la bellissima omelia che il vescovo di Trento ha pronunciato al funerale di p. Fabrizio Forti
“cara chiesa di Trento la sua testimonianza sia per te incoraggiamento a metterti il grembiule e passare a servire”
“Cara Chiesa di Trento, investi in misericordia: nessuna donna, nessun uomo siano per te estranei o stranieri, non ti è permesso chiudere le porte a nessuno. Ricordati che una sola è la condizione per essere libera: intrecciare le mani, contaminarti con le ferite e le piaghe dei tuoi fratelli. La tua voce non si alzi mai per condannare e giudicare. Non lasciarti mai rubare la speranza, sappi infondere coraggio e fiducia”. Così ha parlato il vescovo di Trento, monsignor Lauro Tisi, nell’omelia della Liturgia funebre per padre Fabrizio Forti, questa mattina in cattedrale. “La sua lezione di frate povero, servo dei poveri, è un regalo – ha ricordato il vescovo – per tutta la nostra comunità diocesana. La fecondità della sua vita, attestata dalle tante volontarie e dai tanti volontari, che con lui e grazie a lui hanno toccato e toccano la carne viva di Cristo che sono i poveri, m’interpella per primo, come vescovo, e interpella tutta la nostra Chiesa”. “La testimonianza di padre Fabrizio – ha aggiunto – sia per te incoraggiamento a metterti il grembiule e passare a servire. Non attardarti solamente nell’ammirarlo, prova a imitarlo. Più di una volta questo tuo figlio, cara Chiesa di Trento, ti ha pungolato, ti ha invitato a muoverti, ti ha rivolto delle critiche. L’ha fatto perché ti voleva bene, ti amava e sentiva che non poteva fare a meno di te, non voleva andare dai poveri senza di te. Ora che è nella luce del Risorto, domandagli di chiedere per te al Padre di non essere permalosa! Lasciati scuotere dai profeti! Il tuo unico interesse sia il Regno di Dio e la sua giustizia!”.
Liturgia funebre per padre Fabrizio Forti
omelia dell’arcivescovo Lauro
(cattedrale di Trento, 19 ottobre 2016)
La Chiesa di Trento è contenta di ospitare in cattedrale le esequie di padre Fabrizio. La sua lezione di frate povero, servo dei poveri, è un regalo per tutta la nostra comunità diocesana. La fecondità della sua vita, attestata dalle tante volontarie e dai tanti volontari, che con lui e grazie a lui hanno toccato e toccano la carne viva di Cristo che sono i poveri, mi interpella per primo, come vescovo, e interpella tutta la nostra Chiesa.
Dove traeva, padre Fabrizio, la sua forza per servire e amare i poveri e quanti in questa vita così selettiva segnano il passo?
Il nome di Dio, come per Giobbe, anche per lui era Redentore, Liberatore, Riscattatore. A questo Dio si appassionava, questo Dio conosceva e voleva comunicare. Chiesa di Trento, a cominciare dal tuo vescovo, quale Dio accrediti? Quale Signore fai conoscere ai tuoi figli? Dove pianti la tua tenda? Dove hai le tue dimore?
Spesso i poveri vengono chiamati “senza fissa dimora”, ma presso di loro ha dimora il Dio di Gesù Cristo. Cara Chiesa, lì con certezza lo trovi, come ti ha ricordato il Vangelo che hai appena ascoltato. La testimonianza di padre Fabrizio sia per te incoraggiamento a metterti il grembiule e passare a servire. Non attardarti solamente nell’ammirarlo, prova a imitarlo.
Più di una volta questo tuo figlio, cara Chiesa di Trento, ti ha pungolato, ti ha invitato a muoverti, ti ha rivolto delle critiche. L’ha fatto perché ti voleva bene, ti amava e sentiva che non poteva fare a meno di te, non voleva andare dai poveri senza di te. Ora che è nella luce del Risorto, domandagli di chiedere per te al Padre di non essere permalosa! Lasciati scuotere dai profeti! Il tuo unico interesse sia il Regno di Dio e la sua giustizia!
“Ero in carcere e sei venuto a trovarmi: prendi parte alla gioia del Tuo Signore”. La beatitudine evangelica ben si addice a padre Fabrizio, perché tra i tanti poveri che egli ha servito, un posto tutto particolare hanno avuto le nostre sorelle e i nostri fratelli carcerati; significativamente, hanno voluto salutarlo prima di questo congedo. Per loro è stato prezioso strumento di misericordia, come ho potuto personalmente sperimentare. Una misericordia che di volta in volta sapeva alternare i colori caldi della tenerezza, con quelli forti di chi guarda in faccia i problemi e cerca di risolverli. Una misericordia che investiva in fiducia e con stupore e gioia riusciva a trovare in ogni persona il tesoro del bello e del buono. E così sapeva essere vicino ai detenuti, come alla polizia penitenziaria e al personale del carcere.
Cara Chiesa di Trento, investi in misericordia: nessuna donna, nessun uomo siano per te estranei o stranieri, non ti è permesso chiudere le porte a nessuno. Ricordati che una sola è la condizione per essere libera: intrecciare le mani, contaminarti con le ferite e le piaghe dei tuoi fratelli. La tua voce non si alzi mai per condannare e giudicare. Non lasciarti mai rubare la speranza, sappi infondere coraggio e fiducia!
Umilmente, infine, alla nostra Chiesa e a tutti gli uomini e donne di buona volontà, credenti e non, del nostro Trentino, provocato dai gesti di profezia di padre Fabrizio, vorrei fare una proposta: assumiamoci, come comunità, la responsabilità di farci carico dei poveri, i suoi poveri anzitutto, e i carcerati del nostro Trentino. La sua profezia diventi la profezia dell’intera Chiesa e dell’intera comunità trentina. Facciamoci carico, tutti insieme, della mensa e del carcere. Sarebbe il regalo più bello che possiamo fargli!
La grande sofferenza per la morte di padre Fabrizio potrebbe portarci a pensare al declino inesorabile di un ciclo di uomini e donne profetici nella nostra Chiesa. Quasi come avessimo ammainato la vela. Non dobbiamo cedere a questa tentazione. La fede nel Risorto, che ha alimentato la testimonianza di vita di padre Fabrizio, ci ricorda che egli è approdato alla pienezza.
E tu, caro Fabrizio, dal tuo approdo di luce, aiutaci a riconoscere la tua grande eredità: una Chiesa che frequentando i poveri, servendo i poveri e gli sconfitti dalla vita, sappia aprire spiragli di futuro in questa storia tanto bisognosa di coraggio.