razzismo anti rom

Giornalisti e politici i più “anti-ziganisti”

 

 Un Rapporto dell’Associazione “21 luglio” analizza gli episodi di intolleranza verso gli “zingari”. Ne emerge un quadro sconfortante: sono centinaia i casi di incitamento all’odio. Gli esponenti della Lega sono in testa per affermazioni xenofobe e razziste. Ma anche i cronisti si macchiano con grande frequenza di “informazione scorretta”.

Quando si parla di rom, si è tutti bravi a urlare, a chiedere sgomberi e a confinare. Si dimentica che sono prima di tutto persone, appena 160 mila, non più nomadi, la metà ragazzini, la metà di tutti addirittura italiani.

Anche se magari non ce ne accorgiamo, in Italia molti abitano in casa. Altri invece vivono confinati nei cosiddetti “campi nomadi” (per famiglie che da generazioni non sono più nomadi), oppure, spesso per povertà, nelle baraccopoli ai margini delle nostre città.

Ma i ghetti non sono solo quelli fisici, sono anche quelli mentali. Secondo l’Eurobarometro, solo il 7% degli italiani risponde positivamente alla domanda: “Sei disponibile ad avere amici rom?”. È uno dei valori più bassi in tutta Europa.

Le ragioni sono molteplici, ma stampa e politica hanno una responsabilità decisiva. L’Osservatorio dell’Associazione “21 luglio” ha recentemente presentato il rapporto “Antiziganismo 2.0”, secondo il quale ogni giorno in Italia si registrano 1,43 casi di incitamento all’odio e discriminazione nei confronti di rom e sinti, per lo più attraverso dichiarazioni di esponenti politici diffuse da giornali, siti web e social network.

Trecentosettanta casi di incitamento all’odio, 482 casi di informazione scorretta

Stereotipi e pregiudizi verso tali comunità, del resto, sono alimentati da una media giornaliera di 1,86 episodi di informazione scorretta ad opera di giornalisti di testate locali e nazionali. Spiega l’Associazione: «Ai rom si associano indistintamente e automaticamente degrado, incuria, malvivenza, pericolosità sociale, incapacità genitoriale, inadeguatezza sociale, rifiuto consapevole delle regole e una “genetica” attitudine alla delinquenza e alla non-integrazione». Si ripetono pregiudizi assurdi come per esempio che “i rom rubano i bambini”, dimenticando come una recente ricerca dell’Università di Verona, finanziata dalla Fondazione Migrantes, abbia analizzato scientificamente tutti i casi di denuncia nei confronti di rom come presunti responsabili di sparizioni di bambini, dimostrando che negli ultimi 25 anni nessuno di questi era fondato.

Dal 1 settembre 2012 al 15 maggio 2013, il monitoraggio dell’Osservatorio 21 luglio, effettuato su circa 140 fonti, ha rilevato 370 casi di incitamento all’odio e discriminazione e 482 casi di informazione scorretta in grado di alimentare il cosiddetto antiziganismo, definito dalla Commissione Europea contro il Razzismo e l’Intolleranza come «una forma di razzismo particolarmente persistente, violenta, ricorrente e comune che viene espressa, tra gli altri, attraverso violenza, discorsi d’odio, sfruttamento, stigmatizzazione e attraverso le più evidenti forme di discriminazione».

Il 59% delle segnalazioni razziste si riferisce a iscritti a un partito di destra o centro-destra

Nei 370 casi analizzati, 281 (il 75% del totale) sono riconducibili ad esponenti politici, 58 a privati cittadini e 20 a giornalisti. I giornalisti sono rivelati il principale strumento di diffusione (234 casi), seguiti da siti internet (51), Twitter (23) e Facebook (10). Il titolo “Antiziganismo 2.0” richiama il ruolo dei social network, che hanno offerto una nuova “bacheca”, ma purtroppo l’antiziganismo non è un fenomeno nuovo. Fin dall’inizio, alla presenza di rom in Europa si sono accompagnate ondate di persecuzione. Non è facile individuare un’altra minoranza – se non, con ovvie differenze, gli ebrei – che per un periodo tanto lungo, e in maniera costante, sia stata ovunque colpita da misure vessatorie caratterizzate da una così acuta violenza e da un tanto palese disprezzo dei diritti umani.

Dal rapporto emerge che il 59% delle segnalazioni si riferisce a iscritti a un partito di destra e di centro destra: «In 90 casi, l’autore di una dichiarazione discriminatoria e incitante all’odio è stato un esponente della Lega Nord; seguono il Popolo della Libertà (74), La Destra (30) e Forza Nuova (11). In 9 casi l’autore è stato invece un esponente del Partito Democratico».

Cosa fare? L’Associazione 21 luglio ha intrapreso 135 azioni correttive, tra cui 75 segnalazioni all’Unar (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), 29 lettere di diffida, 10 esposti al Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti, 7 segnalazioni all’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori di Polizia di Stato e Carabinieri (Oscad). Tra i risultati ottenuti, la chiusura di due blog e la rettifica dei contenuti di un paragrafo della guida National Geographic su Roma che criminalizzava indistintamente i rom.

Seppur in questi casi la via legale debba essere percorsa, certo il problema è culturale e legato ai “ghetti mentali”. Va affrontato con un approccio “globale”: «È necessario», conclude l’Associazione, «contrastare questi stereotipi e pregiudizi, alimentati da dichiarazioni di esponenti politici che intendono parlare alla pancia del proprio elettorato e da notizie giornalistiche incapaci di approfondimento e di analisi complessa, attraverso tutte le forme possibili, istituzionali e governative, attraverso il diritto e la produzione intellettuale, nella lotta politica e nel lavoro nei territori, nei media, a scuola e in strada. Si potrebbe cominciare dal linguaggio: i termini “nomadi” e “zingari” denotano una connotazione negativa e pertanto non andrebbero più utilizzati, né dai politici né dai giornalisti».

03/10/2013 

 

i miti da sfatare nei confronti dei rom

Rom e sinti, le comunità nomadi in Italia: i miti da sfatare

Sono 170 mila nel nostro Paese

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di  

25 Ottobre 2013

1. Oltre la metà degli zingari ha la cittadinanza italiana

In Italia i cosidetti zingari sono 170 mila, appartenenti a due etnie: i rom e i sinti.
Si differenziano principalmente per dialetto, provenienza geografica e occupazione. I rom, arrivati prevalentemente dall’Est Europa, si sono tradizionalmente dedicati al commercio di rame e ferro; i sinti, originari delle regioni del Nord e dell’Ovest del Vecchio Continente, hanno una lunga tradizione come giostrai e circensi.
A dispetto degli stereotipi, oltre la metà di loro è italiana. Molti lo sono da generazioni, alcuni addirittura da secoli.
APPENA IL 30% ARRIVA DALLA ROMANIA.

Secondo fonti storiche i primi ad arrivare furono i rom abruzzesi, giunti via mare dai Balcani nel 1300, circa 200 anni prima che i sinti, spesso identificati come ‘zigani italiani’, giungessero dal Nord Europa.
Solo tra il 30 e il 35% dei rom presenti in Italia proviene invece dalla Romania, anche se il nome induce spesso in inganno. Un altro 10-15% viene dai Paesi della ex Jugoslavia.

2. Solo un quarto degli zingari vive nei campi nomadi

Secondo un’indagine della commissione Diritti umani del Senato, sono solo 40 mila i rom e i sinti distribuiti nei vari campi nomadi in Italia. E anche il termine ‘nomadi’, ormai, risulta impreciso.
Dopo secoli in perenne movimento per sfuggire a carestie, guerre e persecuzioni, le popolazioni zingare sono ormai diventate sedentarie. Ciò nonostante il nomadismo rimane nella loro cultura e nella loro filosofia di vita.
IL MODELLO DELLA FAMIGLIA ALLARGATA.

Così alcuni di loro continuano a vivere in baracche e roulotte, organizzati in gruppi costruiti sulla base della famiglia allargata, in condizione di costante precarietà, pronti a fare i bagagli e partire al primo sgombero.
Gli altri, invece, hanno optato per case e condomini verticali, integrandosi nel tessuto abitativo del Paese ospitante, e spesso sono restii a definirsi rom o sinti per via dei pregiudizi sulle due etnie.
SENZA ACQUA CORRENTE.

Secondo una ricerca della fondazione Casa della carità, condotta attraverso un questionario distribuito a 1.500 rom e sinti (un campione rappresentativo di circa il 10% del totale), il 24% vive in insediamenti ‘abusivi’, il 41 in campi regolari, il 32% non ha acqua calda e il 23% nemmeno quella fredda corrente.

3. Soltanto uno su tre lavora; uno su cinque si diploma

  • Uno striscione in una manifestazione contro il razzismo a Roma (©Getty Images).

I livelli occupazionali, secondo dati sempre della fondazione Casa carità, sono molto bassi.
Solo il 34,7% degli intervistati ha dichiarato di avere un lavoro, contro il 44,3% complessivo italiano rilevato dall’Istat all’epoca della ricerca (2012).
Molti di loro sono lavoratori autonomi, solo il 6,7% è dipendente.
Ma i problemi di integrazione cominciano da prima, fin dall’infanzia. I dati sull’istruzione parlano di un 30% dei bambini che frequentano la scuola, ma, tra questi, solo uno su cinque riesce ad arrivare fino al diploma di scuola superiore.

4. Non rapiscono i bambini: in 30 anni solo un caso

 

Una ricerca della onlus Geordi, risalente al 2006 (l’ultima disponibile sul tema), ha segnalato che in quell’anno sono stati 2.384 i minori non rom transitati dai Centri di giustizia minorile nelle regioni del Centro Italia, a fronte di 1.434 minori rom: oltre il 50% dei casi, dunque, riguarda giovani ‘nomadi’.

NOTIZIE FALSE.

Eppure alcuni falsi miti sono da sfatare. Primo fra tutti quello che vorrebbe gli zingari rapitori di bambini, rilanciato dal caso dell’«angelo biondo» trovata in un campo nomadi in Grecia.
Una ricerca curata dall’università di Verona ha evidenziato come i circa 30 casi di cui si è data notizia nel periodo fra il 1985 e il 2007 si siano rivelati tutti infondati.

UNA SOLA CONDANNA IN ITALIA.

C’è un solo precedente di condanna: quella della giovane accusata di aver rapito una bambina a Ponticelli, nel 2008. Un caso che portò all’assalto e all’incendio di un campo da parte dei residenti e di affiliati alla camorra. Ma le uniche prove furono le testimonianze della madre della bambina e dei suoi parenti.

5. Sono una minoranza senza tutele

Rom e sinti sono a tutti gli effetti una minoranza, ma non sono mai stati riconosciuti come tale. La legge 482 del 1999, che identifica 12 gruppi linguistici minoritari da tutelare nella Penisola – tra cui il catalano parlato ad Alghero (in Sardegna), il greco, l’albanese – non include idiomi romanì (cioè quelli parlati indifferentemente da rom e sinti).
Il nomadismo di questi gruppi (ormai quasi inesistente nei fatti) è stata la giustificazione dell’esclusione di questi gruppi dalla normativa che ha attuato la Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali, approvata dal parlamento Ue il primo febbraio 1995.

INSEDIAMENTI RICOSTRUITI.

Anche l’approccio delle istituzioni nell’affrontare la questione abitativa è sempre stato improntato all’assimilazione.
Spesso si è partiti dal presupposto di cancellare i campi e trasferire la popolazione dentro case tradizionali, una soluzione che non può funzionare sempre.
Così i tentativi si sono spesso rivelati fallimentari: gli insediamenti, semplicemente, venivano spontaneamente ricostituiti da qualche parte. «Non si può negare un substrato culturale forte e radicato. Si deve ripensare il campo, renderlo più vivibile, ma si deve anche rispettare un bisogno abitativo diverso e più consono alla tradizione», ha spiegato a Lettera43.it Maurizio Pagani.

RIFIUTANO L’ASSIMILAZIONE.

Quello denunciato dalle associazioni è un tentativo di assimilazione che non può essere accettato da chi ha alle spalle secoli di persecuzioni.
Lavoriamo per una «convivenza pacifica e bella», ha detto Dijana Pavlovic, «rifiutando l’assimilazione». Ma la strada da percorrere è ancora lunga e difficile.

i luoghi comuni più diffusi contro i rom

una piccola mappa dei luoghi comuni contro i rom che sarebbero  tutti nomadi, ladri e “invasori stranieri”

(redatta da Raffaella Cosentini, su ‘la Repubblica’)

E invece rom e sinti sono in gran parte italiani, vivono in case e non nei campi, Il Consiglio di Stato ha dichiarato che non risulta un aumento dei furti legato alla loro presenza… le leggende nere su una minoranza

L’Italia è invasa dai rom. Le popolazioni romanì sono la più grande minoranza europea con 12 milioni di persone in tutto il continente. Il Paese dove sono più numerosi è la Romania, con un milione e 800mila rom. In Spagna ci sono 800mila rom, in Francia 400mila. In Italia si stima la presenza media di circa 150 mila rom, pari allo 0,23% della popolazione. Un piccolo numero sia in termini assoluti che relativi.

I rom sono nomadi e amano vivere nei campi. Oltre il 90% di quelli che vivono in Italia ha abbandonato da decenni la vita nomade ed è ormai stabile. Su 150mila, solo 40mila vivono nei campi (secondo un’indagine della Commissione Diritti umani del Senato). La maggioranza abita in case.

Devono tornare a casa loro. Le popolazioni romanì sono presenti in Italia da oltre 6 secoli. Secondo il ministero del Lavoro, nel 2010, il 50-60% dei rom presenti erano cittadini italiani. Degli altri, una grossa fetta è costituita da comunità giunte in Italia  negli anni 90, dopo la dissoluzione dell’ex Jugoslavia. Sono profughi delle guerre balcaniche che non possono dimostrare la loro identità, perché privi di documenti validi e devono essere considerati, per lo più, apolidi di fatto. Ormai anche loro sono stanziali e i loro figli spesso sono nati in Italia. I restanti sono romeni e bulgari, quindi comunitari immigrati regolari.

Rapiscono i bambini. Una ricerca a cura di Sabrina Tosi Cambini dell’Università di Verona smonta lo stereotipo della “zingara rapitrice”. Su tutti i circa 30 casi riportati dall’Ansa fra il 1985 e il 2007 non c’è alcun rapimento di minori a opera di un gruppo rom o sinto. Tutte le denunce sembrano riproporre una leggenda metropolitana. Esiste un unico caso in cui una giovane rom è stata condannata dai giudici per tentato rapimento di una bambina. E’ la controversa vicenda di Ponticelli, sfociata a maggio 2008 nell’assalto e nell’incendio del campo rom da parte dei residenti e di uomini legati ai clan della camorra. Ma non c’erano altre prove se non la testimonianza della madre della bimba e dei suoi parenti. All’opposto, tra i rom è diffusa l’idea che siano i gagè (cioè i non rom) a portargli via i figli. La seconda parte della ricerca, curata da Carlotta Saletti Sanza, afferma che negli ultimi dieci anni, 200 bambini sono stati tolti alle famiglie rom per essere dati in affidamento. Il pregiudizio che i bambini rom siano sicuramente maltrattati dalle loro famiglie è diffuso anche tra gli operatori sociali  e del diritto. A Roma, in occasione degli sgomberi dei campi non autorizzati, le donne rom dovevano scegliere tra  avere la famiglia divisa oppure vedersi portare via i minori. E’ quanto afferma una ricerca dell’Osservatorio sul razzismo e le diversità “Favara” dell’Università di Roma Tre. La prova è in un documento che gli operatori sociali della Sala Operativa Sociale del Comune di Roma facevano firmare alle donne rom trovate con i loro bambini in questi insediamenti. Si potevano barrare due caselle, vale a dire accettare l’accoglienza in una struttura del Comune soltanto per donne e bambini, senza i padri. Oppure rifiutare di separarsi, ma in questo caso, una clausola specifica stabiliva che se la stessa madre fosse stata ritrovata in un altro campo abusivo, sarebbe stata avviata la procedura per affidare i bambini a una casa famiglia.

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Hanno troppi privilegi. Da una relazione sulla situazione dei rom in undici Stati membri pubblicata dall’Agenzia dei diritti fondamentali dell’Ue risulta che un rom su tre è disoccupato e il 90% vive al di sotto della soglia di povertà. Molti si scontrano quotidianamente con pregiudizi, intolleranza, discriminazioni ed esclusione sociale.
In Italia la percentuale dei minori rom e sinti al di sotto dei 16 anni (45%) è tre volte superiore rispetto alla media nazionale (15%) per lo stesso gruppo di età. Si tratta quindi di un popolo di giovani, con alta natalità ma basse aspettative di vita. La percentuale degli ultrasessantenni (0,3%) corrisponde a circa un decimo della media nazionale per lo stesso gruppo di età (25%). Questo a causa delle precarie condizioni di vita. Dalla prima indagine voluta dalla Commissione Diritti Umani del Senato è emersa la reticenza a dichiararsi rom. Questo a causa della “generalizzata tendenza a legare all’immagine dei rom e dei sinti, ogni forma di devianza e criminalità”.  Totalmente rimosso dalla memoria collettiva è il “Porrajmos”, lo sterminio rom durante la seconda guerra mondiale, così come la deportazione dei rom italiani nei campi di concentramento.

Sfruttano i minori.  Il libro Bambini ladri  –  tutta la verità sulla vita dei piccoli rom, tra degrado e indifferenza di Luca Cefisi, ex consulente della Presidenza del Consiglio esamina la “condanna collettiva” che colpisce i rom, visti dalla società maggioritaria come “incessantemente dediti al furto e allo sfruttamento dei loro figli”.  Per reazione al rifiuto esterno, questa comunità si rifugia nella famiglia, che è la risorsa contro il resto del mondo. Non si può generalizzare, ogni famiglia è diversa. Quello che emerge è che l’isolamento delle comunità rom segregate nei campi conserva la vecchia mentalità. I rom e sinti italiani, ad esempio, non usano più i minori per attività non legali. Nei quartieri ghetto, come in Calabria, è la criminalità italiana a reclutarli.
Nei campi rom esiste ancora l’uso dei minori in attività di acquisizione del reddito per la famiglia. Un esempio è chiedere l’elemosina, il ‘mangèl’. Ma esistono differenze: c’è chi lo fa per necessità materiali estreme e vive come una vergogna l’impiego dei bambini, ma ci sono anche i casi in cui lo sfruttamento può essere fermato solo dall’intervento della polizia. La scuola da sola non basta. E’ solo quando i genitori trovano un lavoro più stabile che certi comportamenti si interrompono. Scuola, casa e lavoro devono andare insieme.

I rom rubano.  Anche in questo caso non si può generalizzare. Il Consiglio di Stato ha dichiarato illegittima l’emergenza nomadi decretata dal precedente governo perché non che non c’è effettivo “pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica” quando in un territorio ci sono insediamenti nomadi. L’emergenza, scrivono i giudici, non è supportata da dati, che ad esempio dimostrino l’incremento di determinate tipologie di reati a causa della presenza dei rom. Come poteva essere per i baraccati italiani degli anni Sessanta raccontati da Pier Paolo Pasolini, la mancanza di istruzione e di accesso al mondo del lavoro, reso più difficile dai pregiudizi, sono le cause della devianza. La minoranza rom in Italia è tra le più emarginate d’Europa. In molti altri Paesi europei non è raro avere dei rom laureati.  Al contrario, nel nostro Paese, sono molti i minori rom che hanno avuto problemi con la giustizia. Una ricerca dell’associazione Geordie Onlus dice che nel 2006 sono stati 2384 i minori non rom passati dai Centri di giustizia minorile nelle regioni centrali italiane e 1434 i minori rom, percentuale alta rispetto al numero assoluto di questa minoranza sul resto della popolazione. “Un altro dato significativo”,  scrive Cefisi nel suo libro, “è che i ragazzi rom rimangono di più in carcere, al contrario della vox populi che li vuole impuniti”. Il motivo: chi non ha casa e denaro non ha una buona difesa legale, né ottiene le misure alternative al carcere.

a proposito della provocazione di Salvini: 10 punti intelligenti di S. Bontempelli

 

Matteo Salvini aggredito in campo rom: le immagini da Bologna

Brutta giornata per Matteo Salvini e alcuni militanti della Lega Nord: in visita al campo nomadi di via Erbosa, a Bologna, i leghisti non hanno avuto neppure la possiiblità di entrare all’interno del campo: poco prima dell’arrivo di Salvini, i militanti già giunti sul posto per chiederne la chiusura, sarebbero stati insultati da alcuni giovani appartenenti ai centri sociali – circa cinquanta -, che li avrebbero invitati ad andarsene.

Quando è arrivato Matteo Salvini, l’attuale segretario della Lega Nord, la sua auto sarebbe stata colpita con calci, pugni e sassate. Alcuni giovani dei centri sociali sarebbero anche saliti sul tetto della macchina e si sarebbero vissuti momenti di grande tensione, tanto che il parabrezza del mezzo è stato spaccato del tutto, come si può vedere dalle foto postate da Salvini su Facebook e Twitter.

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Alla fine Salvini e i suoi hanno deciso di allontanarsi e di non entrare nel campo rom mentre alcuni ragazzi dei centri sociali avrebbero dichiarato che l’auto del segretario si sarebbe fatta largo fra di loro, investendoli di proposito. E la denuncia di quanto accaduto arriva proprio sui social: Matteo Salvini non ha risparmiato dettagli – conditi da immagini e commenti molto duri – su quanto accaduto. L’europarlamentare ha poi ringraziato la città di Bologna, ricordando come poche decine di persone non possano rapresentare tutta una comunità. 

 questi più o meno i fatti: mi piace riportare, per un’utile riflessione su questi, i 10 punti, le ‘dieci cose’ che propone intelligentemente S. Bontempelli non appena essi sono uccessi:

Dieci cose a proposito della violenza (e della macchina di Salvini)

domenica 9 novembre 2014

1) Io sono contrario all’uso della violenza perché la giudico un atto egoistico; solitario; in estrema sintesi un atto da imbecilli perché conduce sempre a risultati contrari all’ideale di partenza (quando l’ideale c’è, perché spesso non c’è neppure quello).

2) Si può discutere se accogliere Salvini in quel modo sia stato intelligente oppure no. Secondo me, ad esempio, è stata una stronzata gigantesca.

3) Quella stronzata ha fatto godere Salvini come un riccio in calore, ben sapendo che quel casino gli è valso più di diecimila manifesti elettorali (e due punti percentuali in più).

4) I ragazzi dei centri sociali sono stati coscientemente investiti dalla macchina di Salvini e solo per un miracolo che ancora non mi spiego non ci sono rimasti sotto.

5) Salvini mente quando dice che la macchina ha accelerato perché gli avevano rotto i vetri. I vetri sono stati rotti dopo per la rabbia di essere stati vittime di una manovra pericolosissima.

6) Qui c’è il mio video sulla giornata di ieri e se non l’avete già visto, guardatelo: http://youmedia.fanpage.it/video/aa/VF5hu-SwH6buFthy.

7) Se la macchina non avesse accelerato cosa sarebbe successo? Questo non si può sapere. Io posso dirvi quello che avrei fatto io: non avrei accelerato. Mai. Neanche se la mia macchina fosse stata circondata da un gruppo di sentinelle in piedi (o di Forza nuova, tanto le due cose spesso coincidono). E non avrei mai accelerato perché la mia automobile, o uno schiaffo che avrei potuto prendere, non valgono la vita di chi mi sta di fronte (neanche se è di un demente di Forza nuova).

8) Io cosa avrei fatto ieri al posto dei ragazzi dei centri sociali? Bella domanda. Forse mi sarei vestito da pagliaccio con le mutande in capo come contraltare a chi davvero è ridicolo ancorché inquietante: Matteo Salvini.
PS. è lo stesso abbigliamento con cui andai al G8 di Genova nel 2001.

9) Spaccare il vetro a una macchina è un atto violento. Essere pagato ventimila euro al mese per fare una passeggiata contro gli ultimi della terra, intorno alle loro baracche, arrivando con un’automobile che costa cinque volte la loro abitazione, è un atto infinitamente più violento. Il secondo non giustifica il primo, per carità, ma avere una scala di valori può essere utile per non trovarsi sempre a dare ragione al più forte solo perché è più facile.

10) Sì, i Rom sono gli ultimi della terra anche se qualcuno di loro ruba oppure si veste strano oppure è insistente, anche molto insistente, nel chiedere l’elemosina. Del resto gli ultimi sono sempre un po’ fastidiosi, come i malati o i bruttissimi, perché ci ricordano l’altra faccia dell’essere umano. Ci ricordano quello che noi non siamo per un caso e quello che loro sono, forse, anche perché noi non facciamo abbastanza perché le cose cambino.

 

 

“quelle bidelle rom non le vogliamo”

 

Cagliari, mamme in rivolta per due bidelle rom: “Non le vogliamo a scuola coi nostri figli”

una ‘integrazione’ dei rom solo promessa

Rom, l’integrazione è in salita

Ilaria Sesana
Non è cambiato nulla, l’Italia resta il paese dei campi rom. A oltre 30 mesi dall’avvio della Strategia nazionale per l’inclusione dei rom presentata dal governo alla Commissione europea «permane un approccio emergenziale, continuano gli sgomberi e va avanti la politica dei campi». La denuncia proviene dall’Associazione 21 luglio che ieri, a Milano, ha presentato il rapporto “La tela di Penelope”, monitoraggio della società civile sull’inclusione dei rom. Tema attualissimo. Pochi giorni fa a Borgaro, cintura torinese, gli atti di teppismo sul bus dei ragazzi del grande campo dell’Aeroporto hanno spinto il sindaco del Pd a chiedere all’azienda trasporti un autobus solo per loro, suscitando polemiche.

All’indomani dell’approvazione, il 24 febbraio 2012, la Strategia era stata accolta positivamente da diversi attori della società civile perché segnava un’importante discontinuità rispetto al passato. In primo luogo, si esprimeva per il superamento della prospettiva emergenziale, dell’approccio assistenzialista, e della soluzione dei “campi nomadi”, e si proponeva di promuovere la partecipazione. Ma il bilancio tratteggiato dalla “21 luglio” presenta molte ombre. «La Strategia – spiega il presidente Carlo Stasolla – si percepisce come una meta irraggiungibile, simile alla tela di Penelope: nei propositi mattutini si cuce, nelle azioni concrete si disfa».

A parole si prospetta la fine dei campi, nella pratica «sono stati costruiti, progettati o sono in fase di realizzazione 20 nuovi campi rom in tutta Italia», sottolinea Stasolla. Tra questi il progetto approvato il 15 maggio scorso dal Comune di Napoli a Scampia, da finanziare con 7 milioni di euro. In base al rapporto, la situazione segregante degli insediamenti formali e informali riguarda circa 40mila rom e sinti ed essa «continua a caratterizzare la geografia di molte aree urbane».

A Milano i campi autorizzati sono passati da sette a cinque (chiuso via Novara, in via di chiusura quello di via Martirano) mentre una quindicina di accampamenti abusivi sono stati sgomberati in città e aree limitrofe. «Aree e campi che esistevano da molto tempo, sono stati chiusi e non più occupati – sottolinea l’assessore alla sicurezza, Marco Granelli – e a tutti gli occupanti offriamo la possibilità di avviare un percorso all’interno dei due centri di emergenza sociale, senza separare le famiglie». Nelle strutture di via Lombroso e via Barzaghi i rom hanno la possibilità di restare sei mesi: gli adulti seguono un percorso di integrazione, i bambini vanno a scuola. «In questi due anni abbiamo accolto 733 persone, circa 500 sono usciti – spiega Granelli – e, di questi, 225 hanno iniziato percorsi di integrazione mentre gli altri, purtroppo, hanno avuto esiti negativi».

Il rapporto evidenzia come sia continuato l’approccio emergenziale al fenomeno: malgrado le promesse, gli sgomberi non si sono mai fermati e restano i megacampi. A Roma, sotto la giunta di Ignazio Marino, ci sono stati ben 37 sgomberi, con un costo medio di 1.250 euro a persona. Mentre per la gestione degli 11 insediamenti capitolini si sono spesi 24 milioni di euro nel 2013. «Programmi e attività – si legge nel rapporto – registrano un ritardo generalizzato e l’assenza di indicazioni per la traduzione in chiave operativa degli indirizzi della Strategia». Altro elemento critico: la partecipazione dei rom risulta solo formale a livello nazionale ed è scarsa a livello locale.

Le conclusioni avanzano diverse richieste al premier Matteo Renzi. Su tutte il riconoscimento dei rom come minoranza nazionale, la promozione di politiche abitative non discriminatorie per superare i grandi campi monoetnici delle periferie. «È urgente affrontare questa tematica – sottolinea don Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità – la situazione è sempre più difficile e bisogna agire presto per evitare che i rom diventino capro espiatorio di tanti problemi».

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pregiudizi italiani

 

Quei pregiudizi su stranieri, mendicanti, rom

di Massimo Calvi
23 ottobre 2014

bambino rom

 

 

Più di un italiano su tre se incontra un arabo in aeroporto teme che possa trattarsi di un terrorista. Quattro italiani su cinque, invece, si mettono la mano al portafoglio se una “zingara” sale sull’autobus. È l’effetto del pregiudizio, o meglio, di quello che la narrazione collettiva trasmette alle persone, spingendole a costruirsi un’immagine degli altri diversa da quello che l’esperienza individuale ha detto loro. Ed è proprio in questo margine, tra ciò che ci hanno raccontato e ciò che abbiamo vissuto, che si annidano i germi dei pregiudizi, della discriminazione, dell’intolleranza e persino della violenza. Ma perché tutto possa detonare, arrivando al peggio, ci vogliono altri ingredienti, e uno di questi è rappresentato dalle emozioni: come la paura, l’insicurezza, l’invidia. È questo il percorso che porta ad esempio a provare antipatia per rom e tossicodipendenti, a esprimere atteggiamenti ostili verso i migranti, o non rispettosi nei confronti degli omosessuali, a discriminare una donna sul lavoro. Ad analizzare il rapporto tra gli italiani e le discriminazioni è una rilevazione demoscopica condotta per Famiglia Cristiana da Swg, e che viene presentata oggi in occasione del lancio della campagna sociale “Anche le parole possono uccidere”, cui aderiscono pure Avvenire e la Federazione dei settimanali cattolici. Ad emergere è molto più di una classifica di chi piace e chi no. Gli italiani dicono di provare “simpatia” per i giovani, le donne, gli anziani, i poveri, gli uomini, i cristiani e i meridionali. Sembrano essere “neutri” in rapporto a settentrionali, persone di colore, magri, omosessuali, persone molto grasse ed ebrei. Decisamente “antipatici” risultano invece i ricchi, i musulmani e chi chiede la carità, mentre a un livello inferiore si trovano rom e sinti e i tossicodipendenti. “Zingari” e “drogati” sono dunque le categorie che più procurano disagio: il 70% avrebbe problemi a cenare con un tossicodipendente, il 66% con un rom, il 74% si sentirebbe urtato dall’avere un “tossico” vicino di casa, il 70% un rom. Grossi problemi anche con extracomunitari e musulmani: 4 su 10 preferirebbe non averli come vicini di casa e circa uno su tre (28% e 33%) proverebbe disagio se li avesse come colleghi di lavoro. Passando al piano personale, il quadro non cambia molto: il fidanzato da evitare per la figlia? Il tossicodipendente (82%), il rom/sinti (72%), il musulmano (69%), un uomo più anziano (58%), un’altra donna (54%), un extracomunitario (50%). A colpire è anche un altro aspetto: la differenza tra la discriminazione percepita e quella realmente vissuta. Per l’87% degli intervistati, ad esempio, in Italia ci sono diffusi atteggiamenti discriminatori legati alle preferenze sessuali e per l’83% alle origini etniche. Mentre il 66% si è sentito discriminato almeno una volta nella vita. Per che cosa? Condizione economica (40%), motivi estetici (36%), peso (35%) e genere (34%). L’indagine ha poi messo in luce che le persone che fanno riferimento ai valori della patria e della tradizione cattolica sono molto più tolleranti della media, salvo nel caso degli omosessuali. Tollerante è anche chi asserisce di credere molto nel valore della scuola e della formazione. A produrre ostilità verso i migranti sono invece il senso di insicurezza e la percezione di essere esclusi dalla società. Insomma: la discriminazione non trova terreno fertile dove ci sono cultura ed educazione, prolifera quando a dominare sono le difficoltà e le paure individuali.

 

‘autobusseparazione’ o ‘autobusapartheid’

 

Borgaro: autobus separati italiani/rom, proposta della giunta di sinistra

18343Due autobus per uno stesso percorso
Uno – il 69 – che dalla torinese Piazza Stampalia esce dalla città e fa capolinea a Borgaro Torinese, senza fermarsi davanti al “campo rom”. L’altro che fa da navetta tra il “campo” e il capolinea, ossia la piazza del capoluogo piemontese. E’ la proposta che il sindaco di Borgaro Torinese ha avanzato alla ditta di trasporti Atm.
“Così si risolverà il problema”
“Non mi chiamate razzista”

Claudio Gambino, sindaco Pd di Borgaro Torinese, cittadina da 15mila abitanti nell’hinterland del capoluogo piemontese, ha annunciato che chiederà l’istituzione di una linea separata di bus per i residenti del campo nomadi alle porte del comune. Il motivo? “Una ragazza di 13 anni è stata aggredita da due ragazze rom mentre andava a scuola”, spiega il sindaco. Per i residenti del campo, la possibilità di un mezzo di trasporto separato è solo l’ennesimo segno dell’apartheid in cui vivono. “Se succede qualcosa è sempre colpa dello zingaro”, si sfoga un giovane rom che cita un recente caso di cronaca: l’allarme scattato per il presunto rapimento di una bambina e le accuse che erano subito cadute su due nomadi. “La piccola non era stata rapita -c ontinua il ragazzo – il padre si era inventato tutto. Noi ci siamo integrati nella società italiana, ma continuano a non accettarci”

“Non è razzismo, è soltanto un modo per risolvere un problema che va avanti da troppo tempo”,

fa eco al sindaco Luigi Spinelli, assessore ai trasporti di Sel e membro della stessa lista civica. I problemi a cui fanno riferimento sono i furti, le molestie, le intimidazioni che i cittadini subirebbero da parte dei rom. Una situazione che le persone lamentano da tempo, e che ha portato l’amministrazione a sperimentare per un tempo limitato – e senza miglioramenti – l’intervento dei vigili urbani a bordo dell’autobus.
“La proposta è giunta in seguito alle lamentele dei passeggeri del 69, scocciati dal comportamento spesso aggressivo di alcuni ragazzini rom, che infastidivano i passeggeri tanto da richiedere l’intervento dei vigili urbani a bordo dell’autobus”, spiega l’associazione AIZO in un comunicato stampa (link).
Non è dato sapere esattamente in che cosa i comportamenti aggressivi sarebbero consistiti. In ogni caso, si risolveranno con una separazione che ricorda troppo da vicino altri tempi?

“Quando si tratta di politiche sociali non bisogna nascondere il problema o accantonarlo, dando così luogo a situazioni di segregazione che non fanno altro che aumentare il conflitto tra la comunità rom e gagè – affermano i membri di AIZO – ma è necessario cercare di risolverlo lavorando sul senso di appartenenza e sul rispetto reciproco, tramite l’applicazione della legge e non attraverso misure punitive e razziste”. Secondo l’associazione, provvedimenti come quello proposto a Borgaro creano una diffidenza sempre maggiore verso persone già separate dal resto della comunità e contro i quali la stigmatizzazione è ampiamente presente: “Ricordo che poco tempo fa un uomo di Borgaro ha accusato i rom di avergli rapito il figlio, notizia che si è poi rivelata essere una bufala”(ne abbiamo parlato qui), evidenzia Carla Osella, presidente di A.I.Z.O.
Le scelte politiche, locali come nazionali, tendono spesso ad acuire il senso di fragilità e di non appartenenza dei rom: si pensi, ad esempio, alla creazione dei “campi”, luoghi recintati e sorvegliati previsti esclusivamente per i cittadini rom (per un’analisi si veda il rapporto Segregare costa). Misure che contrastano con quanto sarebbe in realtà necessario, ossia dialogo, confronto e percorsi di inserimento socio-lavorativo, come sottolineato da Osella: “Credo che la soluzione più efficace al problema debba essere la costruzione di un ponte di mediazione tra l’amministrazione comunale di Borgaro e le famiglie rom di strada Aeroporto”.
 

i rom ghettizzati nei ‘campi’

«Chiudere i campi rom perché sono solo ghetti»

Convegno di Amnesty International per promuovere politiche di inclusione
Presentato il docufilm “Container 158” di Stefano Liberti ed Enrico Parenti

il gruppo sassarese di Amnesty International, l’Università di Sassari, la Caritas locale e le Associazioni 21 luglio e Inthum hanno organizzato nei giorni scorsi il convegno “sulla pelle dei rom” che, analizzando le condizioni di vita dei rom nei campi della zona e nel resto dell’Italia, è arrivato alla conclusione della opportunità della chiusura di questi campi perché generatori di marginalità e impedimento per una vera inclusione

sarebbe interessante sapere quali proposte in positivo e nel rispetto vero della cultura e delle opzioni personali dei singoli rom sono state proposte: ma ciò per ora non è dato sapere:

 I campi rom devono essere chiusi, perché finché i rom vivono nei campi non ci può essere inclusione. Questo il punto d’arrivo del convegno “Sulla pelle dei Rom”, che si è svolto martedì nell’aula magna del Dipartimento di Scienze umanistiche e sociali dell’Università. L’evento – organizzato dal gruppo Amnesty International di Sassari con il laboratorio Foist dell’ateneo sassarese, l’associazione Inthum, la Caritas turritana e l’Associazione 21 luglio – si è concluso con il proposito di riunire associazioni e istituzioni in uno sforzo comune verso il superamento dei campi rom.

La serata si è aperta con la proiezione del docufilm “Container 158” dei registi Stefano Liberti ed Enrico Parenti, presente all’incontro. La pellicola racconta la vita nel campo rom di via Salone a Roma, il più grande d’Europa. I problemi sono gli stessi che si ritrovano in tutti i campi rom, ai margini delle città. Luoghi dove si riproducono tutte le dinamiche del ghetto: difficoltà di raggiungere il centro della città e le scuole, isolamento, impossibilità di integrazione.

Riccardo Noury, portavoce della Sezione italiana di Amnesty, ha parlato della discriminazione dei rom in Europa. Dodici milioni di persone, la più grande minoranza del vecchio continente, a cui vengono negati i diritti fondamentali. «Quello che non è messo in discussione è la costruzione di politiche anti rom, che è una costante dell’Unione Europea – ha detto – non è stata mai aperta una proceduta di infrazione nei confronti dei Paesi che non rispettano i diritti dei rom. Amnesty International chiede che ne venga aperta una contro l’Italia per gli sgomberi forzati. In più, l’Italia è l’unico paese dell’Unione Europea nel quale come soluzione abitativa per i rom viene unicamente proposto il campo». Della nascita dei campi rom in Italia e della necessità del loro superamento ha parlato Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio.

Don Gaetano Galia, direttore della Caritas Turritana, ha parlato della situazione dei rom in Sardegna, facendo il punto su Cagliari, Alghero e il campo rom di Sassari a Piandanna, dove abitano 137 rom divisi nelle due comunità musulmana e cristiano-ortodossa. Il primo passo per cambiare le cose però, deve partire dalla sensibilizzazione: «La discriminazione nasce dalla negazione dell’identità dell’altro, dalla pretesa di cambiarlo, dalla nostra abitudine di etichettare le persone – ha detto don Galia –. Noi non ragioniamo più in termini di fratellanza, ma la persona umana è unica e questo è il punto di partenza».

una mamma rom di Pisa racconta

rom ruba bambini

 

 

anche questa è la città di Pisa oggi

un episodio di ordinaria e ‘normale’ discriminazione nei confronti dei rom

 

l’orco cattivo e la nostra luce

 

Era proprio una bella giornata, finalmente un bel sole dopo tanta pioggia, ma il sole mi brillava anche dentro. Quella mattina mio marito mi aveva illuminato, una bella notizia dopo un’ attesa di tanti anni, di delusioni e pianti, finalmente i nostri figli potranno riabbracciarlo presto a casa.

Non vedo l’ora di tornare a casa per dirlo agli altri. Papà a giorni tornerà a casa.

Prendo il bus che mi porta alla stazione, con me c’e’ anche mia figlia di 7 anni, sul mezzo ci sono 3 controllori. Da uno di loro compro il biglietto, a mia figlia non chiede niente e’ ancora piccola.

C’e’ tanta gente, io e mia figlia rimaniamo in piedi, ma non sento la fatica perché sono felice.

Osservo la gente che scende e sale alle fermate. Presso la fermata del mercato, ancora tanta gente che sale, vari di questi, appena si accorgono dei controllori subito scendono. E’ una scena che mi fa ridere, perché erano tutti italiani quelli che scappano alla vista dei controllori. Dentro di me penso che la colpa e’ della crisi economica, e rido pensando che a Pisa pare che solo i Rom non vogliono pagare il biglietto: allora stiamo diventando veramente uguali, e’ l’integrazione raggiunta!

Nel gruppo appena salito riconosco una giovane mamma Rom con suo figlio, e’ più piccolo della mia. E’ stata al mercato, infatti porta con se alcune borse della spesa. Il controllore le chiede il biglietto che lei gli mostra. Ma secondo lui e’ scaduto, la Rom ribatte che invece e’ ancora valido perché il tempo non era ancora scaduto. Infatti dopo il controllo risulta ancora valido. Bene, e’ proprio una bella giornata penso dentro di me: una rom viene trovata con il biglietto in regola. Ma ecco, che il controllore ribatte che anche il bambino deve pagare il biglietto. “Ma come? Lui e’ ancora piccolo. Mai ho pagato l’autobus per lui”. Risponde prontamente la giovane mamma Rom. Subito mi si stringe il cuore, perché mia figlia avrà di sicuro due anni piu’ del suo. Perché allora, lo stesso controllore non me l’ha fatto pagare, come all’altra mamma italiana con la figlia di dodici o tredici anni, salita qualche fermata prima? Intanto la discussione tra i due si e’ accesa e come altre volte e’ successo qui a Pisa, tocca ai Rom subire la prepotenza del controllore, anche quando sono nel torto. Il piccolo spaventato comincia a piangere.. Molti passeggeri seguono la scena, ma nessuno interviene per difenderla..e’ una Rom, di certo non può aver ragione, sarebbe il colmo.

Vorrei farlo, ma un nodo alla gola mi impedisce di parlare, anch’io sono una Rom. Allora lo guardo fisso negli occhi con po’ di rabbia e non abbasso lo sguardo, perché disapprovo il suo comportamento ingiusto e cattivo verso noi Rom. Seguono le solite minacce: chiamare la polizia o fermare l’autobus chiudendo le porte..alla fine arriva la multa di 40 €. Ma questo e’ un vero abuso, penso dentro di me..e la gente starsene in silenzio, indifferente a smaneggiare il loro telefonino.

Anche questa e’ la città di Pisa oggi. Mia figlia ha paura degli orchi delle favole, il controllore un pochino gli assomigliava. Ma oggi e’ una bella giornata e il sole brilla dentro e fuori di noi due e l’orco cattivo non potrà mai oscurarla, poverino lui, non sopporta la luce del sole.

 

Ciao a tutti,

una mamma Rom di Pisa..

 

 

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