la chiesa di Gesù non può essere che la chiesa dei poveri
la chiesa che nasce dai poveri
dagli scritti di Gustavo Gutierrez
Il Vangelo è un elemento di contraddizione dove c’è oppressione e sfruttamento.
Promuove la giusta indignazione, non addormenta le coscienze.
Il Vangelo è il libro della liberazione e non legittima nessun schiacciamento dell’uomo sull’uomo.
Quando la chiesa-istituzione appoggia le classi dominanti significa che c’è qualcosa che non funziona.
Cercare o mantenere una posizione di rendita vuol dire porsi fuori dalla testimonianza evangelica.
La Chiesa, per vocazione, deve disturbare socialmente sia i governi che adottano politiche inique sia le classi sociali che ne traggono beneficio.
Se si toglie l’aspetto profetico rimane solo la burocrazia: e gli effetti di tale deformazione sono noti.
testo di Gustavo Gutierrez
“Il Vangelo letto a partire dal povero, dalle classi sfruttate e dalla solidarietà attiva con le sue lotte per la liberazione, porta alla convocazione di una Chiesa popolare; porta ad una Chiesa che nasce dai poveri, dall’emarginazione […] che nasce dal popolo, da un popolo che strappa il Vangelo dalle mani dei dominatori, che impedisce la sua utilizzazione come elemento giustificante di una situazione contraria alla volontà del Dio liberatore….”. L’Evangelizzazione sarà realmente liberatrice quando gli stessi poveri saranno i suoi portatori. Allora sì annunciare il Vangelo sarà pietra di scandalo, sarà un Vangelo non «presentabile in società» si esprimerà in modo poco raffinato, puzzerà….”.
Gustavo Gutiérrez, La forza storica dei poveri, trad. C. Delpero, Queriniana, Brescia, 1979, p. 27-28
la salvezza dai poveri
i poveri
luogo di guarigione
“tutto il Vangelo annuncia il rovesciamento delle gerarchie sociali e la riabilitazione dei poveri”
G. Casalis
da Altranarrazione
Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. (Vangelo di Matteo 25, 37-40)
Chi disprezza i poveri o è semplicemente indifferente ha una conoscenza distorta di Cristo. Nonostante tutti gli sforzi ascetici, le elucubrazioni dottrinarie, i ministeri esercitati, il consenso della comunità chi evita i poveri evita Dio. Alcune cose di se stesso Dio ha deciso di rivelarle solo attraverso di loro. È la sua scelta di abbassamento, di capovolgimento che meraviglia i piccoli e infastidisce gli ipocriti (quelli che recitano un ruolo diverso dal proprio essere). I poveri non sono solo un luogo teologico accanto alla Parola e all’Eucaristia ma sono anche un luogo di guarigione specifica.
Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza distogliere gli occhi da quelli della tua carne? Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua ferita si rimarginerà presto. (Isaia 58, 6-8)
Solo la relazione con i poveri può spezzare la catena dell’egoismo consentendoci l’esodo dall’autoreferenzialità che ci deforma all’alterità che ci fa scoprire la dignità della figliolanza. Ai poveri è stata consegnata la ricetta per curare la nostra ferita esistenziale. Sono i medici a cui dobbiamo rivolgerci per disintossicarci dagli idoli e per la profilassi contro l’infezione della indifferenza. Andiamo da loro per essere aiutati. Sono la nostra ultima speranza. Nella compassione ritroviamo l’immagine di Dio e constatiamo la brutalità delle seduzioni del mondo. I poveri portano sulle spalle il peccato sociale per questo Gesù si identifica con loro, sono i suoi fratelli più intimi perché i più simili a Lui.
Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se offrirai il pane all’affamato, se sazierai chi è digiuno, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio. Ti guiderà sempre il Signore, ti sazierà in terreni aridi, rinvigorirà le tue ossa; sarai come un giardino irrigato e come una sorgente le cui acque non inaridiscono. La tua gente riedificherà le antiche rovine, ricostruirai le fondamenta di epoche lontane. Ti chiameranno riparatore di brecce, restauratore di case in rovina per abitarvi. (Isaia 58, 9-12)
L’incontro con i poveri rischiara le nostre tenebre interiori, ci apre nuove prospettive, ci porta fuori dalle camere asettiche in cui ci nascondiamo inutilmente per conservarci. I poveri ci chiamano anche quando non parlano o non li vediamo. Sono l’eterno appello alla nostra autenticità. Ci spingono nel profondo, ci costringono a deporre le maschere e ad avvertire le nostre viscere. Le analisi, i sistemi, e tutte le retoriche devono lasciare spazio all’assurdità della sofferenza.
Il Vangelo è una “tragedia”: quella dell’uomo che non comprende il sogno di Dio e per questo si condanna all’infelicità, all’inutilità, al non-senso, alla violenza.
Dio ci precede
«Ringraziamo di poter vivere nella carne il cammino di redenzione di Gesù, che fu perseguitato, imprigionato e condannato. Non deve essere il cristiano imitatore del suo maestro? Non temiamo nulla»
Frei Betto
lettera dalla prigione 21 novembre 1969
il vangelo è il più radicale cambio di paradigma nella vita umana
Quando ci poniamo a fianco degli oppressi, nel cammino di liberazione, Dio si mette in testa*. Ma non è propriamente una marcia trionfale. Sta lì per ripararci se possibile dai rischi e per prendersi per primo gli insulti quando va bene, gli sputi quando va male. Con la croce come vessillo ascolta i ragionamenti forbiti (pieni di citazioni) dei “dissuasori”. I soliti “benpensanti”, denominati in altra epoca anche scribi e farisei, che vorrebbero convincerci a non prestare servizio ai poveri (o semplicemente a stare con loro) per giustificare il sonno indifferente della loro coscienza. Il solo fatto della presenza, al di là della semplicità dei gesti, è come il suono della sveglia mattutina: fastidioso ma efficace. E c’è da comprenderli perché dopo occorre molto tempo e soprattutto lunghi discorsi di autocompiacimento per farla riaddormentare. Voler piantare la croce di Dio non sul marmo, tra i fiori e i dipinti, e soprattutto tra gli ori, ma nelle baracche, tra i cartoni, nella disperazione incolpevole ed anche in quella colpevole scandalizza. Tra i marmi, con un po’ di musichina e l’incenso lo spettacolo è sicuramente più gradevole rispetto alle piaghe, ma il Signore non ci chiede di scrivere copioni o di organizzare recite e passerelle. Le bellezze artistiche non si armonizzano con il Vangelo come le cerimonie sontuose e dalla raffinata coreografia. Il Vangelo vive nella polvere, è sporco del sangue dei poveri, è bagnato dalle lacrime degli esclusi, è stonato per le grida dei violentati, è stropicciato perché pure se lo leggiamo non lo capiamo, è segnato più volte con la matita perché quelle frasi hanno significati infiniti. Quando lo apriamo ci ripugna a causa della nostra formazione borghese, elitaria e spudoratamente superficiale. E così deve essere! Altrimenti stiamo leggendo la sua interpretazione o meglio la sua deformazione. Il Vangelo non è il manuale di morale del piccolo e triste borghese e neanche un romanzo. Il Vangelo è una “tragedia”: quella dell’uomo che non comprende il sogno di Dio e per questo si condanna all’infelicità, all’inutilità, al non-senso, alla violenza.
* “Io marcerò davanti a te; spianerò le asperità del terreno, spezzerò le porte di bronzo, romperò le spranghe di ferro. Ti consegnerò tesori nascosti e le ricchezze ben celate, perché tu sappia che io sono il Signore, Dio di Israele, che ti chiamo per nome”. (Isaia 45, 2-3)
dove si trova il Dio diverso dalle nostre proiezioni e bisogni di compensazione
cercare nell’umanità
«Dio ama, nella vita, non ciò che è forte e necessario, ma ciò che è debole e mortale, bisognoso di consolazione»
S. Quinzio
Ci sentiamo fragili, per compensazione cerchiamo in Dio la forza. La fragilità, infatti, non ha diritto di cittadinanza in questo mondo. Lo spazio vitale si conquista con i muscoli e sempre a discapito di altri.
Ci sentiamo sconfitti, per compensazione cerchiamo in Dio l’invincibilità. La sconfitta, infatti, non ha diritto di cittadinanza in questo mondo. È una vergogna da coprire, o meglio da rimuovere.
Ci sentiamo tristi, per compensazione cerchiamo la gioia in Dio. La tristezza, infatti, non ha diritto di cittadinanza in questo mondo. Per essere accettati bisogna far vedere che si è ininterrottamente contenti.
Ci sentiamo esposti al destino, per compensazione cerchiamo in Dio l’onnipotenza. Il mistero, infatti, non ha diritto di cittadinanza in questo mondo. Bisogna spiegare tutto nonostante la nostra piccola mente.
Ma Dio non è venuto per compensare ma per condividere. Dimorando nella vulnerabilità, nella sconfitta, nella sofferenza troveremo Dio. Proprio quello del Vangelo e non quello creato dalla nostra mente.
innamorati di un … Dio ‘diverso’
esultiamo
Siamo innamorati di Te perché sei il Dio del contenuto e non dell’apparenza.
Perché hai scelto la compassione come via per scoprire la nostra umanità.
Perché hai trasformato i luoghi dell’emarginazione e della sofferenza in luoghi sacri.
Siamo innamorati di te perché non credi alle cose che dicono di noi.
Siano innamorati di te perché ci proponi una storia tutta nuova, una storia di cambiamento: dall’oppressione alla liberazione, dai pre-giudizi alla fratellanza, dalla morte dei nostri parametri alla vita dei tuoi orizzonti infiniti.
Siamo innamorati di te perché possiamo essere pienamente noi stessi, con le nostre miserie, le ingiustificate repulsioni e le diffidenze verso di te.
Siamo innamorati di te perché non dobbiamo far finta di essere devoti per poterti parlare e trovare senso e consolazione.
Siamo innamorati di te perché possiamo sentirci svogliati e non allineati secondo i tempi liturgici (contenti il venerdì santo, tristi il giorno di Pasqua) senza offenderti.
Siamo innamorati di te perché non ti aspetti l’ossequio delle forme ma solo radicale autenticità.
Siano innamorati di te perché nessuna finzione resiste alla tua presenza.
Siamo innamorati di te perché sei il Dio del contenuto e non dell’apparenza.
Siamo innamorati di te perché hai scelto la compassione come via per scoprire la nostra umanità.
Siamo innamorati di te perché condanni i pilastri su cui l’uomo ha costruito l’inferno: l’arrivismo, l’accaparramento, l’indifferenza, la disuguaglianza.
Siamo innamorati di te perché hai trasformato i luoghi dell’emarginazione e della sofferenza in luoghi sacri.
Siamo innamorati di te perché hai scelto gli ultimi riscattandoli da tutte le umiliazioni.
Siamo innamorati di te perché sei il difensore dei poveri, e agisci per liberarli dall’artiglio dell’esclusione.
dove puoi davvero incontrare Cristo
incontrare Cristo
«Incontrerai Cristo, che siede in trono, in cielo.
Aspettalo quando egli è sotto i ponti, aspettalo quando ha fame e trema dal freddo, aspettalo come forestiero»
Sant’Agostino
Gesù incarnandosi scende nell’abisso, la Chiesa-istituzione tende a chiudersi nell’Iperuranio.
Noi, invece, vogliamo incontrare Cristo, siamo stanchi di ascoltare parole vuote, di maniera, patinate.
Allora usciamo e percorriamo strade a caso ma rigorosamente senza negozi, bancomat, dove non si svolgono passeggiate ostentate e non si scambiano sguardi di tipo economico.
Incontriamo Cristo che ci chiede una coperta per ripararsi dal freddo. Ha gli occhi bassi, persi nel vuoto, mentre ci racconta la sua disperazione di escluso, senza possibilità. Allontanato, identificato, colpevole di non essere annegato e di chiamare Dio con un altro nome.
Incontriamo Cristo all’alba, a nord della città, in fila per la distribuzione degli indumenti; lo incontriamo a pranzo, a sud della città, per la distribuzione del pasto; lo incontriamo, nel pomeriggio, ad est della città, per le pratiche dei documenti; lo incontriamo, la sera, ad ovest della città, nel dormitorio.
Incontriamo Cristo con due enormi buste di plastica piene di oggetti illegali. Nel Paese dell’impunità per mafiosi e corrotti, viene fermato alla quattordicesima ora di itineranza commerciale. Reati contestati: pellegrinaggio non autorizzato e concorrenza sleale alle multinazionali.
Poi incontriamo un uomo. È disteso in terra, sanguina. Qualcuno, coperto dalla bandiera della nostra civiltà, gli ha sparato. Un ragazzo, tra le persone sopraggiunte, chiede: “Conoscete il suo nome?”. Noi, con gli occhi bassi, raccontando la sua disperazione di escluso, senza possibilità, rispondiamo: “Si chiama Cristo”.
Sfiniti, entriamo in Chiesa per riprendere fiato, per trovare un po’ di pace e un po’ di senso. Vogliamo ascoltare la Parola di Dio, quella cioè rivolta agli orfani e alle vedove ed unirci a Colui che ha dato la vita perché agli ultimi fosse restituita.
il capitalismo non può essere democratico
l’economia che produce ferite
le parole nette di papa Francesco
«Le strutture economiche sacrificano vite umane per utili maggiori»
papa Francesco
da Altranarrazione
Capitalismo finanziario
Strutture di peccato
La disuguaglianza sociale nel capitalismo finanziario non è un elemento accidentale o temporaneo ma strutturale. Dovendo garantire un extra-benessere a pochi non può tollerare forme di redistribuzione della c.d. ricchezza. È un sistema economico incompatibile con la democrazia: ne impedisce le dinamiche basilari. Dove c’è il capitalismo, al di là delle denominazioni, vige di fatto l’oligarchia. L’1% è in grado di soggiogare il 99% attraverso un uso smaliziato della forza e l’aiuto fondamentale degli intermedi: di coloro cioè che non appartengono all’1% ma sono pronti a tutto pur di raccogliere le briciole che cadono da quel tavolo. Allora li vedi sostenere le tesi della tecnocrazia europea, della finanza e dei globalizzatori dello sfruttamento. Li vedi tristemente al servizio dell’iniquità, attori non protagonisti di una squallida commedia. Il 99% può indignarsi, ne ha facoltà, ma con calma: nei luoghi, nei modi e nei tempi concessi dal potere. L’importante è che dopo lo sfogo ritorni velocemente alla catena di montaggio.
testo di papa Francesco:
“Le ferite che provoca il sistema economico che ha al centro il dio denaro, e che a volte agisce con la brutalità dei ladri della parabola [del samaritano], sono state criminalmente ignorate. Nella società globalizzata, esiste uno stile elegante di guardare dall’altro lato, che si pratica ricorrentemente: sotto le spoglie del politicamente corretto o le mode ideologiche, si guarda chi soffre senza toccarlo, lo si trasmette in diretta, addirittura si adotta un discorso in apparenza tollerante e pieno di eufemismi, ma non si fa nulla di sistematico per curare le ferite sociali e neppure per affrontare le strutture che lasciano tanti esseri umani per strada. Questo atteggiamento ipocrita, tanto diverso da quello del samaritano, manifesta l’assenza di una vera conversione e di un vero impegno con l’umanità. Si tratta di una truffa morale, che, prima o poi, viene alla luce, come un miraggio che si dilegua. I feriti stanno lì, sono una realtà. La disoccupazione è reale, la corruzione è reale, la crisi d’identità è reale, lo svuotamento delle democrazie è reale. La cancrena di un sistema non si può mascherare in eterno, perché prima o poi il fetore si sente e, quando non si può più negare, nasce dal potere stesso che ha generato quello stato di cose la manipolazione della paura, dell’insicurezza, della protesta, persino della giusta indignazione della gente, che trasferisce la responsabilità di tutti i mali a un “non prossimo”.
(Papa Francesco, Messaggio in occasione dell’incontro dei movimenti popolari a Modesto, California, 16-19 febbraio 2017)
un papa che merita sognare – per una chiesa ‘altra’
ho sognato il papa
«Quando crollano i beni di un istituto religioso, io dico: “Grazie, Signore!”, perché questi incominceranno ad andare sulla via della povertà e della vera speranza nei beni che ti dà il Signore»
papa Francesco
Non mi capita spesso ma questo sogno desidero raccontarlo perché è speciale: è fatto ad occhi aperti.
C’erano molte persone raccolte in Piazza San Pietro, visibilmente emozionate.
Guardavano in alto, in attesa che il nuovo Papa si affacciasse dal balcone.
Si aprì, invece, il portone della Basilica e il pontefice neoeletto, senza scorta, uscì per salutare i fedeli presenti.
Gli porsero, poco dopo, un megafono per farsi ascoltare dai più lontani.
Prese a dire parole inaudite:
«Buonasera fratelli e sorelle! Desidero, innanzitutto, comunicarvi che oggi inizia un nuovo cammino per la Chiesa.
Il cambiamento consisterà soprattutto nella rinuncia ad ogni forma di Potere, ai privilegi e ai comportamenti che ci allontanano dalla vita reale.
Ci faremo guidare unicamente dal vangelo, riscopriremo il carisma profetico denunciando le strutture di peccato, ci schiereremo, senza indugio, dalla parte dei poveri, degli oppressi e di tutti quelli a cui viene negata una seconda possibilità.
Non faremo più calcoli, non guarderemo più alle convenienze sociali, non difenderemo più la Chiesa con mezzi umani, perché la Chiesa ha già il suo difensore: Cristo. Infatti a noi spetta imitare la sua prassi e condividere le sue opzioni. Quindi il nostro programma da oggi sarà quello indicato nel Vangelo di Luca – annunciare ai poveri un lieto messaggio, proclamare ai prigionieri la liberazione, la vista ai ciechi, la libertà agli oppressi, predicare la misericordia di Dio – e in quello di Matteo al capitolo 25. Ascolteremo i poveri e solo quando avremo finito con loro daremo spazio ai c.d. Capi di Stato.
Consegneremo il Vaticano alle autorità civili, metteremo a disposizione della comunità tutte le ricchezze in esso contenute.
La Chiesa vivrà nel mondo e stabilirà la sua sede legale in tutti i luoghi in cui l’uomo soffre.
Lasceremo i Palazzi ed andremo negli ospedali, nelle carceri, negli accampamenti dei disperati, nelle fabbriche, nei call center…
Liquideremo la Banca e la sostituiremo con l’unica Banca coerente con la testimonianza evangelica: quella della tempo e della solidarietà.
Da oggi investiremo solo in gratuità e confideremo solo nelle risorse provenienti dal Fondo chiamato ‘Provvidenza’.
Non useremo più elicotteri, ma ci sposteremo con i mezzi di trasporto che usano i poveri: quelli pubblici.
Incontrerete il Papa su un autobus o in una metro e la sua nuova abitazione sarà presso una parrocchia di periferia.
Sposeremo la causa degli ultimi perché lo richiede il Vangelo e perché la Chiesa ha bisogno di conversione.
Rinunceremo alle sovvenzioni statali per vivere la grazia della sobrietà e per condividere la condizione di chi non riceve simili aiuti.
Saremo una Chiesa povera e dei poveri sia per testimoniare che l’Amore di Dio –che è l’essenziale – è gratuito, sia per denunciare l’iniquità dell’attuale sistema economico-sociale che per garantire il profitto a pochi avidi sfrutta i popoli e devasta l’ambiente.
Saremo radicali e ci inginocchieremo solo per pregare e non per ottenere qualcosa in cambio dai potenti. Saremo la voce dei poveri, la coscienza critica, avremo paura ma chiederemo a Cristo la forza per percorrere la sua stessa strada».
A questo punto mi sono svegliato, e rimango nell’attesa che tutto ciò diventi realtà.
non un’altra chiesa ma una chiesa altra secoindo un vangelo non «presentabile in società»
la chiesa che nasce dai poveri
dagli scritti di Gustavo Gutierrez
«Quelli che la bibbia chiama i poveri non sono soltanto i destinatari privilegiati del vangelo; sono pure, e per ciò stesso, i suoi portatori. Dei “condannati della terra” è il regno dei cieli»
Gustavo Gutierrez
Il Vangelo è un elemento di contraddizione dove c’è oppressione e sfruttamento.
Promuove la giusta indignazione, non addormenta le coscienze.
Il Vangelo è il libro della liberazione e non legittima nessun schiacciamento dell’uomo sull’uomo.
Quando la chiesa-istituzione appoggia le classi dominanti significa che c’è qualcosa che non funziona.
Cercare o mantenere una posizione di rendita vuol dire porsi fuori dalla testimonianza evangelica.
La Chiesa, per vocazione, deve disturbare socialmente sia i governi che adottano politiche inique sia le classi sociali che ne traggono beneficio.
Se si toglie l’aspetto profetico rimane solo la burocrazia: e gli effetti di tale deformazione sono noti.
testo di Gustavo Gutierrez:
“Il Vangelo letto a partire dal povero, dalle classi sfruttate e dalla solidarietà attiva con le sue lotte per la liberazione, porta alla convocazione di una Chiesa popolare; porta ad una Chiesa che nasce dai poveri, dall’emarginazione […] che nasce dal popolo, da un popolo che strappa il Vangelo dalle mani dei dominatori, che impedisce la sua utilizzazione come elemento giustificante di una situazione contraria alla volontà del Dio liberatore….”. L’Evangelizzazione sarà realmente liberatrice quando gli stessi poveri saranno i suoi portatori. Allora sì, annunciare il Vangelo sarà pietra di scandalo, sarà un Vangelo non «presentabile in società», si esprimerà in modo poco raffinato, puzzerà….”.
(Gustavo Gutiérrez, La forza storica dei poveri, trad. C. Delpero, Queriniana, Brescia, 1979, p. 27-28)