Rom 16enne linciato a Parigi
Hollande: «Ingiustificabile»
Prelevato da un commando e massacrato di botte in una cantina perché considerato «colpevole» di un furto. Il presidente francese: «Viola i principi della Repubblica»
Il linciaggio dopo un furto
Il ragazzino, identificato solo come Darius, è stato trovato venerdì notte, in fin di vita dentro un carrello di supermercato abbandonato sulla strada nazionale numero 1, presso Pierrefitte-sur-Seine, un sobborgo settentrionale della banlieue parigina, nel dipartimento di Seine-Saint-Denis. Il ragazzino viveva da meno di un mese con la famiglia e altri 200 rom romeni nella bidonville. Venerdì sera un commando («una dozzina di persone» a volto coperto armati di spranghe) lo ha prelevato con la forza e portato in una cantina vicina. Li Darius è stato massacrato di botte. Secondo il commando era il colpevole di un furto in un’abitazione vicina. Dopo il linciaggio Darius è stato abbandonato agonizzante.
L’allarme
L’allarme è partito dalla madre che intorno alle 22:30 ha contattato la polizia per denunciare la scomparsa del figlio. La donna ha raccontato che qualcuno l’aveva chiamata poco prima dal cellulare di Darius chiedendo 15 mila euro di riscatto. Il giovane è stato ritrovato un’ora dopo, incosciente, con diverse fratture alla testa. Abbandonato poco lontano da un quartiere popolare dove nelle ultime settimane erano stati denunciati furti che gli abitanti della cité attribuiscono ai rom del campo vicino. Hollande ha promesso che «sarà fatto tutto il possibile per ritrovare gli autori dell’aggressione».
La condanna
Il linciaggio era stato precedentemente condannato con forza sia dal primo ministro Manuel Valls che dal ministro degli Interni Bernard Cazeneuve. L’aggressione è stata condannata anche da Louis Alliot, vice presidente del Front National e compagno della sua leader Marine Le Pen. Ma Alliot ha voluto anche sottolineare che i cittadini «hanno l’impressione di non essere difesi» e quindi «si difendono da soli
Razzismo e persecuzioni
Negli ultimi anni il governo francese ha attuato una politica repressiva nei confronti dei rom. Circa 20mila famiglie – riporta Amnesty – sono state cacciate dai campi nel 2013 in Francia, in gran parte d’estate. Nuove espulsioni sono attese a breve, tra cui quelle nel campo rom di Marsiglia. Il governo ritiene che i campi siano una violazione agli «standard di salute pubblica», ma secondo i critici le condizioni peggiorano soltanto quando le famiglie vengono cacciate e i campi demoliti. Ad aprile un rapporto di Amnety ha criticato i Paesi Ue per non aver fatto abbastanza per proteggere i rom e in particolare ha attaccato la Francia. Sos Racisme, dopo il linciaggio del ragazzino a Parigi, ha parlato dell’«ovvio risultato delle nauseanti tensioni a cui sono sottoposti dei concittadini». «Un cambiamento radicale» dei toni sui rom e una chiara denuncia delle violenze a cui sono esposti, è stata chiesta da Benjamin Abtan, presidente del Movimento antirazzista europeo di base (Egam)
.«Un atto innominabile e ingiustificabile, che si scontra con tutti i principi sui quali è fondata la nostra Repubblica». Il presidente francese Francois Hollande interviene con fermezza dopo il pestaggio di un sedicenne rom, in ospedale in coma e in pericolo di vita, che ha scioccato la Francia.
il ragazzo rom linciato e papa Francesco
Il giovane rom, accusato di furto, aggredito e abbandonato in coma in un caddy di supermercato lungo la Nazionale 1, alla periferia di Parigi. L’indignazione dei politici. Le denunce delle associazioni. Il disastro di una guerra tra poveri che travolge i più deboli nell’indifferenza (o nel disprezzo) generale e tuttora in pericolo di vita, adducendo la scusa di un piccolo furto (nella foto il campo dove viveva), con il Front National che, usando la scusa dell’esasperazione per l’insicurezza, ammicca ai linciatori, ricorda un caso argentino di non più di tre mesi fa che causò un’importante intervento di Jorge Bergoglio.David Moreira era un ragazzo di 18 anni di Rosario, senza precedenti. Lavorava dalla mattina alla sera in un cantiere come muratore ma fu linciato a morte lo scorso 25 marzo da decine di vicini che gli attribuivano uno scippo. Il suo povero corpo fu letteralmente disfatto dalla turba di assassini anonimi nascosti dietro un’anomia momentanea. Non era il primo caso di linciaggio nell’Argentina dove l’allarme sicurezza è il principale cavallo di battaglia delle destre. Prima di lui, solo nel 2014, sarebbero stati una ventina gli adolescenti massacrati, spesso solo perché portatori di faccia, poveri e dalla pelle scura. Le fonti riportano che tra tre e nove sarebbero morti per le ferite riportate. La politica e soprattutto i media, con quegli orribili canali all-news tutti incentrati sulla cronaca nera e che si spacciano per informazione, avevano subito preso una linea pienamente giustificazionista: la gente è stanca, il governo è inerte, la giusta rabbia… di una società che va verso il medioevo prossimo venturo.In Italia è di pochi giorni fa l’oscuro caso della morte di un cittadino rumeno presunto autore di un furto, poi derubricata come malore. Hanno fatto bene, erano già i commenti del ventre della società abituata da anni di balbettii o connivenze aperte della politica. Di fronte all’instaurarsi del linciaggio come possibilità concreta e semi-legittima nella repressione di una piccola criminalità sempre identificata con tratti razziali o classisti (il lumpen, il Rom, l’immigrato, il ragazzo con tratti somatici “scuri”), in Argentina è però intervenuto un fatto nuovo che parla alla Francia, all’Italia e all’Europa.Due fratelli esiliati e tuttora residenti in Svezia hanno scritto a Jorge Bergoglio. Questi ha replicato nel giro di poche ore citando Lope de Vega con parole inequivocabili: «Ho immaginato la scena e ho sentito quei calci nella mia anima. Non era un marziano, era un ragazzo. Un delinquente, ma un ragazzo del popolo. Ho ricordato Gesù: che avrebbe detto se fosse stato lì? Chi è senza peccato scagli il primo calcio? Mi doleva tutto, sentivo il dolore del corpo del ragazzo, sentivo il dolore del cuore di quelli che lo scalciavano […]».Bergoglio prende atto della colpevolezza di David, sbagliando. Ma quel salto logico è una scorciatoia che non indebolisce ma rafforza il messaggio e mette la presunzione di colpevolezza in prospettiva: era, innanzitutto, un ragazzo del popolo. In Argentina le parole di Francesco, quel «ho sentito quei calci nella mia anima», arrivano come un raggio di luce sul perverso dibattito sulla presunta legittimità dei linciaggi, lo sbaragliano e lo delegittimano completamente. Nessuno, neanche il più cinico dei politici può più cavalcare quell’onda di fronte al corpo del papa dolente. Potranno esserci altre violenze dei deboli sul più debole ma non già più approvazione e giustificazione. Soprattutto quella spersonalizzazione della sanzione, in quell’orribile linciaggio che disumanizza sia la vittima che i carnefici, torna biopolitico nell’identificarsi nel corpo del papa.Non sto evocando un papa taumaturgo per i mali della società. Sono cosciente che non bastano le parole di Bergoglio per curare i guasti di un modello economico ingiusto. Questo mette le classi medie contro quelle popolari per farne nella difesa di un sempre più traballante benessere la prima linea della trincea del sistema rispetto alle masse di esclusi additate ai primi come nemico. La cronaca nera è in questo la più conservatrice delle pagine dei giornali. È necessario evocare l’umanità (laica o credente, non vedo troppa differenza) come unica speranza di salvezza terrena: solo sentendo sul proprio corpo i calci che ha sentito Francesco su quello di David e le sprangate su quello di Darius saremo capaci di sentire nel più profondo qualsiasi ingiustizia commessa contro chiunque in qualunque parte del mondo (cit.). E che sia il Vangelo, o Che Guevara poco importa.