armi, armi, armi, … a danno dell’ambiente e dei paesi più poveri

le armi battono il clima 38 volte
di Tonio Dell’Olio
in “www.mosaicodipace.it” del 16 novembre 2022


Un articolo di Lucia Capuzzi sulle pagine di Avvenire di oggi ci informa dello “studio del
Transnational Institute, presentato in occasione della Cop27 che compara, con minuziosa
precisione, gli stanziamenti per le forze armate dei differenti governi con quanto destinato alla lotta al cambiamento climatico”. I dieci Paesi più ricchi spendono in armi trentotto volte la somma che investono negli aiuti climatici. “La Commissione Europea prevede un incremento del budget per gli eserciti da parte dei propri membri intorno ai 200 miliardi. Washington ha approvato un bilancio senza precedenti di 840 miliardi. La Russia, pur nel mezzo della crisi economica, porterà i fondi per l’esercito a quota 83,5 miliardi nel 2023, + 27 per cento. Molto di questo denaro è sottratto alla transizione energetica piuttosto che ai fondi per le vittime – incolpevoli, riconoscono tutti – della catastrofe ambientale”. Oltre il danno anche la beffa: le dieci nazioni che investono di più in strumenti di morte (Usa, Cina, Russia, Gran Bretagna, Francia, Giappone e Germania) sono le stesse che inquinano di più e che pertanto dovrebbero risarcire i paesi più poveri per i danni che provocano su loro.




la ‘diserzione’ di Tonio dell’Olio

Diserto
di Tonio Dell’Olio
di Mosaico dei giorni
Sì, diserto. Dalla scelta governativa di dire che la guerra è sbagliata e, per questo si combatte la guerra con la guerra.
Diserto dall’accoglienza selettiva di persone che scappano dalla fame della guerra e dalla guerra della fame quasi a indicare che il luogo di provenienza faccia la differenza. Sì, da questo razzismo non dichiarato ma praticato – eccome! – diserto.
Diserto dall’annegamento nelle informazioni di un solo conflitto mentre si condannano al silenzio le guerre dei poveri.
Diserto la dislessia che pare affliggere alcuni cristiani di fronte alle pagine del Vangelo che parlano di amore dei nemici, di spade da rimettere nel fodero e di “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro”.
Diserto la retorica di certe manifestazioni che scelgono di non disturbare il manovratore, di dire e non dire, di applaudire il Papa scegliendo di fare esattamente il contrario e di essere buoni per tutte le stagioni.
Diserto dall’arruolamento obbligatorio nel partito del realismo presunto che condanna ogni azzardo fuori dal perimetro del perbenismo.
Diserto la logica dell’applauso prima di tutto, del consenso a tutti i costi, del comandamento di non compromettere la carriera.
Diserto, e per questo so di essere condannato con i senzapotere all’infamia delle pecore nere o delle mosche bianche mentre sono gli altri a rinnegare i colori dell’arcobaleno.



l’odio non è la al terrorismo

 

Tonio Dell’Olio

le reazioni di odio alimentano il terrorismo

intervista di Emanuela Citterio
Il presidente di Pro Civitate Christiana (nella foto accanto al Papa), spiega perché lavorare per la pace ha ancora senso, dopo l’attentato di Nizza. E racconta di quando ne parlò con Papa Francesco.
 
«Vivo ad Assisi e anche qui ci sono basiliche presidiate. Ci sono le transenne, la perquisizione, il mitra. Ma il terrorismo ha assunto modalità tali che pensare di affrontarlo con le armi è quanto meno una scelta miope. Ieri ne abbiamo avuto la prova eclatante, a Nizza». A parlare è Tonio Dell’Olio, sacerdote da sempre impegnato sul fronte della non violenza e dell’educazione alla pace. In questi giorni è stato nominato presidente della Pro Civitate Christiana di Assisi, associazione laicale che opera ponendo la centralità del Vangelo di Gesù come chiave interpretativa della piena realizzazione dell’umano. Dell’Olio è stato responsabile del settore internazionale di Libera – associazioni nomi e numeri contro le mafie, coordinatore nazionale (1993 – 2005) e membro del consiglio nazionale (1993 – 2009) di Pax Christi – movimento cattolico internazionale per la pace. Ma ciò di cui porta ricordi incancellabili è la sua collaborazione, tra il 1985 e il 1993, con Tonino Bello, vescovo di Molfetta e presidente di Pax Christi.
 
Il Papa, di fronte alla strage di Nizza di ieri sera ha detto che si è trattato di un attacco alla pace. È ancora possibile, oggi, parlare di pace senza essere tacciati di buonismo? Di fronte a quanto accaduto ieri c’è chi invoca le “maniere forti” e la guerra…
 
In realtà siamo di fronte a un terrorismo che non colpisce obiettivi sensibili e non usa più nemmeno le armi. E nel momento in cui i terroristi sono identificati come persone che vivono in Europa, che non agiscono nemmeno seguendo ordini di catena con l’Isis, ma in modo autonomo se non spontaneo, bisogna ammettere l’evidenza, e cioè che il terrorismo non può essere affrontato “esclusivamente” con le armi e con mezzi tradizionali. Dovremmo invece cercare di tagliargli l’erba sotto i piedi.
 
In che modo?
 
Tutti gli sforzi di dialogo con il mondo islamico – o meglio, con i mondi islamici, che sono tanti e diversi – sono destinati a lungo termine a dare risultati maggiori.
 
Non è illusorio parlare di dialogo?
 
Sinceramente non vedo altra via. Le modalità dell’attentato di ieri sera ce ne hanno dato una prova eclatante. Va detto che nemmeno il pacifismo più radicale è contrario alla difesa, a un ordine pubblico che abbia il compito di contenere la violenza. Ma l’errore è alimentare la violenza con altra violenza, non provare a cercare vie alternative.
 
Oggi si sono scatenate le reazioni di odio nei confronti dell’Islam e degli immigrati, da parte di politici e della gente comune…
 
Per quanto possa sembrare paradossale queste reazioni danno carburante al terrorismo. Sia le reazioni istintive di pacia sia quelle che partono da un’analisi per arrivare alla condanna dell’Islam in quanto tale non fanno che offrire ragioni e motivazioni al terrorismo stesso. La vera alternativa è agire sul piano educativo, cercare di approfondire nelle scuole e nelle parrocchie, cominciare a costruire la convivenza da lì. E poi bisogna chiedere con forza alle moschee e gli imam parole ferme di condanna: questa potrebbe essere una delle chiavi di volta nel percorso di sconfitta del terrorismo, che durerà anni.
 
Il Papa è stato il primo a parlare di “Terza guerra mondiale a pezzi” fornendo un’interpretazione di tante guerre ed episodi di terrorismo di questi anni. Ma la sua sembra spesso una voce isolata.
 
Sento spesso papa Bergoglio. Siamo amici sin da quando era cardinale a Buenos Aires, continuiamo a sentirci e a confrontarci su questi temi, sul potere delle mafie, sulla non violenza. Sì, è stato lui a parlare di “terza guerra mondiale a pezzi”, ed è martellante la sua condanna sul traffico delle armi, su chi trae profitto dalle guerre e dal terrorismo. Ma molte cose le dice anche con la scelta dei suoi viaggi apostolici. Nei suoi confronti, del Papa, abbiamo un difetto di analisi: siamo attenti a quello che dice, perché siamo abituati così, e facciamo più fatica a leggere i segni. Una volta, chiacchierando con lui, gli ho citato una frase di don Tonino Bello, che diceva: “Di fronte a coloro che ostentano i segni del potere dobbiamo opporre il potere dei segni». «Esto me gusta!» esclamò d’un tratto. E dal viaggio a Lampedusa in poi sono stati tanti i segni fatti dal Papa. Credo che questa possa essere un’indicazione anche per noi. Opporre i segni alla violenza, metterli prima delle parole.
 
Ci può fare un esempio?
 
Di fronte alle prese di posizione a priori sugli immigrati, per esempio, ho constatato che non c’è altra via che la conoscenza personale. Da lontano sono stranieri, hanno un altro colore della pelle, ci rubano il lavoro, disturbano la nostra sicurezza e la nostra salute. Quando ne conosci uno, che ti dice dove stava, ti descrive il suo Paese raccontandoti anche le sue bellezze, un altro stile di vita, e quando ti dice il disagio di un viaggio nel deserto… Ho visto persone arrivate con idee ben precise e molto prevenute sciogliersi in lacrime. Credo che l’antidoto all’odio e alla paura nei confronti degli altri sia solo la conoscenza dei volti, delle biografie, delle storie dei migranti. Tra l’altro riconosceremmo la nostra, di storia. Se facessimo questo in tutte le parrocchie e le scuole credo che la convivenza con gli immigrati in Italia sarebbe molto diversa.
(Fonte: Mondoemissione)
NIZZA – Non dobbiamo cadere nella trappola dello scontro delle civiltà
Intervento di p. Giulio Albanese, missionario comboniano e giornalista
(estratto “Agorà-Estate” Raitre del 15.07.2016)
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vergognati Europa disumana!

Europa dove sono le radici cristiane?

Tonio Dell’Olio

Tonio Dell'Olio

Come uomo prima e come abitante dell’Europa che vanta radici cristiane mi sono vergognato davanti alle immagini dei profughi respinti con la forza e con lancio di gas lacrimogeni alla frontiera tra Grecia e Macedonia

migranti

Persone che fuggono dalle bombe, dalla distruzione delle loro case e dalle persecuzioni dell’Isis/Daesh, che hanno dovuto affrontare i pericoli della traversata sicuri che, se mai ce l’avessero fatta, avrebbero ricevuto l’accoglienza che si riserva a tutte le persone in pericolo di vita, vengono trattati come i più pericolosi dei criminali. Non è giusto. Non è umano.
Prima che appellarsi ai trattati e al diritto internazionali, è il nostro semplice buon senso che deve ribellarsi a questa mancanza di umanità. Eppure c’è da credere che le difficoltà che i governanti delle nazioni europee oppongono, potrebbero essere facilmente superate con la creazione di corridoi umanitari che distribuiscano in modo proporzionato bambini, uomini e donne vittime della guerra e del terrorismo.migranti2
Possibile che si faccia ancora tanta fatica a mettersi nei loro panni, a immaginarsi nella loro tragedia? Possibile che la storia non insegni che anche noi europei siamo stati tante volte profughi e migranti?  È in gioco sicuramente la vita di migliaia di persone ma anche il senso della nostra civiltà. E se ripenso a quanti si sono affannati nel dibattito perché le radici cristiane venissero riconosciute nella Carta d’Europa… mi convinco ancora di più che prima e più del riconoscimento formale, avremmo dovuto vivere coerentemente il Vangelo dell’accoglienza.

http://www.mosaicodipace.it/mosaico/i/3053.html




che povertà vivremmo senza l’accoglienza dei migranti!

famosi e migranti

di Tonio Dell’Olio

Tonio Dell'Olio

 

che cosa hanno in comune Albert Einsten, Hannah Arendt, Sigmund Freud, Steve Jobs, ma anche Lady Gaga, Madonna, Freddie Mercury, Mika, Giuseppe Ungaretti, Miriam Makeba, Isabel Allende? Sono tutti figli di profughi, esiliati, perseguitati politici, migranti o lo sono stati essi stessi

Segno concretissimo che l’immigrazione rappresenta anche un’opportunità importante per la crescita delle società accoglienti se non per l’intera umanità. Resta inteso che noi pensiamo e crediamo che ogni persona sia da rispettare nella propria dignità ben al di là delle proprie risorse, capacità o talenti e che non possiamo discriminare tra personaggi dello spettacolo o calciatori e apparenti povericristi. Nonostante ciò ci rendiamo conto che oggi l’umanità sarebbe enormemente più povera se i confini fossero stati armati di filo spinato e di muri, se la parola respingimento avesse preso il posto del verbo accogliere. Un monito per l’Europa dei nostri giorni. Dalle nostre parti anche ai Magi si sarebbe negato il permesso di soggiorno compromettendo l’Epifania, nel senso pieno del suo significato. >