punire la solidarietà è negare l’umanità

migranti

dal cibo ai salvataggi in mare

quando la solidarietà è sotto accusa

tre attivisti francesi denunciati per aver dato panini ai profughi, contravvenendo all’ordinanza del sindaco di Ventimiglia. Antigone: “Punire chi aiuta non può avere giustificazioni”. Asgi: “Gestione penale di tutto ciò che è connesso al fenomeno migratorio”. Caritas: “Stiamo toccando il fondo: si criminalizzano le associazioni in assenza di politiche serie”

Tre cittadini francesi sono stati indagati per “aver somministrato cibo ai migranti contravvenendo a un’ordinanza del sindaco di Ventimiglia” Enrico Ioculano. Così è scritto, nero su bianco, sulla denuncia ai danni di tre attivisti, rei di aver preparato dei panini e un po’di the per i profughi fermi alla frontiera tra Italia e Francia. L’episodio è avvenuto il 20 marzo scorso. Secondo le ricostruzioni i tre ragazzi sarebbero arrivati a Ventimiglia con una macchina carica di generi alimentari e avrebbero iniziati a distribuirli ai migranti presenti al confine. Dopo pochi minuti la polizia li avrebbe interrotti e condotti in caserma per identificarli, schedarli e denunciarli. Almeno uno di loro non avrebbe firmato la denuncia poiché nessuno era in grado di tradurre il documento e i contenuti dello stesso in francese. Il caso è l’ultimo di una lunga serie di episodi e ha riacceso il dibattito sui cosiddetti “reati di solidarietà”, cioè i provvedimenti che mirano a punire l’accoglienza dal basso. Spesso si tratta di ordinanze dei sindaci, proprio come quella di Ventimiglia, o di Calais, ultima frontiera nord della Francia. Altre volte si manifestano sottoforma di fogli di via emanati dai questori (come successo a Como) per intimare agli attivisti di lasciare il territorio. Di certo si stanno moltiplicando, e non solo nel nostro paese.Antigone:

Punire la solidarietà non può avere giustificazione. “Siamo di fronte al capovolgimento di ogni logica. Utilizzare il diritto per colpire e punire episodi di solidarietà non può avere e trovare alcuna giustificazione” sottolinea il presidente di Antigone e della Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili, Patrizio Gonnella. Sulla stessa scia anche Francesco Di Pietro, avvocato di Asgi (Associazione studi giuridici per l’immigrazione). “Si stanno ripristinando dei provvedimenti che avvenivano in un passato remoto, ma di fatto si tratta di una gestione penale di tutto ciò che è connesso al fenomeno migratorio – afferma -. Essere pietosi degli altri, scriveva il poeta di Zante, è l’istinto naturale alla giustizia di cui parla Tommaso d’Aquino. È questo che induce l’uomo ad aiutare l’altro uomo. Cosa che hanno fatto i tre cittadini francesi il 20 marzo, contravvenendo all’ordine del sindaco di Ventimiglia. Nuovi Antigone contro una norma scritta”. L’avvocato ricorda che l’ordinanza del sindaco ligure è stata emessa il 25 agosto scorso e le ragioni di urgenza erano legate essenzialmente a un possibile rischio sanitario: somministrare pasti in strada, sotto il sole torrido, avrebbe potuto creare problemi di salute. Ma oggi a distanza di mesi, quell’ordinanza ha ancora valore? “Poteva essere impugnata davanti al Tar, ma nessuno ha presentato ricorso e i termini sono scaduti – spiega ancora Di Pietro -. Ma un giudice penale potrebbe sindacare la legittimità amministrativa dell’atto. Un sindaco può fare ordinanze urgenti ma limitate nel tempo”.

Anche il sindacato di polizia Siap si è espresso duramente contro le scelte del sindaco Ioculano: “In questi giorni dei poliziotti colleghi– attacca Roberto Traverso, segretario provinciale del sindacato di polizia Siap di Genova – hanno dovuto ottemperare ad un’ordinanza che prevede il divieto di dare da mangiare ai migranti che si trovano nella città frontaliera. A prescindere dalle postume giustificazioni politiche, si tratta di una situazione a dir poco imbarazzante ed inaccettabile per la nostra categoria che, ancora una volta, viene gratuitamente esposta a causa della scelta di un sindaco che invece di cercare di stemperare gli animi sta alimentando una situazione d’intolleranza dovuta all’incapacità dell’Europa di gestire il delicatissimo fenomeno dei flussi migratori in pieno allarme terroristico. I poliziotti che, ai sensi dell’articolo 650 del codice penale, hanno denunciato a piede libero coloro che danno da mangiare ai migranti hanno dovuto applicare la legge, ma l’aspetto preoccupante di questa paradossale vicenda sta nella pericolosità delle ricadute delle scelte del sindaco sull’immagine della Polizia di Stato. Nemmeno agli zoo vengono sanzionate le persone che danno da mangiare agli animali ed è inaccettabile che lavoratrici e lavoratori, che adempiono alle funzioni di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria, possano essere distolti da servizi molto delicati per attività mediatiche di di questo tipo”.

Caritas: Stiamo toccando il fondo, si vuole criminalizzare chi aiuta. Per Oliviero Forti, responsabile immigrazione di Caritas italiana “con questa ultima vicenda stiamo davvero toccando il fondo: si sta legittimando il reato di solidarietà, e quindi criminalizzando chiunque aiuti le persone in difficoltà. Si denuncia chi fa quello che le  istituzioni non sono in grado di fare”. Al tempo stesso – aggiunge – si sta “criminalizzando la povertà” e questo non dovrebbe far parte della cultura europea: “è paradossale che la denuncia sia avvenuta proprio mentre si rinnovavano i principi dei Trattati di Roma e della cultura su cui è fondata l’Unione europea. Purtroppo queste ordinanze dei sindaci non riguardano solo l’Italia ma anche altri territori di frontiera, è questo è un segnale molto brutto”. In questi giorni è finita nel mirino di parlamentari e delle procure anche l’attività delle ong che si occupano del salvataggio in mare dei migranti. “Oggi sono ospite del Moas a Malta, una delle ong al centro delle polemiche, e nelle mattinata abbiamo parlato proprio di questo – continua Forti -. In assenza di politiche serie e credibili in Europa per la gestione dei flussi si tende ad attaccare il lavoro di tante organizzazioni umanitarie: lo abbiamo visto con l’accoglienza e la bufala sui 35 euro, lo vediamo a Ventimiglia, ma che ora si arrivi a dire che chi salva vite umane in mare lo fa solo per interesse mi sembra davvero una follia. Io credo che si stia cercando un capro espiatorio: non a caso in questi giorni è arrivata la bocciatura del Trattato tra Italia e Libia. E come estrema ratio si dà la colpa a queste ong che fanno solo un’attività legittima di aiuto”. (ec)

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brutto messaggio criminalizzare la solidarietà

Ventimiglia e non solo

la criminalizzazione della solidarietà

di Livio Pipino
in “il manifesto” del 29 marzo 2017

 

Ci sono fatti illuminanti su quello che sarà il nostro futuro se non si contrastano prassi e culture che si stanno diffondendo in modo preoccupante.

Il primo fatto è accaduto a Ventimiglia, confine ligure con la Francia e, per questo, luogo di «stazionamento» di molti migranti in attesa di varcare il confine. Ventimiglia e la zona dei «Balzi rossi» sono stati nell’estate scorsa sotto i riflettori per le proteste contro il blocco della frontiera francese poste in essere da migranti, dapprima accampati sulla spiaggia e successivamente ripiegati in città dove, peraltro, le strutture di accoglienza erano e sono insufficienti. Così molti dormono in strada e vengono sfamati dalla Caritas o da una mensa parrocchiale. Ma anche queste non bastano. Perciò ogni sera volontari francesi provenienti dalla Val Roja distribuiscono a chi ne ha bisogno panini, acqua e the. Ma a Ventimiglia vige una ordinanza, emessa dal sindaco l’11 agosto 2016, che vieta la distribuzione di cibo ai migranti e così – incredibile ma vero – nei giorni scorsi tre volontari sono stati denunciati per il reato di «inosservanza dei provvedimenti dell’autorità» previsto all’art. 650 del codice penale.

All’altro capo dell’Italia, nel mare che divide la Sicilia dalle coste africane e in acque internazionali, si muovono da qualche tempo alcune navi di organizzazioni non governative che vigilano su eventuali naufragi e, nel caso, soccorrono i naufraghi o recuperano i corpi di chi non ce l’ha fatta. Anche qui è accaduto che la Procura della Repubblica di Catania abbia aperto una «indagine conoscitiva» sulle organizzazioni interessate sospettate di favorire l’immigrazione clandestina se non addirittura – come sostengono alcuni commentatori – di agevolare gli scafisti.

Questa criminalizzazione della solidarietà che, paradossalmente (o forse no), colpisce chi cerca di sopperire alle lacune delle istituzioni ha dei riferimenti precisi. Essa, infatti, è ormai regola negli Stati Uniti, dove il diritto penale sempre più persegue non solo i poveri ma anche chi vuole esercitare il diritto (o il dovere morale) di aiutarli.

Il fenomeno è descritto in termini analitici, e con ampia esemplificazione, in un recente e lucido libro di Elisabetta Grande

Guai ai poveri. La faccia triste dell’America, Edizioni Gruppo Abele, 2017

da cui si apprende, tra l’altro, che in molti Stati il divieto di camping penalmente sanzionato colpisce non solo l’homeless che vi fa ricorso, ma addirittura il proprietario che consenta al senza tetto di dormire in tenda sul proprio terreno per più di cinque giorni consecutivi, o che analogo divieto si estende all’autorizzazione a parcheggiare nel proprio spazio privato l’auto utilizzata da un homeless come abitazione. Quanto alla somministrazione di cibo ai poveri, poi, si è assistito finanche all’arresto di un novantenne, fondatore di un’organizzazione benefica, colpevole di servire pasti caldi agli homeless su una spiaggia e, come lui, di altri attivisti dalla Florida al Texas o alla richiesta di cifre altissime, come tassa per l’occupazione di suolo pubblico richiesta, in California e in South Carolina, alle organizzazioni che distribuiscono cibo nei parchi. Il meccanismo della criminalizzazione è lo stesso adottato dal sindaco di Ventimiglia: l’adozione di ordinanze contenenti proibizioni dettate da motivazioni per lo più speciose, come quella di garantire la sicurezza dei consociati, messa in pericolo dall’assembramento dei bisognosi che si recano a mangiare, o addirittura quella di proteggere la sicurezza alimentare o la dignità degli homeless, che meriterebbero un cibo controllato e un luogo coperto in cui consumare il pasto (tacendo che cibi e luoghi siffatti in realtà non esistono).
La cosa più inquietante è che quelle ordinanze, comparse la prima volta alla fine degli anni Novanta, hanno visto di recente una notevole intensificazione, con un aumento del 47% nel solo periodo tra il 2010 e il 2014, parallelamente al crescere della povertà e del numero di soggetti esclusi anche dai buoni alimentari assistenziali.

Ci fu, nella storia, un tempo (nell’Alto Medioevo) in cui la povertà divenne fonte di diritti, tanto da far assurgere il patrimonio della Chiesa a «proprietà dei poveri», destinata a chi non era in grado di mantenersi con il proprio lavoro e non alienabile neppure dai vescovi. Ma fu eccezione: quando il diritto si è occupato dei poveri lo ha fatto, per lo più, in chiave di punizione e di difesa della società. Ciò è stato messo in discussione, nel nostro Paese, dalla Costituzione repubblicana, che pone a tutti un dovere di solidarietà e indica l’uguaglianza sociale come obiettivo delle istituzioni. Sarebbe bene non dimenticarlo, anche da parte dei sindaci e dei procuratori della Repubblica.

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