i miracoli dell’accoglienza reciproca

un monaco e un imam, un dialogo che accomuna Cristianesimo e Islam

si presenta a Milano il film documentario “Sceicco Ibrahim, Fra’ Jihad”

presentazione diGelsomino Del Guercio
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Ⓒ Magisitalia.org
Sceicco Ibrahim, Fra’ Jihad è un documentario girato dal regista Andres Rump nel Monastero  di Mar Musa nel deserto della Siria, fondato dal gesuita Paolo Dall’Oglio, e a Damasco prima dell’inizio della guerra, nel 2010. Il film parla di un incontro, di due vocazioni e dell’amicizia tra un monaco della Comunità Al-Khalil, fra’ Jihad Youssef e un Sufi, sceicco Ibrahim, imam della Moschea di Sheikh Moschea Ad-Daghestani, situata in un quartiere popolare di Damasco (magis.gesuiti.it, 29 gennaio).

Un incontro che è soprattutto apertura e accoglienza dell’altro. Il film è anche l’occasione per descrivere la vita quotidiana, fatta di preghiera e di ospitalità del monastero nel deserto e della moschea in città: i momenti di silenzio, la preghiera individuale e comunitaria, il lavoro manuale. Una storia di dialogo e di amicizia possibile in un momento carico di tensioni, dopo gli attentati di Parigi e i numerosi segnali di espansione del fondamentalismo in Medio Oriente (aggiornamentisociali.it, 29 gennaio).

Il film, proiettato in anteprima il 15 gennaio all’Università Gregoriana di Roma, sarà presentato il 30 gennaio all’Auditorium San Fedele di Milano (via Hoepli/3, ingresso libero). Nel corso dell’evento interverranno lo stesso fra’ Jihad Youssef, uno dei due protagonisti, Ibrâhîm ‘Abd an-Nûr Gabriele Iungo, laureando in Legge e in Scienze islamiche tradizionali presso l’Università Islamica di Medinah e presso la Dar ul-‘Ilm di Birmingham, e Paolo Branca, docente di Lingua araba e Islamistica all’Università Cattolica di Milano. Modera: Stefano Femminis, della Fondazione culturale San Fedele. 

Promotori dell’evento sono Aggiornamenti Sociali, Associazione Khalil Allah – L’Amico di Dio, Fondazione Culturale San Fedele, Magis, Procultura Monzese.

LA SACRALITA’ DELL’UOMO E DIO
Ascoltando le parole di fra’ Jihad, contattato da Aleteia, si può notare come il dialogo e il punto di vista di un cristiano e di un islamico siano tutt’altro che lontani anni luce. «Ognuno parlava della propria vocazione – sottolinea il monaco – di come la viveva e la sperimentava, e abbiamo constatato che tra noi c’erano diversi elementi di convergenza. Il primo fa sicuramente riferimento alla sacralità dell’uomo davanti e Dio, cioè al Mistero dell’incontro tra l’uomo credente e Dio, un attimo che va rispettato»

LA CONVERSIONE DI SE STESSI
Un altro aspetto condiviso del pensiero dell’imam, prosegue fra’ Jihad, era la conversione. «E cioè che bisogna convertire prima se stessi e poi gli altri. Lui mi ha fatto l’esempio che gli ha inculcato il suo maestro, il Grande Sceicco Nazim, capo dell’Ordine Sufi Naqshbandi-Haqqani, di cui fa parte l’imam. “I buoni si convertiranno da sé, non ci sarà bisogno della conversione. Piuttosto bisogna pensare a se stessi“. La lezione dello sceicco Nazim è un messaggio molto simile a quello messianico della religione cattolica». 

LA CULTURA DELL’INCONTRO
I punti in comune hanno riguardato anche la libertà della fede. «Ognuno creda come Dio gli dà di credere – sottolinea il monaco – è un altro dei messaggi che ci ha visto convergere, così come la cultura dell’incontro. L’imam mi diceva: “E’ Dio che ci ha fatto incontrare, poiché tra di noi non c’era interesse a farlo, e neppure avevamo delle esigenze di lavoro tali che stimolassero questo confronto“. E’ su queste basi che si è mosso un dialogo profondo tra credenti di religioni diverse». 

SILENZIO E TECNOLOGIA
E ancora, ricorda fra’ Jihad, l’importanza della preghiera, l’interesse per i poveri attraverso l’ospitalità – nel convento per il monaco, in moschea per l’imam – rappresentano momenti di dialogo convergente. «Il bisogno del silenzio e di luoghi dove l’uomo può ritrovarsi ci vedeva su una stessa lunghezza d’onda ma con sfaccettature diverse – spiega fra’ Jihad – nel senso che escludeva l’uso di computer, cellulari e di tutta quella tecnologia che ha reso meno semplice la vita, mentre io ne sostenevo un uso più ponderato, ragionevole, che non schiavizzi l’utilizzatore».   

L’UOMO E LA BESTIA
Insomma, il confronto con un’autorità della dottrina islamica «è stato tutt’altro che complicato. Le dirò – aggiunge il monaco – che il dialogo è alimentato dalla prontezza, dall’apertura, non dalle ideologie rigide e dal fondamentalismo. L’imam rappresenta un Islam spirituale, vero, riposato. Non abbiamo affrontato il tema del fondamentalismo perché nel 2010 la situazione era ancora abbastanza calma nel Medio Oriente, ma parlando della relazione tra gli uomini, rammento un’immagine che lui citò. L’uomo, disse, quando è lontano da Dio a volte è peggio della bestia. E fece il paragone tra un leone che quando è sazio non va a cacciare, e l’uomo di oggi che è troppo ambizioso e non è mai sazio: “uccide cento persone e non gli bastano”. Con questo esempio banale – conclude fra’ Jihad – l’imam voleva esprimere la sua condanna per ogni forma di violenza». 

sources: ALETEIA
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