il commento al vangelo di domani

AMERAI IL SIGNORE TUO DIO E IL TUO PROSSIMO COME TE STESSO 

Commento al Vangelo della trentesima domenica del tempo ordinario (26 ottobre) di p. Alberto Maggi:

maggi

Mt 22,34-40
In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».
Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

Il vangelo di questa domenica presenta l’ultimo attacco da parte dei capi spirituali del popolo, i farisei, contro Gesù. Gesù nel tempio aveva denunciato questi capi del popolo come ladri e assassini, ladri perché si sono impadroniti del popolo che era di Dio, e assassini perché l’hanno fatto con la violenza.
Allora si scatena tutta una serie di attacchi contro Gesù tesi a delegittimarlo di fronte alla folla. Ma in realtà in ogni attacco è Gesù che ne esce vincitore e la folla è sempre più entusiasta di lui.
Sentiamo cosa ci dice Matteo. Capitolo 22, versetti 34-40. Allora i farisei, udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, il risultato dell’attacco dei sadducei che volevano ridicolizzare Gesù trattando della risurrezione è che le folle erano colpite dal suo insegnamento. Quindi più tentano di delegittimare Gesù, più la gente è entusiasta.
Si riunirono insieme, qui l’evangelista cita il salmo 2 al versetto 2, dove si legge che i re della terra si riunirono insieme contro il Signore e il suo Messia. I re della terra vogliono mantenere il dominio sul popolo e sono contro il Signore che invece lo vuole liberare.
E uno di loro, un dottore della Legge… questa volta i farisei, visto com’era andato male quella volta che avevano presentato a Gesù il tributo di Cesare, questa volta si fanno forza con un esperto, con un dottore della Legge, un personaggio importante, uno di quelli la cui parola aveva lo stesso valore della parola di Dio. Lo interrogò per tentarlo. La traduzione dice “mettere alla prova”, ma il verbo è “tentarlo”. 
Questo verbo appare per la prima volta al capitolo 4 come opera delle tentazioni del diavolo, del satana nel deserto, e poi sarà usato sempre per definire le azioni dei farisei e dei sadducei.
I capi spirituali del popolo, quelli che pretendevano di essere i più vicini a Dio, in realtà sono strumenti del diavolo, del satana. Perché? Mentre il Dio di Gesù è amore che si mette a servizio, il loro è un potere che vuole dominare e chiunque sta a fianco del potere è uno strumento del diavolo.
Ebbene la tentazione è questa: “Maestro”. Per al terza volta si rivolgono a Gesù con questo titolo, sempre in bocca ai suoi nemici, o alle persone che gli sono ostili. “Nella Legge, qual è il grande comandamento?” Attenzione che la domanda non è rivolta per apprendere, ma per condannare. Loro lo sanno qual è il grande comandamento, quello più importante: l’osservanza del riposo del sabato, perché è l’unico comandamento che anche Dio osserva.
Dio e gli angeli il sabato, in cielo, non svolgono nessuna attività. L’osservanza di questo unico comandamento corrispondeva all’osservanza di tutta la Legge, la trasgressione di questo unico comandamento equivaleva alla trasgressione di tutta la Legge e per questo era prevista la pena di morte.
Ma perché rivolgono a Gesù questa domanda? Perché Gesù ha un fare per lo meno disinvolto nei confronti dei comandamenti. Ignora bellamente il sabato, continua a fare le sue attività a favore dell’uomo, e anche quando il ricco gli chiese quali comandamenti osservare per ottenere la vita eterna Gesù, nell’elenco che fece, omise i tre più importanti, quelli che erano privilegio esclusivo di Israele, i primi tre comandamenti e gli indicò quelli che erano patrimonio della cultura universale “non ammazzare” “non rubare” “non commettere adulterio”.
Quindi la domanda è tesa a denunciare Gesù. Gesù spiazza ancora una volta il suo interlocutore, gli hanno chiesto qual è il comandamento più importante, nella risposta Gesù non cita alcun comandamento, ma prende una frase con la quale iniziava il Credo di Israele, ‘”Ascolta Israele”, tratto dal libro del Deuteronomio, che è questa: “Amerai il Signore tuo Dio  con tutto il tu cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”.
Il Deuteronomio aveva al terzo posto “con tutte le forze”, che indicava i beni della persona, ma Gesù sostituisce le forze con “la tua mente”. Perché Gesù omette le forze? Perché il Dio di Gesù non è un Dio che assorbe le energie degli uomini, ma è un Dio che agli uomini offre le sue, comunica le sue. Il Dio di Gesù non chiede, è un Dio che dà.
E afferma Gesù: “Questo è il primo e il grande comandamento”. Ma non era un comandamento. Gesù eleva al rango di comandamento l’amore a Dio totale. Ma subito dopo Gesù aggiunge: “Il secondo poi è simile a quello”. E qui prende un precetto dal libro del Levitico, “Amerai l tuo prossimo come te stesso”. Per Gesù l’amore a Dio non è reale se non si traduce in amore per il prossimo.
E, conclude Gesù: “Da questi due comandamenti”… Ripeto non sono comandamenti ma Gesù eleva l’amore a Dio che si manifesta poi nell’amore al prossimo a livello dei comandamenti più importanti, … “Dipendono tutta la Legge e i Profeti”. 
Legge e i Profeti è un espressione con la quale si indica la Bibbia, quella che noi chiamiamo Antico Testamento, appunto composto dalla Legge e dai Profeti. Quindi ancora una volta una domanda tesa a delegittimare Gesù e Gesù ne esce vincitore, proclamando una nuova realtà con Dio, non più basata sull’osservanza dei comandamenti, ma sull’accoglienza e la pratica del suo amore.

il commento di p. Agostino Rota Martir:

p. agostino

 

 

 

 

“Non molesterai il forestiero … non maltratterai la vedova o l’orfano.”

Dio sembra costruire il cammino di Israele mettendo al centro della sua identità il rispetto verso lo straniero, i soggetti deboli e indifesi, quelli che sono “curvi” anche a causa dell’oppressione.

Nella Bibbia ritorna tante volte il richiamo di non escludere, di non dimenticare i poveri ma di includere sempre più, saranno i profeti a richiamare il rischio e la trappola di costruirsi una identità di popolo ripiegata su se stessa, escludente.

Amare e conoscere Dio dal punto di vista di chi “sta fuori”, al margine, come lo straniero e il povero. Costoro sono lo specchio di Dio, il suo Volto noi non lo possiamo vedere, appare invece quello dei poveri, della vedova, dell’orfano e del forestiero. Certo sono volti segnati dalla vita, dal margine, dalla fatica, dall’oppressione e dall’esclusione. E’ un Dio che non aspetta di mostrare il suo Volto, quando quello del povero è diventato a modino, come noi lo vorremmo, senza i suoi fastidiosi difetti e furbizie..

E’ un Dio che si disloca continuamente, quante volte lo ha fatto con Israele, attraversando anche i suoi confini sacri, ma lo fa anche al suo interno mostrandosi là dove qualcuno è messo da parte, al margine o escluso. Lui si sposta dalla loro parte: con i migranti su fatiscenti barconi, sta con i Rom in accampamenti abusivi e nascosti alla vista dei cittadini per bene, sta con tutti coloro che vengono sgomberati in nome della sicurezza o per la tutela dell’arredo urbano, sta con i disoccupati e la loro disperazione, sta con le famiglie divise, con i mendicanti, si disloca dentro le piaghe nascoste..E’ un Dio nomade che non si stanca di chiedere ospitalità, accoglienza, comprensione.

“Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento? ”

Non basta certo stare dentro i confini della Legge per obbedire e amare Dio, se vuoi veramente amare Dio devi dislocarti da te stesso per entrare nello spazio del prossimo, uno spazio a te “straniero”, diverso dal tuo, dal tuo mondo per costruire insieme il Sogno di Dio. .. Dio senza prossimo è un Dio astratto, su mia misura, un Dio che soddisfa e cura le nostre paure, ma incapace di liberarci. Il Dio di Gesù, invece ha l’odore del prossimo, e non può farne a meno.

Può forse bastare “non molestare” lo straniero, né maltrattare la vedova e l’orfano, per essere “buoni cristiani”? Gesù indica che per entrare nello spazio di Dio ci è richiesto di amare lo straniero, il nemico e questo è un salto che coinvolge cuore, anima e mente.

Ama il prossimo così come si presenta, non come vorremmo che fosse, è questa la sorpresa di Dio nella nostra vita, perché è l’amore che ci cambia reciprocamente.

 

25 Ottobre 2014




la festa di Dio “per i cattivi e per i buoni”

Dio preparatore di feste

piace così, a p. Agostino Rota Martir, leggere il vangelo: non da una canonica ma da un ‘villaggio’ rom, e guardare a Dio e definirlo come ‘preparatore di feste’, non, moralisticamente, solo per buoni, ma per tutti i suoi figli, ‘per i cattivi e per i buoni’, così come ci dice Gesù nel vangelo di questa domenica, scartando solo chi si mette fuori contesto da solo perché incapace di aprirsi alla gioia della festa

 

p. agostino

qui di seguito il suo commento al vangelo della domani:

 

 

Dalla vigna al Banchetto di nozze.

Dal lavoro alla festa.

Dai campi ben allineati di una vigna ai crocicchi delle strade.

 

Noi preti in genere, ci troviamo più a nostro agio con l’invito al lavoro nella vigna, un po’ meno con quello della festa. Purtroppo, lo riconosco vero anche in me!

Ci affascina di più una fede “operosa” e dinamica rispetto a quella che emerge da questa parabola: un re che invita tutti alle nozze del Figlio, ma proprio tutti.

Noi abbiamo la tendenza a catalogare: buoni e cattivi, giusti e colpevoli, credenti e atei.. possibilmente gli uni da una parte, gli altri dall’altra, in posti ben separati come al teatro o allo stadio, giusto per non alimentare confusione.

Insomma una fede lineare, con un’identità forte e chiara, quasi granitica sempre pronta a dare risposte sicure ad ogni domanda.

 

Ecco, ci va un pochino stretto quel Dio che scombussola il tavolo delle nostre regole, che cambia facilmente le carte in tavola e che perde tempo ad organizzare feste e banchetti ad ogni occasione.

 

La festa invita a ridere con i poveri, a cantare con gli emarginati, a giocare con i delinquenti..chi non ha compreso che invitare alla tavola della festa è più importante che dar da mangiare, chi non ha recepito che il tempo delle condivisioni, della gratitudine del sorriso è più importante che il dono di beni di consumo, allora si, ciò è molto triste.“ (Claude Dumas, sacerdote Sinto Francese)

 

“Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?” Appunto senza la gioia, il sorriso della festa, la festosità dello stare insieme..

 

Perché, me lo chiedo spesso, noi siamo più solleciti a organizzare pranzi e cene per i poveri, per i senza tetto, per i barboni.. ma spesso disertiamo le feste preparate dai poveri?

Diamo la priorità ad altri impegni, forse più importanti (preparare corsi di formazione per operatori pastorali..) O forse, per timore di essere trovati senza l’abito nuziale?

 

Di certo Dio sorriderà di noi e della nostra convinzione di stare a lavorare per il suo regno, mentre Lui partecipa alla festa, mangiando e danzando la gioia di stare insieme ai suoi prediletti.

 

 

 




il commento al vangelo della domenica di p. Maggi e p. Agostino

croce

 

 

 

 

 

 

Mt 15,21-28

In quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.

DONNA, GRANDE E’ LA TUA FEDE!

 commento al vangelo della domenica ventesima del tempo ordinario (17 agosto) di p. Alberto Maggi :

maggi

Gesù intende annunciare l’amore universale del Padre. Universale non soltanto per l’estensione (ovunque), ma per la qualità di questo amore (per tutti), ma incontra tanta resistenza. Ne incontra nel suo popolo, la incontra tra i discepoli e la incontra tra gli stessi pagani che si erano abituati all’idea della supremazia di Israele. Allora Gesù, già nel capitolo 8 del vangelo di Matteo, annunzia che nel banchetto del regno il pane che è stato rifiutato dai giudei, diverrà il cibo per i pagani. E Gesù dice: “Verranno da oriente e da occidente”, cioè da tutte le popolazioni pagane, “e prenderanno il vostro posto”. Poi Gesù nel capitolo 15 di Matteo affronta la questione importante del puro e dell’impuro. La affronta dal punto di vista alimentare, ma era la base che distingueva la gente pura dai pagani, che erano impuri. E Gesù, dopo aver contraddetto il libro del Levitico che si basa proprio su questa distinzione, deve fuggire all’estero perché ha detto che non è quello che entra nella bocca che ti rende impuro, ma quello che esce. Dopo questo Gesù deve fuggire all’estero. Qui l’evangelista ci presenta l’incontro con la donna Cananèa. Leggiamo Matteo capitolo 15, dal versetto 21. “Partito di là”, quindi dopo essere fuggito dalla terra di Israele ed entrato in terra pagana, “Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidone. Ed ecco una donna Cananèa”. I Cananèi erano i Fenici ed erano uno dei popoli che nel libro del Deuteronomio (cap 7), devono essere votati allo sterminio, e“tu le voterai allo sterminio”. Quindi è una popolazione pagana, è una popolazione disprezzata e va sottomessa da Israele. “Che veniva da quella regione si mise a gridare: «Pietà di me»”. E’ il kyrie eleison che poi entrò nella liturgia della chiesa. Ebbene l’espressione “Signore pietà” nei vangeli è un’invocazione riservata a quelli che non conoscono Gesù. Quelli che non conoscono Gesù, che non sanno chi è, gli si rivolgono con “Signore pietà”. Quando si conosce Gesù, quando si conosce il Padre, non si dice più “Signore pietà” o “Signore misericordia”, perché si è già sperimentata nella sua pienezza. E lo chiama «Signore, figlio di Davide»”, come i ciechi che abbiamo visto in  precedenza in questo vangelo e che poi dopo ritorneranno – i due ciechi che si rivolgono a Gesù chiamandolo figlio di Davide. Ma Gesù non è il figlio di Davide! Figlio di Davide significa il messia, il messia guerriero che con la violenza inaugurerà il regno di Israele e sottometterà i popoli pagani. Il motivo della richiesta della donna è che «Mia figlia è molto tormentata da un demonio. Ma egli non le rivolse neppure una parola»”. Come mai Gesù non risponde all’invocazione di questa donna? Perché lei si è rivolta al figlio di Davide e Gesù non è il figlio di Davide, Gesù è il figlio di Dio. Ecco perché non risponde. Teniamo presente che tutto questo brano non è tanto una cronaca, quanto una catechesi per la comunità cristiana che ancora fa resistenza nell’andare verso i pagani. “Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono”, qui la traduzione della CEI riporta “esaudiscila”, ma è invece letteralmente “mandala via”. E’ lo stesso verbo che è stato usato quando, nella condivisione dei pani, i discepoli dicono a Gesù “manda via la folla”. Quindi «Mandala via, perché ci viene dietro gridando!»Quindi i discepoli non tollerano questa vicinanza da parte dei pagani che chiedono soccorso al Signore. “Ma egli rispose …” A chi risponde? Risponde ai discepoli che condividono la  stessa mentalità. «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa di Israele»”. Questo è il messia, figlio di Davide, che è venuto per la casa di Israele ad inaugurare il regno e sottomettere i pagani. “Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui dicendo: «Signore, aiutami!»  già un progresso. Mentre prima s’è rivolta a Gesù invocandolo come figlio di Davide, adesso lo riconosce come Signore, ma chiede ancora di essere aiutata, quindi deve fare ancora un gradino in più per comprendere la pienezza dell’amore di Dio. “Ed egli rispose”, risponde sempre come figlio di Davide, «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini»”. I cagnolini non sono i cuccioli, ma i cani domestici che stavano in casa. Ebbene Gesù, secondo questa indicazione, distingue tra coloro che hanno diritto, i figli di Israele, e i cani, termine alquanto dispregiativo – il cane era un animale impuro – che indicava i pagani. Gesù, attraverso queste risposte, sta preparando i discepoli a quello che i discepoli non vorranno, a condividere il pane anche con i pagani. Gesù ha condiviso il pane con il popolo d’Israele e ora vuole portare i discepoli a condividere il pane con i pagani, ma loro non ci pensano, appunto perché i pagani sono considerati come i cani, esseri inferiori e impuri. Quindi nella crescita della fede della donna, l’evangelista vuole educare la crescita della fede dei discepoli, ma sappiamo che sarà più facile per Gesù convincere una persona pagana che i propri discepoli. E la risposta della donna è «E’ vero Signore – disse la donna -, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni»”. La donna comprende che la compassione e l’amore vanno al di là delle divisioni razziali, etniche e religiose che ci possono essere. «Donna, grande e la tua fede!»Gesù non elogia gli israeliti, gli ebrei, per la loro fede, ma sempre i pagani. Ha elogiato il centurione e adesso elogia una donna pagana. «Avvenga per te come desideri.» E da quell’istante sua figlia fu guarita”. Gesù non ha compiuto alcuna azione, Gesù non ha cacciato il demonio. La fede della donna è ciò che caccia il demonio, figura del pregiudizio religioso che discrimina le persone. Quindi, in questo brano l’evangelista vuole educare la comunità cristiana ad aprirsi ai pagani e far comprendere che i pagani non vanno dominati secondo la tradizione del messia figlio di Davide, ma vanno serviti secondo la novità del messia figlio di Dio.

una bella preghiera che, a commento di questo brano evangelico, p. Agostino eleva alla stessa donna cananea, per mezzo della quale Gesù è sollecitato ad una ‘conversione’ lasciandosi ‘evangelizzare’ da lei alla comprensione di un Dio presente ovunque, al di là di ogni steccato:

 

p. agostinoGrazie, donna Cananea, briciola di Dio

 

Hai spinto l’ebreo Gesù’ ad andare oltre gli steccati religiosi che ancora lo imprigionavano, che imponevano di diffidare degli stranieri, visti come pagani e a sentire la Fede nel Dio Liberatore come un monopolio di Israele.

Di fatto tu sei stata come una porta aperta, attraverso la quale Gesù’ si e’ sentito evangelizzato anche da una “pagana cananea”, scoprendo con gioia e meraviglia che Dio e’ veramente all’opera ovunque. Cosa hai sentito dentro di te quando lo hai visto avvicinarsi e passarti vicino? Senz’altro la preoccupazione per tua figlia malata era forte, doveva certo soffocarti dentro, chissà quanti tentativi, quante persone, dottori, santoni di ogni genere hai consultato..inutilmente.

 

E’ anche Grazie a te, che la luce del Vangelo oggi può brillare ovunque, anzi e’ viva e nascosta in ogni popolo e attende ancora di essere scoperta e mostrata a tutti.

 

Può essere nella “zingara” che chiede l’elemosina e supplica di essere aiutata, spesso ci da fastidio, non ci molla e ci segue supplicando un aiuto.. e’ lo stesso fastidio che hai dato tu a Gesù’, al punto che con poche parole stizzite ti ha invitato a stare al tuo posto, alla larga da Lui, a debita distanza.

Sapessi quante volte lo facciamo anche noi, ancora oggi. Non ci e’ facile scoprire ed accogliere il Vangelo che i lontani e gli stessi migranti portano nelle loro vite, sta a poca distanza da noi, eppure quasi sempre, notiamo e ci fermiamo solo al fastidio che ci procurano e non riusciamo ad andare oltre.

 

In fondo, anche noi crediamo di essere gli unici depositari di Dio, convinti che nel nostro zaino c’e’ già tutto di Dio, basta solo consegnarlo ai “pagani”, invece a volte dovremmo imparare ad andare da loro con lo zaino vuoto, perché possano loro: i poveri, i migranti, gli accattoni, i rom.. riempircelo delle ricchezze che Dio ha messo anche nelle loro mani e nelle loro vite.

Per noi e’ facile sentirci più portatori di Dio, che “scambiatori” di doni e di cammini aperti.

 

Tu hai come “sturato” la mente e il cuore di Gesù’, così che si aprisse un buco attraverso il quale, anche i pagani e gli stranieri potessero passare, superando così quei pregiudizi di Israele verso il tuo popolo, visto con disprezzo, perché pagano e straniero.

 

Per questo ti siamo riconoscenti, se anche oggi tu aiutassi pure noi ad allargare i nostri orizzonti, spesso ancora limitati e ristretti ai nostri campanili. Stimolaci a non temere di abbracciare quel Dio senza confini, come aiutasti quel giorno a farlo comprendere a quel Gesù’, che osò passare dalle tue parti, nella zona di Tiro e di Sidone..

Oggi sei tu che “sbarchi” (migranti, profughi) dalle nostre parti, ebbene noi ti supplichiamo, aiutaci a guarire i nostri cuori freddi e spesso senza vigore, a non temere di sedere insieme alla stessa tavola, per mangiare con gioia il pane della fiducia e scambiarci i reciproci doni.

Anche le briciole hanno lo stesso sapore del pane sulla tavola del Regno. Forse anche Gesù’ deve aver intuito che Dio suo Padre e di tutti (pagani compresi), piace sparpagliarsi così nel cuore della umanità, incurante dei nostri confini e dei nostri steccati religiosi.

E questo grazie anche a te, per la tua “grande fede”, tu semplice briciola di Dio, ma capace di far lievitare il cuore di Gesù, il Figlio di Dio.

 

15 Agosto 2014

 

Campo Rom di Coltano (PI)




festa della circoncisione al campo rom

circoncisione

 

 

 

 

 
ricevo  da p. Agostino Rota Martir queste informazioni che volentieri pubblico:

 

circoncis

 

 

 

 

Ciao, ieri festa al campo per la circoncisione (fatta in ospedale) di tre bambini. Molto sentita e celebrata dai Rom: musica, balli, colori e mangiare per tutti e non sono mancati i fuochi d’artificio, brevi ma vivaci.

 

circoncisio

Abbiamo dipinto su un grande pannello la bandiera dei Rom, per chi non la conosce: i colori azzurro (cielo) e verde (la terra) e la ruota che ricorda il lungo cammino dei popoli Rom.
Ciao Ago 



i rom di Pisa manifestano … ‘in piedi’

una manifestazione decisamente ‘in piedi’, non ‘in ginocchio’

manifestaz rom 4

 

 

 

 

 

 

 

all’insegna del ‘siamo umani’ i rom di Marina di Pisa hanno manifestato con tutti i loro bambini dal loro Campo di Bigattieri, per 4 km, fino alle loro scuole per chiedere, non ‘in gonocchio’ , pietisticamente, ma in piedi, cioè con vigore e determinazione condizioni di vivibilità all’altezza della dignità umana che per un decennio l’amministrazione comunale nega a loro:

qui sotto il breve resoconto che p. Agostino ne ha fatto il giorno dopo:

 

Ieri mattina si è svolta la marcia simbolica di accompagnamento dal campo Rom della Bigattiera, destinazione: le scuole Viviani e Macchiavelli di Marina di Pisa, un percorso di circa 4 km. Dove tanti bimbi rom la frequentavano prima che il comune di Pisa sospendesse il servizio Scuolabus. I Rom del campo hanno promosso questa iniziativa. Dopo molte promesse, incontri a vari livelli con l’Amministrazione (comunale e Regionale), che tra l’altro l’anno scorso si era impegnato con un ordine del giorno approvato a larga maggioranza dal Consiglio Comunale a favore di una soluzione condivisa con i Rom del campo, ossia studiare la possibilità di riavviare il servizio scuolabus e garantire l’acqua e luce, condizioni minime per offrire una vivibile dignità agli abitanti del campo.

 

manifestaz rom

 

 

 

 

 

 

 

Ma fin’ora, niente s’è visto: non c’è luce, l’acqua scarseggia e tantomeno il servizio scuolabus, anzi la beffa di una denuncia ai genitori dei bambini Rom del campo per abbandono scolastico! Eppure sono anni che i Rom di questo campo (aperto e sostenuto dal comune!) vivono abbandonati e illusi dal comune.. però nessuno è stato denunciato per questo!
E’ così che i Rom si sono convinti che difficilmente la “politica” vuole veramente trovare delle soluzioni o per lo meno di rispettare le parole date, soprattutto se i destinatari sono Rom.

 

manifestaz. rom 2

 

 

 

 

 

 

 

“ SIAMO UMANI”

scritto dai bambini rom stessi del campo. Lo striscione apriva il corteo, composto da Rom e anche da un bel gruppo di Pisani (singoli e alcune Associazioni) che hanno voluto solidarizzare e accompagnare i bambini a scuola.
Se il comune di Pisa toglie il pulmino per la scuola, allora i bambini li accompagniamo noi a piedi per tutto il tragitto, e che la gente sappia e apra gli occhi: a Pisa l’amministrazione comunale considera i Rom non esseri umani? E’ giunto il tempo di dire basta: le persone mai sono abusive, caso mai sono le condizioni imposte che obbligano delle persone a vivere come abusive, senza acqua, senza luce!
Diceva dom Tomas Balduino, vescovo del Brasile morto il 2 Maggio di quest’anno, grande difensore dei poveri e degli indios:

“ Il rispetto dei diritti umani non lo chiediamo in ginocchio, ma alzandoci in piedi!”

manifestaz rom 3

 

 

 

 

 

 

 

I Rom della Bigattiera lo stanno facendo anche a nome nostro, come a ricordarci che i diritti mai sono abusivi, neanche in tempo di crisi. “Accompagnare” significa saper camminare insieme..ce lo ricorda anche papa Francesco ed è quello che abbiamo vissuto ieri, grazie ai Rom di via Bigattiera.
Ciao Ago
Campo Rom di Coltano (PI)
22 Maggio 2014




denunciati 50 genitori rom – le osservazioni di p. Agostino

Agostino

sono stati denunciati ben 50 genitori di altrettanti bimbi rom dell’area che li accoglie – con infinite contraddizioni –  nel comune di Pisa e nella quale e coi quali p. Agostino Rota Martir della diocesi di Pisa (e membro dell’U.N.P.R.eS., cioè di un organismo ecclesiale per la pastorale tra i rom e i sinti) vive da tanti anni condividendo la loro vita, gioie, limiti, contraddizioni e quant’altro la concreta condivisione comporta

non credo che abbia meno titolo di altri – politici e stampa al seguito – ad esprimere una valutazione su questo fatto essendo il più ‘prossimo’ a loro: ritengo quindi imprescindibile oltreché interessante ascoltare la sua ‘lettura ‘delle cose

di seguito, dopo la ricostruzione giornalistica, le sue amare e preoccupate osservazioni:

 

Non mandano i figli a scuola: denuncia per 55 genitori rom

 

        PISA
‘il tirreno’ 28 marzo 2014
Non mandavano i loro figli a scuola. Non per qualche giorno. Da settimane e in alcuni da mesi. Con l’accusa di      inosservanza agli obblighi dell’istruzione elementare obbligatoria sono stati denunciati cinquantacinque genitori. Tanti      sono recidivi. L’indagine è stata condotta dai carabinieri della Compagnia, guidata dal maggiore Stefano Bove e      ha impegnato i militari delle stazioni di Pisa, Vecchiano, San Giuliano Terme e Calci. Durante le verifiche nelle scuole elementari      e medie, alle quali hanno collaborato tutti i dirigenti scolastici interessati, è stato accertato che circa trenta bambini      minorenni iscritti per l’anno scolastico in corso, non hanno frequentato le lezioni. Tutti i casi accertati riguardano famiglie      domiciliate a Pisa all’interno dei campi nomadi tra Riglione, Bigattiera e Coltano. I carabinieri hanno anche trasmesso informative      ai servizi sociali comunali per segnalare la situazione. Dietro il fenomeno della dispersione scolastica, infatti, spesso      si celano situazioni di disagio sociale e di degrado familiare. Contesti difficili che gravano sul regolare sviluppo del minore      e sulla sua effettiva integrazione all’interno del tessuto sociale. «Non di rado, infatti, i minori che non vengono avviati      alla scuola dell’obbligo, sono sfruttati per commettere reati, soprattutto di tipo predatorio, ma anche dislocati ai vari      incroci e dinanzi ai centri commerciali per l’accattonaggio» spiegano al comando dell’Arma. Non sono mancati, anzi      sono risultati piuttosto frequenti, i casi in cui i minori sono stati sorpresi alla guida di veicoli non coperti da assicurazione      e senza aver preso la patente. Nel 2013 la Compagnia di Pisa ha deferito sessantaquattro persone per lo stesso reato: non      aver inviato i figli a scuola nell’anno scolastico 2012/2013. Per il sindaco Marco Filippeschi «non si può in alcun      modo tollerare una situazione del genere, a danno di bambini e bambine. Allo stesso modo non si possono, né si devono      tollerare le illegalità che gravano sulla nostra città, lasciata da sola a convivere con squilibri evidentissimi      e gravissimi e reati che si ripetono quali maltrattamenti di minori, furti, smantellamenti di impianti per carpire il rame      e produzione di discariche abusive. Pisa chiede aiuto e chiede legalità»

Non mandano i loro figli a scuola Cinquanta rom denunciati

Il comandante dei carabinieri: «Spesso i minori che non vengono avviati alla scuola dell’obbligo sono sfruttati per commettere reati»

Cinquantacinque genitori o esercenti la patria potestà di una trentina di minori che vivono nei campi nomadi di Pisa sono stati denunciati dai carabinieri per inosservanza degli obblighi dell’istruzione elementare obbligatoria al termine di una serie di controlli mirati sul territorio in collaborazione con i dirigenti scolastici. Molti dei nomadi denunciati sono recidivi per lo stesso reato per essere stati denunciati lo scorso anno al termine di controlli analoghi.

NOTA AI SERVIZI SOCIALI 

Parallelamente, spiega il maggiore Stefano Bove, comandante della Compagnia di Pisa dei carabinieri, «sono state trasmesse note informative ai servizi sociali comunali affinchè adottino i provvedimenti opportuni, perchè dietro il fenomeno della dispersione scolastica spesso si celano situazioni di disagio sociale e di degrado familiare, che gravano sul regolare sviluppo del minore e sulla sua effettiva integrazione all’interno del tessuto sociale». «Non di rado – conclude Bove – i minori che non vengono avviati alla scuola dell’obbligo, sono sfruttati per commettere reati, soprattutto di tipo predatorio, ma anche dislocati ai vari incroci e dinanzi ai centri commerciali per l’accattonaggio».

le osservazioni di p. Agostino

Ci risiamo. L’anno scorso al campo della Bigattiera (Marina di Pisa) il comune toglie il servizio scuolabus, poi toglie luce ed acqua, perchè i rom devono convincersi che il campo è abusivo, anche se tutte le famiglie sono state indirizzate lì dal comune stesso nell’arco di diversi anni. Due anni fà circa l’allora assessore politiche sociali Ciccone, aveva invitato le scuole a non accettare i bambini nelle scuole per non far credere ai genitori di poter stare in un campo “abusivo”.

 
Poi c’era stata anche la decisione presa dal consiglio comunale che impegnava il comune a trovare un percorso condivisibile: riallaccio dell’acqua, luce e servizio scuolabus. Ma fino ad oggi niente, un campo con circa 130 persone senza luce (usano generatori e con i rischi che questo comporta), e l’acqua che arriva a intermittenza.
Nessuno che osa scandalizzarsi..se non del fatto che bambini rom non vanno a scuola.
 
“È un po’ come se uno ti sfila il portafoglio mentre sei in fila alla cassa e poi ti si addita al pubblico come quello che fa la spesa senza pagare.”
 
Ciao Ago
SECONDO APPELLO PUBBLICO PER I BAMBINI E LE BAMBINE DELLA BIGATTIERA

Anche quest’anno molti bambini e molte bambine della Bigattiera hanno avuto una frequenza scolastica saltuaria. Anche quest’anno le loro famiglie sono state denunciate dalle forze dell’ordine per evasione scolastica. Il sindaco ha commentato che “ è inaccettabile, non si può in alcun modo tollerare una situazione del genere, a danno di bambini e bambine”. Siamo perfettamente d’accordo con lui. Proprio per questo abbiamo spinto il primo agosto scorso il Consiglio Comunale ad approvare all’unanimità un Ordine del Giorno per ripristinare il pulmino scolastico, riallacciare l’utenza elettrica e aumentare la pressione dell’acqua con un’autoclave. Si può pensare che i bambini vadano a scuola sporchi, al buio e a piedi lungo una strada pericolosa come la Bigattiera? Il primo quadrimestre è passato e nulla è cambiato. 40 bambini e bambine stanno per perdere il loro terzo anno scolastico consecutivo, in barba alla Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, alla legge italiana, alla Regione Toscana e al Consiglio Comunale di Pisa. Chiediamo quindi al Sindaco e alla Giunta di rispettare gli impegni presi e ripristinare al più presto i servizi dovuti a quei bambini e a quelle bambine, affinché possano subito riprendere a frequentare la scuola




risolvere i problemi dei rom … mandandoli via!

Ancora sgomberi a Pisa: due famiglie rom allontanate da Coltano

sembra un vizio non solo di amministrazioni ‘cattive’ di destra insensibili alla valorizzazione e al rispetto delle minoranze  culturali e ai problemi umani spesso legati ad esse perché represse o marginalizzate, ma anche di quelle ‘buone’ che celebrano ‘giornate della memoria’ e che organizzano dibattiti pubblici sui diritti umani e che progettano soluzioni abitative ‘per loro’, magari prescindendo da un ‘loro’ effettivo coinvolgimento essendo il vero motivo degli interventi non i ‘loro bisogni ma la nostra esigenza di operare delle migliorie per darci una buona coscienza ed eliminare le brutture più grosse per esibire una immagine di sé politicamente più accettabile, quando proprio non ci sia sotto, velatamente, un intento di assimilazione presentata come ‘inserimento’ e altre belle parole …

un intervento di ‘moduli abitativi’ per i rom di Coltano, molto pubblicizzato ed elogiato, presentato da molti come un tipo di soluzione ideale per comunità rom (anche se più che a politici o uomini delle istituzioni che poco o nulla conoscono i rom, le loro abitudini, il loro modo di organizzare la vita , è ai rom stessi che andrebbe chiesta una valutazione sulle soluzioni progettate per loro) è stato messo in atto dal comune di Pisa: peccato però che chi non accetta ‘a scatola chiusa’ tale soluzione non trova altra proposta che l’essere mandati via: sta succedendo proprio questo  a due famiglie (qui sotto la solidarietà di chi le conosce molto bene)

Il comunicato di Africa Insieme e Rebeldia e la solidarietà di p. Agostino Rota Martir che ha rischiato lui stesso di essere allontanato

Ci risiamo. Ancora una volta, la politica del Comune sui rom assume un solo e unico volto: quello degli sgomberi. Con un intervento effettuato la scorsa settimana, infatti, la Polizia Municipale ha notificato un’ordinanza di allontanamento a quattro nuclei familiari del campo di Coltano.

Come noto, l’insediamento di Coltano è diviso in due aree: da un lato il “villaggio”, con le famose “casette” assegnate ai rom; dall’altro il “campo”, dove abitano famiglie che non sono rientrate nell’area attrezzata. Da mesi si discute del destino di questa seconda area. Oggi l’amministrazione ha dato la sua risposta: quattro nuclei verranno sgomberati, ma solo a due di questi è stata proposta una dignitosa soluzione abitativa. Le altre famiglie – nelle quali vi sono anche bambini – dovranno allontanarsi. 

Ci risiamo, dunque: l’amministrazione comunale ripropone la consueta strada degli anni passati. Nel frattempo, il mondo intorno a noi è cambiato. L’Italia si è dotata di un programma nazionale denominato “Strategia di Inclusione”, che chiede di interrompere la spirale perversa degli sgomberi, e di avviare progetti di inserimento abitativo.

La Regione Toscana ha creato tavoli di lavoro con gli enti locali per trovare soluzioni abitative e per scongiurare gli sgomberi forzati. Vi sono fondi europei stanziati per progetti validi e innovativi, e già alcune città toscane hanno avuto accesso a questi fondi. Il Comune di Pisa non ha presentato alcun progetto ed è oggi il fanalino di coda delle politiche sociali sui rom, sia a livello regionale che nazionale. 

A pochi chilometri da Coltano, un altro campo – quello della Bigattiera – ha suscitato aspre polemiche nei mesi scorsi. Una mozione del Consiglio Comunale obbligava il Sindaco a ripristinare l’erogazione della luce elettrica e dell’acqua corrente, e a garantire il trasporto scolastico dei bambini [per il testo della mozione e il dibattito in aula si veda l’apposita pagina sul sito del Consiglio Comunale di Pisa]. Oggi, a quasi sei mesi di distanza, nulla si è mosso, e quella comunità continua ad essere priva dei servizi essenziali.

Un recente dossier dell’Associazione 21 Luglio – una delle più note organizzazioni internazionali di tutela dei diritti umani – inserisce Pisa tra le città dove più frequentemente sono violati i diritti dell’infanzia rom. Non è proprio un bel biglietto da visita per un Sindaco che si definisce “amico dell’infanzia”… 

Ancora una volta, ci troviamo a proporre la soluzione più semplice. Si revochi l’ordinanza di sgombero, e si apra un tavolo di lavoro con le famiglie interessate, con la Regione e con le associazioni, per trovare soluzioni condivise e rispettose dei diritti fondamentali. E’ davvero così difficile farlo? 

Africa Insieme / Progetto Rebeldia 

Pisa, 29 Gennaio 2014

bambino rom

 

Le 2 famiglie Rom di Coltano a rischio di allontanamento

La chiusura di uno spazio, quello che rimane del campo Rom di Coltano, può essere una scelta legittima e necessaria e questo compete giustamente al Comune, ma è importante farlo offrendo a chi lo abita delle alternative percorribili, come recita tra l’altro la “Strategia Nazionale d’inclusione dei Rom e Sinti” della Commissione Europea del 2011, sottoscritta anche dal Governo Italiano. 

Le famiglie Rom in questione (di fatto solo 2) in questi ultimi anni si sono trovate a vivere una situazione di emergenza, e forse le colpe sono da ripartire tra le diverse parti in causa e non solo verso i Rom. Sta di fatto che le 2 famiglie Rom hanno dimostrato di saper vivere nel rispetto delle regole fondamentali: ogni giorno accompagnano i loro figli a scuola (non potendo usufruire del servizio scuolabus del campo) e i genitori sono impegnati duramente ogni giorno nella raccolta del ferro per il mantenimento delle loro famiglie. Credo fermamente meritino che gli venga data un’altra chance, il loro allontanamento alla cieca provocherebbe un’ulteriore ferita che si aggiunge ad altre. 

Gli esseri umani non sono da considerarsi degli scarti, ce lo ricorda spesso e in varie occasioni papa Francesco e il suo stile ci entusiasma:

“Al contrario, un abbassamento di dieci punti nelle borse di alcune città, costituisce una tragedia. Uno che muore non è una notizia, ma se si abbassano di dieci punti le borse è una tragedia! Così le persone vengono scartate, come se fossero rifiuti.

Questa “cultura dello scarto” tende a diventare mentalità comune, che contagia tutti.” (5 Giugno 2013) 

Anche il sottoscritto era destinatario della stessa ordinanza di allontanamento dal campo Rom, sono riconoscente all’Assessora Sandra Capuzzi per la sua comprensione, di fatto “graziandomi” offrendomi una alternativa percorribile e condivisa. Auspico che venga offerta anche a queste 2 famiglie Rom la possibilità di definire un percorso condiviso, anche per non aggravare ulteriormente la loro esistenza, soprattutto per il bene dei loro figli, evitando di fatto di sentirsi degli scarti, come dei rifiuti da spazzare via..ne vale veramente la pena? 

don Agostino Rota Martir

 campo Rom di Coltano – 30 gennaio 2014  




la ‘gestione’ delle ‘povertà’ come torta luculliana

 

 

 

È una torta luculliana quella che in Italia si spartiscono ormai da dieci anni veri e propri “colossi”

del business dell’accoglienza: dalla Legacoop alle imprese di Comunione e Liberazione, dalle

aziende vicine alla Lega alle multinazionali 

«Laragione per cui questo avviene è che in Italia molti servizi per l’immigrazione vengono affidati sulla

base di un solo principio: quello dell’offerta economica più vantaggiosa. C’è un business

dell’immigrazione inaccettabile, parliamo di commesse da milioni di euro su cui molti si stanno

arricchendo, dove i diritti delle persone scompaiono», denuncia Christopher Hein, direttore del

Consiglio italiano per i rifugiati.

un bell’articolo di A. Ziniti fa il quadre della situazione; a seguire una serie di riflessioni critiche di Agostino Rota Martir che ritengo estremamente utili per ricollocarci sempre di nuovo in quel ‘margine’ accanto a chi è messo o vive al margine, unico modo per capire il ‘punto di vista’ di chi vive l’esclusione

Più ne arrivano, più guadagnano

quel business da 2 milioni al giorno

consumato sulla pelle dei migranti

di Alessandra Ziniti

in “la Repubblica” del 19 dicembre 2013

 

Più ne stipano in una camerata meglio è, più a lungo restano meglio è, e se sono minorenni ancora

meglio, lo Stato paga di più. Ad ogni barcone che arriva, i “professionisti dell’accoglienza” mettono

mano alla calcolatrice e le cifre hanno sempre molti zeri. Più di 1.800.000 euro al giorno: tanto, nel

2013, ha speso l’Italia per garantire l’accoglienza ai 40.244 migranti sbarcati sulle nostre coste. Un

letto, i pasti, il vestiario, i farmaci necessari e un minimo di pocket money: 45 euro al giorno è la

spesa media per ogni immigrato che mette piede in uno dei 27 tra centri di accoglienza, centri di

identificazione ed espulsione e centri per richiedenti asilo. Una cifra che aumenta fino a 70 euro se

si tratta di minori (8.000 quelli arrivati quest’anno) in considerazione della particolare assistenza

che dovrebbe essere loro garantita.

È una torta luculliana quella che in Italia si spartiscono ormai da dieci anni veri e propri “colossi”

del business dell’accoglienza: dalla Legacoop alle imprese di Comunione e Liberazione, dalle

aziende vicine alla Lega alle multinazionali. Le gare bandite dal Viminale, in genere, vengono

aggiudicate con un ribasso medio del 30 per cento sulla base d’asta. Peccato che, in ogni centro, si

tengano stipati per mesi almeno il doppio o il triplo degli ospiti. A danno delle condizioni di

vivibilità di questi centri, da molti definiti lager, ma a tutto vantaggio delle tasche dei gestori. «La

ragione per cui questo avviene è che in Italia molti servizi per l’immigrazione vengono affidati sulla

base di un solo principio: quello dell’offerta economica più vantaggiosa. C’è un business

dell’immigrazione inaccettabile, parliamo di commesse da milioni di euro su cui molti si stanno

arricchendo, dove i diritti delle persone scompaiono», denuncia Christopher Hein, direttore del

Consiglio italiano per i rifugiati.

Gli aspiranti allo status di rifugiato costituiscono la fetta più ghiotta della torta. Ecco perché quella

che è diventata una vera e propria città di richiedenti asilo, il Cara di Mineo, ospitato nel “Villaggio

degli aranci” prima abitato dagli ufficiali americani di stanza a Sigonella, è diventato il motore

dell’economia di questa parte della provincia di Catania. Quattromila persone di 50 etnie diverse, il

doppio della capienza, fruttano al “Consorzio Calatino Terre di accoglienza” la cifra di 50 milioni di

euro all’anno. Dentro ci sono tutti, da Sisifo (Legacoop) che gestisce il centro di Lampedusa, alla

Senis hospes e alla Cascina Global Service (vicina a Cl), la Croce Rossa, il Consorzio Casa Solidale

(vicino all’ex Pdl). E non hanno voluto rimanere fuori dall’affare i Pizzarotti di Parma, i proprietari

del complesso edilizio requisito nel 2011 ai tempi dell’emergenza Nordafrica dietro pagamento di

un canone di 6 milioni di euro annui. Ora che l’emergenza Nordafrica è finita, sono entrati anche

loro nel Consorzio gestore. Quello che Berlusconi nel 2011 presentò come un modello di

accoglienza europea, adesso — stando alle denunce delle associazioni umanitarie — si è

trasformato in una sorta di lager dove, solo qualche giorno fa, si è suicidato un giovane siriano in

attesa del permesso di soggiorno da mesi.

Trattenere gli ospiti molto più a lungo del previsto è uno dei “trucchi” utilizzati dai gestori di molti

Cara. A Sant’Angelo di Brolo, la procura ha accertato che alcuni ospiti rimasero anche 300 giorni

dopo aver ottenuto il permesso di soggiorno, portando illegittimamente 468.000 euro nelle casse del

consorzio Sisifo, lo stesso che si è aggiudicato l’appalto di Elmas Cagliari, del Cara di Foggia e del

centro di Lampedusa da dove si calcola siano passati più di 100 mila migranti. Due milioni e mezzo

di euro è la cifra dell’appalto per la capienza ufficiale di 250 posti. Per gli ospiti in più, il Viminale

paga l’extra. E questo vale per tutti: così l’Auxilium di Potenza degli imprenditori Pietro e Angelo

Chiorazzo per il centro di Bari Palese, per Ponte Galeria a Roma o per Pian del Lago a Caltanissetta

incassano molto di più dei 40 milioni di euro previsti dai bandi di gara.

Da tempo hanno fiutato l’affare anche i francesi della Gepsa, specialisti delle carceri, e la

multinazionale Cofely Italia, che non disdegnano l’associazione con l’Acuarinto di Agrigento o la

Synergasia di Roma per gestire il Cara di Castelnuovo di Porto a Roma o al Cie di Gradisca

d’Isonzo. E a reclamare la sua fetta di torta c’è anche la Misericordia del prete manager di Isola

Capo Rizzuto che da dieci anni, per 28 milioni di euro all’anno, gestisce un Cara in cui la maggior

parte degli ospiti dormono anche in dieci in vecchi container

 migranti

 

così Agostino in riferimento alla situazione venutasi a creare e in riferimento preciso all’articolo qui sopra riportato:

L’articolo in allegato mi offre l’opportunità di fare alcune considerazioni del tutto personali e per molti non del tutto condivisibili..ma leggendolo trovo ragione di alcune mie convinzioni e le condivido..e liberi di cestinare.
 
Alcuni anni fa sostenevo che la presenza dei poveri, immigrati, profughi e rom era diventata una ghiotta occasione per gli amministratori, una calamita per attirare finanziamenti attraverso dei progetti mirati, per poi spalmarli su associazioni, cooperative no profit..in nome della “missione umanitaria” denominata inclusione, integrazione. 
L’integrazione è innanzitutto una faccenda di soldi, è un affare come tanti, da afferrare al volo appena si presenta l’occasione..prima se ne parlava di più, quando i soldi ce n’erano, ora con la crisi un pò meno. 
“La torta luculliana”  di cui parla l’articolo, non riguarda solo i CIE o i Cara, ma ormai si è estesa nei differenti settori del cosi detto disagio sociale.  Ormai le politiche sociali rischiano di appiattirsi in nome della sicurezza e del controllo.  Non poche Associazioni, Cooperative, Volontariato hanno smarrito la bussola..di fatto gran parte di questi soggetti sono arruolati nelle politiche della sicurezza, più preoccupati ad accaparrarsi le fette della torta da spartirsi, smettendo di fatto di svolgere un ruolo critico e profetico nei confronti anche di chi amministra. Un’Associazione che in nome dell’inclusione di Rom, immigrati, profughi..diventa prestigiosa e acquista visibilità sociale (per poi difenderla!!) tradisce il suo mandato che è quello di “stare nel margine” con chi è messo o vive al margine. Essere marginali rispetto al potere centralizzato, penso sia questa la scommessa, perchè solo così saremo in grado di capire il “punto di vista” di chi vive l’esclusione, e che è diverso rispetto alla maggioranza..ma ne siamo ancora capaci? Pensare di parlare a nome di chi è escluso, ma stando dentro lo spazio conquistato con chi gestisce e amministra la sicurezza e il potere è un’illusione..si finisce con il ragionare come chi ti finanzia, cioè si diventa funzionari del controllo e della sicurezza. Come è successo recentemente a Lampedusa, anche se quella vergogna non è solo di chi gestiva il Centro di “Accoglienza”, appartiene a tutti, perchè tutti abbiamo contribuito lungo questi anni a costruirla ed alimentarla, anche con il silenzio complice per tante vergogne vissute dalle innumerevoli vittime sacrificate sull’altare della sicurezza in questi ultimi 5 anni almeno. 
 
Facile ora per i palazzi sdegnarsi per i fatti di Lampedusa, addirittura c’è chi si scandalizza tra i politici.
Lampedusa è un angolo del piano della guerra ai poveri, che da qualche anno abbiamo interiorizzato, avvallato anche con il nostro silenzio e gran parte della Chiesa.
Quella guerra ai poveri che tante amministrazioni (di destra, di sinistra, di centro..) hanno tradotto con ordinanze contro i “vu cumprà”, i clandestini e le centinaia di sgomberi di accampamenti rom, sempre in nome dell’inclusione e per il loro bene!! Pochi hanno alzato la voce, anche lì questi poveri Cristi venivano umiliati, offesi, denudati della loro dignità. Dov’erano le Associazioni, le cooperative?  Perchè non si sono fatte sentire? Semplicemente si sono lasciate appaltare dai quei Centri, spesso e dispiace dirlo, incapaci di mantenersi in sintonia con le “periferie”, le gestiscono come il Centro vuole: si sono vendute per un piatto di lenticchie.
 
Per questo che i fatti di Lampedusa non mi “scandalizzano” più di tanto, ho smesso di farlo..sono gli effetti collaterali della guerra dichiarata ai poveri e che la nostra società mai ha smesso di portare avanti, fa delle tregue, per poi riprenderla quando ritiene necessario, esempio alle scadenze elettorali.
Quello che mi scandalizza di più è il silenzio o l’indifferenza della mia società..che ha bisogno di una ripresa clandestina all’interno di un CIE e il grido disperato di una delle nostre vittime, per risvegliare in noi almeno qualche briciola di umanità sopravvissuta al degrado sociale..
 
Chi lavora dentro quelle realtà, (associazioni, cooperative sociali, volontari) rischia di diventare una pedina, complice di abusi e di disumanità, così come lo sono gli scafisti e i trafficanti di esseri umani.
Ma quante altre grida rimangono inascoltate..solo perchè intenti a ricamarci la bella torta luculliana.
 
Nelson Mandela diceva: “Un vincitore è solo un sognatore che non si è arreso”. Dai profughi, dai Rom dei campi dovremmo appunto imparare a resistere e a non arrenderci.. sono loro i nostri maestri, abbiamo bisogno di migliaia di Khalid che ci insegnino l’arte di non arrenderci.
Aiutateci voi a disinfestarci dalla nostra indifferenza e arroganza, solo così ricupereremo insieme la nostra comune umanità.
Auguri di Buon Natale a tutti.
 
Ciao Ago



in memoria

 

cento bare

(ricevo da p. Agostino e metto a disposizione per la comune riflessione)
IN MEMORIA
3 OTTOBRE 2013

Sarebbe forse stato più adatto il silenzio per aprire questa serata. Siamo infatti sommersi dalle parole, dalle immagini, scelte apposta per farci piangere di più, dalla retorica insopportabile dei politici(Alfano è corso a Lampedusa con la stessa fretta con cui AVEVA votato il pacchetto Maroni sui respingimenti) dai mezzi di comunicazione, dagli addetti ai lavori. Resta il fatto che di circa 500 persone ne sono rimaste vive 155 il resto , cioè volti, storie, affetti, speranze giù in fondo al mare dove faranno compagnia agli altri cira 25.000 , morti dal 1988 in po, di cui ci siamo dimenticati, come faremo con questi ultimi, fra qualche giorno, travolti dalle miserabili storiucce dei nostri cosiddetti governanti. Se fossimo davvero sinceri nel manifestare il dolore per queste tragedie, potremmo piangere per queste creature, ma non siamo credibili perché anche quelli che arrivano vivi li trattiamo mica tanto bene; li ammassiamo nei CPT per mesi come delinquenti dato che abbiamo creato il reato di clandestinità. oppure li sfruttiamo col lavoro nero. Questi ultimi disperati venivano da Eritrea Etiopia Somalia, scappavano dalla guerra infinita che da anni affligge quelle popolazioni, quindi erano rifugiati politici e l’articolo…. della Costituzione e la convenzione di Ginevra chiede di accoglierli. In questo caso lo loro emigrazione era dettata dal bisogno estremo di salvarsi la vita e invece hanno trovato ancora morte. L’emigrazione in genere è un effetto la cui causa trova le sue radici nel mondo occidentale: radici economiche prima di tutto ,e vendita molto lucrosa di armi(in Africa non ci sono fabbriche di armi e anche l’Italia e l’Europa tutta sopperiscono ben volentieri a questa mancanza). Di questo si dovrebbe occupare tutta l’Europa cambiando i suoi rapporti con questi paesi, e sopratutto cambiando il capitalismo di rapina che invece piace tanto a chi è già ricco e se ne sbatte di chi crepa in un modo o in un altro. Quindi piangiamo pure le vittime ma interroghiamo anche le nostre coscienze perché c’è qualcosa che uccide più della morte stessa ed è l’indifferenza, il non curarsi di chi ti è vicino, di chi soffre, di chi ha meno di te anche se ti sembra di avere poco. E’ vero, molti di noi sono poveri e altri se ne aggiungeranno se per
esempio a Piombino verrà messa la pietra tombale sulle acciaierie, ma se qui da noi ci ammaliamo abbiamo ancora ospedali che ci curano , se non abbiamo pane ci sono opere di carità che in qualche modo ci sostentano. Nei paesi da dove vengono queste persone non c’è niente di niente e le donne muoiono di parto, i bimbi per una diarrea. Che faremmo noi al loro posto se ci fosse una sola possibilità di scampare a questa sorte? Non ho altro da dire se non un grazie dal profondo del cuore ai lampedusani e a tutti quelli che in mille modi si sono affannati per salvare quelle vite. Loro non sono rimasti indifferenti.




Minori Rom allontanati dalle loro famiglie‏

 

Ago   popolo rom
ricevo da Agostino questa sconcertante notizia e, condividendo sia le sue preoccupate riflessioni, sia soprattutto la sofferenza dei genitori, dei figli, dei rom oggetto di così crudele progetto di ‘inclusione’ e ‘inserimento’, metto a disposizione di una riflessione pubblica più allargata:
Ieri mattina (25  Settembre) due bambini sono stati allontanati dai loro genitori Rom di Coltano e affidati ad una comunità.

Anche in questo caso gli assistenti sociali di Pisa hanno mostrato la loro perfidia, soprattutto quando si tratta di agire nei confronti dei Rom, ma questa volta non hanno esitato a coinvolgere e sfruttare la scuola. Infatti si sono presentati ieri mattina alla scuola, accompagnati da agenti di P.S. per prelevare i due figli di M. Le insegnanti hanno cercato di far valere le ragioni della madre (assente) ma con la tristezza nel cuore, anche di fronte anche ad un provvedimento del Tribunale Minori di Firenze hanno dovuto rassegnarsi ed assistere allo smarrimento e la paura dei loro due alunni stampata sui loro volti e consegnare a queste impietose assistenti sociali i due minori. Alle insegnanti si sono anche raccomandate di non avvisare la madre, che è stata avvertita  più tardi dagli stessi assistenti sociali, ad intervento ormai ultimato.

Certo, tutto è stato fatto nel rispetto delle norme e delle carte bollate, ovviamente in nome della tutela dei minori..ma quante ingiustizie si possono compiere anche in nome della stessa, quanta approssimazione nel leggere con realismo e obiettività stili di vita e comportamenti dei Rom, perché diversi dai nostri e quindi frettolosamente colpevolizzati.

Evito di raccontarvi lo strazio della mamma, legatissima ai suoi due figli, che per anni ha lottato per difenderli dalle astuzie e dai controlli stressanti degli assistenti sociali, forse la sua colpa principale è la sua povertà e la malattia psichica di suo marito.

Ieri tutto il campo di Coltano era furibondo e si è stretto attorno alla mamma nel tentare di consolarla e consigliarla. Furibondo verso gli assistenti sociali per il loro comportamento ambiguo, ingannatore e che non esita a servirsi anche della scuola.

“Ci obbligano a mandare i nostri figli a scuola per poi portarceli via quando a loro piace.” Vi lascio immaginare lo tsunami che questo fatto può creare nelle vite dei Rom e che rischia di minare il lavoro di anni: la scuola è via di integrazione o via comoda degli orchi che vengono a portarci via i “nostri figli”?

Diverse volte è successo qui a Pisa in questi anni, (soprattutto da quando esercitano le assistenti sociali: Zeni, Renata Paoli e Agata Amato) che i figli minori sono stati separati dalle loro famiglie, siamo sicuri che in tutti i casi si è veramente intervenuti per la tutela dei minori?

Forse è quanto mai urgente porci delle domande, anche solo dell’uso assai disinvolto delle minacce verso i Rom di allontanare i loro figli, quando il Rom in questione non si mostra abbastanza “condiscendente”.
 
Ciao Ago