colpevole a tutti i costi – questa, papa Francesco, la tua colpa!

 

grazie per essere stato incolpato della bellezza della Chiesa sognata da Gesù

Caro papa Francesco:
In realtà, sei colpevole!
Sei colpevole di essere un uomo e non essere un angelo!
Sei colpevole perché hai l’umiltà di accettare che hai torto e chiedi perdono. Chiedi perdono per te e per noi. E questo per molti è inaccettabile.
Sei colpevole perché …
Sei colpevole perché volevano che fossi un giudice e un canonista e sei un esempio e un testimone di misericordia.
Sei colpevole perché hai abbandonato la tradizione di vivere nei palazzi per scegliere di vivere come le persone.
Colpevole perché hai lasciato la sontuosità di San Giovanni in Laterano e scelto la povertà delle prigioni, degli orfanotrofi, dei manicomi e delle case di recupero.

Sei colpevole!
Hai smesso di baciare i piedi “profumati” delle eminenze e baci i piedi “sporchi” di detenuti, donne, pazienti, altre confessioni religiose, “diversi”!
Sei condannato perché hai aperto le porte ai “risposati” e perché di fronte a temi dolorosi e in sospeso rispondi semplicemente, “chi sono io per giudicare
Sei condannato perché assumi la tua fragilità, chiedendo a noi di pregare per te, quando molti ti chiedono di essere dogmatico, intollerante e rubricista.

Papa Francesco è colpevole di tanti e tanti cosiddetti “infedeli”, “scomunicati” e “impuri” che hanno riscoperto il bel volto di Cristo, tenerezza e misericordia.
Sei colpevole perché “chiami le cose per nome” e non dimentichi di ricordare ai vescovi che non sono pastori sull’aereo, ma persone con “odore di pecora”.
Colpevole perché hai strappato le pagine di intolleranza, la morale spietata e ci ha offerto la bellezza della compassione, della tenerezza e della schiettezza.
Sei colpevole perché non siamo così orgogliosi negli occhi, nell’intelligenza e nella ragione, ma soprattutto nel cuore.
Sei colpevole di voler portare la croce della Chiesa invece di guardare altrove, essendo indifferente al dolore e alle lacrime degli uomini del nostro tempo.
Sei colpevole perché non puoi sopportare gli efferati delitti fatti nel nome di Dio e quelli che parlano di Dio ma vivono contro di lui.
Colpevole perché cerchi la verità e la giustizia, abbracciate dalla misericordia, invece di mettere a tacere, nascondere, minimizzare o ignorare.
Sei colpevole perché hai smesso di volere una Chiesa di privilegi, di glorie di tutto il mondo e ci insegni la forza del servizio, la ricchezza di lavare i piedi e la grandezza della semplicità.

Papa Francesco lascia che ti incolpino di questi “crimini”. tu sai che al tuo fianco ci sono innumerevoli uomini e donne che, come te, non sono angeli, sono fragili, peccatori, aspettando che Cristo si prenda cura di loro e di noi.
Tu sai che con te c’è un’enorme “processione” di cuori che per te prega ogni momento, perché daresti la tua vita per loro, e ti seguono come pecore che si fidano del pastore.
È stato Cristo a metterti al timone di questo “Barca” che è la Chiesa.
È Cristo che ti darà la forza per perseguire questo sentiero di “colpa” che ha fatto così bene al mondo e alla Chiesa.
Caro papa Francesco, grazie per essere stato incolpato della bellezza della Chiesa sognata da Gesù.

p. António Teixeira

una lettera a papa Francesco nel momento in cui è pugnalato alla schiena

carissimo Francesco,

nel settembre 2015, intervistato da una radio portoghese, ti chiedevi come sarebbe stata la tua croce. Eccola, o almeno eccone una. Dopo le prime avvisaglie dei mesi scorsi, hai ricevuto la risposta che desideravi. È la croce più bella, la più gloriosa. È quella dei profeti, la stessa del Salvatore: il discredito operato dalla gerarchia dei dossier, il sinedrio che si riprende la rivincita sulla benevolenza dimostrata dal popolo. La burocrazia che rimette sotto sequestro il carisma, confermando l’impossibilità (con l’azione di un singolo -anche se Papa- e dall’alto) di riuscire a sanare la corruzione morale diventata struttura e sistema. Ci vorrebbe una rivolta della base, ma la base è abituata ad obbedire nel senso di adulare, e non di ascoltare. Quindi si farà stordire, rimarrà alla finestra e dopo ti abbandonerà. Sbadigliante e balbettante, come sempre. Incapace di analizzare oggettivamente e restia a schierarsi, per non perdere le piccole sicurezze.  E noi, invece, gioiamo per te, perché in questa solitudine (anche se apparentemente amara) l’Amore di Dio si manifesterà ancora più potentemente nella tua vita, ormai purificata da applausi, selfie, e pubblici riconoscimenti. Potrai lasciare ogni tentennamento, ogni concessione al poco evangelico “politicamente corretto” ed essere radicale, come desideri e come lo Spirito ti suggerisce. Potrai girare la piramide secondo le disposizioni del Concilio Vaticano II. Potrai riportare la Chiesa nelle strade a farsi salvare dagli oppressi e a denunciare l’iniquità sociale. Potrai seguire l’esempio del Santo di Assisi e liberare la Chiesa dal demone della ricchezza e dei privilegi. Potrai spingerci ad entrare, finalmente, nel Nuovo Testamento, quello dei due comandamenti dell’Amore, del volto autentico di Dio: Misericordia e Compassione. Potrai contribuire a guarire la Chiesa dal maschilismo coinvolgendo e responsabilizzando davvero le donne e a guarirla dal clericalismo coinvolgendo e responsabilizzando davvero i c.d. laici.

Coraggio Francesco!

Scruta i segni dei tempi ed interpretali alla luce del Vangelo (GS,4) e non del diritto canonico. È questo il tempo opportuno: il Signore invita i testimoni a subentrare ai funzionari.

Ti ringraziamo perché hai restituito la cittadinanza nella Chiesa a quelli come noi che fanno dell’opzione preferenziale per i poveri l’unica ragione di vita.

E ringraziamo Dio perché i nostri occhi hanno potuto vedere l’Evangelii Gaudium, la Laudato Si’, e i venerdì della misericordia. E sappiamo che molte persone, in passato, avrebbero voluto vedere e ascoltare queste cose e non le hanno potute vedere ed ascoltare (Mt 13, 16-17).
Anche per questo, affidandoti a Maria e a Santa Teresa di Gesù Bambino, chiediamo al Signore di benedirti.

Un abbraccio
da Altranarrazione

il tentativo di far dimettere papa Francesco fallisce ancora una volta

i corvi reazionari all’assalto di papa Francesco: amareggiato ma non pensa alle dimissioni

un attacco concentrico che è partito dal dossier stilato da monsignor Viganò e proseguito dagli Stati Uniti

Il cardinale Francesco Montenegro con papa Francesco

il cardinale Francesco Montenegro con papa Francesco

Una manovra concentrica stile Vatileaks per screditare Francesco e spingerlo in un angolo raccontata e soprattutto spiegata nelle sue dinamiche su Globalist dal vaticanista Gianni Di Santo.
L’attacco del cardinale statunitense Raymond Leo Burke
“La richiesta di dimissioni del Papa in ogni caso è lecita; chiunque può avanzarla nei confronti di qualsiasi pastore che sbaglia gravemente nell`adempimento del suo ufficio, ma i fatti devono essere verificati”. Lo dice a ‘la Repubblica’ il cardinale statunitense Raymond Leo Burke, dopo l`uscita del dossier firmato dall`ex nunzio a Washington Carlo Maria Viganò che chiede le dimissioni di Bergoglio per non essere intervenuto a proposito dei rapporti sessuali avuti con più seminaristi dal cardinale Theodore Edgar McCarrick.
“Non ho niente di personale contro il Papa. Antagonista è qualcuno che ha qualcosa di personale contro un`altra persona. Io no. Tento semplicemente di difendere la verità della fede e la chiarezza nella presentazione della fede. È l’unica cosa che ho fatto e per questo mi hanno accusato di essere un nemico del Papa. Durante il Sinodo dei vescovi siccome ho difeso la costante prassi della Chiesa dicendo che è un peccato grave accedere all`eucaristia pur vivendo in una condizione oggettiva di peccato mortale mi hanno dipinto come un nemico”, ha aggiuhnto Burke.
Il dossier “mi ha scosso nel profondo perché l`insieme è gravissimo. Ho dovuto leggerlo più volte perché a una prima lettura mi ha lasciato veramente senza parole. Credo a questo punto che serva una risposta completa e oggettiva da parte del Papa e del Vaticano”, aggiunge Burke tra gli autori dei ‘Dubia’ con cui si chiedono chiarimenti sulla dottrina al Santo Padre.

Le accuse del Procuratore generale della Pennsylvania
anche il procuratore generale della Pennsylvania sostiene di avere di avere “le prove” che la Santa Sede sapeva della copertura degli abusi sessuali nella Chiesa Cattolica.
“Non c’erano solo abusi sessuali diffusi, stupri di bambini, c’era una sistematica copertura che arrivava fino in Vaticano”, ha detto Josh Shapiro, alla Nbc. “Abbiamo le prove che il Vaticano sapeva e ha coperto gli abusi. Non posso parlare specificatamente di papa Francesco”, ha poi aggiunto il procuratore.
Nel rapporto del grand giurì vengono riportati “scabrosi dettagli” che includono stupri, aborti, confessione e occultamenti. Alcune vittime erano adolescenti, mentre altre erano in età prepuberale. Diverse sono finite nel gorgo della dipendenza dall’alcol e droga e alcuni sono hanno tentato persino il suicidio.
È orribile pensare a quello che questi uomini di Dio hanno fatto a questi bambini e poi avere l’occultamento che è stato letteralmente intenzionale per proteggere i preti dalle forze dell’ordine”, ha detto Shapiro. La stragrande maggioranza dei preti già identificati è morta o i reati sono troppo vecchi per essere perseguiti in base alla legge dello Stato.

a proposito del tentativo di golp contro papa Francesco

 

ecco i fatti e gli omissis del dossier Viganò contro Francesco

lettura ragionata del report dell’ex nunzio che chiede le dimissioni del Pontefice e delle sue contraddittorie conclusioni
di ANDREA TORNIELLI
“non si tratta semplicemente dello sfogo di un uomo di Chiesa stanco del marcio che ha visto attorno a lui, ma di un’operazione organizzata da tempo e con cura, nel tentativo di far dimettere il Pontefice e lo dimostrano il timing e il coinvolgimento della stessa rete mediatica internazionale che da anni propaga – spesso servendosi di anonimi – le istanze di coloro che vorrebbero rovesciare il risultato del conclave 2013″

2 maggio 2012, regnante Benedetto XVI, il nunzio Viganò partecipa all’assegnazione di un premio al cardinale al “sanzionato” cardinale McCarrick (foto tratta dal blog del cardinale Sean O’Malley)

 

«Credo che il comunicato di Viganò parli da sé, e voi avete la maturità professionale per trarre le conclusioni». Con queste parole, rivolte ai giornalisti sul volo di ritorno da Dublino, Francesco ha invitato a leggere il dossier di 11 pagine divulgato dall’ex nunzio negli Stati Uniti, Carlo Maria Viganò, che chiede le dimissioni del Papa accusandolo di aver coperto l’83enne cardinale emerito di Washington Theodore McCarrick, che aveva avuto relazioni omosessuali con seminaristi maggiorenni e sacerdoti. Bisogna dunque partire dalla lettura attenta testo, analizzarlo, separare i fatti riportati dalle opinioni e dalle interpretazioni. E soprattutto dalle omissioni.

La clamorosa decisione del diplomatico vaticano di violare il giuramento di fedeltà al Papa e il segreto d’ufficio rappresenta l’ennesima bordata contro Francesco portata avanti in modo organizzato dagli stessi ambienti che un anno fa avevano cercato di arrivare a una sorta di impeachment dottrinale, dopo la pubblicazione dell’esortazione “Amoris laetitiaˮ. Tentativo non riuscito. Viganò è infatti tra i firmatari della “Professioneˮ nella quale si afferma che il magistero di Papa Bergoglio diffonde il divorzio, ed è ben collegato agli ambienti più conservatori Oltreoceano e in Vaticano. Che non si tratti semplicemente dello sfogo di un uomo di Chiesa stanco del marcio che ha visto attorno a lui, ma di un’operazione organizzata da tempo e con cura, nel tentativo di far dimettere il Pontefice lo dimostrano il timing e il coinvolgimento della stessa rete mediatica internazionale che da anni propaga – spesso servendosi di anonimi – le istanze di coloro che vorrebbero rovesciare il risultato del conclave 2013. E lo attestano le stesse testimonianze scritte nei vari blog dai giornalisti che hanno pubblicato il dossier di Viganò: sempre in prima fila nella difesa della famiglia tradizionale, ma noncuranti di sganciare la “bombaˮ proprio nel giorno in cui Francesco concludeva con una grande messa l’incontro internazionale delle famiglie.

La denuncia del 2000

Innanzitutto, i fatti, presumendo che quanto affermato da Viganò sia vero. Il 22 novembre 2000 il frate domenicano Boniface Ramsey, scrive al nunzio apostolico negli Usa Gabriel Montalvo e lo informa di aver sentito voci secondo le quali McCarrick aveva «condiviso il letto con seminaristi». Un giorno prima, il 21 novembre, Giovani Paolo II nominava McCarrick arcivescovo di Washington. Viganò annota che questa segnalazione trasmessa dal nunzio alla Segreteria di Stato, guidata allora dal cardinale Angelo Sodano, non ebbe alcun seguito. Va notato: la prima denuncia che arriva in nunziatura e da qui in Vaticano è immediatamente successiva alla nomina a Washington. Ci si può comunque chiedere perché, se queste voci su MacCarrick erano così diffuse e insistenti, ciò non gli abbia precluso: la nomina ad ausiliare di New York (nel 1977, alla fine del pontificato di Paolo VI), quindi la nomina a vescovo di Metuchen (nel 1981, all’inizio del pontificato di Giovanni Paolo II), quindi il trasferimento all’arcidiocesi di Newark (nel 1986, sempre con Papa Wojtyla) e infine la promozione a Washington (2000) e la creazione cardinalizia (2001)

Tutta colpa di Sodano

L’anno successivo alla promozione a Washington dunque Wojtyla includeva McCarrick nel collegio cardinalizio. Nel suo dossier Viganò scarica – senza alcun indizio – la “colpaˮ della nomina su Sodano spiegando che il Papa all’epoca era già ammalato e quasi incapace di intendere e di governare la Chiesa. Chiunque abbia conoscenza di cose vaticane sa che ciò non è vero, almeno non era vero nell’anno 2000: Giovanni Paolo II vivrà per altri cinque anni. E sa anche che allora, nello stretto entourage wojtyliano che controllava le nomine, c’erano il segretario particolare del Papa Stanislaw Dziwisz (un nome che Viganò omette) e il Sostituto della Segreteria di Stato poi Prefetto dei vescovi Giovanni Battista Re (che Viganò nomina però scagionandolo). Quella prima segnalazione, senza denuncianti che se ne assumessero responsabilità in prima persona, forse non era ritenuta attendibile? O il potere – anche finanziario – di McCarrick è stato in grado di aprire porte vaticane che dovevano rimanere chiuse? Un dubbio può essere sollevato sulla nomina a Washington, ma perché nessuno ritiene di indagare prima dell’elevazione cardinalizia dell’anno successivo? Sodano non ha trasmesso la denuncia al Papa? Ma perché il nunzio, se era così certo degli abusi commessi sui seminaristi e preti (sempre maggiorenni), non ha insistito chiedendo udienza a Giovanni Paolo II?

Le “sanzioniˮ di Benedetto XVI

Nuove denunce arrivano nel 2006, quando il Papa è Benedetto, il Segretario di Stato è Tarcisio Bertone. Questa volta entra in scena un ex prete e abusatore di bambini Gregory Littleton, il quale fa avere al nunzio negli Usa (in quel momento monsignor Pietro Sambi) una memoria nella quale racconta di essere stato anch’egli molestato sessualmente da McCarrick (sempre da maggiorenne). Viganò prepara un appunto per i superiori, che non rispondono. Vale la pena di ricordare che in quel momento McCarrick è però già in pensione: il nuovo Papa Benedetto XVI il 16 maggio 2006 ha accolto le dimissioni doverosamente presentate l’anno precedente, il 7 luglio 2005, allo scoccare dei canonici 75 anni. Se le voci e le denunce erano così diffuse e note, perché McCarrick non è stato dimissionato subito, al compimento dei 75 anni? Nel 2008 circolano nuove accuse di comportamenti impropri McCarrick e di nuovo Viganò scrive di aver mandato ai superiori un ulteriore appunto. Questa volta qualcosa sembra essersi mosso, seppure con i tempi non celerissimi della burocrazia vaticana. Sarebbe infatti intervenuto un ordine sanzionatorio di Benedetto XVI contro il cardinale ormai emerito e pensionato. Sulla data di questa sanzione Viganò non può essere preciso: in quel momento ha infatti lasciato il posto in Segreteria di Stato, dove coordinava il lavoro del personale delle nunziature, ed è stato nominato segretario del Governatorato. Dunque, se Viganò afferma il vero – e dobbiamo presumere che lo faccia – «nel 2009 o nel 2010», Benedetto XVI sarebbe intervenuto ordinando a McCarrick di fare vita ritirata, di preghiera e di non abitare più nel seminario neocatecumenale Redemptoris Mater da lui aperto a Washington.

Restrizioni misteriose

Questo ordine di Benedetto non diventa pubblico e viene trasmesso dalla Santa Sede al nunzio a Washington (Sambi) perché lo comunichi all’interessato. Indulgenza per un cardinale ormai vecchio e in pensione al quale si vuole risparmiare l’onta della sanzione pubblica? Oppure le prove non sono state considerate sufficienti da Benedetto XVI, il quale, se è all’origine della sanzione, doveva ovviamente essere stato adeguatamente avvertito di quanto McCarrick aveva commesso? Papa Ratzinger dunque sapeva ma ritenne sufficiente raccomandare al cardinale già pensionato di starsene tranquillo in disparte. Vale la pena di ricordare: nessuno ha mai parlato, men che meno denunciato, abusi su minori. Stiamo parlando di molestie a persone maggiorenni, ma che si profilano come veri e propri abusi, dato che è il vescovo a invitare a letto i propri seminaristi o i propri preti: non esiste una situazione di parità, prima che sessuale, è un abuso di potere clericale. Anche se nessuno ha mai detto che per invitare a dormire con lui seminaristi ormai prossimi al sacerdozio e giovani preti, lo “zio Tedˮ (come McCarrick si faceva chiamare) abbia usato forme di violenza o minacce. Ci si può domandare: ma se questi fatti gravi erano così acclarati ed evidenti, perché non comminare al cardinale una sanzione esemplare e pubblica, chiedendogli di vivere ritirato in penitenza?

Perché nessuno vigila?

Qualche dubbio sul reale contenuto delle sanzioni è più che lecito, soprattutto alla luce di ciò che accade dopo. Il dossier di Viganò lascia intendere che negli ultimi tre o quattro anni del pontificato ratzingeriano McCarrick sia vissuto come un eremita o come un monaco di clausura e che soltanto dopo l’elezione di Francesco gli sia stata aperta la gabbia. Ancora una volta bisogna attenersi ai fatti documentati, e non è affatto così. La realtà è diversa e documentabile. A portata di tutti, basta cliccare sul web. Durante gli ultimi anni del pontificato di Raztinger McCarrick non cambia il suo modo di vivere: è vero che lascia il seminario dove risiedeva, ma celebra ordinazioni diaconali e sacerdotali a fianco di importanti porporati della Curia romana stretti collaboratori di Papa Ratzinger, tiene conferenze. Il 16 gennaio 2012 partecipa insieme ad altri vescovi statunitensi a un’udienza con Benedetto XVI in Vaticano e il suo nome tra i partecipanti viene segnalato nel bollettino della Sala Stampa della Santa Sede. Il 16 aprile 2012 incontra di nuovo Benedetto all’udienza della Papal Foundation e festeggia insieme a tutti i presenti il compleanno del Pontefice. Viaggia e torna a Roma nel febbraio del 2013 per accomiatarsi dal Papa dimissionario che gli stringe la mano sorridente (tutto immortalato dalle telecamere della TV vaticana). È evidente che la sua posizione non era ritenuta così grave, che gli indizi di colpevolezza non erano giudicati così evidenti e che le sanzioni non dovevano essere così restrittive.

Anche Viganò a fianco di McCarrick

E anche lo stesso Viganò, nel frattempo allontanato dal Vaticano per decisione di Benedetto XVI che lo “promuoveˮ nunzio a Washington, non appare affatto preoccupato della situazione. Sono documentate sue partecipazioni ad eventi pubblici con il porporato molestatore, come concelebrazioni negli Stati Uniti o come l’attribuzione di un premio a McCarrick (il 2 maggio 2012, Pierre Hotel in Manhattan), cerimonia durante la quale Viganò appare tutt’altro che indignato o imbarazzato di farsi fotografare a fianco del vecchio cardinale molestatore. Perché ora che aveva il potere di arrivare direttamente a Benedetto XVI, in qualità di suo rappresentante in una delle sedi diplomatiche più importanti del mondo, il nunzio Viganò non si ribella, non agisce, non chiede udienza, non fa rispettare le disposizioni restrittive?

Il coinvolgimento di Francesco

Il Papa attuale, vero e unico bersaglio dell’intera operazione, entra in scena nel giugno 2013, pochi mesi dopo la sua elezione. Ricordiamolo: McCarrick, ultraottantenne, non ha partecipato al conclave, è un cardinale pensionato ma iperattivo. Continua a viaggiare per il mondo, a tenere conferenze, a presiedere celebrazioni. Viganò va in udienza da Francesco. È il Papa a fargli una domanda su McCarrick e Viganò gli fa presente che il cardinale «ha corrotto generazioni di seminaristi e di sacerdoti» e che in Vaticano c’è un dossier che lo attesta. Attenzione: non è Viganò a parlare in modo preoccupato del cardinale. È il Papa che chiede un giudizio. Il nunzio non dice di aver consegnato a Bergoglio un appunto sulla vicenda né di avergli chiesto di intervenire. Oggi, indignato, Viganò scrive delle sanzioni di Benedetto XVI che nessuno conosce, ma – sempre ammesso che esistano – lui come nunzio non sembra aver agito per farle rispettare. Quella risposta è tutto ciò che dice al Papa.

McCarrick consigliere?

Viganò scrive ancora che il vecchio cardinale sarebbe diventato, nei primi anni del pontificato di Francesco, un suo consigliere, in particolare per le nomine americane. Non adduce, almeno fino a questo momento, alcuna prova. Sostiene invece – e anche qui non c’è ragione di non credergli – che in quel primo incontro del giugno 2013 il nuovo Papa gli avrebbe raccomandato: «I vescovi negli Stati Uniti non devono essere ideologizzati, devono essere dei pastori». Siccome nei mesi successivi anche McCarrick farà un’affermazione simile parlando con un monsignore della nunziatura (che lo riferisce poi a Viganò), l’ex nunzio che chiede le dimissioni del Pontefice ne deduce che vi sia proprio McCarrick dietro l’atteggiamento di Bergoglio nei confronti della Chiesa Usa. Una debolissima deduzione. È infatti molto più semplice e plausibile ipotizzare che di sua iniziativa Francesco – il quale conosceva la Chiesa americana – avesse ripetuto a varie persone che incontrava quella frase sui vescovi che «non devono essere ideologizzati» ma devono essere «pastori». Peraltro, per comprendere che proprio questo è uno dei punti insistenti del suo magistero sull’episcopato basta leggere i discorsi del Papa, che la pensava così ben prima del conclave del 2013.

La smentita dell’ex ambasciatore

Un’interessante confutazione della teoria di Viganò è arrivata ieri dall’ex ambasciatore statunitense presso la Santa Sede, Miguel Diaz, nominato nel maggio 2009, i quale si è detto sorpreso per aver letto le affermazioni di Viganò a proposito delle parole di Francesco sui vescovi americani, «perché mi hanno subito fatto venire in mente che durante il mio primo incontro con il nunzio Sambi nella sua residenza aWashington (siamo ancora nel pontificato di Benedetto XVI, ndr)» egli disse che «abbiamo bisogno di vescovi americani che siano meno politici e più pastorali, non cultural warriors (guerrieri culturali, ndr)». Dunque già sotto Papa Ratzinger l’indicazione che arrivava al nunzio apostolico negli Usa era quella di nominare vescovi pastori e non “guerrieri culturaliˮ. Evidentemente la questione dell’eccessivo collateralismo dell’episcopato Usa con certe posizioni politiche e un certo interesse unilaterale soltanto per alcune questioni etiche era sentita come problematica già alla fine del pontificato ratzingeriano.

La nuova denuncia 

Passano quattro anni e mezzo e nel 2018 Oltretevere arriva, per la prima volta, la notizia di un abuso su un minore commesso cinquant’anni prima da McCarrick, giovane prete. La denuncia non era mai stata presentata prima, né mai nessuno – stando al report di Viganò – aveva prima parlato di possibili abusi su minori che coinvolgessero McCarrick. Viene aperto celermente un regolare procedimento canonico da parte della diocesi di New York, con la trasmissione degli atti alla Congregazione per la dottrina della fede. Emergono anche nuove notizie, rese note dalla diocesi di Newark, riguardanti due patteggiamenti con risarcimento danni che McCarrick ha pagato, relative a denunce di molestie presentate da seminaristi maggiorenni all’epoca dei fatti. Con una decisione che non ha precedenti nella storia recente della Chiesa, Francesco non soltanto impone il silenzio e la vita ritirata a McCarrick (quel silenzio e quella vita ritirata che prima non gli era stato imposto o se gli era stato imposto nessuno aveva fatto sì che egli si attenesse agli ordini) ma gli toglie pure la berretta cardinalizia. Il cardinale emerito di Washington non è più cardinale, è stato “s-porporatoˮ.

I fatti e logica stravolta

Non c’è dunque soltanto da chiedersi se ciò che racconta Viganò sia vero (come ripetono a mo’ di mantra i media che chiedono a gran voce le dimissioni di Francesco). C’è da chiedersi se la sequenza descritta da Viganò, le sue considerazioni, le sue omissioni, le sue interpretazioni sono ragionevoli e portano davvero ad attribuire una qualche responsabilità al Pontefice oggi regnante. In ogni caso, per rimanere ai fatti puri e crudi, e presumendo che ogni dettaglio raccontato dell’ex nunzio sia vero, ecco che cosa è accaduto. C’è un Papa santo il cui entourage (molto meno santo) ha promosso e fatto cardinale un vescovo omosessuale che abusava del suo potere portandosi a letto i seminaristi, anche se non è chiaro quante infomazioni dirette fossero pervenute su questo all’orecchio di Giovanni Paolo II, allora perfettamente in grado di intendere e di volere, al quale certamente non poteva passare inosservata l’importanza della nomina dell’arcivescovo di Washington. C’è un altro Papa oggi emerito, Benedetto, che (forse) avrebbe ordinato a questo cardinale di vivere ritirato ma senza essere poi in grado di far rispettare i suoi ordini, senza battere ciglio vedendoselo arrivare in Vaticano in più occasioni, e senza che il suo nunzio negli Usa (Viganò) avesse alcun problema a farsi ritrarre insieme a lui, a concelebrare con lui, a cenare con lui, a pronunciare discorsi in sua presenza. E c’è infine un Papa, Francesco, che a quel cardinale – nonostante fosse anziano e pensionato da tempo – ha tolto d’imperio la porpora dopo averlo ridotto al silenzio proibendogli di celebrare in pubblico. Eppure è di quest’ultimo che l’ex nunzio oggi indignato chiede la testa, probabilmente soltanto perché Francesco ha “osatoˮ nominare negli Stati Uniti qualche vescovo meno conservatore rispetto a quelli nominati in precedenza, quando a consigliare sulle nomine americane erano cardinali come Bernard Law. La strumentalità dell’operazione è evidente a chiunque rifletta sulla successione dei fatti, senza il bisogno rivangare informazioni tendenti a screditare la figura di Viganò.

 

 

quando un sistema economico crea degli ‘scartati’ è disumanizzante

gli scartati

la denuncia di papa Francesco

«Bisogna pensare solo a se stessi e non curarsi degli altri che restano indietro: il principio cardine del business»

(N. Chomsky)

Il capitalismo genera esclusione e povertà concentrando la ricchezza nelle mani di pochi

La reificazione (vedi Marx e G. Lukacs) è una delle conseguenze più inquietanti del modo di produzione capitalistico. Non solo si determina lo spostamento di valore dalle persone alle cose ma i singoli stessi si valutano secondo parametri di utilità funzionale o produttiva.  Chi è in esubero secondo le esigenze del capitale, chi non può produrre o semplicemente non raggiunge risultati quantificabili in termini economici non serve e quindi può essere scartato. Questa visione antropologica, ad altissima capacità di propagazione, riduce e uccide. Fa leva sugli istinti peggiori quelli cioè che sembrano realizzare l’uomo ed invece lo deformano. Riuscire a far parte di un sistema lasciando morti e feriti dietro il proprio passaggio appaga solo il delirio di onnipotenza ed innesca un inarrestabile processo di svuotamento dei contenuti essenziali.

testo di Papa Francesco:

è inaccettabile, perché disumano, un sistema economico mondiale che scarta uomini, donne e bambini, per il fatto che questi sembrano non essere più utili secondo i criteri di redditività delle aziende o di altre organizzazioni. Proprio questo scarto delle persone costituisce il regresso e la disumanizzazione di qualsiasi sistema politico ed economico: coloro che causano o permettono lo scarto degli altri – rifugiati, bambini abusati o schiavizzati, poveri che muoiono per la strada quando fa freddo – diventano essi stessi come macchine senza anima, accettando implicitamente il principio che anche loro, prima o poi, verranno scartati – è un boomerang questo! Ma è la verità: prima o poi loro verranno scartati – quando non saranno più utili ad una società che ha messo al centro il dio denaro”.

(dal Discorso di Papa Francesco alla Delegazione della “Global Foundation“, 14/01/2017)

tentativo di golpe contro papa francesco

il cattolicesimo negli Stati Uniti e il tentato golpe contro papa Francesco

Pope Francis boards the plane before departing for Dublin, Ireland from Leonardo da Vinci-Fiumicino Airport in Rome, Italy August 25, 2018. Picture taken August 25, 2018. Vatican Media/Handout via REUTERS ATTENTION EDITORS - THIS IMAGE WAS PROVIDED BY A THIRD PARTY

di Massimo Faggioli professore di Storia del Cristianesimo, Villanova University

Nella sua lettera del 20 agosto a tutto il popolo di Dio, Francesco ha identificato nel clericalismo la vera piaga della chiesa: ne dà conferma il tentato colpo di stato del fine settimana, con il memoriale pubblicato dall’ex nunzio negli Stati Uniti, Carlo Maria Viganò. La manovra è stata studiata a tavolino sia nei tempi sia nei modi – specialmente guardando ai giornalisti ostili a Francesco che si sono prestati – ed è fallita, almeno quanto al tentativo di spingere il papa alle dimissioni. Ma per capire quanto sta succedendo nella chiesa, questo momento va analizzato sulla rotta tra Stati Uniti e Vaticano.

Da una parte la manovra mostra la saldatura tra un’agenda personale, frutto di sogni di carriera infranti da parte di cordate avverse nel piccolo mondo vaticano, e un vasto disegno ideologico e teologico che negli USA prende corpo fin dalle primissime settimane del pontificato di Francesco. Già nel luglio 2013, ancora prima che Francesco prenda le iniziative più significative del pontificato, una parte della chiesa e dell’episcopato statunitense non si fa remore a palesare il proprio malcontento per un pontificato, quello di Francesco, non abbastanza conservatore e non allineato al conservatorismo politico che si era radicalizzato fin dal 2008, ovvero dopo l’elezione alla presidenza di Barack Obama. Questi vescovi e intellettuali cattolici vedono fin dall’inizio in papa Francesco una specie di Obama della chiesa, e adottano con Francesco una tattica simile a quella adottata per Obama: la delegittimazione.

Alle prese con lo scandalo degli abusi sessuali in America fin dal 2002, i vescovi americani nominati da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI non possono prendersela col papato per aver creato una classe episcopale inetta a trattare la sola questione su cui avrebbero dovuto essere affidabili, ovvero “legge e ordine”. Il momento opportuno per attaccare Francesco viene offerto dalla tempesta perfetta dell’estate 2018 – i postumi del viaggio in Cile, le rivelazioni sull’ex cardinale Theodore McCarrick, le indagini su alcuni seminari negli Stati Uniti, e infine il rapporto del Grand Jury della Pennsylvania.

Chi pensa questa operazione accetta il rischio di puntare a papa Francesco senza curarsi del fatto che un attacco a Francesco sulla questione degli abusi avrebbe necessariamente coinvolto i suoi due immediati predecessori. Il tentato golpe contro Francesco dice dello stato in cui versa l’opposizione oltranzista contro Francesco, negli Stati Uniti specialmente: che la frangia tradizionalista accetti il rischio di danneggiare Benedetto XVI e Giovanni Paolo II – nel pantheon cattolico americano, visti come l’opposto di Francesco – dice molto della loro disperazione.

La scelta di papa Francesco di non difendersi dalle accuse contenute nel memoriale, durante la conferenza stampa di ritorno dall’Irlanda, va anche letta come il rifiuto di considerare le accuse contro altri – incluso Benedetto XVI – formulate in quel documento. Molti in Vaticano dovranno prima o poi dare delle spiegazioni: ma questa è questione che non tocca Francesco in prima persona, che è sempre rimasto alla larga dalle cordate curiali chiamate in causa dall’ex nunzio. Viganò e una certa destra cattolica negli Stati Uniti, che il nunzio a Washington frequenta tra 2011 e 2016, dando a volte l’impressione di lavorare più per gli ideologi di quella frangia che per il papa (come per la vicenda dell’incontro tra il papa e Kim Davis durante la visita di Francesco negli USA) si sono usati a vicenda. Sia Viganò sia quella parte della chiesa contestano a Francesco un diverso atteggiamento della chiesa verso la questione omosessuale, a loro avviso parte integrante del problema della pedofilia nella chiesa. Ma è una convergenza di interessi che nulla ha a che fare con la lotta contro la piaga degli abusi sessuali.

C’è poi un secondo elemento dell’operazione. Oltre a questa convergenza tra l’agenda personale di Viganò e l’agenda ideologica del mondo americano e anglosassone ostile a Francesco, l’altro elemento chiave per comprendere l’operazione e il motivo per cui è fallita è la transizione da un certo tipo di cattolicesimo conservatore a un altro negli Stati Uniti. Osservando le pubblicazioni e gli articoli di giovani giornalisti e intellettuali della nuova generazione di cattolici americani (nati negli anni ottanta-novanta) è percepibile come essi non rappresentino più il cattolicesimo neo-conservatore vecchia scuola (un nome per tutti, George Weigel), quello arrivato al potere col Partito repubblicano, specialmente con George W. Bush nel 2000 e nell’America post-11 settembre 2001. Ma oggi la nuova generazione di cattolici americani di destra (sia laici, sia preti e seminaristi, ma anche qualche vescovo) interpreta un cattolicesimo teologicamente neo-ortodosso, moralmente neo-integralista, politicamente anti-liberale e anti-internazionalista, esteticamente neo-medievale.

È il cattolicesimo sempre più visibile nella rivista-faro della reazione conservatrice alla teologia liberal, First Things, nella quale le due tendenze e le divergenze tra loro sono visibili. In questa transizione da un tipo di conservatorismo cattolico a un altro si nota una differenza di accenti nelle critiche a papa Francesco. Entrambi sono molto critici della teologia di papa Francesco. La nuova frangia oltranzista e neo-integralista, che ricorda per certi aspetti l’Action Francaise di Charles Maurras negli anni venti del secolo scorso (condannata da Pio XI), non si fa remore di identificare in papa Francesco un papa eretico o non cattolico. Ma la vecchia generazione di cattolici neo-conservatori non è disposta a fare macerie della chiesa pur di liberarsi di papa Francesco: ed è qui che è mancato il supporto all’operazione Viganò.

L’attacco a papa Francesco dello scorso fine settimana va letto anche all’interno della lotta per la supremazia all’interno del cattolicesimo americano conservatore, tra vecchia scuola neo-conservatrice e nuovo integralismo medievalista. L’attacco a papa Francesco è fallito, ma non è chiaro cosa sarà della cultura cattolica conservatrice negli Stati Uniti: se tornerà sui passi di un neo-conservatorismo che conserva ancora un qualche senso delle istituzioni (ecclesiastiche e non), oppure se prenderà la via di un giacobinismo cattolico che non ha paura di flirtare con l’idea di un nuovo scisma d’Occidente

il capitalismo non può essere democratico

l’economia che produce ferite

le parole nette di papa Francesco

«Le strutture economiche sacrificano vite umane per utili maggiori»

papa Francesco

da Altranarrazione

Capitalismo finanziario

Strutture di peccato

La disuguaglianza sociale nel capitalismo finanziario non è un elemento accidentale o temporaneo ma strutturale. Dovendo garantire un extra-benessere a pochi non può tollerare forme di redistribuzione della c.d. ricchezza. È un sistema economico incompatibile con la democrazia: ne impedisce le dinamiche basilari. Dove c’è il capitalismo, al di là delle denominazioni, vige di fatto l’oligarchia. L’1% è in grado di soggiogare il 99% attraverso un uso smaliziato della forza e l’aiuto fondamentale degli intermedi: di coloro cioè che non appartengono all’1% ma sono pronti a tutto pur di raccogliere le briciole che cadono da quel tavolo. Allora li vedi sostenere le tesi della tecnocrazia europea, della finanza e dei globalizzatori dello sfruttamento. Li vedi tristemente al servizio dell’iniquità, attori non protagonisti di una squallida commedia. Il 99% può indignarsi, ne ha facoltà, ma con calma: nei luoghi, nei modi e nei tempi concessi dal potere. L’importante è che dopo lo sfogo  ritorni velocemente alla catena di montaggio.

testo di papa Francesco:

Le ferite che provoca il sistema economico che ha al centro il dio denaro, e che a volte agisce con la brutalità dei ladri della parabola [del samaritano], sono state criminalmente ignorate. Nella società globalizzata, esiste uno stile elegante di guardare dall’altro lato, che si pratica ricorrentemente: sotto le spoglie del politicamente corretto o le mode ideologiche, si guarda chi soffre senza toccarlo, lo si trasmette in diretta, addirittura si adotta un discorso in apparenza tollerante e pieno di eufemismi, ma non si fa nulla di sistematico per curare le ferite sociali e neppure per affrontare le strutture che lasciano tanti esseri umani per strada. Questo atteggiamento ipocrita, tanto diverso da quello del samaritano, manifesta l’assenza di una vera conversione e di un vero impegno con l’umanità. Si tratta di una truffa morale, che, prima o poi, viene alla luce, come un miraggio che si dilegua. I feriti stanno lì, sono una realtà. La disoccupazione è reale, la corruzione è reale, la crisi d’identità è reale, lo svuotamento delle democrazie è reale. La cancrena di un sistema non si può mascherare in eterno, perché prima o poi il fetore si sente e, quando non si può più negare, nasce dal potere stesso che ha generato quello stato di cose la manipolazione della paura, dell’insicurezza, della protesta, persino della giusta indignazione della gente, che trasferisce la responsabilità di tutti i mali a un “non prossimo”.

(Papa Francesco, Messaggio in occasione dell’incontro dei movimenti popolari a Modesto, California, 16-19 febbraio 2017)

le curie sono periciolose – parola di papa Francesco

papa Francesco

il “catalogo” delle malattie della curia

da ‘altranarrazione’ dicembre 23, 2016

introduzione:

Burocrazia e Vangelo non vanno d’accordo. Infatti il Vangelo vive nelle strade del mondo non nei palazzi. Collaborare alla costruzione del Sogno di Dio non è un lavoro d’ufficio. Non si può stare in giacca e cravatta né in clergyman perché per strada ci si sporca. Si è operai non amministrativi. Non c’è orario e non è possibile seguire un’agenda prestabilita. Infatti non si può dire al povero torna domani perché oggi c’è la riunione con la Caritas. Non si può dire al malato aspetta a soffrire perché oggi c’è la riunione sulla pastorale sanitaria. Non si può dire alla coppia di giovani precari tornate domani perché oggi c’è il convegno sull’indissolubilità del matrimonio. Dentro i palazzi la realtà si può vedere solo dalle finestre, dall’alto e da lontano. Lo scollamento deforma il giudizio e rende insensibili. Non si sa cos’è la disoccupazione, l’oppressione, l’emarginazione. Non si può essere solidali rimanendo al proprio tavolino, circondati solo dalle proprie sicurezze.

testo di papa Francesco

 

“La Curia è chiamata a migliorarsi, a migliorarsi sempre e a crescere in comunione, santità e sapienza per realizzare pienamente la sua missione. Eppure essa, come ogni corpo, come ogni corpo umano, è esposta anche alle malattie, al malfunzionamento, all’infermità. E qui vorrei menzionare alcune di queste probabili malattie, malattie curiali. Sono malattie più abituali nella nostra vita di Curia. Sono malattie e tentazioni che indeboliscono il nostro servizio al Signore. Credo che ci aiuterà il “catalogo” delle malattie – sulla strada dei Padri del deserto, che facevano quei cataloghi – di cui parliamo oggi: ci aiuterà a prepararci al Sacramento della Riconciliazione, che sarà un bel passo di tutti noi per prepararci al Natale.

  1. La malattia del sentirsi “immortale”, “immune” o addirittura “indispensabile” trascurando i necessari e abituali controlli. Una Curia che non si autocritica, che non si aggiorna, che non cerca di migliorarsi è un corpo infermo. Un’ordinaria visita ai cimiteri ci potrebbe aiutare a vedere i nomi di tante persone, delle quale alcuni forse pensavano di essere immortali, immuni e indispensabili! È la malattia del ricco stolto del Vangelo che pensava di vivere eternamente (cfr Lc 12, 13-21) e anche di coloro che si trasformano in padroni e si sentono superiori a tutti e non al servizio di tutti. Essa deriva spesso dalla patologia del potere, dal “complesso degli Eletti”, dal narcisismo che guarda appassionatamente la propria immagine e non vede l’immagine di Dio impressa sul volto degli altri, specialmente dei più deboli e bisognosi. L’antidoto a questa epidemia è la grazia di sentirci peccatori e di dire con tutto il cuore: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare» (Lc 17, 10).
  2. Un’altra: La malattia del “martalismo” (che viene da Marta), dell’eccessiva operosità: ossia di coloro che si immergono nel lavoro, trascurando, inevitabilmente, “la parte migliore”: il sedersi sotto i piedi di Gesù (cfr Lc 10,38-42). Per questo Gesù ha chiamato i suoi discepoli a “riposarsi un po’” (cfr Mc 6,31) perché trascurare il necessario riposo porta allo stress e all’agitazione. Il tempo del riposo, per chi ha portato a termine la propria missione, è necessario, doveroso e va vissuto seriamente: nel trascorrere un po’ di tempo con i famigliari e nel rispettare le ferie come momenti di ricarica spirituale e fisica; occorre imparare ciò che insegna il Qoèlet che «c’è un tempo per ogni cosa» (3,1-15).
  3. C’è anche la malattia dell’“impietrimento” mentale e spirituale: ossia di coloro che posseggono un cuore di pietra e un “duro collo” (At 7,51-60); di coloro che, strada facendo, perdono la serenità interiore, la vivacità e l’audacia e si nascondono sotto le carte diventando “macchine di pratiche” e non “uomini di Dio” (cfr Eb 3,12). È pericoloso perdere la sensibilità umana necessaria per farci piangere con coloro che piangono e gioire con coloro che gioiscono! È la malattia di coloro che perdono “i sentimenti di Gesù” (cfr Fil 2,5-11) perché il loro cuore, con il passare del tempo, si indurisce e diventa incapace di amare incondizionatamente il Padre e il prossimo (cfr Mt 22,34-40). Essere cristiano, infatti, significa «avere gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù» (Fil 2,5), sentimenti di umiltà e di donazione, di distacco e di generosità.
  4. La malattia dell’eccessiva pianificazione e del funzionalismo. Quando l’apostolo pianifica tutto minuziosamente e crede che facendo una perfetta pianificazione le cose effettivamente progrediscano, diventando così un contabile o un commercialista. Preparare tutto bene è necessario, ma senza mai cadere nella tentazione di voler rinchiudere e pilotare la libertà dello Spirito Santo, che rimane sempre più grande, più generosa di ogni umana pianificazione (cfr Gv 3,8). Si cade in questa malattia perché «è sempre più facile e comodo adagiarsi nelle proprie posizioni statiche e immutate. In realtà, la Chiesa si mostra fedele allo Spirito Santo nella misura in cui non ha la pretesa di regolarlo e di addomesticarlo… – addomesticare lo Spirito Santo! – … Egli è freschezza, fantasia, novità».
  5. La malattia del cattivo coordinamento. Quando i membri perdono la comunione tra di loro e il corpo smarrisce la sua armoniosa funzionalità e la sua temperanza, diventando un’orchestra che produce chiasso, perché le sue membra non collaborano e non vivono lo spirito di comunione e di squadra. Quando il piede dice al braccio: “non ho bisogno di te”, o la mano alla testa: “comando io”, causando così disagio e scandalo.
  6. C’è anche la malattia dell’“alzheimer spirituale”: ossia la dimenticanza della “storia della salvezza”, della storia personale con il Signore, del «primo amore» (Ap 2,4). Si tratta di un declino progressivo delle facoltà spirituali che in un più o meno lungo intervallo di tempo causa gravi handicap alla persona facendola diventare incapace di svolgere alcuna attività autonoma, vivendo uno stato di assoluta dipendenza dalle sue vedute spesso immaginarie. Lo vediamo in coloro che hanno perso la memoria del loro incontro con il Signore; in coloro che non fanno il senso deuteronomico della vita; in coloro che dipendono completamente dal loro presente, dalle loro passioni, capricci e manie; in coloro che costruiscono intorno a sé dei muri e delle abitudini diventando, sempre di più, schiavi degli idoli che hanno scolpito con le loro stesse mani.
  7. La malattia della rivalità e della vanagloria. Quando l’apparenza, i colori delle vesti e le insegne di onorificenza diventano l’obiettivo primario della vita, dimenticando le parole di San Paolo: «Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri» (Fil 2,1-4). È la malattia che ci porta a essere uomini e donne falsi e a vivere un falso “misticismo” e un falso “quietismo”. Lo stesso San Paolo li definisce «nemici della Croce di Cristo» perché «si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra» (Fil 3,19).
  8. La malattia della schizofrenia esistenziale. E’ la malattia di coloro che vivono una doppia vita, frutto dell’ipocrisia tipica del mediocre e del progressivo vuoto spirituale che lauree o titoli accademici non possono colmare. Una malattia che colpisce spesso coloro che, abbandonando il sevizio pastorale, si limitano alle faccende burocratiche, perdendo così il contatto con la realtà, con le persone concrete. Creano così un loro mondo parallelo, dove mettono da parte tutto ciò che insegnano severamente agli altri e iniziano a vivere una vita nascosta e sovente dissoluta. La conversione è alquanto urgente e indispensabile per questa gravissima malattia (cfr Lc 15,11-32).
  9. La malattia delle chiacchiere, delle mormorazioni e dei pettegolezzi. Di questa malattia ho già parlato tante volte ma mai abbastanza. E’ una malattia grave, che inizia semplicemente, magari solo per fare due chiacchiere e si impadronisce della persona facendola diventare “seminatrice di zizzania” (come satana), e in tanti casi “omicida a sangue freddo” della fama dei propri colleghi e confratelli. È la malattia delle persone vigliacche che non avendo il coraggio di parlare direttamente parlano dietro le spalle. San Paolo ci ammonisce: «Fate tutto senza mormorare e senza esitare, per essere irreprensibili e puri» (Fil 2,14-18). Fratelli, guardiamoci dal terrorismo delle chiacchiere!
  10. La malattia di divinizzare i capi: è la malattia di coloro che corteggiano i Superiori, sperando di ottenere la loro benevolenza. Sono vittime del carrierismo e dell’opportunismo, onorano le persone e non Dio (cfr Mt 23,8-12). Sono persone che vivono il servizio pensando unicamente a ciò che devono ottenere e non a quello che devono dare. Persone meschine, infelici e ispirate solo dal proprio fatale egoismo (cfr Gal 5,16-25). Questa malattia potrebbe colpire anche i Superiori quando corteggiano alcuni loro collaboratori per ottenere la loro sottomissione, lealtà e dipendenza psicologica, ma il risultato finale è una vera complicità.
  11. La malattia dell’indifferenza verso gli altri. Quando ognuno pensa solo a sé stesso e perde la sincerità e il calore dei rapporti umani. Quando il più esperto non mette la sua conoscenza al servizio dei colleghi meno esperti. Quando si viene a conoscenza di qualcosa e la si tiene per sé invece di condividerla positivamente con gli altri. Quando, per gelosia o per scaltrezza, si prova gioia nel vedere l’altro cadere invece di rialzarlo e incoraggiarlo.
  12. La malattia della faccia funerea. Ossia delle persone burbere e arcigne, le quali ritengono che per essere seri occorra dipingere il volto di malinconia, di severità e trattare gli altri – soprattutto quelli ritenuti inferiori – con rigidità, durezza e arroganza. In realtà, la severità teatrale e il pessimismo sterile sono spesso sintomi di paura e di insicurezza di sé. L’apostolo deve sforzarsi di essere una persona cortese, serena, entusiasta e allegra che trasmette gioia ovunque si trova. Un cuore pieno di Dio è un cuore felice che irradia e contagia con la gioia tutti coloro che sono intorno a sé: lo si vede subito! Non perdiamo dunque quello spirito gioioso, pieno di humor, e persino autoironico, che ci rende persone amabili, anche nelle situazioni difficili. Quanto bene ci fa una buona dose di sano umorismo! Ci farà molto bene recitare spesso la preghiera di san Thomas More: io la prego tutti i giorni, mi fa bene.
  13. La malattia dell’accumulare: quando l’apostolo cerca di colmare un vuoto esistenziale nel suo cuore accumulando beni materiali, non per necessità, ma solo per sentirsi al sicuro. In realtà, nulla di materiale potremo portare con noi perché “il sudario non ha tasche” e tutti i nostri tesori terreni – anche se sono regali – non potranno mai riempire quel vuoto, anzi lo renderanno sempre più esigente e più profondo. A queste persone il Signore ripete: «Tu dici: sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla. Ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo … Sii dunque zelante e convertiti» (Ap 3,17-19). L’accumulo appesantisce solamente e rallenta il cammino inesorabilmente! E penso a un aneddoto: un tempo, i gesuiti spagnoli descrivevano la Compagnia di Gesù come la “cavalleria leggera della Chiesa”. Ricordo il trasloco di un giovane gesuita che, mentre caricava su di un camion i suoi tanti averi: bagagli, libri, oggetti e regali, si sentì dire, con un saggio sorriso, da un vecchio gesuita che lo stava ad osservare: questa sarebbe la “cavalleria leggera della Chiesa?”. I nostri traslochi sono un segno di questa malattia.
  14. La malattia dei circoli chiusi, dove l’appartenenza al gruppetto diventa più forte di quella al Corpo e, in alcune situazioni, a Cristo stesso. Anche questa malattia inizia sempre da buone intenzioni ma con il passare del tempo schiavizza i membri diventando un cancro che minaccia l’armonia del Corpo e causa tanto male – scandali – specialmente ai nostri fratelli più piccoli. L’autodistruzione o il “fuoco amico” dei commilitoni è il pericolo più subdolo[15]. È il male che colpisce dal di dentro[16]; e, come dice Cristo, «ogni regno diviso in se stesso va in rovina» (Lc 11,17).
  15. E l’ultima: la malattia del profitto mondano, degli esibizionismi, quando l’apostolo trasforma il suo servizio in potere, e il suo potere in merce per ottenere profitti mondani o più poteri. È la malattia delle persone che cercano insaziabilmente di moltiplicare poteri e per tale scopo sono capaci di calunniare, di diffamare e di screditare gli altri, perfino sui giornali e sulle riviste. Naturalmente per esibirsi e dimostrarsi più capaci degli altri. Anche questa malattia fa molto male al Corpo perché porta le persone a giustificare l’uso di qualsiasi mezzo pur di raggiungere tale scopo, spesso in nome della giustizia e della trasparenza! E qui mi viene in mente il ricordo di un sacerdote che chiamava i giornalisti per raccontare loro – e inventare – delle cose private e riservate dei suoi confratelli e parrocchiani. Per lui contava solo vedersi sulle prime pagine, perché così si sentiva “potente e avvincente”, causando tanto male agli altri e alla Chiesa. Poverino!

Fratelli, tali malattie e tali tentazioni sono naturalmente un pericolo per ogni cristiano e per ogni curia, comunità, congregazione, parrocchia, movimento ecclesiale, e possono colpire sia a livello individuale sia comunitario. Occorre chiarire che è solo lo Spirito Santo – l’anima del Corpo Mistico di Cristo, come afferma il Credo Niceno-Costantinopolitano: «Credo… nello Spirito Santo, Signore e vivificatore» – a guarire ogni infermità. È lo Spirito Santo che sostiene ogni sincero sforzo di purificazione e ogni buona volontà di conversione. È Lui a farci capire che ogni membro partecipa alla santificazione del corpo e al suo indebolimento. È Lui il promotore dell’armonia[18]: “Ipse harmonia est”, dice san Basilio. Sant’Agostino ci dice: «Finché una parte aderisce al corpo, la sua guarigione non è disperata; ciò che invece fu reciso, non può né curarsi né guarirsi». La guarigione è anche frutto della consapevolezza della malattia e della decisione personale e comunitaria di curarsi sopportando pazientemente e con perseveranza la cura. Dunque, siamo chiamati – in questo tempo di Natale e per tutto il tempo del nostro servizio e della nostra esistenza – a vivere «secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo, dal quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità» (Ef 4,15-16)”.

dal Discorso di Papa Francesco per la  presentazione degli auguri natalizi della curia romana, 22/12/2014

la vera motivazione di Francesco d’Assisi e di papa Francesco

Francesco d’Assisi: alterità e identità

«Quando crollano i beni di un istituto religioso, io dico: “Grazie, Signore!”, perché questi incominceranno ad andare sulla via della povertà e della vera speranza nei beni che ti dà il Signore»

papa Francesco

 

La povertà di Francesco era diversa da quella dei suoi contemporanei: non era protesta verso i ricchi né riflessione sociologica.

 Francesco non ne sapeva niente di queste cose: giovane commerciante di stoffe, desiderava solo vestirsi come il suo Dio. Quel Signore che indossa la povertà con i poveri; la misericordia con i peccatori; la compassione con i deboli; la vicinanza con i lontani.
Quel Signore che indossa una tunica, senza sandali né bastone e va per le strade augurando la pace.

papa Francesco sta cambiando la chiesa

 

“il papato sta cambiando”

José María Castillo

dal blog di José Maria Castillo in “Religión Digital” dell’8 giugno 2018

Senza che noi cristiani ce ne rendiamo conto, stiamo assistendo a quello che molti non si immaginano: papa Francesco, senza toccare il «dogma», sta cambiando il papato.
Mi spiego. Contro coloro che attaccano l’ortodossia e la rettitudine di papa Francesco, la mia coscienza mi dice che non debbo tacere. Si tratta di qualcosa di fondamentale per il papato e quindi anche per la Chiesa. Per questo voglio e debbo affermare quello che spiego qui di seguito.
Questo papa non ha toccato nessun «dogma di fede divina e cattolica», così come questa questione fondamentale è stata espressa e definita nel concilio Vaticano I (costituzione dogmatica Dei Filius, cap. 3, Denz 3011). Per questo insisto sul fatto che papa Francesco sta cambiando il papato non per quello che dice, ma per la sua maniera di vivere.
Cosa significa questo? Il Vangelo prima di tutto non è una «dottrina religiosa», ma è soprattutto un «progetto di vita». E sottolineo il fatto fondamentale che ogni cristiano sia certo che il centro del Vangelo non è la «fede» in Gesù, ma la «sequela» di Gesù. Ma è successo che la teologia ed il governo della Chiesa hanno posto il centro del cristianesimo nell’«ortodossia della fede» ed hanno spostato la «sequela di Gesù» nell’ambito della spiritualità. Ebbene, stando così le cose, si capisce quello che sta succedendo nella Chiesa. Il Magistero della Chiesa può controllare (e controlla) la «dottrina della fede». Quello che non può e non ha motivo di controllare è la «generosità della sequela» di Gesù.
Ebbene, in una Chiesa che funziona così, è capitato quello che doveva capitare. L’ortodossia religiosa si è preoccupata fino all’eccesso di considerare come dottrine di fede non poche cose che non appartengono alla fede. Mentre la sequela di Gesù si considera come un tema relativo alla generosità dei più ferventi.
C’è un vuoto enorme nella Chiesa. Un vuoto che non si spiega alla gente. Se leggiamo i vangeli con attenzione, quello che vi si sottolinea è che, quando Gesù si riferisce alla fede dei discepoli e degli apostoli, lo fa per rimproverarli per la loro vigliaccheria, la loro paura, i loro dubbi e la loro incredulità (Mt 8, 26; 14, 31; 16, 8; 17, 20; Mc 4, 40; 16, 11.13.14; Lc 8, 25; 24,11.41; Gv 20, 25-31).
Tuttavia Gesù è stato sempre rispettoso e tollerante con quegli uomini che avevano una fede così piccola, più piccola di un granello di senape (Mc 11, 23 par; Mt 21, 21; 17, 20; Lc 17, 6). Molto diverso è stato il problema della «sequela». In questa questione Gesù è stato esigente ed intollerante fino a livelli che fanno impressione e non sono facili da comprendere. Gesù esige di lasciare tutto di fronte ad una sola parola: «Seguimi». Senza spiegazioni, ragioni o motivi. Famiglia, casa, denaro, attività…, qualunque sia. Tutto si subordina alla chiamata di Gesù. Non per avere alcune credenze o osservanze religiose. Ma per vivere il «progetto di vita» che Gesù ha vissuto. Nella maniera in cui ognuno possa fare questo.
E questo sta facendo papa Francesco. Che è l’ultima parola che Gesù ha detto a san Pietro: «Tu seguimi» (Gv 21, 22). È vero: il papato sta cambiando. Dai papi che centravano tutto nel comandare nella fede degli altri al papa che centra tutto nel seguire Gesù, facendo quello che ha fatto Gesù: aiutare coloro che soffrono, stare con quelli con cui nessuno vuole stare, realizzando ogni giorno (nella maniera in cui questo sia possibile) il «progetto di vita» che ha vissuto Gesù.
Il papato sta cambiando. Non perché papa Francesco stia modificando quello in cui bisogna credere. E non perché stia riformando la Curia Vaticana. Tutto questo non cambia il papato e non cambia la Chiesa. Il cambiamento si realizzerà quando le cose si metteranno al loro posto. La fede come deve essere e dove deve stare. Ed al centro di tutto la sequela di Gesù. Come lo stesso Gesù ha lasciato detto nel Vangelo. E questo sta facendo (senza dirlo) papa Francesco.
Con l’ortodossia della fede tutto continua e continuerà così come sta continuando. La sequela di Gesù ed il suo Vangelo ci fanno tanta paura che è normale abbandonare la proposta di Gesù e continuare con la nostra (grande o piccola) ricchezza. Come ha fatto quel giovane di cui raccontano i vangeli.

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