il commento al vangelo della domenica

la vertigine del Natale, la vita di Dio in noi


La vertigine del Natale, la vita di Dio in noi
il commento di Ermes Ronchi al vangelo della seconda domenica dopo natale


In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce […].

Giovanni, unico tra gli evangelisti, comincia il Vangelo non con un racconto, ma con un inno che opera uno sfondamento dello spazio e del tempo: in principio era il Verbo e il Verbo era Dio. In principio “bereshit”, prima parola della Bibbia, punto sorgivo da cui tutto ha inizio e senso. Un principio che non è solo cronologico, ma fondamento, base e destino. Senza di lui nulla di ciò che esiste è stato fatto. Un’esplosione di bene, e non il caos, ha dato origine all’universo. Non solo gli esseri umani, ma anche la stella e il filo d’erba e la pietra e lo scricciolo appena uscito dal bosco, tutto è stato plasmato dalle sue mani. Siamo da forze buone miracolosamente avvolti, scaturiti da una sorgente buona che continua ad alimentarci, che non verrà mai meno, fonte alla quale possiamo sempre attingere. E scoprire così che in gioco nella nostra vita c’è sempre una vita più grande di noi, e che il nostro segreto è oltre noi. Mettere Dio ‘in principio’, significa anche metterlo al centro e alla fine. Veniva nel mondo la luce vera quella che illumina ogni uomo. Ogni uomo, e vuol dire davvero così: ogni uomo, ogni donna, ogni bambino, ogni anziano è illuminato; nessuno escluso, i buoni e i meno buoni, i giusti e i feriti, sotto ogni cielo, nella chiesa e fuori dalla chiesa, nessuna vita è senza un grammo di quella luce increata, che le tenebre non hanno vinto, che non vinceranno mai. In Lui era la vita… Cristo non è venuto a portare una nuova teoria religiosa o un pensiero più evoluto, ma a comunicare vita, e il desiderio di ulteriore vita. Qui è la vertigine del Natale: la vita stessa di Dio in noi. Profondità ultima dell’Incarnazione.. Il verbo si è fatto carne. Non solo si è fatto uomo, e ci sarebbe bastato; non solo si è fatto Gesù di Nazaret, il figlio della bellissima, e sarebbe bastato ancor di più; ma si è fatto carne, creta, fragilità, bambino impotente, affamato di latte e di carezze, agnello inchiodato alla croce, in cui grida tutto il dolore del mondo. Venne fra i suoi ma i suoi non l’hanno accolto. Dio non si merita, si accoglie. Parola bella che sa di porte che si aprono, parola semplice come la mia libertà, parola dolce di grembi che fanno spazio alla vita e danzano: si accoglie solo ciò che da gioia. A quanti l’hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio. Il potere, l’energia felice, la potenza gioiosa di diventare ciò che siamo: figli dell’amore e della luce, i due più bei nomi di Dio. Cristo, energia di nascite, nasce perché io nasca. Nasca nuovo e diverso. La sua nascita vuole la mia nascita a figlio. Perché non c’è altro senso, non c’è altro destino, per noi, che diventare come lui.
(Letture: Siracide 24,1-4.12-16; Salmo 147; Lettera agli Efesini 1,3-6.15-18; Giovanni 1,1-18)

il commento al vangelo di natale

NATALE 
IL VERBO SI FECE CARNE
E VENNE AD ABITARE IN MEZZO A NOI

commento al Vangelo di p. Alberto MAGGI

p. Maggi

Gv 1,1-18

In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza  di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno  vinta. Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per  mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo  e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto.  Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo  nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in  mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Giovanni gli dà  testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo  ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto:  il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.

Per il giorno di Natale la chiesa ci offre come riflessione i primi diciotto versetti del vangelo di Giovanni, conosciuti come “prologo” al suo vangelo. Nel prologo l’evangelista riassume e anticipa tutta la sua opera e ogni singola parola del prologo sarà poi sviluppata lungo tutta la narrazione.  E’ un prologo che inizia correggendo la sacra scrittura e termina smentendola. Vediamola nei suoi tratti più salienti.  In principio, l’evangelista si rifà al primo libro della Bibbia, il libro del Genesi, che inizia con queste parole: In principio Dio creò il cielo e la  terra.
Ebbene, l’evangelista non è d’accordo.  In principio era il Verbo, cioè prima ancora di creare il cielo e la terra Dio aveva in mente un progetto. “Verbo” (lÒgoj) significa una parola, una parola  creatrice che realizza il progetto di Dio nella creazione.  Quindi, prima ancora della creazione c’era questo Verbo, questo progetto di Dio. E questo Verbo  continuamente interpellava Dio perché arrivasse a realizzarlo. L’evangelista scrive che In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini. Non c’è una luce esterna che deve guidare gli uomini – la luce, nella spiritualità  ebraica, era la legge – ma è la vita la luce degli uomini. E’ la risposta al desiderio di pienezza di vita quello che guida e illumina la via degli uomini. La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. L’evangelista assicura che la luce, man mano che allarga il suo splendore, vince le tenebre.  La luce non deve combattere le tenebre, non c’è nulla di bellicoso in questo progetto di Dio sull’umanità. La luce deve soltanto splendere. Nella misura  in cui splende, le tenebre restringeranno il loro influsso.  E poi arriviamo a quelli che sono i versetti centrali del prologo, quindi più importanti di tutto questo brano: Venne tra i suoi, ma i suoi non l’hanno  accolto.  Com’è stato possibile?  E’ stato possibile perché proprio la casta sacerdotale al potere, in nome del Dio del passato, ha rifiutato il Dio che si manifesta nel presente.  Il Dio del passato l’avevano potuto manipolare presentandolo come un Dio di potere, per poter essi stessi esercitare il potere. Il Dio che si presenta,  che è un Dio-amore che si mette a servizio, scombinava tutti i loro piani, i loro progetti. Per questo lo hanno rifiutato.  Però, l’evangelista assicura, ed è questo il versetto principale di tutto il prologo, A quanti lo hanno accolto – quindi c’è chi ha accolto questo progetto  di Dio, questa parola – ha dato il potere di diventare figli di Dio. “Figli di Dio” non si nasce, ma si diventa, accogliendo questo progetto di vita, facendolo  proprio. Questo progetto, lo vedremo, si realizza nella figura di Gesù e possiamo accoglierlo come modello del proprio comportamento.  E il Verbo – questa parola creatrice – si fece carne.  L’evangelista non scrive, come ci saremmo aspettati, “si fece uomo”, ma “si fece carne!” La carne (sarx) indica l’uomo nella sua debolezza, la debolezza  dell’esistenza umana. E venne ad abitare … non “in mezzo a noi”, ma in noi (™n ¹m‹n).
L’evangelista sta indicando qualcosa di straordinario. Con la nascita Dio non è più da cercare, ma da accogliere. E’ un Dio che non solo è vicino, ma un  Dio che chiede a ogni uomo di diventare l’unico vero santuario dal quale irradiare il suo amore, la sua santità e la sua compassione. Quindi questo Verbo  si è fatto carne, nella debolezza dell’esistenza umana, il che significa che non esiste dono di Dio che non passi attraverso la carne, attraverso l’umanità. Il Dio di Gesù chiede di essere accolto per fondersi con l’uomo, dilatarne le capacità d’amore, e renderlo l’unico vero santuario dal quale si irradia  il suo amore. Questo è il progetto di Dio sull’umanità: ogni uomo diventa l’unico vero santuario.
Gesù un po’ più avanti in questo vangelo dirà che se uno lo ama osserverà la sua parola, il Padre e lui verranno nell’individuo e prenderanno dimora presso  di lui. Quindi questa è la grande novità. E’ finita l’epoca dei templi dove l’uomo deve andare, ma inizia l’epoca dell’unico vero santuario che è Gesù  e quanti lo accolgono, che non attende che le persone vadano verso di lui, ma è il santuario che si orienta verso le persone, specialmente verso gli ultimi,
verso le persone che sono state emarginate e rifiutate.  Dalla sua pienezza – questa pienezza d’amore – noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia. Questa espressione (carin ¢ntˆ caritoj) indica che l’amore  alimenta l’amore. C’è un amore ricevuto che va accolto e trasformato in amore comunicato. L’amore che l’uomo riceve da Dio, che accoglie e che poi trasforma  in amore comunicato all’altro, permette a Dio una nuova, più abbondante, risposta d’amore. E questo in un crescendo senza fine.  Ed ecco i versetti conclusivi e importanti.
Perché la legge fu data per mezzo di Mosè – parla di legge come di qualcosa del passato – la grazia e la verità – cioè l’amore generoso di Dio, l’amore  fedele – vennero per mezzo di Gesù Cristo.  L’evangelista qui anticipa quella che sarà la nuova alleanza di Gesù.  Mentre Mosè, il servo di Dio, ha imposto un’alleanza tra dei servi e il loro Signore, basata sull’obbedienza alla legge, Gesù, che è il Figlio di Dio,  propone un’alleanza tra dei figli e il loro Padre, basata sull’accoglienza e somiglianza al suo amore.  Quest’amore fedele, questa grazia e verità, non nasce dal bisogno dell’uomo, ma lo precede. Infine – abbiamo detto che inizia correggendo la scrittura  e smentendola – Dio nessuno lo ha mai visto.
L’evangelista smentisce quello che è scritto nel libro dell’Esodo, dove si legge che Mosè ed altri hanno visto Dio. No, hanno fatto solo esperienze molto  limitate. Pertanto, la volontà di Dio che Mosè ha espresso, è una volontà limitata alla sua esperienza.
Dio nessuno l’ha mai visto, il figlio unigenito, che è Dio – ecco il progetto che si è realizzato – ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato. Quindi l’evangelista invita a centrare tutta l’attenzione su Gesù. Gesù non è come Dio, ma Dio è come Gesù. Tutto quello che noi crediamo di sapere su  Dio adesso dobbiamo verificarlo ed esaminarlo in Gesù, quel Gesù che poi dirà a Filippo: “Chi ha visto me ha visto il Padre”.
Ecco, questo è l’annunzio del Natale: non un uomo che deve salire verso Dio per divinizzarsi, ma accogliere un Dio che è sceso verso gli uomini umanizzandosi.  Tanto più gli uomini saranno umani, tanto più si manifesterà il divino che è in loro.

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