preghiera d’inizio C.C.I.T. 2018 in Belgio

CCIT 2018 Banneux

PREGHIERA ECUMENICA

06 aprile 2018

riunione alla reception dell’ Hospitalité

Nostra Signora di Banneux : la Vergine delle Nazioni !

Venuti da 18 nazioni differenti, eccoci riuniti ai piedi di Nostra Signora per camminare sotto la Sua protezione, verso Suo Padre che è anche nostro Padre. E in questo progredire ci sentiamo uniti con i nostri fratelli di differenti confessioni, in particolare gli Ortodossi e i Greco-cattolici che festeggeranno la Pasqua questa domenica, gli Zigani mussulmani che vengono a Banneux ogni 15 agosto ,ma anche i nostri fratelli zigani della Chiesa di Pentecoste che, come noi cercano Dio, questo Dio che è infinitamente più grande di tutte le nostre differenze e che ci unisce tutti in uno stesso amore, in una stessa gioia.

Nostra Signora di Banneux : la Vergine dei poveri !

I Viaggiatori e gli Zigani,Rom,Manush,Jenisch,Camminanti,Béas,questi indifesi

spesso malvisti ci accompagnano:sono al nostro fianco in questa preghiera come noi siamo al loro fianco nella vita quotidiana !

Nostra-Signora, ci mettiamo in cammino accompagnati e arricchiti da questi fratelli al di là delle frontiere religiose, politiche ed etniche. Noi ci sentiamo poveri con loro e ti raggiungiamo tutti insieme nell’affetto che portavi a tuo Figlio e che noi vogliamo magnificare ; Che questo pellegrinaggio di qualche istante sia l’immagine del nostro pellegrinaggio quotidiano verso la tua Bontà e la tua Bellezza !

Partenza verso la stele collocata dagli Zigani belgi.

Banneux e gli Zigani : è una relazione privilegiata che noi possiamo festeggiare in questo giorno che è anche quello della « Giornata mondiale degli Zigani ».

Nostra Signora, gli Zigani belgi furono tra i primi pellegrini a venire a raccogliersi per incontrarti e renderti grazie. Da anni ,continuano a venire regolarmente verso di Te.

E, prova che tu sei ben presente nel nostro tempo e i suoi molteplici problemi, ogni 15 agosto, numerosi Rom dell’Est,rifugiati ortodossi e mussulmani, vengono anche a dirti a modo loro e nell’espressione popolare della loro Fede, le loro sofferenze, le loro gioie e le loro speranze.

Dio Padre nostro, ci raccogliamo davanti a questa stele che gli Zigani belgi hanno posto vicino a tua madre per essere continuamente vicino a Lei . Che Lei sia e resti il punto saldo della loro Fede.

Tutti gli Zigani ci danno un esempio di adorazione e di prossimità con Te e con tua Madre. Aiutaci ad avere abbastanza umiltà e forza per seguire questo esempio.

Ci appropriamo un istante di questa stele per portare con loro la testimonianza del tuo amore per i più deboli.

Partenza verso la sorgente .

Durante una delle sue apparizioni, Nostra Signora ha domandato alla giovane Mariette Béco di rompere il ghiaccio in questo posto per far apparire la sorgente e immergervi le mani. Da allora, questa sorgente è venerata come simbolo di vita e decine di migliaia di pellegrini vengono anche loro a immergervi le mani.

Nostra Signora, quest’acqua che hai fatto scaturire qui è fonte di vita, è anche, per il Battesimo che abbiamo ricevuto, il simbolo della nostra Fede. Immagine dell’eternità, continua a scorrere ininterrottamente. Ci abbevera e ci nutre.

Intercedi presso tuo Figlio affinché ci dia la resistenza e l’audacia di proclamare il suo amore e di viverlo nell’abbondanza del cuore, giorno dopo giorno nella freschezza della sua eterna Risurrezione e nella novità che non finisce di illuminarci.

Nostra Signora con tuo Figlio e con Giuseppe, siete stati costretti a fuggire il disprezzo degli uomini e a diventare nomadi. Voi eravate già dei rifugiati che sono di troppo e che non trovano posto nella società. Tu hai conosciuto di persona il dramma del rigetto dei nomadi e dei migranti.

In questa terra in cui l’egoismo personale o collettivo soppianta spesso la giustizia siamo tutti un po’ migranti, nomadi alla ricerca della felicità , di un’isola di pace. In questo luogo in cui noi riceviamo l’acqua viva per condividerla, Tu ci accogli con tenerezza, Tu ci chiami per nome. Noi siamo a casa nostra nella tua casa.

Dio nostro Padre, noi immergiamo le mani in questa sorgente che ci rigenera ; aiutaci a comprenderne il simbolo della limpidità, aiutaci a integrare questa freschezza nella nostra vita per farne la linfa feconda del nostro accompagnamento degli Zigani.

Ognuno immerge le mani nell’acqua mentre si canta Ubi Caritas poi ci rechiamo alla cappella delle apparizioni.

Ci troviamo esattamente nel posto in cui, nel 1933, una bambina, Mariette Béco ha visto otto volte questa Signora che ha detto lei stessa di chiamarsi la Vergine dei Poveri, la Vergine delle Nazioni.

Già due anni dopo, degli Zigani sono venuti qui per confidare a Maria le loro pene, le loro sofferenze,le loro speranze.Al loro seguito e come loro, noi domandiamo a Nostra Signora di prenderci per mano e di condurci con la fiducia di un bambinoverso il tutto Amore ; Accendiamo la nostra candela in questo luogo di Luce !

Signore, il cammino sul quale tu ci inviti è un cammino di Luce ; Che la tua Luce, di cui questa piccola candela è un simbolo, ci aiuti a scoprirti giorno dopo giorno. L’hai detto Tu : sono i poveri e gli indifesi e non i saggi e i sapienti che capiscono il tuo messaggio di bontà;tu lo ripeti qui attraverso Maria. Dacci un cuore da poveri affinchè siamo capaci di scoprirti nel nostro cammino ,sul viso di tutti gli uomini

Maria tu sei stata all’origine e tu sei ancora il prolungamento, della venuta sulla terra di tuo Figlio e della sua perfetta solidarietà con tutti gli uomini, con ognuno di noi. Noi vogliamo ringraziarti d’aver accettato liberamente di essere l’indispensabile strumento dell’Incarnazione.

Noi ti ringraziamo, preziosa Nostra Signora !

Signore,per servirti meglio,per due giorni rifletteremo sulla Fede popolare, la Fede ordinaria che, anche se è imperfetta, è uno sguardo verso di Te.

Che questa riflessione sia preghiera e noi ti domandiamo di accettare già la Fede semplice e ordinaria , quella di molti Zigani e spesso la nostra , di benedirla e di renderla feconda per l’onore del tuo nome !

Nostra Signora tu hai innondato di tenerezza la vita di tuo Figlio, una tenerezza che fu nello stesso tempo gioia,inquietudine e sofferenza poichè tu l’hai accompagnato fino al suo Calvario affinchè « tutto sia compiuto. » Questo stesso sguardotenero, tu lo porti anche su ciascuno di noi ,noi rispondiamo spesso molto imperfettamente, ma vogliamo dirti qui molto semplicemente, con tutta la sincerità e la forza della nostra povertà:

GRAZIE, Maria !

Canto : Nostra-Signora dei Gitani

Ritornello : Veglia su di noi Santa Maria O Nostra Signora dei Gitani(bis)

Tu che Gesù scelse come Madre

Tu l’hai seguito fino al calvario

Resta con noi nella vita Santa Maria.

Vedi la nostra pena e la nostra miseria

che ci portiamo dietro su questa terra

Resta con noi nella vita Santa Maria.

Con Gesù la liberazione

Nel nostro cuore vive la speranza

Resta con noi nella vita Santa Maria..




la fede del popolo rom – in Belgio il C.C.I.T. sulla pietà popolare vissuta dai rom

il C.C.I.T. 2018 nella ‘Lourdes dei rom’ a Banneux, in Belgio

la religiosità popolare vissuta dai rom

“la pietà popolare, culto e devozione”

Nel santuario di Banneux, il più grande santuario mariano del Belgio, ha avuto luogo – dal 6 all’8 aprile 2018  con la partecipazione di circa 120 persone animatrici della pastorale tra i rom e i sinti, rappresentative di 18 paesi europei – il 41° C.C.I.T. (Comitato Cattolico Internazionale per l’evangelizzazione del popolo Zingaro) – in coincidenza della giornata mondiale dedicata dall’ ONU al popolo rom.

Il santuario di Banneux è meta annuale di tanti rom, provenienti soprattutto dai paesi dell’est europeo da diversi anni in pellegrinaggio devoto – ogni 15 di agosto – a ‘Nostra Signora di Banneux la Vergine dei poveri’, la ‘Madonna dei rom’, nella ‘Lourdes del Belgio’.

‘La pietà popolare, culto e devozione’ dei rom e dei sinti è stata la tematica che ci ha visto dialogare e riflettere in accoglienza rispettosa e grata dei segni di autentica fede che, a saper leggere nella sua vita quotidiana, ci vengono spesso da questo popolo. Segni e messaggi che  – come la nostra religiosità considerata dai noi più strutturata, ‘seria’, istituzionalizzata e significativamente ritualizzata ma pur sempre, a ben riflettere, mescolata a tanti aspetti di ‘magia’ e superstizione – ci vengono da loro e utili a rendere più autentica anche la nostra fede.

Il pomeriggio del 6 aprile il C.C.I.T. si è aperto, come da programma, con un reciproco saluto e accoglienza amichevoli di tanti amici venuti da lontano e con la cena conviviale.

La consueta ‘preghiera introduttiva’ ai lavori di riflessione e dialogo è stata animata dal gruppo pastorale del Belgio, con una caratteristica e suggestiva processione aux flambaux alla statua della Madonna dello stesso santuario, per concludere la serata con il consueto ‘bicchiere dell’amicizia’ che – come da suggerimento paolino – ‘laetificet cor hominis’.

La giornata del sabato 7 aprile si è aperta con i saluti formali in assemblea generale del gruppo animatore ospitante del Belgio cui ha fatto seguito il Messaggio del Consiglio Pontificio Vaticano presieduto dal cardinal Turkson (che sarà presente la domenica 8 aprile si lavori conclusivi del C.C.I.T.), ma letto da suor Alessandra dell’ufficio di tale Consiglio, e l’Introduzione dei lavori da parte del Presidente pro tempore del C.C.I.T., il sacerdote rom Claude Dumas.

Nella seconda parte della stessa mattina di sabato ha avuto luogo la presentazione da parte di p. Agostino Rota Martir di una serie di immagini col programma power point illustrative delle modalità semplici, essenziali, quotidiane che il popolo rom usa, con gesti, parole, formule, per esprimere e vivere la propria fede viva e sentita, ancorché lontana dai ‘circuiti tradizionali religiosi’.  Chi si accosta a questo popolo con occhi e orecchi ‘spirituali’ sa cogliere spazi inediti di culto e di fede ordinaria che fanno toccare con mano “quello che lo Spirito ha seminato nella loro vita”.

Quasi superfluo osservare quanto questa presentazione sia stata fortemente stimolante ed apprezzata. Stimoli e apprezzamento che hanno occupato i cosiddetti ‘carrefour’, i gruppi di studio diversificati per gruppi linguistici (data la da sempre presente la non indifferente difficoltà di intesa linguistica di ben 18 e più provenienze diverse).

Il pomeriggio del sabato ha tenuto occupato il C.C.I.T. con la conferenza del teologo Hans Geybels, insegnante alla facoltà di scienze religiose presso l’Università Cattolica di Lovanio, su “la fede ordinaria: sorprendentemente attuale!”.

Di grande importanza è apparsa a tutti la distinzione focalizzata dal relatore tra ‘fede’ e ‘superstizione’, superstizione che in ogni modalità di espressione religiosa (quella dei rom come anche quella nostra ancorché più formalizzata e istituzionalizzata) è inevitabilmente presente’:

“La differenza tra fede e superstizione è la seguente. Nella superstizione le persone pregano con precisi testi e seguono determinati rituali con l’intenzione di portare Dio dalla propria parte, di manipolarlo. Nella fede le persone pregano e praticano certi rituali restando ben consapevoli che questi non possono strumentalizzare Dio. Esse pregano per avere energia e forza, per ottenere qualcosa, ma tengono sempre in primo piano il ‘sia fatta la tua volontà … ‘.  In una pratica superstiziosa si è sempre convinti che se si rispetta perfettamente il rituale, si otterrà realmente ciò che si desidera”.

I Carrefour a seguito della relazione hanno cercato di approfondire e incarnare, anche autocriticamente, questo criterio fondamentale di carattere generale.

La celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo mons. Hoogmrtens e la serata festiva sono stati il più bel coronamento di questa densa giornata.

La domenica 8 aprile ha visto la dettagliata e puntuale descrizione della ‘situazione’ dei sinti e rom in Belgio e della attività pastorale e catechetica della chiesa locale da parte del relatore Pierre Deleu:

Leòn Tambour insieme alla moglie Elisa (ambedue da sempre attivi promotori e collaboratori del C.C.I.T. fin dalla nascita (quello di questo anno è il 41° C.C.I.T.) ci hanno presentato nelle sue linee essenziali la storia e la spiritualità del C.C.I.T. con le sue “difficoltà, problemi, dubbi e rotture” che nel suo nascere e cfrescere ha visto e vissuto, per diventare, nella sua maturità, uno spazio di AMICIZIA, di GRATUITA’, di LIBERTA’, la cui missione è ancora fortemente attuale perché trova ala sua radice nel vangelo:

“essere piccolissimo seme piantato con una gioia fraterna e una fiducia incondizionata, un seme che sarà tanto più fecondo quanto più è piccolo, fragile e discreto”

perché

“quello che è importante per il C.C.I.T. non è il C.C.I.T. in se stesso: sono gli zingari, la loro realizzazione nel nostro mondo”.

 

Le conclusioni del Presidente del C.C.I.T. Claude Dumas, l’eucarestia presieduta dal card. Turkson e la visita turistica di Liege hanno concluso il 41° C.C.I.T. dandoci tutti appuntamento al C.C.I.T. 2019 in Croazia (a meno di sorprese per un C.C,I,T. straordinario: ma come tutte le sorprese anche questa deve rimanere tale … se no che sorpresa sarebbe?!

 

 

 

 

 




l’intervento di p. Agostino R. Martir al C.C.I.T. 2018

 

 

 

 

 

C.C.I.T. 2018 – Banneux

 

la pietà popolare quotidiana dei rom

E’ possibile scoprire una fede ordinaria che i Sinti e i Rom vivono anche nella loro vita quotidiana, lontano dai circuiti tradizionali religiosi? Come valorizzare questa fede popolare, perché possa esprimere il meglio di sé e possa evangelizzare anche noi e le nostre comunità? Si tratta di una fede popolare più nascosta (come il santino tenuto nel portafoglio), ma non meno importante, anche se mischiata ai momenti diversi che essi vivono quotidianamente: momenti di gioia, di speranza, di dolore, imprevisti, tragedie, abbandoni, nuovi inizi ..dove ciò che sembra essere profano è avvolto da qualcosa di sacro o viceversa.. non sempre afferrabile a prima vista, al meno ai nostri occhi a volte ci sembra disordinato, a volte superstizioso, confuso appunto: poco catechizzabile” secondo i nostri parametri. E’ ’una fede popolare che scorre al di fuori dagli spazi privilegiati della “zona sacra, con le sue liturgie definite, con i suoi incaricati religiosi. Spesso la fede ordinaria dei Sinti e Rom è trasmessa da generazione a generazione e profondamente ancorata all’interno della famiglia, che nonostante i cambiamenti del mondo esterno, sembra mantenere la sua forza e originalità.

Papa Francesco, nella sua esortazione apostolica, Evangelii Gaudium dedica i paragrafi dal 122-126 alla “forza evangelizzatrice della pietà popolare”.

Seguirà ora la presentazione di un Power Point, dove attraverso delle immagini e frasi siamo invitati a osservare dei momenti di pietà polare dei Rom e Sinti, spazi di culto e di fede ordinaria si alternano, si mischiano. Tocca a noi far emergere nei nostri carrefour, quello che lo Spirito ha seminato nella loro vita, seguendo l’invito di papa Francesco:

Donna, la tua fede ti ha salvata! Va in pace e sii guarita dal tuo male”.

 

Detti- Frasi sulla religiosità Rom

 

  1. O Dol te ciol po milo petute / Che Dio metta la sua Misericordia su di te. (molto usato tra i rom, quando qualcuno è malato)
  2. O Dol si yec / Dio è uno solo. (la nostra vita è nelle sue mani)
  3. Vallay Billjai…Dio è grande in terra.
  4. O Dol taraciol tu/ Dio ti protegga.
  5. O Dol anglal tumen palal, jan e Devlesa / Dio avanti e voi dietro, andate con Dio…
  6. Pasciol Dol / giuro su Dio.
  7. Vavallay/ in nome di Dio dico la verità.
  8. Devla pomoji/ Dio aiuta.
  9. Devel dicma, Devel aracma/ Dio guardami, Dio proteggimi.
  10. O Dol sa diciol/ Dio tutto guarda.
  11. O Dol baro/ Dio è grande.
  12. O Dol te araciole taro giungalipe/ Che Dio ti protegga dal male.
  13. O Dol te aracol savren, napal amen/ Dio protegga gli altri, poi noi.
  14. O Dol, dol saborri/ Dio ci dona la pace.
  15. Devla iklav ce anavesa ani buci/ Dio esco con il tuo nome al lavoro.

 

 

  • La fede popolare nella vita ordinaria dei Rom e Sinti.
  • Frasi comuni sulla religiosità dei Rom.
  • Frase molto usata quando qualcuno è ammalato.
  • La benedizione sui figli.
  • Frase usata quando una famiglia ha dei problemi (carcere, morte, malattia..)
  • Quando qualcuno ci da qualcosa, noi prima ringraziamo Dio, poi chi ci aiuta.
  • Come augurio quando qualcuno parte da casa sua.
  • Frase che si dice al mattino, quando apriamo la porta di casa per uscire a lavorare.



relazione del teologo Hans Geybels al c.c.i.t. 2018 in Belgio

CCIT – Banneux 2018

La fede ordinaria : sorprendentemente attuale !

Hans Geybels

Terminologia

Un paradosso

1

2

Considerando con attenzione i diversi aspetti della fede ordinaria, si arriva rapidamente a comprendere perché essa sopravviva attraverso i tempi, compresi quelli postmoderni.

1. I gesti e i rituali

vissuto. Le autorità religiose ne segnalano il pericolo a partire dalla prescrizione:

. (n° 15 del Direttorio sulla religiosità popolare ecc http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/ccdds/documents/rc_con_ccdds_doc_20020513_vers-direttorio_it.html2001).

3

452. I testi e le formule

ordo fissato da un messale o da un breviario.

3. Il canto e la musica

4. Le immagini

Direttorio (errore nel francese, non è decreto!) – citando il diritto canonico – dà a questo riguardo istruzioni precise a causa delle esagerazioni del passato:

Poiché l’iconografia per gli edifici sacri non è lasciata all’iniziativa privata, i responsabili di chiese e oratori tutelino la dignità, la bellezza e la qualità delle immagini esposte alla pubblica venerazione, impedendo che quadri o statue ispirati da devozioni private di singoli siano imposte di fatto alla venerazione comune.(n° 18).

Di fatto, il controllo dipende sovente unicamente dal prete che ne ha la responsabilità. Di più: chi controlla i numerosi piccoli luoghi di culto popolare che sono interamente riempiti di questi oggetti di devozione?

5. I luoghi

6. I momenti

6. Fede e superstizione

1 Tervoort, O.c., pag. 25-26. Riguardo al fenomeno dei ‘huisaltaren’, si veda Margry, P.J. ‘Persoonlijke altaren en private heiligdommen. De creatie van sacrale materiële cultuur als resultante van geïndividualiseerde religiositeit,’ A.L. Molendijk (ed.) Materieel Christendom. Religie en materiële cultuur in West-Europa (Hilversum: Verloren, 2003) 51-78 in Idem, ‘Sakrale materielle Kultur in den Niederlanden der Gegenwart: Persönliche Altäre und private Heiligtümer,’ Rheinisches Jahrbuch für Volkskunde 35 (2004) 247-263.

2 Tervoort, O.c., pag.94

3 De Standaard van donderdag 26 oktober 2006. Sommige mensen specialiseren zich zelf in het uitvinden van nieuwe rituelen of in het stimuleren van mensen om rituelen te ontdekken die het best bij hen aansluiten: Carla Rosseels, Rituelen vandaag (Antwerpen-Baarn: Hadewijch, 1995) en Idem, Natuurrituelen: een innerlijke reis (Antwerpen: Houtekiet, 2004). Het gaat in die boeken eerder om rituelen bij ‘rites-de-passages’ en andere gebeurtenissen, dan wel om rituelen die typisch thuishoren in de context van het alledaags geloof. Wat dat laatste betreft, gaat er bij onderzoekers tegenwoordig meer aandacht naar het fenomeen van ‘nieuwe rituelen’ bij bijvoorbeeld rampen of ongelukken (cf. het plaatsen van zogenaamde bermmonumentjes). P. Post, A. Nugteren & H. Zondag, Rituelen na rampen. Verkenning van een opkomend repertoire, Meander 3 (Kampen: Gooi en Sticht, 2002 en hoofdstuk V, 6 (Formes semi-profanes et profanes) van Jean Chélini & Henry Branthomme, Les pèlerinages dans le monde à travers le temps et l’espace (Parijs: Hachette Littératures, 2004), 305-315.

4 W. Van Beek, Spiegel van de mens. Religie en antropologie (Assen: Van Gorcum, 1982) 37-42

5 Ibidem, 37-39




l’introduzione al C.C.I.T. 2018 del presidente Claude Dumas

CCIT ­­– Banneux 2018

INTRODUZIONE

Claude DUMAS

Non tornerò sui saluti e le parole di benvenuto pronunciate a monte, alle quali mi associo pienamente, ma solamente ringraziare, particolarmente il santuario di Banneux che mette a nostra disposizione le sue strutture per assicurarci un’accoglienza calorosa, e ringraziare anche i nostri amici Leon e Elisa Tambour insieme all’equipe che li accompagna.. organizzare un incontro del CCIT, anche se si ha una solida pratica, è sempre un’avventura, fonte di stress e di gioia..si, grazie a tutti.

La pietà popolare : culto e devozione

Per introdurre la conferenza del Sig. Hans Geybels, mi sono inspirato al passaggio della piscina di Betsaida in Giovanni 5.

Dopo queste cose, c’era una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. A Gerusalemme, presso la porta delle pecore, c’era una piscina denominata in ebraico Bethesda, con cinque portici, sotto questi stavano buttati per terra un mucchio di ammalati, ciechi, zoppi, paralitici. C’era un uomo che era malato da trentotto anni. Gesù, visto costui che stava per terra e saputo che già da parecchio tempo stava così, gli disse : « Vuoi guarire ? ». Il malato gli rispose : « Signore, non ho nessuno che mi butti nella piscina quando l’acqua si agita ; e mentre tento di andarci io, qualcun’altro vi scende prima di me ». Gesù gli disse : « Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina ». E subito l’uomo guarì. Prese il suo lettuccio : camminava ! Era, però, sabato in quel giorno.

Perchè Gesù era andato alla piscina di Bethesda ? Si sa che questa piscina era un luogo pagano dedicato ad Asclepio, il dio della salute. Correva voce che ogni tanto i malati guarivano. I Giudei devoti, scandalizzati nel vedere avverarsi delle guarigioni in un luogo pagano, dicevano che erano stati guariti non da Asclepio ma da un angelo del Signore. Dei credenti, poco scrupolosi sono venuti a cercare la guarigione nel tempio dei gentili.

A Bethsda, Gesù si trova in diverse periferie. E’ innanzitutto alla periferia della città poichè questa piscina si trova in una delle porte di Gerusalemme. Poi è alla periferia religiosa, poichè la piscina era un luogo dedicato al dio della salute. Nello stesso tempo è anche nella periferia umana perchè c’è tutto il rottame dell’umanità che si trova là : malati e marginali che non fanno altro che attendere..considerati come dei parassiti. E infine la periferia della morale perchè è il posto dove domina la legge del più forte, una specie di giungla dove non si accede all’acqua se non dribblando gli altri : « .. e mentre tento di andarci io, qualcun’altro vi scende prima di me. »

Questo posto era dunque conosciuto per i miracoli e improvvise guarigioni, la gente ne parlava, ma non ne era certa la fonte di queste guarigioni. Quando si è malati, noi siamo pronti a tutto per essere guariti : vedi i guaritori, gli incantatori, ci affidiamo a qualsiasi ciarlatano.

Qualunque sia la fonte delle guarigioni avvenute, Gesù viene in questo posto per dimostrare la sua autorità sulle potenze del male. La guarigione è totale. Senza spettacolo, senza folklore e senza magia, miracolosa, ma discreta. Un ordine e basta. Un uomo è accasciato e Gesù gli domanda di alzarsi e di camminare. E’ tutto. Non ci sono incantesimi, gente in trance, niente che possa attirare gli sguardi e far arrivare i giornalisti.

Attraverso questa guarigione, Gesù rimette le cose nella loro giusta dimensione, non è l’acqua che si agita che guarisce, ma di sicuro è Lui con suo padre, d’altronde non è forse lui a fare il primo passo verso lo storpio..tutto ciò ridona senza dubbio, senso a tutte quelle devozioni o culti che noi offriamo ai Santi, alle icône, ai pellegrinaggi o ad altre forme, che spesso sono considerati, a prima vista, come delle suspestizioni, mentre possono rivelarci la vera fonte di ogni guarigione.

Papa Francesco ha detto ai membri delle confraternite del mondo intero riunite a Roma il 5 Maggio 2013 : « La pietà popolare, voi siete un’importante manifestazione, è un tesoro della Chiesa..una spiritualità, una mistica, uno spazio di incontro con Gesù Cristo..Questa fede, che nasce dall’ascolto della Parola di Dio, voi la manifestate nelle forme che coinvolgono i sensi, i sentimenti, i simboli delle differenti culture ».. e concluse : »Siate dei veri evangelizzatori ! »

Noi in quanto membri del CCIT siamo confrontati con delle pratiche che, a volte, sfiorano la supestizione, la magia..Ma chiamati ad essere, alla sequela di Cristo, questi evangelizzatori che si uniscono ai Sinti/Rom dentro le loro domande e nei loro modi di agire, a me sembra che noi abbiamo in questo giorno un grande bisogno di essere illuminati su questa fede ordinaria..il nostro conferenziere, ne sono certo, saprà metterci sulla strada giusta.

 




omelia di Claude Dumas al C.C.I.T. 2018

 

 

 

 

 

CCIT – Banneux 2018

Omelia di domenica

Claude Dumas

Marco ci dipinge il ritratto di questa donna..un ritratto un pò lusinghiero. E’ malata e soffre da 12 anni di emmoragia ..ma questa malattia la rende ritualmente impura secondo la legge di Mosè. La sua vita sociale è duramente colpita, 12 anni di calvario dove ha visto la sua salute peggiorare, la sua economia svuotarsi e il suo isolamento aumentare in quanto tutte le persone che la toccano diventano ritualmente impure a loro volta..un vero incubo !

Ma ecco prodursi un fatto. La donna ha sentito parlare di Gesù, senza dubbio come un uomo capace di guarire le malattire. Coglie l’occasione del suo passaggio come una chance da non perdere. Lei, la donna « impura » che non può toccare nessuno, cerca di aprrofittare della situazione. Nonostante il divieto che pesa su di lei, scivola, anonima, in mezzo alla folla con la folle speranza di strappare una guarigione, toccando Gesù o almeno il suo vestito.

A prima vista, l’atteggiamento di questa donna corrisponde più ad un approccio magico, superstizioso che ad un approccio di fede.. Furtivamente, viene da dietro, un pò come una ladra, e tocca il mantello di Gesù. Non vuole farsi vedere..la sua impurità le proibisce di avvicinarsi alla folla..per il solo fatto di toccare una frangia del vestito di Gesù, si sente guarita.

« Chi mi ha toccato ? » domanda Gesù. Lei che voleva sopratutto rimanere anonima, si sente smascherata, obbligata a rivelare la sua frode a Gesù. La sua speranza e la sua fiducia l’hanno spinta a toccare l’abito di Gesù raggirando il divieto posto dalla legge..il divieto che la escludeva, che la rendeva una paria della società, una morta-vivente da 12 anni. Allora si getta ai piedi di Gesù per rivelare la verità, la sua verità..le tappe che l’hanno condotta a questo gesto folle : credere nella salvezza..credere che le cose possano cambiare grazie a Gesù..credere che Gesù può guarire..e per lo stesso motivo, farla uscire dal suo stato di sofferenza e di esclusione.

Di fronte a questa confessione, a questa verità svelata che mette in luce il suo desiderio e il suo atteggiamento di fede..l’audacia e il coraggio che le hanno permesso di rompere il tabù della legge, di uscirne..per essere alla fine restaurata nella sua vera identità di figlia di Dio.. Gesù non gli rimane che piegarsi alla sua volontà. E’ questo che lascia capire nelle sue parole : « Donna, la tua fede ti ha salvata. Va in pace e sii guarita dal tuo male » !

La fede di questa donna, lo vediamo, qui, quanto è discutibile, mischiata di credenze, di feticismo e di supestizione..come se il mantello di Gesù fosse imbevuto/bagnato di un potere, una specie di fluido vitale, capace di guarirla..la fede non appartiene alla magia ! Non è perchè ha toccato il mantello di Gesù che lei si trova guarita. In realtà ciò che l’ha salvata, è aver potuto incontrare Gesù ! E’ proprio questo che l’ha condotta da Gesù, è questa fiducia che l’ha portata a lui.. che l’ha portata a muoversi, a spostarsi, superando le barriere della legge che la teneva prigioniera, condannata all’impurità.

Ma quello che qui ci mostra questo passaggio del vangelo sono i primi passi della fede..è questa attenta e attiva fiducia, che ci mette in movimento verso Gesù, nella certezza che le cose della nostra vita possono cambiare, che porta la chiave della salvezza per noi e per il mondo intiero..un mondo dove spesso delle leggi o dei divieti umani ci bloccano in posti fissi, in comportamenti riduttivi e sclerottizzanti.

Allora, oseremo anche noi porre dei gesti in apparenza un pò folli, per far cadere le catene dei nostri confini e sentirci dire da Gesù: « Va in pace e sii guarito dal tuo male. »




programma ccit 2018 a Banneux in Belgio

 

 

 

 

 

Banneux C.C.I.T.2018 6-8 aprile

PROGRAMMA 

” La pietà popolare, culto e devozione “

Venerdi 6 Aprile

Pomeriggio : Accoglienza

 Cena

 Preghiera animata dalla Belgio

 vino dell’amicizia

Sabato 7 Aprile

Saluti  del gruppo pastorale del Belgio

Messaggio del Consiglio Pontificio Suor Alessandra(Vat)

Introduzione Claude Dumas (F)
Pausa

Presentazione di a “powerpoint “sul tema Agostino Rotamartir (I)

Discussione, scambi in carrefour

Pranzo

Conferenza : « Fede ordinaria : sorprendentemente attuale» Hans Geybels (G)

Pausa

Discussione, scambi in Carrefour  (17h45 —18h15)

scambi sul CCIT

Eucaristia (Presidenza + omelia Mgr Hoogmrtens (B)

Preparazione serata festiva
Serata festiva

Domenica 8 Aprile

La situazione in Belgio .Pierre Deleu (8)
Storia et spiritualità del CCIT Léon Tambour (B) + Procedimento elettorale del Presidente CCIT

Pausa

Assemblea plenaria: voto e risultati

Informazioni- data e luogo del prossimo CCIT

Conclusione

Eucaristia CCIT ( omelia por Claude Dumas (F).

 

pranzo 

Partenza per la visita turistica (Liège) Cena




il venti per cento della popolazione rom in fuga dai paesi balcanici – circa un milione di persone oggi ai margini della società

la grande fuga dei rom verso l’ovest europeo

di Stefano Giantin 

in otto anni oltre 200 mila persone hanno cercato di lasciare la regione balcanica dove sono spesso escluse dal sistema sanitario e devono frequentare scuole separate

 Cinque rapporti che analizzano le condizioni della comunità nei Balcani. E una storia individuale che ne simboleggia l’esistenza. Un calvario che è quello dei rom balcanici, circa un milione di persone oggi ai margini della società in Serbia, Montenegro, Bosnia, Kosovo – dove ne sono rimasti circa 30mila, mentre prima della guerra se ne contavano almeno 150mila, tanti scacciati dopo il 1999 perché considerati filoserbi – Macedonia, Albania. Il tutto malgrado decine e decine di piani d’azione e strategie governative. E «milioni di euro» investiti in questi anni.

Sono loro i protagonisti della “collana” intitolata “The Wall on Anti-Gypsyism”, una serie di relazioni sulle loro condizioni di vita e sulle violazioni dei loro diritti prodotti dalla Ong Civil Rights Defenders e da poco resi pubblici. Ne esce un quadro fosco, che segnala come «il muro dell’anti-gypsismo» – il titolo della raccolta – è ben lontano dall’essere abbattuto. C’è qualche luce, come un aumento «di rom che finiscono le scuole secondarie e le università», meno rom apolidi, la costruzione di «centinaia di case per le famiglie più vulnerabili».

Ma non basta. Secondo i rapporti dell’Ong «le condizioni di vita della stragrande maggioranza dei rom» rimangono «inalterate», in fondo della piramide sociale. Lo confermano i numeri. Dal 2008 al 2016, un vero esercito ha tentato di andarsene dai Balcani per costruirsi una vita migliore nell’Ue. Secondo le stime, precisano i rapporti del Civil Rights Defenders, sono stati «più di 200mila rom» a scegliere questa strada, chiedendo «asilo politico» in Paesi dell’Europa occidentale, «circa il 20% della popolazione totale» rom della regione. Una fuga spiegabile con le condizioni di vita medievali. Dopo il collasso della Jugoslavia – si legge nei report – moltissimi si sono ritrovati impossibilitati a richiedere nuovi documenti e sono stati esclusi dall’assistenza sanitaria e dal sistema educativo. Nel mondo del lavoro rimangono ai margini, con tassi di disoccupazione spesso doppi rispetto a quelli dei “non rom”, con picchi del 58% in Kosovo, del 54% in Bosnia, del 53% in Macedonia.

Anche nelle scuole i rom hanno problemi, con «tassi di iscrizione e frequenza più bassi». E persino, con l’eccezione di Bosnia e Montenegro, con scuole o classi «speciali», di fatto “solo per rom”. E poi ancora abitazioni malsane, in insediamenti «insicuri e sovraffollati», sfratti forzati, accesso difficoltoso o impossibile all’assistenza sanitaria, come dimostra l’aspettativa di vita. Che è ad esempio di 55 anni per i rom in Montenegro, contro i 76 della media nazionale. O la capacità di acquistare medicine, ridotta del 50% fra i rom. Senza parlare di quella che la Ong definisce la generale discriminazione da parte della maggioranza, un fattore che ancora «domina la vita dei rom».

I dati riguardano una comunità che la settimana scorsa ha perduto peraltro uno dei suoi simboli. Come gli altri suoi membri, aveva fatto tutti i lavori possibili, anche quelli più umili, per sopravvivere e dare da mangiare alla propria famiglia. Aveva anche avuto una chance, diventare attore. Era riuscito persino a vincere uno dei maggiori premi per la categoria, l’Orso d’Argento a Berlino. Ma è comunque morto giovane, in miseria, dopo essere stato perfino costretto a vendere il trofeo, per racimolare qualche soldo. Si tratta di Nazif Mujic, rom bosniaco di soli 48 anni, spirato per malattia nel suo villaggio, non lontano da Tuzla. Una storia che ha commosso i Balcani. Mujic era salito agli onori delle cronache nel 2013, dopo aver partecipato, recitando se stesso, nel film “Un episodio nella vita di un raccoglitore di ferro”, capolavoro neorealista che raccontava la durezza della vita di Nazif, delle due figlie bambine e della moglie Senada, la cui gravidanza era stata interrotta per un aborto spontaneo. Priva di assicurazione sanitaria, senza i 980 marchi convertibili (490 euro) che sarebbero serviti per sottoporla all’intervento, era stata per questo respinta, piegata dal dolore, dall’ospedale. Storia crudele ma vera, comune nei Balcani fra i rom e i più poveri, trasferita su pellicola, alla quale manca l’epilogo scritto nella realtà, la scorsa settimana. Mujic aveva anche tentato, come tantissimi rom dei Balcani, di emigrare, chiedendo asilo politico nella Germania che lo aveva premiato, nel 2014. Ma era stato ricacciato indietro, come la maggior parte di chi ha tentato quella strada, e riconsegnato alla miseria più nera.




sorpresa: c’è un giudice a Berlino anche per i rom! tutti assolti da gravissim reati

tutti assolti dopo una via crucis di ben otto anni con accuse gravi quali reato di tratta, di riduzione in schiavitù e violenza di gruppo

la gioia dei rom dopo la massima preoccupazione fino all’ultimo momento

la sconfitta di una violenza politica e istituzionale fatta di pregiudizi e manipolazione della realtà 

la soddisfazione incontenibile di p. Agostino che a piena conoscenza dei fatti ha dovuto testimoniare in tribunale tenendo testa perfino alle ‘diffamazioni’ e intimidazioni del pubblico ministero

qualcuno chiederà mai a loro scusa?

di seguito la gioiosa dichiarazione a caldo di p. Agostino Rota Martir immediatamente dopo la sentenza: 

  Finalmente dopo ben otto anni, la vicenda della sposa bambina di Coltano é giunta al suo epilogo. La Cassazione aveva chiesto di ripetere il processo di appello di Firenze, chiedendo espressamente di ascoltare la testimonianza della “sposa bambina”. Mai era intervenuta per l’opposizione del Pubblico ministero, anche per poter continuare a tenere in piedi il suo castello di carta, basato su bugie e falsità belle e buone. Senz’altro la testimonianza dell’interessata (oggi 25 anni, sposata e mamma di 2 bambini), avrebbe fatto precipitare le accuse di tratta, violenza, riduzione di schiavitù … nonostante il P.M. e il presidente della Corte hanno ritenuto procedere senza la sua presenza, disattendendo l’ordine della Cassazione, alla fine la sentenza è arrivata a favore degli imputati: tutti assolti da quelle atroci e assurde accuse … è rimasto il reato di clandestinità. Ma i rom avranno la possibilità di appellarsi.

Gli imputati hanno vissuto otto anni di sofferenze, di soprusi, messi all’ indice da Il Tirreno di Pisa in primis, e anche dalla stessa Amministrazione cittadina.
Assoluzione dal reato di tratta, assoluzione dal reato di riduzione in schiavitù, assoluzione dal reato di violenza di gruppo.
È una sentenza che ristabilisce la verità e che non piacerà a non pochi a Pisa … i rom giustamente ne sono felici e tirano finalmente un fiato di sollievo, fino ad ieri sera erano sfiduciati e paurosi, perché rischiavano dai 15 ai 20 anni di carcere, per delle accuse infamanti e del tutto montate da qualcuno.
Ritrovano anche un po’ di fiducia verso la Giustizia … e non è poca cosa.
Anche da parte mia la soddisfazione di vedere che i dubbi espressi da me fin dal giorno dopo, appunto otto anni fa, oggi con questa sentenza mi danno ragione … nonostante le continue diffamazioni nei miei confronti del Pubblico Ministero.
È un bel giorno per i Rom coinvolti e anche per la Giustizia.



per l’ebreo Ovadia la shoah di oggi è subita dai rom

la Shoah oggi?

Ovadia

“il nuovo olocausto è nella fossa comune del mediterraneo”

l’artista ospite del Teatro “Gesualdo” per una due giorni in città all’insegna della memoria come insegnamento per l’oggi

di 

La Shoah oggi? Ovadia: il nuovo Olocausto è nella fossa comune del Mediterraneo

“Io conosco la Shoah. Tuttavia ritengo che oggi essa venga strumentalizzata per altri scopi. Il giorno della memoria sta diventando il giorno della falsa coscienza e della retorica. L’Ebreo è divenuto il Totem attraverso cui ricostruire la verginità della civiltà occidentale. Ma l’ebreo di oggi è il rom, considerato ancora paria dell’umanità; è il musulmano, il palestinese; è il profugo che trova la morte nella fossa comune del Mediterraneo”

A parlare è l’artista poliedrico Moni Ovadia. Un ebreo italiano, nato in Bulgaria nel 1946. Un uomo, innanzitutto. La sua famiglia vive gli anni della persecuzione nella schiera dei ‘fortunati’. Sfuggono ai campi di concentramento perché Bulgaria e Danimarca non cedono alle pressioni internazionali e scelgono di non piegarsi alle deportazioni di massa. “Vuol dire che si poteva fare- ricorda Ovadia- e che gli altri Stati hanno deciso consapevolmente di non farlo”.

Parole dure come macigni, che rispolverano quel concorso di colpa tutto italiano nelle vicende della Seconda Guerra Mondiale. La memoria scivola a quel 16 ottobre del 1943, data in cui 1024 ebrei romani, 1024 italiani, furono arrestati, tenuti prigionieri e infine caricati come bestiame sui quei vagoni la cui ultima fermata recava ‘Auschwitz Birkenau’. Circa 847 di loro furono direttamente ‘selezionati’ all’arrivo per le camere a gas. Tornarono in sedici, una donna e quindici uomini. “Abbiamo bisogno di sapere- suggerisce Ovadia- che la memoria serve ad edificare presente e futuro. Altrimenti, è solo vuoto celebrativismo. E allora, che si parli pure di una giornata ‘delle memorie'”.

Ad ascoltare, attenti, gli studenti della Scuola Media ‘Perna- Alighieri’ e quelli del Liceo delle Scienze Umane ‘P. V. Marone’ che ogni anno, nel mese di febbraio, porta i suoi studenti a visitare il tristemente noto campo di concentramento di Auschwitz Birkenau. Nell’ambito della rassegna ‘Teatro Civile’, il Teatro Carlo Gesualdo e il Conservatorio Cimarosa di Avellino si sono fatti promotori di una due giorni incentrata sul ricordo delle vittime della Shoah. Presenti all’incontro il presidente dell’Istituzione Teatro comunale Luca Cipriano, l’assessore con delega alla Cultura Teresa Mele e l’assessore alle Politiche Sociali Marco Cillo, che nel donare a Moni Ovadia una sciarpa realizzata nel maglificio confiscato alla camorra ‘CentoQuindici Passi’ ricorda le vittime trasversali del ‘sonno della ragione’. “Se il compito del Terzo Reich- afferma Cillo- è stato quello di cercare di cancellare dalla memoria le vittime innocenti del genocidio, al pari la mafia tenta di nascondere alle coscienze il ricordo dei suoi morti. Oggi abbiamo il compito di affidare questi nomi agli studenti per dar loro la possibilità di perpetrare la memoria. Il 27 gennaio dovrebbe uscire dal calendario ed entrare nella nostra quotidianità”.

Ma è Moni Ovadia a rinsaldare la consapevolezza. A ricostruire il sottile legame con la coscienza. “Si è passati- afferma- dallo sterminio degli ebrei alla israelianizzazione della memoria. Ho ascoltato politici, per me furfanti, uscire dal campo di concentramento di Auschwitz e dire “mi sento israeliano”. Ma che affermazione è questa? Non sento nessuno affermare di sentirsi rom, omosessuale, antifascista, slavo o menomato. Eppure anche loro furono vittime dello sterminio. Vedete, distinguere tra morti è uno schifo. Primo Levi ha scritto un capolavoro assoluto della memorialistica e della riflessione, ma non l’ha intitolato ‘Se questo è un ebreo’ ma ‘Se questo è un uomo’. Ricordiamoci degli esseri umani. Anche se noi italiani siamo specialisti in retorica e falsa coscienza, sfatiamo il mito degli ‘italiani brava gente’. Ricordiamo che quello fascista è stato il regime dei genocidi: in Cirenaica, ad opera del generale Graziani; in Etiopia, il generale Badoglio ordinò lo sterminio col gas. Centotrentacinquemila morti civili, innocenti spariti in una volta sola. Ricordiamoci della ex Jugoslavia. Facciamo come i tedeschi. Loro hanno fatto chapeau. Loro, con la storia, ci hanno fatto i conti. Forse dovremmo iniziare a farlo anche noi”.

Nella memoria di Ovadia sfilano gli armeni, lo sterminio di massa in Manciuria, quello delle Filippine; ma anche il tentativo di cancellazione di un’intera generazione in Argentina con i desaparecidos, la lotta interna della Cambogia, la guerra civile dell’ex Jugoslavia tra coloro che pregavano lo stesso Dio: i cattolici- croati e i serbi- ortodossi. E l’Europa, ferma a guardare le sue faglie in rotta di collisione tra loro. Pronta a favorire gli uni piuttosto che gli altri interessi. Per non parlare delle crociate di democrazia moderne, dei morti civili in Iraq, Afghanistan, Siria, Libano, Palestina. La lista è lunga, ma la domanda resta: si può oggi escludere una persistenza della mentalità degli stermini? “Il Mar Mediterraneo è una fossa comune- arringa Ovadia- Ancora una volta gli interessi economici vengono anteposti alla dignità degli esseri umani. Eppure siamo stati noi occidentali a dire che ‘gli uomini nascono liberi e uguali, pari in dignità e diritti’. Ma ancora manca il diritto di residenza universale. Il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, ed io condivido con tutto il cuore questa impostazione, propone l’abolizione universale del permesso di soggiorno. Altrimenti non saremo mai una vera umanità. I dati Onu ci dicono che le ‘guerre moderne’ causano oggi il 95 percento delle vittime civili. La guerra non è di per sé un atto criminale?”.

“Io voglio stare in esilio finché vivrò- conclude l’artista- L’Italia è il mio Paese ma non la mia patria. Patrie non ne voglio avere. Vengo a parlare con questi ragazzi perché le loro vite non subiscano passivamente la falsa coscienza e retorica. Perché oggi i rom vengono considerati ancora i paria dell’umanità mentre gli ebrei sono le vacche sacre? Perché i primi non hanno uno Stato, mentre i secondi sono armati fino ai denti con testate nucleari e cercano costantemente di estendere i propri confini. Ecco perché l’antisemitismo di Stato è scomparso. Per carità, sopravvive in alcuni corpuscoli nazisti, ma è stato espunto dallo spazio pubblico. Si deve avere coraggio e lungimiranza per affermare certe idee. Poi ne paghi il prezzo: io non dirigo teatri o festival, collaboravo per alcune testate e ora non mi ci fanno più scrivere. Ma settant’anni cominci a fregartene e comprendi che l’informazione è importante, ma non deve mai ridursi a mera comunicazione. In questi giorni assisteremo ad un profluvio di trasmissioni sulla Shoah, ma nessuno penserà di collegare quel ricordo con gli stermini di massa di cui siamo complici nel presente. L’informazione- conclude- va incrociata con l’indagine del presente per poter essere un elemento fruibile dalle future generazioni”.