papa Francesco sblocca lo stallo della pratica di beatificazione di mons. Romero

 

 

bocciolo giallo

papa Francesco desidera una rapida conclusione della pratica di beatificazione di mons. Romero: aperta nel 1997, è stata ferma fino ad oggi.

L’arcivescovo di S. Salvador  fu ucciso da un sicario nel 1980, mentre celebrava la messa, per il suo impegno nel denunciare le disuguaglianze sociali in America Latina e le violenze della dittatura nel suo paese (vedi link)

 




subito la beatificazione di monsignor Romero

CITTA’ DEL VATICANO – Papa Francesco vuole una rapida conclusione della causa di beatificazione di monsignor Oscar Arnulfo Romero, l’arcivescovo di San Salvador ucciso da un sicario il 24 marzo 1980, mentre celebrava la messa nella cappella di un ospedale della capitale salvadoregna.

farfalle e margherite

Romero, considerato il martire della chiesa dei poveri e della teologia della liberazione, fu ucciso per il suo impegno nel denunciare le disuguaglianze sociali nel continente latinoamericano e le violenze della dittatura del suo Paese. Proprio l’orientamento molto politico del messaggio di Romero è stato considerato a lungo uno degli ostacoli frapposti dalle gerarchie cattoliche alla sua beatificazione. La pratica vaticana, aperta nel 1997, è stata infatti ferma fino a oggi. Il vescovo di San Salvador è già considerato un martire dalla chiesa anglicana e da quella luterana che lo celebrano il 24 marzo.

“La causa di beatificazione si è sbloccata”, ha annunciato oggi il postulatore della causa, monsignor Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio della Famiglia. L’annuncio è stato dato a Molfetta, in provincia di Bari, in occasione della celebrazione per i venti anni della morte di don Tonino Bello, vescovo presidente di Pax Christi, per il quale è anche in corso il processo di beatificazione. L’arcivescovo, esponente della Comunità di Sant’Egidio, ha ricordato che Romero, “pochi mesi prima di morire per mano degli ‘squadroni della morte’ aveva detto che il Concilio Vaticano II chiede a tutti i cristiani di essere martiri, cioè di dare la vita: ad alcuni chiede questo fino al sangue, ma a tutti chiede di dare la vita”.

Romero, malgrado gli avvertimenti e la sua provenienza conservatrice e vicinanza all’Opus Dei, non smise mai di accusare i militari, i paramilitari e gli squadroni della morte per le uccisioni degli oppositori politici. In questa sua ostinazione nella denuncia, ebbe quelle che poi vennero diplomaticamente definite “incomprensioni con la Curia Romana”, ma che all’epoca contribuirono a decretarne l’isolamento che gli fu fatale. Oggi, più che la testimonianza rilasciata nel 2010 dal capitano Alvaro Rafel Saravia, l’unico condannato per il suo omicidio – il quale disse che Romero fu “ucciso in odio alla fede” – a “rilanciarne” la figura è forse soprattutto il nuovo corso inaugurato in Vaticano da papa Francesco.