il racconto del papa all’udienza generale dedicato alle migrazioni
egoismo, barriere e muri aiutano i traffici criminali
siamo tutti chiamati all’accoglienza
iacopo scaramuzzi
Una donna armena, un rifugiato che «puzza» e un tassinaro romano, inizialmente diffidente, a cui il racconto dello straniero «profuma» l’anima cambiandogliela. Papa Francesco ha dedicato al tema dell’immigrazione l’udienza generale in piazza San Pietro, a partire dalle parole di Gesù sugli stranieri («Ero straniero e mi avete accolto, ero nudo e mi avete vestito»): la «chiusura» – i muri e le barriere, l’istintivo egoismo – «finisce per favorire i traffici criminali», ha detto, «tutti siamo chiamati ad accogliere i fratelli e le sorelle che fuggono dalla guerra, dalla fame, dalla violenza e da condizioni di vita disumane».
Poi, per illustrare il concetto nei giorni in cui in Italia e in Europa è forte la polemica sul tema dell’immigrazione, ha raccontato a braccio una «storia piccolina», quasi un apologo, che non condanna la diffidenza nei confronti degli stranieri ma mostra come il cuore può cambiare.
«Alcuni giorni fa è successa una storia piccolina», ha detto il Papa: «C’era un rifugiato che cercava la strada e la signora gli si avvicinò: lei cerca qualcosa? Era senza scarpe quel rifugiato. Lui ha detto:io vorrei andare a San Pietro e entrare nella porta santa. E la signora pensò: non ha scarpe, come fa… e chiamò un taxi.
Ma quel migrante, quel rifugiato puzzava. E l’autista del taxi quasi non voleva che salisse… ma alla fine lo ha fatto salire, la signora e il rifugiato accanto a lei.
E la signora gli domandò della sua storia di rifugiato e migrante, il percorso del viaggio, dieci minuti fino ad arrivare qui», a San Pietro.
«Quest’uomo raccontò la sua storia di dolore, di guerra, di fame e perché era fuggito dalla sua patria per migrare qui. Quando sono arrivati la signora apre la borsa per pagare il tassista e il tassista, che all’inizio non voleva che questo migrante salisse perché puzzava, ha detto alla signora: no signora, sono io che devo pagare lei, perché lei mi ha fatto sentire una storia che mi ha cambiato il cuore.
Questa signora – ha proseguito il Papa – sapeva cosa era il dolore di un migrante perché aveva il sangue armeno e sapeva la sofferenza del suo popolo.
Quando noi facciamo una cosa del genere all’inizio ci rifiutiamo perché ci dà un po’ di incomodità, “puzza”… ma alla fine – ha concluso Francesco – la storia ci profuma l’anima e ci fa cambiare: pensate a questa storia e pensate a cosa possiamo fare per i rifugiati».
Il Papa ha proseguito, all’udienza di oggi, il ciclo di catechesi sulle opere di misericordia corporale, nel quadro del Giubileo che termina il 20 novembre, soffermandosi, in particolare, su quanto Gesù dice secondo il Vangelo di Matteo: «Ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito»:
«Nei nostri tempi – ha detto il Papa – è quanto mai attuale l’opera che riguarda i forestieri. La crisi economica, i conflitti armati e i cambiamenti climatici spingono tante persone a emigrare. Tuttavia, le migrazioni non sono un fenomeno nuovo, ma appartengono alla storia dell’umanità».
«E’ mancanza di memoria storica pensare che esse siano proprie solo dei nostri anni», ha detto il Papa ricordando i «tanti esempi concreti di migrazione» presenti nella Bibbia, fino alla fuga in Egitto della sacra famiglia. «La storia dell’umanità è storia di migrazioni: ad ogni latitudine, non c’è popolo che non abbia conosciuto il fenomeno migratorio», ha proseguito il Papa, secondo il quale «nel corso dei secoli abbiamo assistito in proposito a grandi espressioni di solidarietà, anche se non sono mancate tensioni sociali.
Oggi,il contesto di crisi economica favorisce purtroppo l’emergere di atteggiamenti di chiusura e di non accoglienza. In alcune parti del mondo sorgono muri e barriere. Sembra a volte che l’opera silenziosa di molti uomini e donne che, in diversi modi, si prodigano per aiutare e assistere i profughi e i migranti sia oscurata dal rumore di altri che danno voce a un istintivo egoismo.
Ma la chiusura – ha rimarcato il Papa – non è una soluzione, anzi, finisce per favorire i traffici criminali. L’unica via di soluzione è quella della solidarietà».
Anche oggi, ha detto il Papa citando in particolare la figura di santa Francesca Cabrini e il suo impegno a fianco dei migranti verso gli Stati Uniti d’America, «le diocesi, le parrocchie, gli istituti di vita consacrata, le associazioni e i movimenti, come i singoli cristiani, tutti – ha insistito il Papa – siamo chiamati ad accogliere i fratelli e le sorelle che fuggono dalla guerra, dalla fame, dalla violenza e da condizioni di vita disumane.
Tutti insieme siamo una grande forza di sostegno per quanti hanno perso patria, famiglia, lavoro e dignità». In particolare, l’evangelico «vestire chi è nudo» vale, in particolare, per le «donne vittime della tratta gettate sulle strade», o «agli altri, troppi modi di usare il corpo umano come merce, persino dei minori.
E così pure – ha proseguito il Papa – non avere un lavoro, una casa, un salario giusto, o essere discriminati per la razza o per la fede, sono tutte forme di “nudità”, di fronte alle quali come cristiani siamo chiamati ad essere attenti, vigilanti e pronti ad agire».
«Cari fratelli e sorelle, non cadiamo nella trappola di rinchiuderci in noi stessi, indifferenti alle necessità dei fratelli e preoccupati solo dei nostri interessi», ha detto il Papa.
«E’ proprio nella misura in cui ci apriamo agli altri che la vita diventa feconda, le società riacquistano la pace e le persone recuperano la loro piena dignità. E non dimenticate– ha concluso – quella signora, quel migrante che puzzava e il tassista al quale il migrante aveva cambiato l’anima».