruoli di genere possa generare più casi di omosessualità o di transessualismo.

[15] «La sociologia individua il ‘complottismo’ come il tentativo, per definizione minoritario, di conservare in diversi campi del sapere umano – ma principalmente la storia e la scienza – elementi della rejected knowledge (conoscenza scartata), cioè le ipotesi che la comunità accademica nella sua vasta maggioranza, dopo averle esaminate, ha respinto come spiegazioni false o inadeguate della realtà. Il complottista s’immagina che il rigetto della teoria cui è affezionato non sia avvenuto perché, seguendo i suoi normali e consueti modi di funzionamento, la comunità accademica è riuscita a ‘falsificarla’, nel senso di provarla come falsa, ma perché la maggioranza degli accademici – nonché dei media che riportano le loro conclusioni, e delle istituzioni politiche, professionali e religiose che ne tengono conto – partecipa a un vasto complotto dietro cui si celano ‘sette’ misteriose ma potentissime» (M. Introvigne, Nuove mitologie religiose, in Treccani, online su treccani.it).

[16] V. Tombolato, Omosessualità. Un oggettivo disordine morale?, Alberto Brigo, Rovigo 2008.

[17] Ricordiamo i più significativi, dall’apripista J. McNeil, La chiesa e l’omosessualità, Mondadori, Milano 1979, a: M. Vidal, Omosessualità, scienza e coscienza, Cittadella, Assisi 1983; X. Thevenot, Omosessualità maschile e morale cristiana, Leumann-Elledici, Torino 1991; J. Gafo, Omosessualità, un dibattito aperto, Cittadella, Assisi 2000; E. Chiavacci, Omosessualità. Cercare ancora, in Vivens Homo 11 (2000) pp. 423-457; J. Gramick – R. Nugent, Anime gay. Gli omosessuali e la chiesa cattolica, Ed. Riuniti, Roma 2003; J. Alison, Fede oltre il risentimento. Coscienza cattolica e coscienza gay: risorse per il dibattito, Transeuropa, Massa 2007; G. Piana, Omosessualità. Una proposta etica, Cittadella, Assisi 2010; P. Rigliano, Gesù e le persone omosessuali, La Meridiana, Molfetta 2014; P. Gamberini, Coppie omosessuali. Vivere, sentire e pensare da credenti, in Il Regno-attualità 2 (2015) pp. 129-136. Sul fronte pastorale, ricordiamo il numero 30 (1996) della rivista Presbyteri (contributi di L. Lorenzetti e L. Rossi). Rimandiamo anche alla raccolta di saggi in Concilium 1\2008 (Le omosessualità) e in CredereOggi 116\2000 (Persone omosessuali).

[18] Una legge imprescindibile, che tuttavia non può essere banalizzata. Rimandiamo al nostro testo, B. Brogliato – D. Migliorini, L’amore omosessuale. Saggi di psicoanalisi, teologia e pastorale. In dialogo per una nuova sintesi, Cittadella, Assisi 2014, pp. 223-255.

[19] Riscontrabili, ad esempio in A. Scola, Il mistero nuziale. Uomo-donna, Marcianum Press, Venezia 2014.

[20] Come avviene nelle coppie sterili, oppure accettando l’atto sessuale nei periodi infecondi. Tali atti, infatti, pur mantenendo la ‘forma generativa’ hanno un’intrinseca intenzionalità contraccettiva.

[21] Quelli, com’è noto, codificati nell’Humanae Vitae.

[22] Omosessualità: occorre una nuova morale sessuale, intervento di Geoffrey James Robinson, vescovo emerito della diocesi cattolica di Sidney, tenuto alla conferenza Le strade dell’amore, riportato da L’Indice del Sinodo (http://ilregno-blog.blogspot.it/2015/02/omosessualita-occorre-una-nuova-morale.html).

[23] In qualche modo, si tratta finalmente d’integrare nella riflessione antropologica la nozione di orientamento sessuale (sconosciuta alla tradizione cattolica più antica); è quest’ultima, infatti, a spingere a riconsiderare l’insegnamento sugli atti sessuali – come sostenuto da Robinson – poiché implica di ripensare la forma stessa (l’ordine) impressa da Dio negli atti sessuali derivanti da orientamenti diversi.

[24] Forse, per affrontare con più serenità le scelte dottrinali impegnative, sarebbe utile riscoprire alcune riflessioni – profonde e non poco provocatorie – di K. Rahner, raccolte nei Nuovi saggi, Paoline 1975, pp. 60-63, 362-379 e 405-422 (Discussioni attorno al magistero ecclesiastico).

[25] Se si debba trattare di un’equiparazione tout court al matrimonio oppure no. Per onestà nel procedere argomentativo, sarebbe importante, nei dibattiti su questa questione, cercare di tenere separate problematiche diverse, che necessitano di categorie differenti, come ad esempio la questione delle adozioni o dell’utero in affitto. Riconoscere la bontà dell’amore omosessuale non implica necessariamente queste ultime; sebbene siano frequentemente associate (soprattutto a livello giuridico), sarebbe opportuno distinguerle.

(2 ottobre 2015)




le religioni di fronte all’omosessualità

cosa manca alle religioni per accettare l’omosessualità

gay

 

 

 

di Vito Mancuso
in “la Repubblica” del 19 maggio 2015

 

 questo è l’intervento che Vito Mancuso terrà oggi alle 10.30, nella Sala Zuccari del Senato della Repubblica, in occasione del convegno: « Diritti omosessuali, diversità come valore » . Inaugureranno i lavori il presidente del Senato, Pietro Grasso, e la Presidente della Camera, Laura Boldrini

Anche se oggi il giudizio delle religioni sull’omosessualità è per lo più di condanna, qualcosa sta cambiando. È ormai citatissima la frase di papa Francesco del 28 luglio 2013: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla? ». Affermazione scioccante perché i Papi, compresi gli immediati predecessori di Francesco, hanno sempre formulato esplicite valutazioni sull’omosessualità, e sempre di condanna. Nel 2006 il Dalai Lama riaffermava la disapprovazione buddhista: «Una coppia gay è venuta a trovarmi cercando il mio appoggio e la mia benedizione: ho dovuto spiegare loro i nostri insegnamenti. Una donna mi ha presentato un’altra donna come sua moglie: sconcertante». Nel 2014 l’approccio è stato diverso: «Se due persone, una coppia, sentono veramente che quel modo è più pratico, più fonte di soddisfazione, e se entrambi sono pienamente d’accordo, allora va bene». Oggi tutte le religioni presentano tale oscillazione, in esse si nota l’evoluzione prodotta dallo “spirito del mondo”, per riprendere l’espressione con cui Hegel qualificava l’azione divina. È in atto nel mondo una complessiva riscrittura dei rapporti tra singolo e società: all’insegna del primato non più della società e delle sue tradizioni, ma del singolo e della sua realizzazione, un movimento che sta portando a valorizzare i soggetti tradizionalmente più emarginati, tra cui appunto gli omosessuali. Ne viene che oggi l’atteggiamento delle religioni sull’omosessualità presenta orientamenti molto diversi, dalla tradizionale e intransigente condanna alla più totale accoglienza. È vero tuttavia che le religioni abramitiche sono tradizionalmente più chiuse e che tra esse la posizione più rigida è quella dell’islam: ancora oggi nella gran parte del mondo musulmano l’omosessualità non è socialmente accettata e in alcuni paesi (Afghanistan, Arabia Saudita, Brunei, Iran, Mauritania, Nigeria, Sudan, Yemen) è persino punita con la pena di morte. Ciononostante in altri paesi a maggioranza musulmana non è più illegale, e in Albania, Libano e Turchia vi sono addirittura discussioni sulla legalizzazione dei matrimoni gay. All’interno dell’ebraismo gli ebrei ortodossi considerano l’omosessualità un peccato e tendono a escludere le persone con tale orientamento, gli ebrei conservatori accettano le persone ma rifiutano la pratica omosessuale, gli ebrei riformisti ritengono l’omosessualità accettabile in tutti i suoi aspetti tanto quanto l’eterosessualità. All’interno del cristianesimo si riproduce la medesima situazione, non solo a seconda delle diverse chiese, ma anche all’interno di una stessa chiesa. I luterani per esempio in Missouri dicono no all’ordinazione, alla benedizione delle coppie, ai matrimoni e persino all’accoglienza tra i fedeli dei gay, mentre in altri stati Usa e in Canada dicono sì su tutte e quattro le questioni. Si può comunque dire che il mondo protestante pentecostale (tra cui avventisti, assemblee di Dio, mormoni, testimoni di Geova) è generalmente contrario ai diritti gay, mentre il protestantesimo storico (tra cui luterani, riformati, anglicani, battisti, valdesi) è più favorevole. La Chiesa cattolica riproduce la medesima dialettica, anche se sbilanciata a favore del no. La dottrina è giunta a dire sì all’accoglienza delle persone gay (cf. Catechismo, art. 2358) ma è ferma nel dire no alla benedizione della coppia e al matrimonio. Tale no si basa sul ritenere peccaminosa ogni forma di espressione omosessuale della sessualità: «Gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati» (art. 2357). Da qui una conseguenza implacabile: «Le persone
omosessuali sono chiamate alla castità» (art. 2359). Più controversa è la posizione sull’ordinazione sacerdotale. In un documento del 2005 della Congregazione per l’Educazione cattolica sull’ammissione in seminario di omosessuali si legge: «La Chiesa, pur rispettando profondamente le persone in questione, non può ammettere al Seminario e agli Ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay. Le suddette persone si trovano, infatti, in una situazione che ostacola gravemente un corretto relazionarsi con uomini e donne». Ciò non impedisce tuttavia la presenza di omosessuali tra il clero cattolico e le comunità religiose maschili e femminili, con una percentuale difficilmente quantificabile ma certo non inferiore rispetto alla società, e da molti ritenuta doppia o ancora maggiore. La maggioranza dei fedeli cattolici, soprattutto tra africani e asiatici, condivide l’intransigenza dottrinale, mentre a favore dei diritti gay vi sono specifici movimenti di fedeli omosessuali, non pochi teologi e religiosi, persino singoli vescovi, e qualche giorno fa la Conferenza episcopale tedesca e la Conferenza episcopale svizzera. Ha scritto quest’ultima: «La pretesa che le persone omosessuali vivano castamente viene respinta perché considerata ingiusta e inumana. La maggior parte dei fedeli considera legittimo il desiderio delle persone omosessuali di avere dei rapporti e delle relazioni di coppia e una grande maggioranza auspica che la Chiesa le riconosca, apprezzi e benedica”. In ambito cristiano gli argomenti contro l’amore omosessuale sono due: la Bibbia e la natura. Il primo si basa su alcuni testi biblici che condannano esplicitamente l’omosessualità, in particolare Levitico 18,22-23 e 1Corinzi 6,9-10. Il secondo dice che c’è un imprescindibile dato naturale che si impone alla coscienza al punto da diventare legge, legge naturale, il quale mostra che il maschio cerca la femmina e la femmina cerca il maschio, sicché ogni altra ricerca di affettività è da considerarsi innaturale, espressione o di una patologia o di una vera e propria perversione, cioè o malattia o peccato. Qual è la forza degli argomenti? L’argomento scritturistico è molto debole, non solo perché Gesù non ha detto una sola parola al riguardo, ma soprattutto perché nella Bibbia si trovano testi di ogni tipo, tra cui alcuni oggi avvertiti come eticamente insostenibili. I testi biblici che condannano le persone omosessuali io ritengo siano da collocare tra questi, accanto a quelli che incitano alla violenza o che sostengono la subordinazione della donna. E in quanto tali sono da superare. Per quanto attiene all’argomento basato sulla natura, personalmente non ho dubbi sul fatto che la relazione fisiologicamente corretta sia la complementarità dei sessi maschile e femminile, vi è l’attestazione della natura al riguardo, tutti noi siamo venuti al mondo così. Neppure vi sono dubbi però che anche il fenomeno omosessualità in natura si dà e si è sempre dato. Occorre quindi tenere insieme i due dati: una fisiologia di fondo e una variante rispetto a essa. Come definire tale variante? Le interpretazioni tradizionali di malattia o peccato non sono più convincenti: l’omosessualità non è una malattia da cui si possa guarire, né è un peccato a cui si accondiscende deliberatamente. Come interpretare allora tale variante: è un handicap, una ricchezza, o semplicemente un’altra versione della normalità? Questo lo deve stabilire per se stesso ogni omosessuale. Quanto io posso affermare è che questo stato si impone al soggetto, non è oggetto di scelta, e quindi si tratta di un fenomeno naturale. E con ciò anche l’argomento contro l’amore omosessuale basato sulla natura viene a cadere. Gli argomenti a favore si concentrano in uno solo: il diritto alla piena integrazione sociale di ogni essere umano a prescindere dagli orientamenti sessuali, così come si prescinde da età, ricchezza, istruzione, religione, colore della pelle. Accettare una persona significa accettarla anche nel suo orientamento omosessuale. Non si può dire, come fa la dottrina cattolica attuale, di voler accettare le persone ma non il loro orientamento affettivo e sessuale, perché una persona è anche la sua affettività e la sua sessualità. La maturità di una società si misura sulla possibilità data a ciascuno di realizzarsi integralmente in tutte le dimensioni della sua personalità. Io credo che anche la maturità di una comunità cristiana si misura sulla capacità di accoglienza di tutti i figli di Dio, così come sono venuti al mondo, nessuna dimensione esclusa.




le novità dalle risposte al ‘questionario’

Sinodo, comunione ai divorziati e accoglienza ai gay: le risposte dei fedeli al questionario

VATICAN-SIRYA-POPE-PRAYER

<DATE LA COMUNIONE AI DIVORZIATI>

LE RICHIESTE DEI FEDELI A FRANCESCO 

 

così Giovanni Panettiere sintetizza le risposte al ‘questionario’ in preparazione al sinodo sulla famiglia previsto per il prossimo settembre: nonostante la scarsa convinzione dei vescovi italiani a sensibilizzare i singoli fedeli (così come voluto da papa Francesco) le risposte che sono arrivate sembrano richiedere poche ma chiare innovazioni soprattutto in riferimento all’accoglienza sacramentale ai divorziati e agli omosessuali:

Comunione ai divorziati risposati, accoglienza degli omosessuali, ma anche più attenzione alle coppie in crisi, dialogo con i conviventi e rafforzamento dei corsi pre-matrimoniali. Il papa interpella la Chiesa sulle sfide della famiglia e i cattolici italiani fanno sentire la loro voce, sottolineando le urgenze pastorali nelle risposte all’inedito questionario in vista del Sinodo di ottobre. Sono state trasmesse alla Segreteria generale della Conferenza episcopale italiana le sintesi elaborate dai 226 vescovi diocesani che nei loro territori hanno raccolto stimoli da parrocchie, associazioni e nuclei familiari. Oggi il Consiglio permanente della Cei (una sorta di cdm) esaminerà un testo d’insieme da inviare alla Segreteria generale del Sinodo come contributo finale della Chiesa italiana. In attesa del documento e di cifre ufficiali, alla luce di un’indagine sulle diocesi del nord, centro e sud del Paese, è possibile anticipare le priorità dei fedeli e tirare le somme di una consultazione fortemente voluta da Francesco.
Se il papa auspicava una diffusione capillare del questionario, nel Belpaese l’operazione è avvenuta solo in parte. Un po’ perché, come denunciato al Qn dal segretario generale del Sinodo, il cardinale in pectore Lorenzo Baldisseri, si sono avuti complessivamente dei ritardi nella distribuzione delle domande, un po’ perché nelle realtà più ampie — Torino e Bologna in testa — gli arcivescovi hanno preferito sensibilizzare per lo più il clero. È andata meglio nelle diocesi piccole, come per esempio Fidenza, Pavia, Lucca e Acireale, dove sono state coinvolte anche associazioni (Azione cattolica, Cl e Le Equipes Notre Dame). Ma non sempre la partecipazione è stata nelle attese a riprova di una certa immaturità del laicato italiano, quando si tratta di far sentire la propria opinione. «Non si è percepita l’importanza della richiesta di collaborazione», lamenta l’arcivescovo di Oristano, Ignazio Sanna.
Fra i temi maggiormente sentiti dalla base campeggia la situazione dei divorziati risposati che, diritto canonico alla mano, non possono accedere alla comunione, sempre che non si astengano dai rapporti sessuali. «La gente ci chiede di favorire l’accesso ai sacramenti per queste persone — avverte Sanna —. Se la voce è piuttosto unisona, qualcosa vorrà pure significare… Ci costringe a leggere il cambiamento con audacia e prudenza». Due parole care a Bergoglio che stigmatizza «la dogana spirituale» sui sacramenti. «Una maggiore attenzione ai casi concreti» è richiesta da monsignor Giovanni Giudici (Pavia), sebbene «non penso a una riforma».
Sull’omosessualità i fedeli invitano all’accoglienza, senza cedimenti, però, sulle nozze. «C’è un atteggiamento di motivato rifiuto rispetto a una legislazione che vorrebbe equiparare le unioni civili fra persone dello stesso sesso al matrimonio — si legge in una sintesi dei contributi arrivati al vescovo di Rovigo, Lucio Soravito De Franceschi —, mentre con le persone ci deve essere un atteggiamento di ascolto. Bisogna che la Chiesa accolga i figli senza alcuna remora e senza far differenze con gli altri». In sostanza, sintetizza monsignor Luciano Pacomio, biblista di fama e vescovo di Mondovì, «va superata, nel popolo di Dio come nella società, una cultura omofoba». Dalle risposte dei credenti si intravede anche lo ‘scisma sommerso’ fra le indicazioni morali del magistero e il comportamento dei coniugi sotto le lenzuola. Non lo nasconde monsignor Nino Raspanti, vescovo di Acireale, uno dei più giovani in Cei (è classe 1959), che ammette: «Capisco l’esigenza di una rivisitazione del concetto di natura. Va da sè che questo comporterebbe una qualche riconsiderazione delle linee operative dell’enciclica Humanae vitae, dedicata alla sessualità e ai contraccettivi». Si vedrà. Il Sinodo è lontano, ma in generale che cosa si aspettano i vescovi? «Spero in un’aria di Pentecoste. Occorre investire la Chiesa non di regole, bensì di Vangelo attraente», è l’augurio di monsignor Carlo Mazza (Fidenza). Chissà perché, a chilometri di distanza, a Santa Marta, Francesco sorride.




la bibbia e l’omosessualità

una certa e tradizionale interpretazione della Bibbia  costringe molti omosessuali cattolici e di altre fedi a nascondere il proprio orientamento sessuale o identità di genere pur di rimanere inseriti nella comunità di fede alla quale appartengono

in questo processo soffrono molto e, disgraziatamente, alla lunga finiscono per allontanarsi dalla religione alla luce della quale sono stati allevati: tenta un’analisi più approfondita l’articolo qui sotto riportato:

 

L’omosessualità nella Bibbia

Le nuove interpretazioni

 di Daniel Shoer Roth

tratto da About.com – Comunidad Gay (Stati Uniti)

 
Gli atteggiamenti negativi delle istituzioni religiose tradizionali verso le persone omosessuali, centrati sull’affermazione che l’atto sessuale tra persone dello stesso sesso è peccato, si basa su interpretazioni delle Sacre Scritture che sembrano condannare l’omosessualità. In questo senso l’interpretazione della Bibbia costituisce una delle fonti storiche dell’omofobia che costringe molti omosessuali cattolici e di altre fedi a nascondere il proprio orientamento sessuale o identità di genere pur di rimanere inseriti nella comunità di fede alla quale appartengono.

In questo processo soffrono molto e, disgraziatamente, alla lunga finiscono per allontanarsi dalla religione alla luce della quale sono stati allevati. Gli insegnamenti religiosi che promuovono l’odio verso l’omosessualità coinvolgono anche i familiari delle persone LGBT, che a volte si vedono obbligati a scegliere tra i propri amati congiunti e le comunità religiose a cui appartengono, a causa della pressione di queste ultime.
Per i credenti omosessuali la Bibbia assume un significato speciale, dato che è di ispirazione divina. Per questo fanno fatica a conciliare i testi biblici che li svalutano come esseri umani e la propria identità. Tuttavia comprendiamo che gli autori di queste scritture hanno espresso concetti adeguati alle conoscenze dell’epoca e che oggi, vari millenni più tardi, non possono essere interpretati alla lettera.
L’epoca moderna
L’insegnamento cattolico proibisce l’atto omogenitale (sesso tra persone dello stesso sesso), così come gli anticoncezionali, la masturbazione, il sesso prima del matrimonio e fuori dal matrimonio, poiché considera che lo scopo dell’attività sessuale sia la procreazione. Ma oggi si potrebbe considerare che la maggior parte delle persone qualche volta si è masturbata, le coppie eterosessuali qualche volta hanno usato metodi anticoncezionali per prevenire la gravidanza e non tutto il mondo è arrivato vergine al matrimonio. Tuttavia in questo processo di condanna e isolamento di un gruppo perché ha violato queste norme, le persone omosessuali sono le più bersagliate e accusate dalla Chiesa di essere dei “peccatori”. Il mondo si evolve. Ad esempio, nell’epoca biblica, le spose e le figlie erano proprietà dell’uomo. Fino a cento anni fa le donne subivano ancora svantaggi legali. Ma in questa era contemporanea, per lo meno in Paesi progrediti, il ruolo della donna cristiana è cambiato è c’è uguaglianza di genere. Tutti noi esseri umani siamo figli di Dio, compresi gli omosessuali, e siamo stati creati a Sua immagine e somiglianza, non importa quale sia il nostro orientamento sessuale o la nostra identità di genere. Perciò l’omosessuale può avere una relazione con una persona dello stesso sesso ed essere un cristiano fedele.
Una nuova lettura
E’ fondamentale prestare attenzione ai diversi punti di vista e interpretazioni di un testo biblico, per via della sua antichità. La condanna dell’omosessualità si basa su qualche episodio il cui contesto non è molto chiaro. Come possiamo allora interpretare la lettura di questi passaggi che sono stati travisati per condannare l’identità sessuale? Non è facile sintetizzare tutta la mole di studi riguardanti l’omosessualità nella Bibbia. Ma queste sono le interpretazioni proposte da alcuni esperti, conclude Dignity USA, organizzazione che si adopera per ottenere cambiamenti in quello che è l’insegnamento della Chiesa a proposito dell’omosessualità. Con la sua autorizzazione ho riassunto e adattato alcuni passaggi.
Riferimenti all’omosessualità nella Bibbia
La storia di Sodoma e Gomorra nel libro della Genesi cap. 19 tratta dell’offesa al sacro dovere dell’ospitalità. Questa è l’interpretazione che Ezechiele 16:48-49 e altri profeti danno di questo testo. Il tentativo di violenza all’uomo in questo contesto è soltanto un’accentuazione dell’atrocità di non essere ospitali.
Levitico 18:22 proibisce il sesso tra due maschi e lo definisce “un abominio”. Ma la parola abominio in questo contesto significa soltanto un’impurità o un tabù religioso, come mangiare carne di maiale. Proprio come avveniva presso i cattolici che proibivano di mangiar carne il venerdì, pena il commettere peccato mortale; l’offesa non sta nell’azione in sè, ma nel tradimento della propria religione. Gli ebrei dell’epoca biblica erano soliti evitare pratiche considerate impure per motivi che alla nostra epoca appaiono ingiustificati.
Romani 1:27 parla di “uomini che hanno rapporti con uomini”. Ma i termini usati in questo racconto per descriverli sono “disonorati” e “svergognati”. Questi aggettivi si riferiscono direttamente al biasimo sociale e non ad una condanna morale. Paolo vede il sesso tra uomini come un’impurità (Romani 1:24) allo stesso modo della mancanza della circoncisione o del mangiare cibi proibiti.
Genesi 1-3 considera Adamo ed Eva creati per la reciproca compagnia e la procreazione. Questi racconti usano le relazioni umane più comuni per dare un insegnamento religioso. Il punto è l’amore e la sapienza di Dio, che ha creato tutto per il bene e non desidera per noi alcun male. Non c’è alcuna evidenza che suggerisca che gli autori biblici abbiano cercato di darci una lezione sull’orientamento sessuale.
Testo originale: Homosexualidad en la Biblia. Nueva perspectiva sobre pasajes bíblicos empleados contra los gays




un giovane rom si racconta: io, rom e omosessuale

devis

i problemi che Enis, un giovane rom omo e bisessuale vive giorno per giorno dentro la sua stessa comunità rom:

  • “se mi dichiarassi, sarebbe uno scandalo”
  • “questi sono argomenti tabù”
  • “non giudichiamo bene l’omosessualità, e il concetto di bisessualità non esista neppure

Un contributo al dialogo a partire dalla sofferenza delle persone (vedi link qui sotto)

io rom e bisessuale




un cammino paziente p.Maggi e gli omosessuali

dio è amore

 

 

 

 

 

 

 

Un cammino paziente