bella intervista alla suora ‘bufala, eretica, femminista’

la teologa femminista e queer

“Non rispondi a interessi precisi? Scomoda, per gli uni e gli altri!”

teresa-forcadesa Berlino esiste una suora catalana che insegna teologia queer. Eva, del gruppo traduzionimilitanti, ha tradotto una intervista fatta a lei su picaramagazine.com

 

Teresa Forcades è dottoressa in medicina e teologia e monaca benedettina nel monastero Sant Benet de Montserrat. Bersaglio assiduo delle lobby economiche e politiche per la sua denuncia coraggiosa sul peso degli interessi delle multinazionali farmaceutiche nella gestione della pandemia dell’influenza A nel 2008, e più recentemente, nella vaccinazione non necessaria del Virus del Papilloma Umano nelle ragazze adolescenti, così come per aver criticato le posizioni della cupola ecclesiastica sui temi come l’aborto o i rapporti con il franchismo, promuove il Processo Costituente in Catalugna mentre impartisce lezioni di teologia queer a Berlino

Cosa pensi del disegno di Legge su “protezione del concepito e diritti della donna incinta” presentato in Consiglio dei Ministri lo scorso 20 dicembre?

La mia posizione è quella del Processo Costituente: critica e rifiuto frontale, poiché tenta di regolare socialmente in funzione di valori imposti. Detto questo, adesso viene la mia motivazione personale della quale sono responsabile a livello individuale: credo che sia una violazione chiara del diritto all’autodeterminazione di una donna che una legge la obblighi ad essere madre. E’ troppo prezioso per me il significato di esserlo. Credo che una donna che è rimasta incinta senza volerlo, anche attraverso la violenza, possa vivere la gravidanza in positivo, ma sono favorevole a permettere l’aborto quando il feto non è formato e questo a prescindere dai motivi della scelta.

C’è un vero conflitto etico, un bioconflitto, tra il diritto all’autodeterminazione della madre e il diritto alla vita dell’essere che è in gestazione. In una situazione in cui la madre non ha opzioni, i suoi diritti di autodeterminazione meritano il massimo rispetto. Può anche esserci una madre che vuole fare nascere e accompagnare un nascituro con una malformazione molto grave anche se sa che soffrirà e che subito dopo essere nato morirà. Obbligarla ad abortire sarebbe l’altro estremo e io sono contro, credo che questo nascituro sia immagine di Dio e mi piacerebbe che avessimo un mondo in grado di accoglierlo. Ma questo è ciò che io penso, e non posso imporlo a un’altra donna: “A lei, per legge, voglio che lo Stato la obblighi a fare questo perché io penso sia buono”.

Le Cattoliche per il Diritto di Scelta spiegano che il diritto canonico assolve le donne che abortiscono quando sono minori di 16 anni, in caso di stupro, bisogno, per rimediare un danno, per  legittima difesa… Perché pensi che questa legge è persino più restrittiva che il diritto canonico a partire da Papa Giovanni XXIII?

Ci sono gruppi che, riparandosi nella fede cattolica, spingono leggi restrittive per polarizzare la società in gruppi di interessi e tentare di creare un dibattito che a volte si allontana dei temi più trascendentali, come possono essere in questo momento il tema sociale e la crisi. Nel 1992 sono andata negli Stati Uniti per la prima volta: c’era un sacco di gente per strada con immagini di feti insanguinati, dicendo che le donne che abortiscono sono assassine… Durante quegli anni un ginecologo che praticava aborti [i] e la persona che l’accompagnava furono assassinati a colpi di pistola. Questa polarizzazione ricercata e voluta a fini politici è arrivata fin qui, e non è stato spontaneo.

Ci sono gruppi e movimenti che lavorano per la giustizia sociale e molti cristiani sarebbero d’accordo, ma quando entriamo nell’omosessualità, i diritti di matrimonio e adozione, l’aborto, il diritto a decidere sul proprio corpo, si problematizza fino a estremi assurdi. E’ un modo preciso di dividere il corpo sociale che unito farebbe molta paura. Si era disarticolato un potenziale di lotta sociale molto forte e adesso lo stiamo di nuovo intrappolando.

Lidia Falcón analizza questa legge come una punizione per tutti i passi avanti in equità e parità di genere raggiunti nelle ultime decadi, incarnato nel corpo delle donne e frutto del continuismo con la visione nazionalcattolica del proprio corpo delle donne e dell’aborto. Cosa ne pensi?

Leggi come questa rispondono ad un fenomeno che ho pure studiato con il tema delle streghe: tanto in Oriente come in Occidente, nei differenti momenti di crisi sociale, sconcerto, angoscia, perdita di riferimenti, la figura materna emerge come quella che risolverà il problema e quella che deve essere controllata in maniera speciale come una sorta di esorcismo collettivo, per essere il capro espiatorio: “Mettiamo le donne al loro posto e le cose andranno meglio”. Ma questi strateghi di destra non avrebbero successo se non ci fosse qualcosa nella popolazione che si aggiungesse. E perché li appoggiano? Per questa parte psicologica che fa in modo che si sentano protetti con questo tipo di leggi.

Credo che il patriarcato sorge da strutture tras storiche psichiche che abbiamo, basati sull’affermazione psicoanalitica del oggetto erotico primario, che tanto nei bimbi come nelle bimbe è la madre o il suo sostituto, rispetto al quale si origina una binarietà: a chi si identifica con l’oggetto del desidero lo chiamiamo bimba, e chi no, lo chiamiamo bimbo. Il patriarcato ci dice che in vita adulta dobbiamo essere così; io dico che dobbiamo attraversare questa fantasia primordiale, in linguaggio lacaniano, e, se usiamo il cristianesimo, nascere di nuovo. Se il referente identitario è la figura materna, le donne tendono a fare da badanti e gli uomini aspettano di essere accuditi.

Come ti sembrano le iniziative per costruire un’alleanza ampia di donne di tutti i settori sociali contro la riforma dell’aborto come il patto di tre deputate promossa dalla Piattaforma Femminista di Alicante e alla quale hanno aderito le politiche socialiste, invitando anche le donne di destra?

Eccellenti. Questa alleanze tra donne, questa prossimità e questo rendersi conto che c’è un interesse comune, pratico, nelle lotte viste giorno per giorno, sono sempre state presenti nella storia ed è la nostra forza: nel secolo XVII, la grande battaglia tra le confessioni cristiane dopo la Riforma e la Controriforma la fecero gli uomini, mentre le donne si scrivevano lettere le une alle altre e una era protestante, l’altra anglicana, l’altra cattolica…

Trovarono il modo di fare ponte tra di loro prescindendo da queste diversità confessionali. Negli albori del cristianesimo, durante l’Impero Romano, una legge vietava alle donne cristiane di lasciare che i loro vestiti fossero indossati dalle pagane quando andavano al circo. Questo significa che lo facevano!

Hai detto che la Chiesa spagnola deve chiedere perdono per la sua connivenza con il franchismo e rinunciare ai privilegi che ne derivano. Questo include derogare il concordato del 73 con la Santa Sede, i privilegi ecclesiali al momento di destinare la dichiarazione dei redditi?

La chiesa non solo tollerò il franchismo, che fu un governo criminale, bensì diede un appoggio senza  il quale probabilmente non avrebbe resistito. La forma migliore di continuare come istituzione dopo una esperienza del genere è riconoscerlo e, senz’altro, abolire tutti i privilegi che gli aspettano per il semplice fatto di essere chiesa.

Ma con la Legge Wert torniamo alla segregazione scolastica per sessi, privilegi alle strutture concertate, il rinserimento della religione cattolica come materia obbligatoria…

Nella scuola non deve esserci catechesi di nessuna religione. Una materia che fa enfasi nella religione come cultura sarebbe molto interessante, non una materia facile, ma ben fatta, e non solo sul cristianesimo, si deve disegnare e pensare bene il suo curriculum. C’è un valore nel conoscere la storia di un paese, e non perché il Vangelo dal  punto di vista culturale debba essere preminente riguardo un altro libro sacro.

Privilegiare le scuole religiose concertate, in modo alcuno. Questo si inquadra in questa tendenza alla privatizzazione: in Spagna avevamo un buon livello universitario e, in alcuni casi, d’avanguardia. Adesso, i dipartimenti che funzionavano meglio verranno privatizzati e diventeranno istituzioni d’élite.

Si potrà arrivare se hai una borsa di studio, ma non si tratta di prendere i cervelli vivaci e i ricchi, ma di fare si che la popolazione generale abbia accesso alla cultura superiore e universitaria.

Ti aspetti che Papa Francesco affronti riforme strutturali in seno alla chiesa. Questo include rendere possibile il sacerdozio femminile, che il celibato sia facoltativo e che il clero possa sposarsi?

Le riforme non vengono mai dall’alto, nella società come nella Chiesa. Questa si è allontanata della società nel suo insieme e non credo che adesso, all’improvviso, un papa carismatico farà un cambiamento strutturale dall’alto e produrrà una discontinuità verso una maggiore giustizia sociale. Sicché è certo possibile che, come accadde con Giovanni XXIII, un leader della Chiesa promuova cambiamenti verso una maggiore giustizia, dopo essersi reso conto che le basi ecclesiali erano anni non solo che chiedevano ma che lo preparavano, sperimentando, innovando, creando istituzioni come la Nouvelle Teologie (nuova teologia), il movimento liturgico e il movimento biblico.

Giovanni XXIII disse: “Dobbiamo aprire le finestre perché entri l’aria poiché qui odora di chiuso”. Adesso siamo in una situazione parallela, ci sono molti gruppi che si ispirarono al Concilio Vaticano II, per vedere come li si chiudevano le porte, e ciò che avevano cominciato arretrava. Per esempio, a partire dal Concilio Vaticano II si dice che le decisioni nel consiglio parrocchiale si prendono collegialmente. In molte parrocchie questi consigli sono stati smantellati o non hanno peso verso il reggente, e i gruppi di donne, di giovani, quelli che con preoccupazione sociale ne facevano parte sono stati man mano sommersi, escludendoli dalle attività…

A dispetto delle difficoltà, in tutti questi anni c’è stata una base cattolica crescente che vedeva come urgenti queste riforme, aperture e possibilità di democrazia all’interno della chiesa. Si sono creati movimenti come We are the Church (Siamo la Chiesa), come le cattoliche per il Diritto a Decidere, come i preti che chiedono un celibato facoltativo…

La teologia della liberazione, evidentemente, con tutto il suo compromesso politico, e la necessità di incarnare politicamente il vangelo. Vedremo se il Papa Francesco permette che tutto questo abbia un proprio spazio crescente dentro della Chiesa.

Dici che la teologia femminista si inserisce dentro le teologie critiche di liberazione e, pertanto, si centra nella situazione delle donne e la sua concezione dal punto di vista della struttura ecclesiastica, ma anche nelle disuguaglianze e discriminazioni per classe, etnia, opzione sessuale, identità di genere…

Le donne come collettivo trovano una struttura ecclesiastica che dice: “Dio giustifica la vostra sottomissione”, e nella storia ci sono gruppi di donne e uomini che dicono che Dio è per l’uguaglianza e la libertà di tutti, e in virtù di questo giustificano la loro liberazione.

Subito dopo il Concilio Vaticano II, Mary Daly e Elizabeth Schußler Fiorenza chiesero la parità assoluta nella Chiesa e le cattoliche fummo pioniere nel fare la petizione di sacerdozio femminile. Nel 74, con le prime ordinazioni di donne nelle chiesa episcopaliana (credo furono nove o undici, tra loro la teologa Carter Heyward, che ancora non aveva reso pubblico che era lesbica), Paolo VI incaricò una commissione biblica pontificia di studiare se nelle sacre scritture ci fosse qualcosa contraria all’ordinazione delle donne. La commissione lavora per due anni e la sua conclusione è che non c’è nulla in contrario. Paolo VI fece un motu proprio (un Papa può prendere l’ultima decisione) e gli parve che pastoralmente non era il momento. Dopo ci sono state dichiarazioni contro da parte di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, ma mai si è detto che fosse un dogma della Chiesa. Ci sono state molte affermazioni nella Chiesa che sono cambiate: durante molti anni si è detto che la schiavitù era voluta da Dio. Agli schiavi nordamericani i coloni bianchi dicevano questo e, quando imparano a leggere, prendono la bibbia, dissero che Dio non era con i coloni bianchi ma con la liberazione degli schiavi, e si creò tutta una forza spirituale a partire di questo messaggio: “Go down moses, let my people go”.

Con i dogmi di fede della Chiesa cattolica non ho nessun problema, perché mai ho pensato che la teologia fosse una filosofia, che nasce dalla ragione. La teologia nasce dei postulati rivelati e lavora con la ragione. Dice: Dio esiste e si fa presente nel tempo e nello spazio incarnandosi in una persona, ciò che festeggiamo a Natale. Mi piace il dogma mariano che dice che Dio domandò a Maria, e solo a lei. Festeggiamo che chi può esercitare il potere assoluto non lo fa, perché concede senso e rispetto all’altro, all’amore e all’aprire spazi di libertà. E per apparire nel mondo, Dio non ha bisogno di una coppia eterosessuale, solo una coscienza umana libera che dica sì.

Una coscienza femminile.

Può essere femminile o maschile, ma è evidente che quella femminile incarna tuto il potere dell’umanità. Gesù lo si chiama figlio dell’uomo, ma lo è stato solo di una donna, Maria, e lo Spirito Santo, espressione della parte più personale e libera di Dio, fa una proposta, e lei gli dice: “D’accordo”. Questo è pensare la relazione con Dio come una relazione, consensuale, di tu per tu.

Questa è la visione comunitaria e egualitaria della Santissima Trinità che rivendichi nella tua tesi dottorale.

Dio non è un sovrano solitario che incarna il delirio di onnipotenza infantile dello psicotico. È una comunità, una relazione di libertà. Maria indica il figlio, che indica il padre, e questo indica il figlio, e lui indica te, perché, certo, se non passa da te… La Trinità disarticola tutto il sistema piramidale, che non l’ha inventato il cristianesimo. In molte culture, organizzazioni sociali, la tendenza alla piramide è propria di questa insicurezza infantile, e se le religioni hanno qualche senso, è ispirarci per superare questa paura, capire che la realtà può essere assolutamente orizzontale. Nelle comunità, le società, ci sono ostiche le strutture piramidali.

L’orizzontalità la vedo nella teologia, nella regola benedettina, che vivo nella mia comunità, e nella chiesa in generale. Richiede fiducia e che ognuno sia maturo per rompere questi rapporti di dipendenza, per creare il regno di Dio in terra e trattarci gli uni agli altri come Dio ci tratta. La parola testamento (Vecchio e Nuovo) significa alleanza, ciò che si fa quando le persone hanno lo stesso potere. Questo è il cuore di questa religione.

Come arrivi alla teologia queer?

Studiando Judith Butler. Ritengo che il queer rivendichi il carattere di pezzo unico di ogni persona, e che qualunque etichetta identitaria, di genere, di razza, nazione… è una stampella che rispecchia la tua paura alla libertà personale. Il processo di spiritualizzazione, cristificazione e divinizzazione è osare a essere concezione dell’amore e della libertà che sono Dio stesso, quando dice ‘sei fatta a mia immagine”. Il buddismo dice che l’identità personale è una finzione e deve superarsi perché tutto è un’identità indifferenziata. Questo vuoto personale è solo un primo passo perché si arrivi alla coscienza di unità. Ma, con la Trinità, l’unità non è mai al di là della differenza. La Trinità dice che la diversità è tanto eccelsa come l’unità, giacché un cosa è l’unità e un’altra molto diversa l’uniformità.

L’analisi religiosa che interpreta il rapporto sessuale come qualcosa che ha il fine di concepire è una visione utilitarista dell’amore umano e contraria alla spiritualità cristiana. Consegnarsi al mistero di un rapporto interpersonale è consegnarti al crescere nella direzione di essere immagine di Dio, di incarnare ciò che Dio rappresenta in terra. Addentrandoti, ricevi un regalo, che questa unione possa concepire un figlio, ma questo è perfettamente compatibile con l’essere responsabile e usare i metodi contracettivi quando lo consideri opportuno.

Contrario alla morale cristiana è pensare come se ci fossero due modi di usare il corpo della donna, solitamente basate nella prospettiva maschile: la cattiva, usarlo perché ti dia piacere, che sarebbe la lussuria, e che è condannata da tutti i padri della Chiesa, e l’altra, usarlo perché ti dia figli, e questo è buono. No! Sarebbe denigrare l’integrità della coppia, l’altra persona.

Per questo capisco che l’amore omosessuale sia perfettamente assimilabile dalla Chiesa, perché ha l’essenziale: non è avere figli, bensì un’intimità aperta verso un rapporto interpersonale che include il rispetto per l’integrità dell’altro. Due persone che si amano, si desiderano e si rispettano l’un l’altra danno una testimonianza: questo è il sacramento, un segnale visibile, come il battesimo, che sta dicendo: “questa creatura è accettata in questa comunità come uno in più”. La teología trinitaria dice che tutti i sacramenti rappresentano una raffigurazione dell’amore di Dio. Dio padre, il figlio e lo Spirito Santo, sono diversi ma non sono complementari. L’amore non è bisogno, non è quando ho bisogno perché mi manca qualcosa, non può essere l’amore utilitarista.

Alcuni settori e spazi politici e sociali previamente organizzati all’irruzione del Processo Costituente (PC) in Catalugna hanno criticato la velocità del processo e il personalismo per la visibilità di gente riconosciuta ‘mediaticamente’ come puoi essere tu o Arcadi Oliveres.  Come vivi il rapporto con questi spazi, e con tutti i processi ed assemblee sorti dal 15M del 2011?

E’ normale che gente che da anni sta tentando di organizzare una unità critichi il fatto di andare veloce: se fossimo 46.000 persone che hanno aderito al PC solo perché è uscito in tv, questo sarebbe stato un soufflé (qualcosa che si sarebbe sgonfiato dopo un attimo). Se il Pc può andare a velocità altissime è grazie alle assemblee del 15M, le organizzazioni di quartiere, e molte persone che già stavano lavorando e organizzando con fiducia.

E anche molti che non c’erano, perché il nostro spazio o nicchia politica è coinvolgere persone che non partecipavano. Molte persone del 15M, persino assemblee intere di alcune località, hanno fatto loro il PC, altri sono più spettatori, ci sono tutte le variazioni possibili. Ma senza la gente che già lavorava, non si sarebbe nemmeno prodotto il clima in Catalugna perché il processo attecchisse né perché questo potenziale umano si organizzasse.

C’è un rapporto di continuità tra i pionieri e gli altri, e noi non approfitteremo di ciò che noi non abbiamo iniziato né faremo la concorrenza, bensì tenteremo di inserire un fattore di unità, e se funziona, sarà grazie a tutti. Per quanto riguarda il personalismo, andare a cercare una persona che abbia visibilità è stata una strategia. Altrimenti, come mobiliti gente che non l’aveva già fatto? Adesso cominciano ad esserci facce visibili, il nostro ruolo deve rimanere ogni volta più utile ad altri agenti attivi dentro il movimento.

Tu sei scomoda per certi settori del cattolicesimo, ma anche per settori della sinistra che vivono la tua implicazione nel Pc come un’ingerenza, o persino un tentativo di manipolazione da parte della Chiesa. Che ne pensi?

Ho assunto quest’iniziativa perché gente organizzata politicamente a diversi livelli si chiedeva cosa si potesse fare in Catalugna per creare unità, perché avevano chiaro che, a lungo termine, se non stavano uniti altri avrebbero vinto la partita, e così hanno pensato che Arcadi e io potevamo essere persone con una credibilità trasversale. Viene dal basso, e da gente che sta nella Chiesa.

Riguardo la Chiesa, ho trovato disagio da parte delle strutture dell’organigramma ecclesiastico. Il vescovo di Sant Feliu, della diocesi di cui fa parte il mio monastero, mi disse che non serve a niente cambiare le strutture se non si cambiano i cuori. Sono d’accordo, la Costituzione è carta straccia se la gente non lavora perché si faccia carne. La legge di per sé non fa una società giusta, ma adesso abbiamo leggi che favoriscono gli interessi delle compagnie multinazionali contro la sovranità popolare, e bisogna cambiarle. Il cuore ha bisogno di qualcosa di più del lavoro, per questo sono per il cambiamento di strutture. La nostra società ci dà una struttura dove si pratica la non-solidarietà, io voglio creare una società che ci aiuti a realizzare solidarietà.

C’è una paura alla Chiesa Cattolica che riconosco, perché nel nostro paese ha avuto un’alleanza di 40 anni con la dittatura. Ma c’è anche molta gente di base che appoggia da molti anni la teologia della liberazione, i poveri, gente vicina a chi è morto nelle battaglie repubblicane, che ha lavorato per il catalanismo quando questo andava contro il potere stabilito, che ha resistito.

Nella Chiesa c’è una base e delle strutture e quelli tra noi che ne fanno parte hanno la responsabilità di lavorare perché cambino. Ed essere scomoda per tutti, non mi sembra poi tanto male.

Quando non rispondi a degli interessi chiari, calpesti i piedi agli uni e agli altri. Ma gli scontri in blocco fanno gioco a chi pretende che la società si basi sulla sfiducia e la paura; ci saranno livelli che ci accomunano o ci separano, ma non possono vederti come una concorrente o nemica. Questo è lo sguardo capitalista verso l’altro, e questa base antropologica dobbiamo cominciare a cambiarla. 

Fino a dove può arrivare la dissidenza nella Chiesa? Hai paura di rappresaglie per il fatto di essere un soggetto pubblico?

Non dovrei perdere la coerenza. Non credo che l’istituzione ecclesiastica possa farmi abdicare per ciò che io penso siano i principi del Vangelo, e se mi porta problemi, dovrei valutare come lo rivendico. Né la Chiesa né nessuno può chiedermi di dire ciò che non penso e io faccio ciò in cui non credo. Mi possono chiedere di non parlarne, e non escludo che ad un certo punto lo faranno. La mia voce non è imprescindibile. C’è chi non ha parlato e dopo l’ha organizzata più in grande, come la teologa brasiliana Ivonne Gebara, alla quale chiesero di andarsene in Europa. Era una punizione, ma adesso ha più argomentazioni per difendere ciò che voleva dire prima.

Ti hanno chiamato suora bufala, suora eretica, suora anticapitalistica… Come ti senti quando ti riducono alla denominazione di suora?

Dietro il personaggio sparisce la persona. C’è una parte positiva, per portare il velo raccolgo frutti di molte suore che i poveri riconoscono come persone di fiducia: chiedono per strada, ti vedono e ti sorridono perché ti sentono vicina. In ospedale, anche se porto il camice bianco, il velo vince sul differenziale di classe. La gente semplice capisce che siamo allo stesso livello. Non l’ho guadagnato io bensì le suore che mi hanno preceduto, anche se ci sono critiche storiche alle suore che hanno una base fondata.

Anche se non mi piacciono le etichette, c’è una realtà sociale e i segnali che emetti dipendono da dove ti collochi. Anche, questo linguaggio riflette la difficoltà di riconoscere una persona oltre quello che vedi. Alla base della teoria queer c’è che ti si dia lo spazio per essere ciò che sei, invece di bollarti sotto il generico, suora, suorina, sorellina… E’ molto interessante pensare cosa significa dalla prospettiva del referente femminile, tocchi cose inconsce…


[i] Il 29 luglio 1994, il Dr. John Bayard Britton, operatore di servizi abortivi, e James Barrett, il volontario che lo accompagnava, furono assassinati fuori da una clinica abortiva di Pensacola, Florida.

la suora femminista e le ‘coppie di fatto’ (anche omosessuali) come ‘sacramento di Dio’

suor Teresa Forcades:

“Adozioni gay? Ai bambini serve un amore maturo, il sesso dei genitori non conta”

la teologa femminista, che da un anno è uscita dalla clausura per occuparsi di politica, parla di unioni civili e matrimoni omosex: “E’ sempre sacramento di Dio se c’è rispetto per la libertà dell’altro”

di GERALDINE SCHWARZ

“Se si è contro le unioni civili perché queste permettono l’unione tra persone dello stesso sesso, mi sembra che questo sia in fondo solo paura delle differenze. Il valore fondamentale del matrimonio è che rappresenta un impegno per sempre. Credo che sia importante sottolineare questo in una società che tende alla superficialità e alla strumentalizzazione delle persone: sto con te perché mi servi, o mi sei utile, o mi dai piacere, o mi diverti o quello che sia. Sono contro questo atteggiamento chiaramente e l’unione civile può essere seria come una religiosa, dipende dal grado di impegno che ci si mette.”

A parlare è suor Teresa Forcades, monaca benedettina di clausura che da un anno è uscita dal Monastero di sant Benet a Barcellona (con una dispensa vaticana) per occuparsi di politica e sostenere l’indipendenza della Catalogna con il movimento politico che ha fondato Proces Constituent. “Rivoluzionaria e pacifica” come lei stessa si definisce, suor Teresa, 49 anni, laureata in medicina e in teologia, a Barcellona e ad Harvard, è schietta, mite, parla e sorride nonostante le critiche che spesso la raggiungono. Combatte le multinazionali farmaceutiche, è scesa in politica e parla di temi caldi da un punto di vista “teologico” anche per la più libertaria Spagna. Spesso è censurata ma poi, in qualche modo, la sua voce riesce a sentirsi. Perché dice: “La preghiera mi dà forza”.
Cosa pensa delle unioni civili e dei matrimoni omosex, possono essere considerati come un sacramento, possono funzionare agli occhi di Dio e della società?
“Un sacramento è la manifestazione dell’amore di Dio nello spazio e nel tempo. L’amore è sempre sacramento di Dio se rispetta la libertà dell’altro. L’amore possessivo, al contrario, anche se è tra un uomo e una donna, può non essere sacramentale nel significato profondo del termine”.
Bambini “adottati” da una famiglia omosex, con due padri o con due madri, crede che possano crescere in modo sano?
“Sí, assolutamente. Quello di cui i bambini hanno bisogno è di un amore adulto, maturo e responsabile da genitori che antepongano le loro necessità alle proprie e che sappiano nello stesso tempo porre loro dei giusti limiti e aiutarli a crescere. Il fatto di crescere con due donne o con due uomini non rappresenta nessun problema. Nel medioevo molti bambini crescevano in Monastero solo con donne o solo con uomini e molti di essi sono diventati santi”.
Cosa pensa della maternità surrogata?
“Il graduale accumulo di ricchezza nelle mani di pochi è lo scandalo del nostro secolo. La maternità surrogata è un abuso di potere in un mondo economicamente sbilanciato come quello attuale nel quale viviamo. Mette sempre più spesso donne povere nelle condizioni di scegliere se commercializzare e vendere la propria maternità o condannare se stesse e i loro figli alla miseria. E’ estremamente crudele, come lo è anche quando le donne devono emigrare e abbandonare la famiglia per guadagnare un minimo stipendio per sopravvivere o finiscono nella rete della prostituzione per la stessa ragione. Secondo l’ultimo rapporto della confederazione di studio di Oaxfam International, l’1% della popolazione mondiale possiede più ricchezza del restante 99%. A parte lo sfruttamento economico, rifiuto la maternità surrogata per ragioni etiche: la psiche di una persona comincia costituirsi durante la gravidanza attraverso la percezione della voce e gli effetti degli ormoni materni che circolano nei tessuti fetali e che si accordano alla  voce e dallo stato d’animo della madre. Quindi, la separazione dalla madre biologica è sempre traumatica per il bambino e deve evitarsi per quanto possibile”.
Cosa pensa della posizione del Vaticano sui temi dei diritti civili e temi bioetici?
“La dottrina della Chiesa difende la dignità della persona e rifiuta la sua strumentalizzazione però in alcuni casi come nell’aborto, o per l’eutanasia, il principio di autodeterminazione della persona che è un principio riconosciuto e difeso dalla Chiesa, si scontra con la difesa della vita e con il riconoscimento della vita come dono di Dio. Io credo che la chiesa debba continuare a difendere la vita come un dono del quale non si può disporre a proprio piacimento. Ma credo che la maniera migliore di farlo non sia promuovere leggi che criminalizzano le donne che interrompono la gravidanza. Non si può salvare la vita del feto senza mettere sotto accusa i diritti della madre. Allora è necessario chiedersi se vogliamo che uno Stato forzi una donna a scegliere per il bambino, In questo caso, solo in questo caso, io propendo per la madre. Io credo che non si possano strumentalizzare le persone: non si può fare della madre uno strumento per la vita del bambino ma allo stesso tempo, e questo vale per la pratica della surrogazione, non si può neanche fare del bambino uno strumento del desiderio”.
Si sente rivoluzionaria e femminista come la definiscono alcuni? in che senso?
“Mi sento una rivoluzionaria pacifica. Mi sento femminista perché voglio riconoscere il lavoro delle prime donne, pioniere del femminismo che si chiamarono così mentre lottavano per il diritto a entrare all’università, al voto, a essere governanti nella società o a detenere i massimi incarichi nella chiesa o nella religione. Sono contro la violenza e non la considero utile a cambiare la società però sono rivoluzionaria perché credo che la nostra società non si debba riformare ma debba proprio cambiare radicalmente. Per esempio difendo il diritto alla proprietà ma non sono d’accordo quando vuole essere un valore assoluto. In questo sono contro i principi capitalistici”.
Ha intrapreso molte battaglie, c’è qualcuno che ha cercato di farla restare in silenzio? Quali sono le critiche che le vengono rivolte e se ha subito resistenze, da parte di quali ambienti?
“Mi hanno censurato, cancellato conferenze sia in ambito medico che politico che religioso. Per la medicina, per le mie critiche contro le industrie farmaceutiche. Per la politica, per le mie critiche alla politica del governo israeliano nei confronti della popolazione palestinese. In ambito religioso, perché difendo le unioni omosessuali e per il mio femminismo. L’ultimo episodio quando dovevo andare in Israele per una conferenza e non mi hanno fatto entrare nel paese, mi hanno rimandata indietro”.
Come vive questo suo doppio ruolo di impegno civile e preghiera?
“Continuo a studiare e a scrivere e resto in solitudine, la preghiera mi dà forza e permette che io possa lottare senza acredine con il cuore aperto. Al monastero, dove a volte ritorno per qualche giorno, l’orario ufficiale è di cinque ore di preghiera e sei di lavoro. Fuori dal monastero l’attività è molto più intensa e sono fortunata se riesco a raggiungere un’ora di preghiera al giorno”.
Quali sono oggi per lei gli ostacoli sul cammino delle donne nella Chiesa?
“L’ostacolo maggiore è l’interiorizzazione di una coscienza che dice che le donne devono avere un ruolo secondario rispetto a quello degli uomini e che Dio desidera così”.
Ha mai incontrato Papa Francesco? 
“No, ma mi piacerebbe”.
Come ha deciso di diventare suora di clausura?
“Sono andata al monastero come ospite. Stavo cercando un luogo per studiare e ho sentito una chiamata interiore. Dopo due anni sono entrata”.
A giugno scadrà questo suo primo anno di pausa, ha deciso se continuerà a stare “fuori” o tornerà “dentro” in clausura?
“Dipende se sarà ancora necessario avere qualche tipo di impegno con la politica. Fino a quando farò attività politica e per un massimo di tre anni vivrò fuori dal monastero ma può anche essere che tra pochi mesi tornerò a vivere dentro. Questo dipende da come si svilupperà la situazione politica in Catalogna dove mi batto per l’indipendenza”.
Ha un padre spirituale? 
“Più di uno e anche più di una madre. Mi sembra molto importante l’accompagnamento nella vita spirituale. Però è fondamentale anche saper accettare la responsabilità ultima del proprio cammino”.
 
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