ma i cristiani dove sono?

mancano i cristiani

 di Tonio Dell’Olio

in “www.mosaicodipace.it” del 20 febbraio 2023

 Il Vangelo proclamato ieri in tutte le chiese cattoliche del mondo non sembra lasciare scampo. Non  vi è una sola, piccola, via d’uscita per la quale riuscire ad adottare una giustificazione,  un’attenuazione o una riduzione. Pena il disinnesco della radicalità o il travisamento del tradimento.
Nella pagina finale del Discorso della montagna Gesù si spinge fino a chiedere di amare il nemico e  a pregare per i persecutori. E se penso alla tragedia dei conflitti violenti che si stanno combattendo
anche oggi sulla faccia della terra, ne devo amaramente dedurre che manca questo apporto specifico  dei cristiani. Nel corso della storia non siamo riusciti a porre attenzione e peso su quei versetti. Non  c’è stata palestra ove esercitarsi alla pratica di quella radicalità, ovvero la catechesi ha latitato, la  predicazione è stata residuale e l’azione – nel migliore dei casi – è stata considerata profetica.
Profezia intesa come eroismo o utopia o secondo la follia dei santi che – pertanto – non è alla  portata di tutti. Eppure nel tempo dell’escalation della violenza, cioè della scelta militare mostrata e  dimostrata come ineluttabile, come l’unica via, come quella dolorosamente inevitabile, è proprio  quel contributo dei cristiani che manca. E se tutti sappiamo quali sono i risultati della strada che  abbiamo deciso di percorrere finora, nessuno è in grado di dire come sarebbe se mettessimo in  pratica quell’insegnamento.




le armi non partoriscono pace

la società civile

 «un errore puntare sulle armi»

la protesta dei pacifisti


Pax Christi: manca la politica e prevale l’ipocrisia. Rete pace e disarmo: attenti, le forniture finiscono anche nelle mani sbagliate. Marcia Perugia-Assisi: soldi tolti alla lotta contro la povertà

«Un errore puntare sulle armi»: la protesta dei pacifisti

di Luca Liverani 

Armi, ancora armi, solo armi. Senza uno sforzo parallelo per individuare una soluzione diplomatica. È questa la lettura condivisa nel mondo delle associazioni per il disarmo e la pace, di fronte al prossimo decreto, il sesto, per l’invio di armamenti italiani alle forze armate ucraine.

«Il governo Meloni segue la stessa linea di Draghi, secretando l’elenco delle armi inviate dall’Italia», dice Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne della Rete italiana pace e disarmo. Gli “omissis” nel decreto producono un doppio rischio. «Che si tratti di armi che finiscono anche nelle mani sbagliate», ad esempio gruppi mercenari attivi anche in altri teatri o organizzazioni criminali. «E la segretezza permette al Cremlino di alimentare polemiche basate su fake news», dice Vignarca. Nessuna trasparenza nemmeno sui costi, lamenta Rete pace e disarmo: «Abbiamo calcolato che nel 2022 gli invii di armi ci sono costati 485 milioni. Il ministro Tajani ha parlato genericamente di un miliardo di euro». Un’opacità che impedisce anche di capire «se si tratta di armamenti vecchi, che avremmo dovuto comunque rottamare, oppure sistemi che andranno rimpiazzati. È stato calcolato che gli aiuti militari Nato potrebbero portare all’industria militare americana nuovi ordini per 22 miliardi di dollari». Tutti elementi, sottolinea Vignarca, «che prescindono dal dibattito se inviare armi sia giusto o sbagliato». Ma c’è un altro aspetto: «Ogni invio è stato giustificato dalla propaganda politica dicendo: “sono le armi che cambieranno il corso della guerre”. A marzo i razzi anticarro Javelin, a giugno i lanciarazzi Himars, a dicembre i missili Patriot, ora i tank Leopard». Di certo c’è che «nessun tipo di arma ha avvicinato una soluzione politica. La diplomazia non è stata mai messa in campo seriamente. E la politica continua a ignorare le altre guerre: Siria, Congo, Etiopia…».

Pax Christi ribadisce il suo no all’invio di armi: «Siamo con Papa Francesco che a marzo diceva che per fermare le guerre non bisogna alimentarle», dice don Renato Sacco, consigliere nazionale di Pax Christi. «Non sono le armi che mancano, ma la politica. E si gioca con le parole sfiorando l’ipocrisia: a Ramstein si è detto che “la Nato formalmente non è coinvolta”». Anche Pax Christi teme che il flusso di armi prenda vie sbagliate: «Il procuratore Nicola Gratteri non ha dubbi». E avverte: « Non abituiamoci alla guerra, non consideriamola accettabile. Sento parlare di un collegamento di Zelenski a Sanremo. Da esperti di calcio, gli italiani si sono trasformati tutti in strateghi. Ma ignoriamo le altre guerre tormentano palestinesi, curdi, armeni allo stesso modo degli ucraini». Senza contare i rischi dell’escalation: «A due anni dall’approvazione del bando Onu sulle armi nucleari, non sottovalutiamo come “propaganda” la minaccia atomica di Putin».

«È dall’inizio che diciamo che gli ucraini hanno tutto il diritto di difendersi, l’errore è puntare sulla guerra e solo sulla guerra», spiega Flavio Lotti, coordinatore della Marcia della Pace Perugia Assisi. «Ci hanno detto che le armi servivano a riequilibrare sul campo il confronto coi russi – ricorda – ma questo sesto invio è la prova che quella tesi è fallita. La guerra è in stallo e si punta ad armi sempre più letali. Le stragi continuano nel vuoto dell’iniziativa politica. Temo che il decreto verrà approvato senza un ampio dibattito, in cui si prenda atto che è tempo di scegliere un’altra strada. La politica è drammaticamente muta, maggioranza e opposizione». E le armi dissanguano anche in altro modo: «Ogni armamento sottrae risorse per la lotta alle disuguaglianze e alla povertà. In Italia, in Ucraina, ovunque».




contro la minaccia di un’apocalisse nucleare l’appello di intellettuali

l’appello

 un negoziato credibile per fermare la guerra


le firme di 11 intellettuali
La minaccia di un’apocalisse nucleare non è una novità. L’atomica è già stata usata. Non è impossibile che si ripeta. È caso ampiamente contemplato nei manuali di strategia…

Un negoziato credibile per fermare la guerra

La minaccia di un’apocalisse nucleare non è una novità. L’atomica è già stata usata. Non è impossibile che si ripeta. È caso ampiamente contemplato nei manuali di strategia. Di fronte a questa minaccia l’opinione pubblica sembra pericolosamente assuefatta. Nessuna forte reazione popolare, nessuna convinta e razionale volontà di impedirla. Si diffonde una pericolosa sensazione di inevitabilità e di rassegnazione, o, peggio, l’idea che solo una “resa dei conti” possa far nascere un nuovo e stabile ordine mondiale. Ma oggi nessuna guerra può imporre un ordine sotto le cui macerie non restino il pianeta, i popoli, l’umanità tutta. Non ci si può rassegnare. Ma a una volontà razionale di pace bisogna offrire uno scenario credibile per chiudere questo conflitto, divampato con l’aggressione russa al di là delle gravissime tensioni nel Donbass. Un conflitto che non può avere la vittoria tutta da una parte e la sconfitta tutta dall’altra, secondo una concezione manichea del mondo e della storia.

Tutti gli attori in conflitto, quelli che stanno sul teatro di guerra e quelli che l’alimentano o non lo impediscono, ne devono essere consapevoli. Bisogna fermare l’escalation e impedire la catastrofe del sonnambulismo. In quest’ottica riteniamo che i governi responsabili debbano muoversi su queste linee: 1) Neutralità di un’Ucraina che entri nell’Unione Europea, ma non nella Nato, secondo l’impegno riconosciuto, anche se solo verbale, degli Stati Uniti alla Russia di Gorbaciov dopo la caduta del muro e lo scioglimento unilaterale del Patto di Varsavia. 2) Concordato riconoscimento dello status de facto della Crimea, tradizionalmente russa e illegalmente “donata” da Kruscev alla Repubblica Sovietica Ucraina. 3) Autonomia delle Regioni russofone di Lugansk e Donetsk entro l’Ucraina secondo i Trattati di Minsk, con reali garanzie europee o in alternativa referendum popolari sotto la supervisione dell’Onu. 4) Definizione dello status amministrativo degli altri territori contesi del Donbass per gestire il melting pot russo-ucraino che nella storia di quelle Regioni si è dato ed eventualmente con la creazione di un ente paritario russo-ucraino che gestisca le ricchezze minerarie di quelle zone nel loro reciproco interesse. 5) Simmetrica descalation delle sanzioni europee e internazionali e dell’impegno militare russo nella regione. 6) Piano internazionale di ricostruzione dell’Ucraina.

A nostro avviso questi possono essere i punti di partenza realistici e credibili per un cessate il fuoco. In una direzione simile va da ultimo la proposta di Elon Musk, e da tempo le sollecitazioni di Henry Kissinger a una soluzione che nel rispetto delle ragioni dell’Ucraina offra insieme una via d’uscita al fallimento militare di Putin sul terreno. Fondamentalmente sono le linee più credibili di un negoziato possibile e necessario, anche per l’unica Agenzia mondiale all’opera davvero per la pace, la Chiesa di Roma. Questa soluzione conviene a tutti, anche all’Occidente e in particolare ai Paesi dell’Unione Europea, i più minacciati dall’ipotesi di un disperato attacco nucleare russo. E all’Ucraina stessa, se non vorrà essere la nuova Corea nel cuore dell’Europa per i prossimi 50 anni. Liberiamo la ragione e la politica dalle pastoie dell’odio, e forse troveremo anche il cuore e l’intelligenza per mettere fine a questo macello. È un invito rivolto a tutti, a quanti ascoltandolo vorranno rilanciarlo e farsene carico.

Antonio Baldassarre, Pietrangelo Buttafuoco, Massimo Cacciari, Franco Cardini, Agostino Carrino, Francesca Izzo, Mauro Magatti, Eugenio Mazzarella, Giuseppe Vacca, Marcello Veneziani, Stefano Zamagni




il pacifista ucraino e il suo appello all’Ucraina e alla Russia

l’appello di Yurii Sheliazhenko, coraggioso leader del movimento pacifista ucraino

Yurii Sheliazhenko fa parte del direttivo della rete pacifista internazionale World Beyond War. Vive in Ucraina. È segretario esecutivo dell’Ukrainian Pacifist Movement e membro dell’Ufficio europeo per l’obiezione di coscien

questo il suo appello

Viviamo in tempi difficili che richiedono coraggio per promuovere la pace. Quando nazioni vicine con una storia intrecciata cominciano a opprimersi, distruggersi e uccidersi a vicenda anno dopo anno, sul proprio territorio o invadendo il territorio del vicino…

Quando scrivi su Facebook che la Carta delle Nazioni Unite richiede la risoluzione pacifica di tutte le controversie e che, pertanto, il presidente Putin della Russia e il presidente Zelenskyy dell’Ucraina dovrebbero cessare il fuoco e avviare colloqui di pace – e ricevi commenti pieni di oscenità e maledizioni…

Quando viene proclamata la legge marziale e la mobilitazione totale e i fucili vengono consegnati a migliaia di persone appena reclutate e i selfie con i fucili diventano di tendenza sui social e nessuno sa chi e perché qualcuno improvvisamente spara in strada…

Quando anche i civili in un condominio si preparano ad accogliere il nemico con le molotov, lo raccomanda l’esercito, e cancellano dalla loro chat un vicino percepito come un traditore solo perché ha invitato la gente a stare attenta, a non bruciare la casa comune e a non permettere ai militari di usare i civili come scudo umano…

Quando suoni lontani di esplosioni dalle finestre si mescolano nella mente con messaggi di morte e distruzione, e odio, e sfiducia, e panico, e chiamate alle armi, a più spargimento di sangue per la sovranità…

…è un’ora buia per l’umanità. Dobbiamo sopravvivere e superarla, e impedire che si ripeta. Il Movimento pacifista ucraino condanna tutte le azioni militari da parte della Russia e dell’Ucraina nel contesto dell’attuale conflitto. Condanniamo la mobilitazione militare e l’escalation dentro e fuori l’Ucraina, comprese le minacce di guerra nucleare.

Lanciamo un appello alla leadership di entrambi gli Stati e alle forze militari affinché facciano un passo indietro e si siedano davvero al tavolo dei negoziati. La pace in Ucraina e nel mondo può essere raggiunta solo in modo nonviolento. La guerra è un crimine contro l’umanità. Pertanto, siamo determinati a non sostenere alcun tipo di guerra e a lottare per la rimozione di tutte le cause di guerra. È difficile rimanere calmi e sani di mente ora, ma con il sostegno della società civile globale è più facile.

Purtroppo, anche i guerrafondai stanno spingendo la loro agenda in tutto il mondo. Chiedono più aiuti militari per l’Ucraina e sanzioni economiche distruttive contro la Russia. La Nato dovrebbe fare un passo indietro dal conflitto sull’Ucraina, aggravato dal suo sostegno allo sforzo bellico e dalle aspirazioni di adesione del governo ucraino all’Alleanza.

La Nato dovrebbe idealmente sciogliersi o trasformarsi in un’alleanza per il disarmo. L’Ucraina non dovrebbe schierarsi con nessuna grande potenza militare, che siano gli Stati Uniti, la Nato o la Russia. In altre parole, il nostro paese dovrebbe essere neutrale. Il governo ucraino dovrebbe smilitarizzare, abolire la coscrizione, risolvere pacificamente le dispute territoriali riguardanti Donbass e Crimea e contribuire allo sviluppo di una futura governance globale nonviolenta, invece di cercare di costruire uno Stato nazionale del 20° secolo armato fino ai denti.

Sarà più facile negoziare con la Russia e i separatisti se si condividerà la visione che l’Ucraina, il Donbass e la Crimea in futuro saranno insieme su un pianeta unito senza eserciti e confini. Anche se alle élite manca il coraggio intellettuale di guardare al futuro, la comprensione pragmatica dei benefici del mercato comune dovrebbe aprire la strada alla pace.

Tutti i conflitti dovrebbero essere risolti al tavolo dei negoziati, non sul campo di battaglia; il diritto internazionale lo richiede e non c’è altro modo plausibile per risolvere le controversie emergenti dai traumatici eventi del 2014 a Kiev, Crimea e Donbass, dopo otto anni di spargimento di sangue da parte delle forze ucraine e filorusse e con l’attuale tentativo militarista aggressivo russo di annullare quel cambio di regime in Ucraina.

Invece di affogare nella rabbia gli ultimi legami umani, abbiamo bisogno più che mai di preservare e rafforzare i luoghi di comunicazione e cooperazione tra tutte le persone sulla Terra, e ogni sforzo individuale di questo tipo ha un valore.

La nonviolenza è lo strumento più efficace e progressivo per la governance globale e la giustizia sociale e ambientale, rispetto alle illusioni sulla violenza sistemica e la guerra come panacea, soluzione miracolosa per tutti i problemi socio-economici.

L’Ucraina e la Russia non hanno forse sofferto abbastanza per capire che la violenza non funziona? Putin e Zelenskyy dovrebbero impegnarsi in colloqui di pace seriamente e in buona fede, come politici responsabili e rappresentanti dei loro popoli, sulla base di interessi pubblici comuni, invece di combattere per posizioni che si escludono a vicenda.”

(appello rilanciato dall’agenzia Pressenza)




pregare per la pace? come pregare

quale preghiera per la pace nel tempo della guerra in Ucraina?

di Jacques Musset*  

in “www.garriguesetsentiers.org” dell’11 marzo 2022 (traduzione: www.finesettimana.org)

Se Dio è presente nel più intimo dell’essere e se nel segreto della coscienza ispira il desiderio del vero, allora la sola preghiera di richiesta che valga non è più quella di sollecitare Dio ad intervenire, ma di chiedere a noi stessi, personalmente e come comunità, di essere disponibili alle richieste che salgono in noi dal più profondo quando ci preoccupiamo sinceramente di vivere secondo lo spirito che animava Gesù.

Immagino che attualmente, nel corso delle messe e dei culti domenicali in tutte le chiese e i templi cristiani del mondo siano formulate preghiere di intercessione per la pace in Ucraina. E che esse, almeno nelle chiese cattoliche, siano espresse nello stile abituale, in forma di richieste a Dio in termini più o meno simili a questi: “Perché cessi la guerra in Ucraina e venga una pace giusta in quel paese provato, preghiamo il Signore”, “Perché gli autori di questa guerra ingiusta prendano coscienza della loro ingiustizia e cessino i combattimenti, preghiamo il Signore”, “Perché le vittime di questa guerra siano sostenute, aiutate, confortate, preghiamo il Signore”, “Dio, pare di tutti gli uomini, ti preghiamo di cambiare il cuore di coloro che opprimono il popolo ucraino”, “Vieni in aiuto alle vittime e a coloro che soffrono crudelmente per questa guerra”, o ancora “Stimola la generosità dei paesi in pace affinché vengano in aiuto al governo e alle popolazioni rimaste sul posto o in fuga dalla guerra”…
Perché queste richieste sono inaccettabili per un cristiano del XXI secolo immerso nella cultura moderna? In che cosa possono screditare il cristianesimo agli occhi degli agnostici e degli atei a causa dell’immagine di “Dio” e dell’uomo che esse veicolano?
Una prima ragione è che danno di “Dio” una rappresentazione di onnipotenza senza limiti, arbitraria, un “Dio” che, per intervenire, avrebbe bisogno che ci si metta in ginocchio davanti a lui per gridare la propria miseria o urlargli i propri desideri più ardenti. Che cosa è mai questa divinità che si nutrirebbe per anni e per secoli di preghiere incessanti per degnarsi di distribuire i propri favori? Immagine meschina del Dio cristiano, più vicina alle divinità di un tempo di cui si immaginava che il potere fosse efficace in rapporto a preghiere interminabili e riti sofisticati. Che cosa è questo Dio di cui si proclama che è amore e che godrebbe nel farsi pregare per spargere le sue bontà, come se fosse sordo e lontano?
Ma c’è di più: anche la rappresentazione dell’uomo è in gioco in questo atteggiamento. Questo comportamento di supplica manifesta una innegabile dimissione di responsabilità da parte di coloro che lo professano. L’oggetto di queste richieste designa in realtà dei compiti che ognuno dei credenti e degli esseri umani deve svolgere proprio in quanto essere umano. Infatti, chi può offrire conforto a coloro che soffrono? Altri esseri umani. Chi deve creare condizioni di pace tra le persone e i popoli? Ogni cittadino a titolo personale e coloro che sono eletti per svolgere questo compito.
Chi deve fare in modo che le persone mangino a sufficienza in certi paesi in cui regna carestia endemica? Gli abitanti stessi di quei paesi, aiutati dal sostegno e la solidarietà disinteressata di quelli più ricchi. E queste responsabilità devono suscitare iniziative concrete, se no si rimane a livello di pii desideri che lasciano perdurare le peggiori ingiustizie. Come migliorare il proprio comportamento portato alla rabbia o all’egocentrismo, come sviluppare il proprio senso critico? Lo si fa in prima persona, lavorando man mano su se stessi. Potremmo moltiplicare gli esempi di richieste a “Dio” che in realtà dipendono dalla responsabilità umana. Questo modo di procedere non fa crescere né Dio né l’uomo.
Sento l’obiezione: nella Bibbia, in particolare nei Salmi, e nel Vangelo, non si raccomanda forse ai credenti di invocare “Dio” in aiuto? “Chiedete e vi sarà dato”, dice Gesù. Il Padre Nostro che ha insegnato è un’urgente preghiera di richiesta. Che cosa rispondere? In primo luogo, il forte monito di Gesù contro la ripetizione di formule che sarebbero efficaci di per se stesse. Proprio Gesù ci ricorda che Dio non ha bisogno delle preghiere per essere presente agli uomini e ai loro bisogni (Mt6,5-8). E insiste: “Non chiunque dice: «Signore, Signore», entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio” (Mt 7,21).
Inoltre, queste affermazioni devono essere collocate nel loro contesto storico e culturale. Per gli autori dei salmi, come per Gesù, “Dio” è una realtà trascendente, che abita il cielo ed è capace di operare miracoli dove l’uomo constata la propria impotenza. Per questo invitano a gridare verso di lui per sollecitare il suo intervento, anche se si è comunque sicuri della sua fedele presenza. Con il progresso delle cosiddette scienze esatte e la “liberazione” delle scienze umane in seguito alle critiche dell’Illuminismo, l’ambito nel quale fino a quel momento Dio regnava da essere supremo si è praticamente ristretto e secolarizzato. Non c’è più bisogno oggi di far intervenire Dio nella spiegazione e nella gestione della natura, nella comprensione della psicologia dell’essere umano, dei suoi comportamenti e delle sue malattie, nella comprensione delle leggi di cui ogni società ha bisogno per vivere in un certo equilibrio tra le forze centrifughe che la compongono… Gli uomini hanno acquisito un’autonomia nella conduzione della loro esistenza personale e sociale.
Una preghiera rispettosa di Dio e di noi stessi

Che cosa diventa allora “Dio”? È forse un epifenomeno che non ha più la sua ragion d’esser dopo essere stato spogliato delle sue prerogative tradizionali, oppure può designare per i credenti una realtà misteriosamente presente nel più intimo di ogni essere umano, lì dove nasce il meglio di sé: e cioè ciò che ha a che fare con il dono, con l’arte, con l’interiorità, con la conoscenza di sé, col rifiuto dell’inaccettabile, con il consenso e l’appropriazione di ciò che è. È ciò che esprimono i mistici di tutti i tempi e di tutte le tradizioni spirituali.
Quelle persone, che vivono ad un livello di estrema profondità del proprio essere, sperimentano, toccano, così dicono, una realtà che senza essere loro stessi è inseparabilmente legata a loro.
L’esperienza di questi superamenti è comune a tutti gli esseri umani che cercano di non barare con le richieste interiori a loro rivolte, ciò non significa che vi possiamo leggere la traccia di Dio. Se è legittimo chiamare “Dio”, in mancanza di altre parole, ciò che è al cuore di ogni spinta interiore ad umanizzarsi incessantemente in ogni dimensione, allora il modo di porsi nei confronti di questa fonte misteriosa non può più esprimersi come un tempo, quando Dio era concepito come esterno a sé e onnipotente in tutti gli ambiti.
Quale è dunque la preghiera di richiesta possibile che sia degna di “Dio” e dell’uomo? Ciò che rimane comune con il modo di esprimersi di un tempo, è la necessità del raccoglimento. Che, del resto, è una necessità per ogni uomo che non voglia vivere la propria esistenza come un sonnambulo o come una banderuola. Dedicare del tempo al silenzio, indipendentemente dal luogo e dalla maniera, è una condizione indispensabile per essere presenti a se stessi e al proprio mistero.
Ma allora, la preghiera cristiana di richiesta, personale o collettiva, come può esprimersi in maniera autentica? Se Dio è presente nel più intimo dell’essere e fa continuamente, se così si può dire, il suo lavoro di Dio, che è quello di ispirare nel segreto delle coscienze, senza teleguidarle, il gusto e il desiderio del vero, allora la sola preghiera di richiesta che valga non è più quella di sollecitare Dio ad intervenire, ma di chiedere a noi stessi, personalmente e come comunità, di essere disponibili ai moti, alle richieste, agli incitamenti (indipendentemente dalle parole) che salgono in noi dal più profondo quando ci preoccupiamo di vivere, senza ingannare noi stessi e gli altri, secondo lo spirito che animava Gesù.
Come è possibile farlo? Cambiando il modo di esprimerci. Se è vero che si finisce per pensare come si parla, allora, parliamo secondo verità affinché le nostre parole siano stimolanti individualmente e collettivamente e non rimangano solo facili e generose formule magiche senza presa sulla realtà. In questo modo, davanti a “Dio” (riconosciuto come Sorgente, Soffio interiore), i cristiani si comporteranno da adulti e non da esseri infantili.
Tentiamo di dire, nel contesto attuale, quale potrebbe essere una preghiera rispettosa di Dio e di noi stessi: “Davanti a te o Dio, diciamo ciò a cui ci impegnano il messaggio e il comportamento di Gesù, nel momento in cui l’Ucraina è vittima di una guerra ingiusta e distruttrice che fa moltissimi morti, che fa sprofondare i suoi abitanti nell’insicurezza e li costringe a fuggire dal loro paese in uno stato precario. Che ognuno di noi, secondo i propri mezzi, partecipi alle azioni intraprese per aiutare i rifugiati e anche coloro che rimangono sul posto; per dimostrare pubblicamente il nostro sostegno agli ucraini e la nostra condanna dell’aggressione che subiscono; per accogliere e accompagnare i rifugiati nella nostra regione”.
* Jacques Musset è un biblista francese, nato nel 1936. È stato cappellano di liceo, animatore di gruppi biblici e formatore nell’accompagnamento dei malati in ambito ospedaliero. Ex presbitero, sposato, ha scritto diversi libri sul suo itinerario spirituale. Anima incontri dell’Associazione culturale degli amici di Marcel Légaut.