pregiudizi italiani

 

Quei pregiudizi su stranieri, mendicanti, rom

di Massimo Calvi
23 ottobre 2014

bambino rom

 

 

Più di un italiano su tre se incontra un arabo in aeroporto teme che possa trattarsi di un terrorista. Quattro italiani su cinque, invece, si mettono la mano al portafoglio se una “zingara” sale sull’autobus. È l’effetto del pregiudizio, o meglio, di quello che la narrazione collettiva trasmette alle persone, spingendole a costruirsi un’immagine degli altri diversa da quello che l’esperienza individuale ha detto loro. Ed è proprio in questo margine, tra ciò che ci hanno raccontato e ciò che abbiamo vissuto, che si annidano i germi dei pregiudizi, della discriminazione, dell’intolleranza e persino della violenza. Ma perché tutto possa detonare, arrivando al peggio, ci vogliono altri ingredienti, e uno di questi è rappresentato dalle emozioni: come la paura, l’insicurezza, l’invidia. È questo il percorso che porta ad esempio a provare antipatia per rom e tossicodipendenti, a esprimere atteggiamenti ostili verso i migranti, o non rispettosi nei confronti degli omosessuali, a discriminare una donna sul lavoro. Ad analizzare il rapporto tra gli italiani e le discriminazioni è una rilevazione demoscopica condotta per Famiglia Cristiana da Swg, e che viene presentata oggi in occasione del lancio della campagna sociale “Anche le parole possono uccidere”, cui aderiscono pure Avvenire e la Federazione dei settimanali cattolici. Ad emergere è molto più di una classifica di chi piace e chi no. Gli italiani dicono di provare “simpatia” per i giovani, le donne, gli anziani, i poveri, gli uomini, i cristiani e i meridionali. Sembrano essere “neutri” in rapporto a settentrionali, persone di colore, magri, omosessuali, persone molto grasse ed ebrei. Decisamente “antipatici” risultano invece i ricchi, i musulmani e chi chiede la carità, mentre a un livello inferiore si trovano rom e sinti e i tossicodipendenti. “Zingari” e “drogati” sono dunque le categorie che più procurano disagio: il 70% avrebbe problemi a cenare con un tossicodipendente, il 66% con un rom, il 74% si sentirebbe urtato dall’avere un “tossico” vicino di casa, il 70% un rom. Grossi problemi anche con extracomunitari e musulmani: 4 su 10 preferirebbe non averli come vicini di casa e circa uno su tre (28% e 33%) proverebbe disagio se li avesse come colleghi di lavoro. Passando al piano personale, il quadro non cambia molto: il fidanzato da evitare per la figlia? Il tossicodipendente (82%), il rom/sinti (72%), il musulmano (69%), un uomo più anziano (58%), un’altra donna (54%), un extracomunitario (50%). A colpire è anche un altro aspetto: la differenza tra la discriminazione percepita e quella realmente vissuta. Per l’87% degli intervistati, ad esempio, in Italia ci sono diffusi atteggiamenti discriminatori legati alle preferenze sessuali e per l’83% alle origini etniche. Mentre il 66% si è sentito discriminato almeno una volta nella vita. Per che cosa? Condizione economica (40%), motivi estetici (36%), peso (35%) e genere (34%). L’indagine ha poi messo in luce che le persone che fanno riferimento ai valori della patria e della tradizione cattolica sono molto più tolleranti della media, salvo nel caso degli omosessuali. Tollerante è anche chi asserisce di credere molto nel valore della scuola e della formazione. A produrre ostilità verso i migranti sono invece il senso di insicurezza e la percezione di essere esclusi dalla società. Insomma: la discriminazione non trova terreno fertile dove ci sono cultura ed educazione, prolifera quando a dominare sono le difficoltà e le paure individuali.

 

sono razzisti gli italiani?

 

“Io non sono razzista, ma…”

contro il razzismo

 

 

 

“ognuno di noi può diventare discriminante, a partire dai piccoli comportamenti quotidiani. E’ bene acquisire la consapevolezza che anche una parola, una banale parola, può trasformarsi in gesto di intolleranza, o essere sentita come tale” : così R. Grassi a proposito del razzismo degli italiani analizzato in un’indagine  per “Famiglia Cristiana” dalla SWG sugli “Italiani e la discriminazione”

 Alberto Raggia( in “www.famigliacristiana.it” del 23 ottobre 2014) così ricostruisce sinteticamente l’indagine:

 

razzismo

Gli italiani sono buoni o cattivi? Razzisti o tolleranti? L’indagine realizzata per “Famiglia Cristiana” dalla SWG sugli “Italiani e la discriminazione” non ha lo scopo di dare il voto in condotta al nostro Paese.

“Il senso della ricerca – spiega Riccardo Grassi, direttore Ricerca della SWG – che sposa bene lo scopo della campagna lanciata dal vostro settimanale,è un altro e cioè che sentirsi discriminati può riguardare tutti; e che ognuno di noi, allo stesso tempo, può diventare discriminante, a partire dai piccoli comportamenti quotidiani. E’ bene acquisire la consapevolezza che anche una parola, una banale parola, può trasformarsi in gesto di intolleranza, o essere sentita come tale. Ed è altrettanto  importante saper reagire positivamente a situazioni negative che ci coinvolgono in questo senso, senza finire con l’alimentare la spirale dell’odio sociale. La questione fondamentale è aiutare le persone a essere ‘generative’, capaci, cioè, di elaborare cultura della vita. Ma non solo per gli altri, ma anche nei confronti di se stessi”. L’assunto di partenza dell’indagine è che per orientarsi nell’insieme delle relazioni che caratterizzano la quotidianità, tutti noi dobbiamo usare strumenti di pre-comprensione della realtà basati sia sull’esperienza individuale (“cosa m’è accaduto in una situazione del genere?”), sua su quella collettiva (“che si dice in giro su quanto sarebbe accaduto ad altri in una situazione del genere?”). Insomma: l’esperienza vissuta assieme a quanto mi dicono i media, le agenzie educative e la famiglia su un determinato tema sono il bagaglio necessario che costituisce sempre la nostra “visione del mondo”, che a volte può generare atteggiamenti e comportamenti discriminatori. “Alla radice della discriminazione – osserva Grassi -spesso vi sono le esperienze personali, le emozioni negative, in particolare quelle di paura e di invidia, che riducono la nostra capacità di analisi ed interpretazione razionale delle situazioni”. La ricerca ha sottoposto agli intervistati otto situazioni tipo (dal “vedere per strada due omosessuali prendersi per mano”, a “essere fermati da persone di colore che vendono merce”), misurando le emozioni riferite per ciascuna di esse. I risultati evidenziano come vedere persone che chiedono la carità, un tossicodipendente accasciato su una panchina o un gruppo di persone Rom generino prevalentemente emozioni negative: disagio nei confronti dei mendicanti (32% degli intervistati), rabbia verso i tossicodipendenti (29%) e paura nei confronti dei Rom (25%).

razzismo rom

“Il pregiudizio è una categoria interna al nostro modo di leggere la realtà in modo emotivo. Così può accadere, per restare aderenti alla cronaca recente, che dei genitori impediscano a una  bambina africana di entrare a scuola, per l’irrazionale paura di un contagio di Ebola”, aggiunge il direttore ricerca di SWG. “Un importante ruolo nella creazione del pregiudizio lo hanno certamente i media, la tv, ecc.. E’ innegabile che se vengo bombardato ogni giorno dallo slogan ‘magro è bello’, rischio di discriminare le persone grasse. Ma al di là della narrazione collettiva, che può essere più o meno ‘cattiva’, c’è poi la personale rielaborazione nel nostro ambiente di vita che fa il resto. Se per esempio stigmatizzo negativamente un rom, passeggiando con mio figlio, è probabile che inneschi un pre-giudizio nella sua visione della realtà che un domani potrebbe portare ad atteggiamenti di intolleranza”. Le parole pronunciate non sono indifferenti. E anche chi si definisce“non razzista” per principio, magari lo è nei fatti e nel linguaggio

no razzismo

“E se due intervistati su tre dichiarano di aver sperimentato almeno una discriminazione ai loro danni, significa che l’intolleranza non è solo un tema sociale sensibile ma un ingiusto vissuto in prima persona. Pertanto si tratta di fenomeni a cui dare la massima attenzione, anche per mettere in atto una reazione positiva che elabori l’episodio discriminatorio, o vissuto come tale, per uscirne senza danni. Ciò è utile soprattutto quando si tratta di minori”, conclude Grassi  

quando il linguaggio tradisce le discriminazioni che neghiamo

gay

 

 

 

 

quando mettiamo le mani avanti iniziando il discorso dicendo: “non sono razzista, però … ” , “io non discrimino i rom, i gay, i neri, però … “, stiamo già dicendo molto in proposito, stiamo già tradendo lo sguardo razzista sulla realtà che a parole intendiamo negare a  chi ci ascolta e, prima ancora, a noi stessi

mi piace riportare un trafiletto di M. Valcarenghi apparso su ‘il Fattoquotidiano’ che argutamente evidenzia questa velata, ma neanche tanto, forma di razzismo o discriminazione che assume talvolta anche le forme più gentili ed eleganti (“io tra i rom o tra i gay ho tanti amici, quindi … “):

Né omo né etero: persone

di Marina Valcarenghi

in “il Fatto Quotidiano” del 16 giugno 2014

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“Un mio compagno di università gay suona divinamente il clarinetto”. “Perché mi dice che è omosessuale?” “Beh … così per dire – poi il mio paziente proseguì sospettoso – perché mi fa questa domanda?” “Perché non credo che direbbe: “Un mio compagno di università etero suona … eccetera. Perché questa marcatura della differenza?” ”Non sono omofobo” “Non ho detto questo, ho detto che ha segnalato una diversità di orientamento sessuale in una frase che non la richiedeva. Come se io dicessi: “Una mia amica lesbica cucina il cus cus”. “Ma lo fanno tutti!”, protestò il mio paziente. “È vero, credo infatti che in molti casi – come nel suo – si tratti di un automatismo indotto dall’imitazione, o addirittura di un’inconscia affermazione di apertura alla diversità, ma di fatto, magari senza saperlo né volerlo, si conferma uno stigma”. Un mio amico mi disse: “… in fondo sono un gay di sessant’anni…” “Sei un uomo di sessant’anni” intervenni con tutta la dolcezza che sentivo. “Sì, hai ragione… non ci si accorge nemmeno più, ti hanno messo addosso un marchio e ormai te lo tieni e tanto vale sventolarlo come una bandiera. So che è una cavolata. Non è né un marchio né una bandiera, è un modo di essere”. Io e quel mio amico, come tanti altri, sogniamo un mondo dove l’omosessualità e l’eterosessualità non siano più argomenti, dove la scelta nell’amore e nel sesso, non di rado anche mutevole nel corso di una vita, sia finalmente un fatto privato, irrilevante nell’amicizia, nel lavoro, nello sport, nell’arte, nella politica e dovunque altrove, dove non siano più necessarie manifestazioni carnevalesche e zone separate, dove nessuno osi utilizzare l’opzione sessuale per alzare palizzate e distribuire svantaggi o privilegi. Ce la possiamo fare, è solo questione di tempo. Stiamo attenti al nostro linguaggio: le parole sono importanti.

 

un preoccupante sfacciato razzismo contro i rom

 

Giornata contro il Razzismo

in alto, il cartello apparso sulla vetrina del panificio, a Roma

giustissima la protesta vigorosa dell’ ‘associazione  21 luglio’ per il gesto sfacciatamente razzista accaduto a Roma, quartiere Tuscolano, nei giorni scorsi: un cartello comparso fuori di una panetteria in cui si vietava. addirittura ‘severamente’ (!), agli zingari di entrare

giustissimo anche il riferimento – vedi la foto riportata – a quanto accadde per gli ebrei nella Germania nazista o a quanto accadeva per i neri, in Sudafrica, durante l’apartheid:

“È severamente vietato l’ingresso agli Zingari”. Un cartello recante questa scritta è apparso nei giorni scorsi sulla vetrina di un esercizio commerciale, a Roma. Ingresso vietato. Come per gli ebrei nella Germania nazista. Come per i neri, in Sudafrica, durante l’Apartheid.

In occasione della Giornata Mondiale contro il Razzismo, che si celebra domani, l’Associazione 21 luglio ha inviato una lettera al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per esprimere profonda preoccupazione per il livello di conflittualità e ostilità che si registra nei confronti delle comunità rom e sinte e per l’emergenza democratica e civile che attraversa il nostro Paese.

Il cartello anti-rom, comparso sulla vetrina di un esercizio commerciale a Roma, è stato rimosso dall’esercente grazie all’intervento diretto di alcuni attivisti. In seguito, l’area legale dell’Associazione 21 luglio ha inviato una lettera di chiarimenti all’esercente, per scoraggiare, in futuro, il ripetersi di simili gesti.

Nel 1938 a Berlino, e in seguito in Germania e in molti territori occupati, prendeva il via la cosiddetta “campagna dei cartelli” – si legge nell’appello inviato al Presidente Napolitano -. Davanti alle porte dei negozi si poteva leggere: “In questo locale gli ebrei non sono graditi”, “È vietato l’ingresso ai cani, ai mendicanti, agli ebrei”, “Per ragioni d’igiene è vietato l’accesso ai giudei”. In un altro angolo del mondo, quindici anni dopo, la politica di segregazione razziale, istituita nel dopoguerra dal governo di etnia bianca del Sudafrica, sanciva una netta separazione tra bianchi e neri nell’accesso a parchi, mezzi pubblici e magazzini. Nei negozi i bianchi dovevano tassativamente essere serviti prima dei neri e sulle porte di alcuni esercizi era esplicitamente dichiarato: “For use by white persons” .

«A Roma “è severamente vietato l’ingresso agli Zingari” come lo era a Berlino per gli ebrei e a Soweto per i neri? Oppure siamo forse così assuefatti a una certa terminologia da ritenerla innocua e non percepire più la gravità di alcune affermazioni?», si chiede l’Associazione 21 luglio, secondo la quale livelli così alti di ostilità verso rom e sinti sono la conseguenza delle politiche discriminatorie e segregative che le istituzioni italiane attuano nei confronti di tali comunità, nonostante i ripetuti richiami delle autorità europee.

«Il popolo rom e sinto rappresenta in Italia la minoranza più discriminata e meno tutelata a causa di perversi processi sociali che rischiano di avvitare le nostre città in una spirale di odio incontrollato e talvolta volutamente sottovalutato – afferma l’Associazione 21 luglio -. 40.000 rom vivono in Italia in condizioni di povertà estrema e di segregazione spaziale e sociale. Circa 140 mila rom e sinti vivono invece in abitazioni convenzionali e conducono una vita di apparente normalità, se tale può chiamarsi un’esistenza in cui spesso è necessario, al di là del proprio status giuridico, nascondere la cultura di origine perché siano garantiti i diritti fondamentali».

La costruzione e la gestione dei “campi nomadi”, spazi nei quali è stata istituzionalizzata la discriminazione e la segregazione su base etnica, le innumerevoli azioni di sgombero che non rispettano le garanzie procedurali previste dalle convenzioni internazionali, le discriminazioni che riguardano i bambini rom e sinti nell’accesso ai servizi socio sanitari o all’educazione/istruzione hanno spinto l’Associazione a promuovere da un anno la campagna denominata “Stop all’Apartheid dei Rom!”, una iniziativa di sensibilizzazione per combattere pregiudizi e stereotipi, per avvicinare la società maggioritaria al mondo rom, per conoscere e lottare contro parole e azioni di incitamento all’odio.

Questo “Stop” – conclude la lettera al Presidente della Repubblica – va gridato con forza e urgenza, soprattutto in occasione dell’imminente Giornata Mondiale contro il Razzismo. Dobbiamo farlo tutti, rappresentanti della società civile e delle istituzioni, con coraggio ma anche con la responsabilità e la consapevolezza di quanti ancora credono che un’Italia multietnica, e quindi anche un’Italia Romanì, sia non solo ineludibile ma anche auspicabile».

razzismo dal … panettiere a Roma

“vietato l’ingresso agli zingari”

come cani lasciati fuori!

 

un fatto di chiaro taglio di discriminazione razzista è segnalato dall’ ‘associazione 21 luglio’: un cartello con su scritto: “vietato l’ingresso agli zingari” in una vetrina di una panetteria del quartiere del Tuscolano:

 

Il cartello, affisso da un negoziante di Roma, è stato rimosso solo dopo la minaccia di un’azione legale. L’associazione 21 luglio scrive a Napolitano: “Stop all’apartheid, contro rom e sinti una spirale di odio incontrollato e sottovalutato”

 Vietato l’ingresso agli zingari.  Come se fossero cani da lasciare fuori, col guinzaglio attaccato a un gancio. Neri in Sudafrica durante l’apartheid. Ebrei in Germania e in Italia quando i regimi fascista e nazista avevano varato le leggi razziali…

Eppure quel divieto è comparso pochi giorni fa a Roma sulla vetrina di una panetteria del popoloso quartiere Tuscolano. “È severamente vietato l’ingresso agli zingari” ha scritto il titolare e, probabilmente ritenendosi padrone pure del marciapiede, ha aggiunto: “Anche davanti al negozio”.

A denunciare e documentare con una foto del cartello questa vergogna è l’Associazione 21 luglio , un’organizzazione non profit impegnata nella promozione dei diritti delle comunità rom e sinte in Italia. Ha anche un osservatorio antidiscriminazioni che porta avanti una costante attività di controllo su giornali locali e nazionali, blog e siti web.

“Il cartello ci è stato segnalato dai nostri attivisti e abbiamo subito diffidato il titolare della panetteria. C’è stato uno scambio di mail con i nostri legali, e solo quando abbiamo minacciato di portarlo in tribunale l’ha finalmente rimosso” racconta a Stranieriinitalia.it Carlo Stasolla, presidente dell’associazione. Perché il panettiere aveva messo quel cartello? “Non ce lo ha spiegato, forse aveva avuto qualche esperienza negativa con persone rom. Fatto sta che non c’è giustificazione che tenga, quel cartello era razzista e quindi non poteva essere affisso per alcun motivo”.

È la prima volta che l’Associazione 21 luglio si trova davanti a un caso di questo tipo, ma la lista di discriminazioni contro i rom denunciate negli anni è molto lunga. “Non siamo noi, ma una nutritissima letteratura scientifica a dimostrare che la più grande minoranza in Europa è anche principale vittima di razzismo” sottolinea Stasolla.

L’associazione ha scritto una lettera al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. “A Roma “è severamente vietato l’ingresso agli Zingari” come lo era a Berlino per gli ebrei e a Soweto per i neri? Oppure siamo forse così assuefatti a una certa terminologia da ritenerla innocua e non percepire più la gravità di alcune affermazioni?”, si chiede la onlus, secondo la quale livelli così alti di ostilità verso rom e sinti sono la conseguenza delle politiche discriminatorie e segregative che le istituzioni italiane attuano nei confronti di tali comunità, nonostante i ripetuti richiami delle autorità europee.

“Il popolo rom e sinto rappresenta in Italia la minoranza più discriminata e meno tutelata a causa di perversi processi sociali che rischiano di avvitare le nostre città in una spirale di odio incontrollato e talvolta volutamente sottovalutato – denuncia  l’Associazione 21 luglio -. 40.000 rom vivono in Italia in condizioni di povertà estrema e di segregazione spaziale e sociale. Circa 140 mila rom e sinti vivono invece in abitazioni convenzionali e conducono una vita di apparente normalità, se tale può chiamarsi un’esistenza in cui spesso è necessario, al di là del proprio status giuridico, nascondere la cultura di origine perché siano garantiti i diritti fondamentali”.

I“campi nomadi”, sarebbero “spazi nei quali è stata istituzionalizzata la discriminazione” .  “La segregazione su base etnica, le innumerevoli azioni di sgombero che non rispettano le garanzie procedurali previste dalle convenzioni internazionali, le discriminazioni che riguardano i bambini rom e sinti nell’accesso ai servizi socio sanitari o all’educazione/istruzione” hanno spinto l’Associazione a promuovere la campagna “Stop all’Apartheid dei Rom!”.

“Questo “Stop” – conclude la lettera al Presidente della Repubblica – va gridato con forza e urgenza, soprattutto in occasione dell’imminente Giornata Mondiale contro il Razzismo. Dobbiamo farlo tutti, rappresentanti della società civile e delle istituzioni, con coraggio ma anche con la responsabilità e la consapevolezza di quanti ancora credono che un’Italia multietnica, e quindi anche un’Italia Romanì, sia non solo ineludibile ma anche auspicabile”.

razzismo ordinario!

Verona, sfogo razzista alla biglietteria in stazione: “Voglio una bianca, non una nera”

ha rischiato 30 giorni di arresto e ora dovrà pagare 7500 euro di multa il 59enne veronese che aveva dato in escandescenze a Porta Nuova, mentre era in fila: “Assumiamo anche le nere ora? Tra poco saranno i padroni del mondo

“Voglio una bianca, non una nera”. Lo hanno sentito quelli che erano in fila davanti e dietro di lui, e sicuramente l’ha sentito bene la ragazza di 25 anni, di origini africane ma con nazionalità italiana e nata a Palermo, impiegata alla biglietterie della stazione dei treni di Porta Nuova. “Razzismo” per il giudice, che l’ha giudicato colpevole e destinatario di una multa da 7500 euro. La sentenza è arrivata a seguito del patteggiamento dell’uomo, Mario Brusco, veronese di 59 anni. Lo “sfogo” razzista in pubblico risale al 31 luglio 2013, come spiegano i quotidiani locali

“Assumiamo anche le nere? Voglio un’impiegata bianca, non voglio una nera. Tra poco saranno loro i padroni del mondo. Qui non ho mai visto un’impiegata

Se lui la riteneva una “battuta” allo stesso modo non l’hanno pensata i testimoni a pochi centimetri di distanza. Una giornata storta, forse. Sta di fatto che mentre in coda alla biglietteria si era subito spazientito e aveva cominciato a borbottare e poi ad urlare. Era persino arrivato a sbattere i pugni sul bancone: gesto che gli aveva fruttato un colloquio con la polizia ferroviaria. Poi è arrivata la denuncia per ingiurie aggravate dalla discriminazione razziale ed etnica. Giovedì il 59enne si è presentato davanti al giudice per le udienze preliminari che non ha accolto la richiesta del pm di patteggiamento a pena pecuniaria. E’ finita invece con 30 giorni di arresto convertiti in 7500 euro di multa.

ritorno del razzismo sulla stampa?

 

Hate speech

razzismo a mezzo stampa

 

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 ‘hate speech’: alla lettera ‘discorso d’odio’ o ‘incitamento al razzismo’ veicolato in abbondanza anche da noi da giornalisti ,politici, mass media: rom e sinti sono tra le prime vittime del cosiddetto “hate speech”: a volte, si ha persino l’impressione che una dichiarazione razzista, inaccettabile in altri contesti e per altri destinatari, sia considerata “normale”, o almeno “comprensibile”, se riferita ai cosiddetti “zingari”:

a seguire, una bella puntualizzazione di S. Bontempelli:

Nei paesi anglosassoni lo chiamano “hate speech”, che letteralmente significa “discorso d’odio”. Dalle nostre parti si parla di “incitamento al razzismo”. È l’insieme dei discorsi pubblici – di solito veicolati da giornalisti, mass-media e politici – che incoraggiano, sostengono, alimentano e producono il disprezzo nei confronti di rom, migranti e minoranze. E che qualche volta legittimano violenze e discriminazioni.
Rom e sinti sono tra le prime vittime del cosiddetto “hate speech”: a volte, si ha persino l’impressione che una dichiarazione razzista, inaccettabile in altri contesti e per altri destinatari, sia considerata “normale”, o almeno “comprensibile”, se riferita ai cosiddetti “zingari”. Non a caso molti attivisti e studiosi – ad esempio Lorenzo Guadagnucci, Moni Ovadia e Leonardo Piasere – invitano i loro lettori a sostituire la parola “ebreo” alla parola “zingaro”, per capire meglio il senso di certe dichiarazioni di politici e giornalisti.
«Pensiamo», dice ad esempio l’antropologo Leonardo Piasere, «all’effetto che farebbe sentir parlare del “Piano ebrei” o del “Centro di Raccolta degli ebrei della capitale”». Probabilmente la cosa ci farebbe – giustamente – accapponare la pelle. Eppure, a Roma si è elaborato un “piano nomadi”, e si è pensato di allestire “centri di raccolta” o “villaggi attrezzati” dove confinare i rom: e nessuno (o quasi) ha avuto nulla da ridire.
In alcune città i Sindaci lamentano «numeri eccessivi di presenze rom», e propongono una «equa ripartizione del carico tra territori diversi». Pensiamo, di nuovo, all’effetto che farebbe sentir parlare di «eccessivo numero di ebrei», e della necessità di «redistribuirli», in modo che nessuna città debba sopportare «il peso di troppi ebrei»… Roba da ventennio mussoliniano…

Sguardi americani 
In questi giorni un sito web statunitense – Global Post – ha pubblicato una piccola «rassegna dell’orrore»: una carrellata di dichiarazioni di parlamentari e leader politici di tutta Europa a proposito di rom e sinti. Il titolo è un po’ involuto, ma ha il pregio di essere esplicito: «14 cose incredibilmente razziste che i politici europei hanno detto sui rom».
Scorrere questa “galleria” è istruttivo. E ci aiuta a sfatare qualche mito. Ad esempio, le dichiarazioni razziste non sono appannaggio dei soli leader di destra, o di centro-destra. Manuel Valls, giusto per dirne uno, è il Ministro degli Interni francese, fa parte di un governo a guida socialista, ed è orgogliosamente “di sinistra”. Ma la sua dichiarazione del 25 settembre scorso non è esattamente un esempio di “spirito di tolleranza”: «La maggior parte [dei Rom] dovrebbe essere allontanata dalla Francia. Noi non siamo qui per accogliere queste persone. Vorrei ricordare quel che disse Michel Rocard [ex premier socialista, ndr.]: “Non è compito della Francia risolvere il problema della miseria di tutto il mondo”».
Global Post, peraltro, fa notare maliziosamente come Valls sia «nato a Barcellona da genitori immigrati spagnoli». Viene da chiedersi cosa avrebbe detto il citato Michel Rocard sulla mamma e sul papà dell’attuale Ministro…

Il ritorno del razzismo
La carrellata proposta dal sito statunitense ci aiuta a sfatare un altro mito: quello secondo cui molte dichiarazioni “ostili” di politici e giornalisti non sarebbero “razziste”. Pare di sentirla, l’obiezione: «Non è un problema di razzismo, è un problema di legalità» (o, a seconda dei casi, di ordine pubblico, di rispetto delle regole, di “sicurezza” e quant’altro). E magari, qualcuno potrebbe aggiungere: «se gli zingari non rubassero, nessuno ce l’avrebbe con loro…».
Non è vero. Molte dichiarazioni sono ispirate ad un razzismo più che esplicito. Gilles Bourdouleix, parlamentare ed esponente del centro-destra francese, ha affermato senza mezzi termini – il 21 luglio scorso – che «forse Hitler non ha ammazzato abbastanza zingari». Zsolt Bayer, co-fondatore del partito ungherese Fidesz (affiliato al Partito Popolare Europeo) ha affermato agli inizi del 2013 che «i rom sono persone inadatte alla coesistenza: sono animali, e si comportano come animali; suoni inarticolati escono dai loro crani bestiali [!!!!]. A questi animali non dovrebbe essere permesso di esistere».
E del resto, le recenti vicende di (presunti) “rapimenti di bambini” dovrebbero far riflettere. In Grecia e in Irlanda, alcuni piccoli rom sono stati sottratti alle loro famiglie perché “troppo biondi per essere zingari”. Come se l’appartenenza a un gruppo minoritario fosse una questione di tratti somatici. Come se esistesse una “razza” zingara, ovviamente di carnagione scura…
«La vicenda greca», ha scritto di recente Elena Tebano sul Corriere della Sera online, «testimonia della nostra incapacità di pensare fuori dai pregiudizi “razziali”, sintomo forse di un sostrato razzista di cui neppure noi siamo consapevoli».

Antiziganismo in Italia
È quasi superfluo dirlo, ma l’Italia è tutt’altro che immune da questa vera e propria “ondata” di odio razziale (o cripto-razziale). Lo ha appurato una recente ricerca, curata dall’Associazione 21 Luglio e dedicata proprio all’«antiziganismo», cioè alla forma specifica di razzismo che colpisce rom e sinti.
Dal 1 settembre 2012 al 15 maggio 2013 il monitoraggio, effettuato su circa 140 fonti, ha rilevato 370 casi di incitamento all’odio e discriminazione. Vuol dire 1,43 episodi al giorno. «Stereotipi e pregiudizi», aggiunge la 21 Luglio, «sono alimentati anche da una media giornaliera di 1,86 casi di informazione scorretta ad opera di giornalisti di testate locali e nazionali».
Anche qui, non siamo di fronte ad un fenomeno che coinvolge solo le frange più estreme della destra politica. Dal rapporto emerge che il 59% delle segnalazioni si riferisce ad iscritti ad un partito di destra e di centro destra, ma una fetta consistente (quasi il 40%) è da attribuire ad altre aree politiche. In 90 casi, l’autore di una dichiarazione discriminatoria e incitante all’odio è stato un esponente della Lega Nord; seguono il Popolo della Libertà (74), La Destra (30) e Forza Nuova (11). In 9 casi l’autore è stato invece un esponente del Partito Democratico.
Tra i casi di informazione scorretta, la 21 Luglio cita articoli di testate giornalistiche prestigiose e “affidabili”: dalCorriere della Sera a La Repubblica, dal Messaggero ai tanti giornali di informazione locale.
L’antiziganismo, il razzismo e i fenomeni di “hate speech” sono, insomma, il pane quotidiano della comunicazione politica. In Italia come in Europa. Non c’è da stare allegri.

Sergio Bontempelli

 

 

pericolo razzismo

romni
dal sito facebook ‘segnaliamo il razzismo’ prendo questo post:
Una utente di Facebook, Giulia Carlini, si è presa la briga di fare un elenco di tutti gli articoli che poi si sono rivelati una bufala fatti girare negli ultimi tempi: Immigrati che mangiano cani a Lampedusa. Bufala. Immigrati che crocifiggono gatti. Bufala. Immigrati che fanno sesso con la statua della Madonna. Bufala. Immigrati che buttano via il cibo perché non gli piace. Bufala. Sussidi agli immigrati degni di uno stipendio da banchiere. Bufala. Bambina rapita dagli zingari in Grecia. Bufala. Bambina rapita dagli zingari in Irlanda. Bufala. Furti sotto i 200€ di valore non più reato per gli zingari. Bufala. Tutte bufale che vengono fatte circolare con regolarità e pervicacia. Come ogni bugia ripetuta all’infinito queste bufale diventano vere. Soprattutto perché seguono il sistema di moltiplicazione vitale dei link secondo le modalità social: nessuno verifica tutti condividono. Perché se gira una notizia inquietante non si resiste alla seduzi…one della condivisione. Le condivisioni dell’orrore sui social sono come piccole assoluzioni: io non sono come loro, io denuncio, io diffondo il vero per arginare il male.Il web forma anche l’opinione, rimbalza le ipotesi false, le fa diventare tesi condivise, fa proliferare i luoghi comuni e genera mostri anestetizzando la ragione. E incide nella realtà. Gli immigrati ed i rom sono il nemico pubblico numero uno. Due episodi accaduti a Napoli negli ultimi mesi denunciano come l’odio razziale sia virale come nel web: il bambino rom sfigurato con l’acido buttatogli addosso da un balcone ad opera di una donna e un bambino picchiato da coetanei in via Carlo Poerio al grido di «zingaro di merda». Sono solo la rappresentazione plastica dell’impianto di pregiudizi costruito per alimentare il razzismo. Quei ragazzini non sanno perché hanno picchiato, ma tutti noi abbiamo mosso i loro pugni.

 

 

 

rossa bianchi

a proposito delle offese razziste del vicepresidente del senato Calderoli nei confronti della ministra Kienge l’0pinione di don Renato Sacco

una provvidenziale occasione sulle colpe anche delle nostre chiese locali che col loro silenzio sottovalutano e finiscono per legittimare

 Radici… cristiane? L’Opinione di… Renato Sacco

Nel 1977 esce il film ‘RADCI’, la storia di Kunta Kinte preso dal suo villaggio africano e portato schiavo in America.
In questi ultimi anni la Lega Nord ostenta le proprie ‘RADICI CRISTIANE’. Un binomio offensivo sia delle ‘radici’ che del ‘cristianesimo’. L’ultima conferma viene da Calderoli, vicepresidente del Senato, “Kyenge mi fa venire in mente un orango’. Non ci sono parole per commentare! Con buona pace del viaggio di Francesco a Lampedusa e della distribuzione a tappeto dei crocifissi, ecc.
Se una frase del genere fosse stata scritta in una tema da qualche studente, o detta da un professore cosa sarebbe successo? E se la dovessimo dire ad un carabiniere che ci ferma con la paletta per un controllo? Forse ci porterebbe direttamente in cella! E se lo dice il vicepresidente del Senato per insultare un ministro donna con la pelle nera? Tranquilli, sono le solite battute della Lega. E poi ha chiesto anche scusa. Non ci resta che aspettare la prossima.
Preoccupa anche quanto ha detto il Presidente del Piemonte Roberto Cota a proposito degli F35: “Per quanto riguarda le questioni etiche dobbiamo dire che se questi aerei non li facciamo noi, vuol dire che li produrranno altrove. Lasciamo quindi da parte certa ipocrisia”.
Ne viene fuori una bella linea educativa per i nostri ragazzi ai campi estivi! Un vero compendio di valori morali e cristiani oltre che civili e umani!
È un po’ come dire: ‘non porti troppe domande, tanto se una cosa brutta non la fai tu, la fa qualcun altro. Tu fai quello che ti conviene’. Forse, dirà qualcuno, anche questa frase va contestualizzata.
Sul sito di Famiglia Cristiana ho letto un bel commento di Francesco Anfossi. Come uomo e come parroco accolgo e condivido quanto ha scritto. “Calderoli si proclama cattolico e nessuno, nella comunità ecclesiale, si è mai scandalizzato per le sue affermazioni politiche. Nemmeno i parroci della sua terra, forse nel timore di perdere le pecorelle verdi del loro gregge. Per troppo tempo si è fatto finta di niente, covando nel silenzio l’anticristiana ideologia del “fuori chi mi dà fastidio, che siano uomini, donne e bambini”, spesso scambiandolo per la difesa di tradizioni pseudo cristiane. E così che questa sorta di veleno proto razzista è andato avanti, contaminando il Nord come i rifiuti tossici contaminano la Campania. Forse è venuto il momento, per tanta parte della Chiesa, per un’autocritica. E per levare una voce forte”.

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