il commento al vangelo della domenica

NELLA NATURA DELLA NATURA



il commento di E. Ronchi al vangelo della undicesima domenica del tempo ordinario

Mc 4,26-34



Quante volte non troviamo le parole adatte per dire Dio!
E Gesù ci risponde con le parabole.
Lo fa con parole laiche, di casa, di orto, di lago, di strada, per raccontarci storie di vita.

Il vangelo di Marco riassume il suo insegnamento con immagini di contadini che si affaticano nell’arte di far nascere, fiorire, fruttificare.
Il contadino nel vangelo è l’anello mancante tra l’uomo e Dio, dove le parabole non sono solo semplici pretesti per insegnare teologia e morale.
Un albero, le foglioline del fico, il granello di senape diventano una continua rivelazione del divino (Laudato si’), una sillaba del suo messaggio.

Le cose del mondo non sono sante perché ricevono l’acqua benedetta, ma sono degne di riceverla perché già benedette, santificate, e noi camminiamo in mezzo a loro come dentro un santuario.

Ezechiele aveva parlato della tenerezza di un Dio giardiniere che pianta un cedro del Libano. Gesù va oltre: parla di un semino di senape con una novità tutta sua: sceglie una pianta mai nominata nel Primo Testamento, nonostante fosse di uso comune.
Gesù sceglie l’economia della piccolezza: mette la senape al posto del cedro del Libano; l’orto al posto del monte;
parlerà di Dio con l’immagine di una chioccia con i suoi pulcini: è il linguaggio teologico portato al registro più umile, a sovvertire le gerarchie.

Gli ascoltatori di Gesù saranno rimasti sconvolti all’idea che il Regno di Dio ha inizi così piccoli, ma Gesù si concentra sulla crescita dal minuscolo al grande, dai più piccoli germogli, alla maturazione in pienezza.
Le sue parole contengono anche un appello alla meraviglia: il Regno diventa un mistero davanti al quale stupirsi.

Prendere sul serio l’economia della piccolezza ci fa guardare il mondo in un altro modo. Ci fa cercare i re di domani tra gli scartati di oggi, ci fa prendere sul serio i giovani e i bambini, e trovare meriti là dove l’economia della grandezza vede solo demeriti.

Il vangelo della terra di Gesù sovverte le norme, perché le leggi che reggono il venire del Regno di Dio e quelle che alimentano la vita naturale sono in fondo le stesse.
Spirito e realtà si abbracciano.

​Il terreno produce da sé, per energia e armonia proprie: è nella natura della natura essere dono e crescita. È nella natura di Dio essere eccedenza gratuita. E anche in quella dell’uomo.
​Dio agisce in modo positivo, fiducioso, solare; e non per sottrazione, ma sempre per addizione, per aggiunta e incremento, con incrollabile fiducia nei germogli.

Dalle sue parabole sboccia una visione profetica del mondo: la nostra storia è tutto un seminare, germinare, spuntare, accestire, maturare: tutto è fiducia incamminata.

l’invisibilità e la demoralizzante lentezza della realizzazione del regno di Dio

sonniferi

«La sofferenza storica è una sofferenza radicalmente ingiusta. Questa sofferenza non è naturale -malattia,  terremoti, carestie-, ma è storica – causata dall’umanità»

R. Chopp

Molte volte sembra che abbiano ragione quelli che dicono che Tu non esisti e che sei semplicemente una proiezione dell’uomo*. Il dilagare del male si presenta come una prova inconfutabile insieme ai trascurabili risultati ottenuti da quelli che lottano per la tua istanza principale: il ripristino della giustizia nei confronti dei diseredati. Appaiono abbandonati a se stessi, insieme a quelli che vorrebbero sostenere, impelagati in una lotta personale che non gode di alcuna assistenza dall’alto. Perlomeno visibile. Alla fine schierarsi con i poveri sembra portare esclusivamente a subire la medesima sorte non a modificarla. Eppure la mancanza di solidarietà, e di semplice comprensione nei confronti del dolore altrui, giustificata con le esigenze dell’affermazione personale, deforma la nostra umanità aprendo spazi sempre più ampi all’insoddisfazione e all’infelicità. L’oppressione sembra imbattibile, almeno su questa terra, nel tempo storico. Il rinvio della riparazione e del riscatto nell’altra vita non appare convincente anche in virtù delle promesse per l’immediato contenute nella Sacra Scrittura. Ma chi accantona i valori del Vangelo seguendo le indicazioni dettate dalle logiche di morte del mondo ottiene risultati e riesce a conservare il consenso. Sono piccole voci quelle contrarie, spesso solitarie e facilmente accusate di follia. Rimbalzano sull’impenetrabile muro di gomma del pensiero della maggioranza convintamente a servizio dell’Impero. E non producono effetti, nemmeno collaterali, rispetto ai principali sonniferi e allucinogeni sociali (intrattenimento, informazione di regime, sport) a cui la popolazione ha agevolmente accesso.

* “Dicono: «Il Signore non vede, il Dio di Giacobbe non se ne cura»” (Salmo 94,7)

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