la rivoluzione di papa Francesco

La rivoluzione di un papa fallibile

 «Si può dire che oggi non viviamo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca»

Papa Francesco esorta la chiesa a innovare con libertà

il vescovo di Roma è il papa della Chiesa cattolica, certo, ma non è superman. E questo, oltre a rendermelo personalmente simpatico, mette al riparo i cattolici dal farne un idolo onnipotente e aiuta gli altri cristiani a liberarsi dalla tentazione di dipingerlo come un pericoloso e impersonale moloch, un nemico astratto da combattere. Il papa è una persona, non un simbolo. Ha pregi e limiti. E in questo si realizza la sua potente umanità. L’importante è vivere i problemi come sfide e non come ostacoli

Nei giorni scorsi, un’amica mi ha benevolmente sollecitato, dicendomi: «Perché non scrivi dell’appello di quei 12 preti cattolici irlandesi che chiedono al Vaticano di aprire le porte all’ordinazione sacerdotale delle donne?». Avevo visto quell’appello e – come dire – non c’è dubbio che il tema del ruolo delle donne nella Chiesa cattolica sia una grande questione aperta, un nodo gordiano su cui la Chiesa di Roma ha ancora un lungo cammino da compiere. L’universo femminile, come è noto, rappresenta ben più della metà del popolo fedele che frequenta le chiese. Ma non è solo questione di statistica o di marketing, ovviamente. E’ questione di giustizia, di sensibilità culturale, di libertà. E’ anche un tema estremamente sensibile dal punto di vista ecumenico. C’erano, dunque, tutti gli ingredienti per trattarne in questo rubrica. Eppure ho deciso di non scrivere di questo, e poi vi spiego perché.

Ho pensato invece di tornare (ebbene sì) su papa Francesco. In particolare sul suo discorso ai delegati al convegno della Chiesa italiana che si sta svolgendo in questi giorni a Firenze. In un intervento che qualche mio collega vaticanista ha definito “maestoso”, il vescovo di Roma  Bergoglio ha tratteggiato una immagine di Chiesa che i cattolici italiani avevano quasi dimenticato, sommersi per trent’anni da parole d’ordine episcopali tanto più autoritarie quanto più piccole spiritualmente.

Francesco, con la sua apparente semplicità, ha ridato sapore e gusto al nostro definirci cristiani: «Il nostro dovere», ha detto, «è lavorare per rendere questo mondo un posto migliore e lottare. La nostra fede è rivoluzionaria per un impulso che viene dallo Spirito Santo. Dobbiamo seguire questo impulso per uscire da noi stessi, per essere uomini secondo il Vangelo di Gesù. Qualsiasi vita si decide sulla capacità di donarsi. È lì che trascende se stessa, che arriva ad essere feconda». Sarebbe potuto essere Martin Luther King. Oppure, in un altro passaggio, Dietrich Bonhoeffer: «Davanti ai mali o ai problemi della Chiesa è inutile cercare soluzioni in conservatorismi e fondamentalismi, nella restaurazione di condotte e forme superate che neppure culturalmente hanno capacità di essere significative. La dottrina cristiana non è un sistema chiuso incapace di generare domande, dubbi, interrogativi, ma è viva, sa inquietare, sa animare. Ha volto non rigido, ha corpo che si muove e si sviluppa, ha carne tenera: la dottrina cristiana si chiama Gesù Cristo».

Bergoglio non ha citato né il reverendo King né il teologo Bonhoeffer, ma non ce n’è stato bisogno. Il suo discorso ha una fortissima rilevanza ecumenica non perché è stato attento a pesare le citazioni interconfessionali, ma perché è stato radicalmente “evangelico”. Ha ricordato che la Chiesa è “semper reformanda”. Si è rivolto ai delegati al convegno con una domanda provocatoria: «Ma allora che cosa dobbiamo fare, padre? – direte voi. Che cosa ci sta chiedendo il Papa? Spetta a voi decidere: popolo e pastori insieme». Contemporaneamente, ha chiesto ai vescovi di non essere dittatori o predicatori di complesse dottrine, ma «pastori. Niente di più: pastori».

Poi il papa ha fatto una esplicita richiesta a tutti i cattolici italiani: «Vi raccomando anche, in maniera speciale, la capacità di dialogo e di incontro. Dialogare non è negoziare. Negoziare è cercare di ricavare la propria fetta della torta comune. Non è questo che intendo. Ma è cercare il bene comune per tutti… Ricordatevi inoltre che il modo migliore per dialogare non è quello di parlare e discutere, ma quello di fare qualcosa insieme, di costruire insieme, di fare progetti: non da soli, tra cattolici, ma insieme a tutti coloro che hanno buona volontà. E senza paura di compiere l’esodo necessario ad ogni autentico dialogo. Altrimenti non è possibile comprendere le ragioni dell’altro, né capire fino in fondo che il fratello conta più delle posizioni che giudichiamo lontane dalle nostre pur autentiche certezze. È fratello». Infine, a un mondo cattolico oramai disabituato a prendere la parola e a partecipare attivamente alle faccenda di Chiesa, Bergoglio ha raccomandato di mettere in moto a tutti i livelli – dalle parrocchie, alle associazioni ecclesiali, alle diocesi – dei meccanismi di confronto “sinodale”: «Innovate con libertà», ha specificato.

All’inizio di questa articolessa, però, vi avevo promesso una spiegazione sul perché non ho affrontato il tema delle donne. E allora, come direbbe Camilleri, ora vengo e mi spiego. In un altro passaggio del suo discorso, Francesco ha ammesso: «Si può dire che oggi non viviamo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca. Le situazioni che viviamo oggi pongono dunque sfide nuove che per noi a volte sono persino difficili da comprendere». Ma, ha aggiunto il papa, «questo nostro tempo richiede di vivere i problemi come sfide e non come ostacoli».

Forse (e dico forse perché non si sa mai), il tema del femminile/maschile, del gender e l’eventuale ricaduta ecclesiale di tali acquisizioni culturali è, per il prete gesuita argentino Jorge Mario Bergoglio, una di queste sfide “persino difficili da comprendere”. Il vescovo di Roma è il papa della Chiesa cattolica, certo, ma non è superman. E questo, oltre a rendermelo personalmente simpatico, mette al riparo i cattolici dal farne un idolo onnipotente e aiuta gli altri cristiani a liberarsi dalla tentazione di dipingerlo come un pericoloso e impersonale moloch, un nemico astratto da combattere. Il papa è una persona, non un simbolo. Ha pregi e limiti. E in questo si realizza la sua potente umanità. L’importante è vivere i problemi come sfide e non come ostacoli. In altre parole: l’importante non è avere tutte le risposte, ma innescare dei processi di cambiamento. In ascolto dello Spirito.

“il cristiano in questo tempo deve essere rivoluzionario”: parola di papa Francesco

il cristiano se non è rivoluzionario non è cristiano!

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“il cristiano deve essere rivoluzionario! Noi siamo liberi perché viviamo sotto la Grazia. Non siamo più schiavi della legge, siamo liberi perché Gesù Cristo ci ha liberato.
Questo passaggio da sotto la legge a sotto la Grazia è una rivoluzione che cambia in profondità il cuore dell’uomo. E noi siamo rivoluzionarie e rivoluzionari. Un cristiano se non è rivoluzionario in questo tempo non è cristiano. Non si compra e non si vende. Quante persone tristi, senza speranza, anche tanti giovani, che dopo aver sperimentato tante cose non trovano senso alla vita. La società che è crudele, non può darti speranza. Noi non possiamo essere indifferenti, e l’annuncio del Vangelo è questo. Con la mia parola, con la mia testimonianza dire: “Io ho un Padre, non siamo orfani”.
“Non si tratta di fare proseliti. Tu semini, con parole e testimonianze, ma poi non fai statistica di come va a finire. Non facciamo il raccolto, lo farà qualcun altro, la nostra gioia è seminare con la testimonianza, perché la parola sola è aria. Le parole non bastano. Il cristiano è coraggioso, va avanti di fronte a una crisi, fare le cose, portare sulle spalle le cose che non si possono cambiare ancora. Voi dovete andare fuori. Non capisco le comunità cristiane che sono chiuse, in parrocchie.
Nel Vangelo è bello il brano del pastore che si accorge che manca una pecorella e le lascia tutte per cercarla. Fratelli e sorelle, ne abbiamo una, ne mancano 99.. dobbiamo uscire!! E’ più facile stare a casa con quell’unica pecorella, stare a casa, carezzarla. Ma il Signore ci vuole pastori, non pettinatori di pecorelle. E’ una lotta di tutti i giorni, contro l’amarezza, contro il pessimismo. Seminare non è facile è più bello raccogliere, questa è la lotta di tutti i giorni dei cristiani. Possiamo rifiutarci di andare in quei luoghi dove nessuno vuole andare per la paura di comprometterci e del giudizio altrui e così negare a questi nostri fratelli l’annuncio della parola di Dio? Noi abbiamo ricevuto questa Grazia gratuitamente, dobbiamo darla gratuitamente. Avanti!”
Discorso di Papa Francesco all’apertura del Convegno ecclesiale diocesano

17 giugno 2013

 

papa Francesco? ‘un rivoluzionario radicale’

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in ‘evangelii gaudium’ papa Francesco esprime in modo ufficiale il suo pensiero come in un vero e proprio ‘documento programmatico’ o ‘dichiarazione di governo‘ e lo fa come un vero ‘rivoluzionario radicale’: così viene delineato nel bell’articolo di I. Bruggenjurgen:

Un rivoluzionario radicale

di Ingo Brüggenjürgen
in “www.domrardio.de” del 27 novembre 2013 

Accidenti! Quest’uomo mantiene quel che promette! Dice quello che pensa e pensa quel che dice. Già la lingua è rivoluzionaria, perché è chiara, semplice e comprensibile da tutti. Non si può dire lo stesso di tutti i documenti che sono stati scritti in Vaticano negli ultimi decenni… Il primo documento ufficiale di cui il papa ora porta interamente la responsabilità, può essere considerato a buon diritto come la sua “dichiarazione di governo”. Qui è Bergoglio in persona a parlare! Questa volta non è soltanto una piccola omelia mattutina a Sant’Anna, è il papa che parla in maniera convincente alla coscienza di un miliardo di cristiani, anzi a tutti gli uomini di buona volontà. Le sue parole esprimono una pretesa esagerata per ogni singolo cristiano! Per preti e religiosi, per vescovi e anche per cardinali.
Se un cardinale emerito dichiara che il conclave è stato positivo perché diretto dallo Spirito Santo, ma che ora però i cardinali dovrebbero urgentemente spiegare al nuovo papa in che direzione andare, diventa evidente quanto la pretesa sia esagerata. Ma al “cardinale dei poveri” arrivato da Buenos Aires, che ora si definisce in maniera collegiale “vescovo di Roma”, nessuno ha bisogno di spiegare il come e il dove. E neppure come essere all’altezza del suo magistero e della sua responsabilità. Perché Francesco si ispira totalmente, come già il santo di cui porta il nome, a Gesù Cristo e al Vangelo.
L’esortazione apostolica da lui ora emanata “Evangelii Gaudium” non farà contenti tutti, in quanto è rivoluzionaria e radicale: i cristiani devono abbandonare il loro autocompiacimento, la loro illusoria sicurezza. Devono sporcarsi le mani rivolgendosi senza se e senza ma al mondo, ai poveri, ai piccoli. E annunciando il vangelo con gioia. Agire attivamente nel mondo e anche sbagliare, piuttosto che sentirsi a posto con se stessi, restando con paura dietro le porte chiuse delle chiese o  le alte mura dei conventi in un’illusoria sicurezza.
Il settantaseienne del Vaticano mette in movimento i suoi fratelli e le sue sorelle, e non esclude se stesso dall’invito al cambiamento. No, anche le affermazioni del magistero papale non possono valere automaticamente, sempre illimitatamente e per ogni stagione (!). Quindi Francesco offre alla discussione anche le sue parole. Ritiene che i vescovi nelle varie parti del mondo dovrebbero, se appena è possibile, risolvere da soli i loro problemi e assumersi maggiore responsabilità per la Chiesa universale. Afferma che la Chiesa non deve più sopportare un sistema economico in cui il mercato viene idolatrato e il consumo è diventato da tempo l’unico criterio. Che nuove forme di schiavitù, come ad esempio la prostituzione, dovrebbero essere abolite, e che i profughi minacciati dovrebbero essere accolti. Che le donne dovrebbero poter partecipare alle decisioni importanti – anche se il presbiterato femminile rimane un tabù. Che la comunione “non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio ed un alimento per i deboli”. A questo punto, a chi si può ancora assolutamente rifiutare questo alimento?
Ma Francesco lo sa quale genio sta facendo uscire dalla bottiglia? Sicuramente, dato che dall’inizio del suo magistero è sempre stato coerente – nel suo modo di parlare e di agire. Chi fino ad oggi ancora presumeva che il papa fosse un bonaccione cordiale e affettuoso, un “papa orsacchiotto” un po’ impacciato, da toccare e abbracciare, un tipo da gesti simpatici che attirano i media, deve strofinarsi gli occhi meravigliato: quest’uomo prende davvero sul serio la sequela di Cristo e del suo messaggio. Aggiornamento molto concreto – cristiani, aprite porte e finestre e andate, andate fuori! Ora davvero ad ogni cristiano è lecito, anzi, ogni cristiano deve alzare le chiappe e mettersi in cammino. Comoda e semplice la sequela di Cristo non lo è stata mai. Ma quell’uomo che arriva
dall’altro capo del mondo non ci mette solo in cammino, ce ne dà anche il coraggio. Se lui, in età avanzata, in una Chiesa vecchia di più di 2000 anni, coraggiosamente si mette a percorrere nuove strade, perché noi non dovremmo almeno tentare? Pronti, in piedi, e via! Sappiamo che non c’è nulla di buono se non viene fatto. Il vecchio in Vaticano dice ciò che pensa e fa, e ciò che dice fa proprio bene alla sua Chiesa in questa stagione. Un rivoluzionario radicale al soglio petrino – che Dio sia ringraziato!

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