p. Zanotelli mette a confronto due viaggi in Africa

Francesco e Renzi, due modi diversi di andare in Africa

 l’analisi di padre Zanotelli

zanotelli
in “www.farodiroma.it”

“Il cuore del ministero di Papa Francesco è la richiesta di una Chiesa povera per i poveri, che cammina con la gente. La tentazione del potere per la Chiesa è enorme, anche la vita religiosa tende a imborghesirsi, si tende a fare dei religiosi una piccola élite, in Africa come in Europa”

Sono parole di padre Alex Zanotelli, uno dei “profeti scomodi” della Chiesa Italiana, che ha commentato il viaggio d Papa Francesco prima a TV 2000, l’emittente della Conferenza Episcopale Italiana e poi ad A Sua Immagine, il programma di Rai Uno in collaborazione con la stessa Cei. Il religioso fu allontanato dalla direzione di Nigrizia per la sua denuncia della politica italiana a favore della produzione e del commercio delle armi, un grido che ha anticipato di circa 30 anni le posizioni di Papa Francesco su questo tema. Missionario comboniano, Zanotelli ha trascorso due decenni proprio a Nairobi, nella baraccopoli di Korogocho, prima di rientrare in Italia per ragioni di salute. Ora è missionario a Napoli, al quartiere Sanità, sempre dalla parte degli ultimi. Intervistato da Lorena Bianchetti, il religioso trentino mette coraggiosamente a confronto il viaggio che sta compiendo Francesco in Africa con quello del premier Renzi che nello scorso luglio è partito alla volta dell’Africa con una folta delegazione di manager per favorire gli investimenti all’estero delle imprese italiane, con seicento milioni di euro a disposizione delle ditte che investono nell’Africa subsahariana. Prima tappa è stata Maputo, dove nel 2011 l’Eni ha scoperto nella provincia di Cabo del Gado un giacimento off-shore di due miliardi e mezzo di metri cubi di gas, capaci di soddisfare i bisogni energetici delle famiglie italiane per i prossimi trent’anni. Renzi ha detto che l’Eni investirà 50 miliardi di dollari in Mozambico. È chiaro che gli investimenti andranno a beneficio delle imprese italiane, poco o nulla andrà a beneficio del popolo mozambicano. È questo l’aiuto allo “sviluppo”?

zanotelli (2) Seconda tappa, Brazzaville, capitale del Congo, dove l’Eni è ben piazzata per l’estrazione del petrolio. Renzi firma un altro accordo con il governo congolese per un giacimento di petrolio off-shore. Terza tappa, Luanda, capitale dell’Angola, tra le nazioni più ricche di risorse dell’Africa. Anche qui l’Eni è presente, fin dal 1961. Renzi apre al governo angolano la scatola di Pandora delle imprese italiane. Il messaggio di Renzi è chiaro: è venuto in Africa per fare affari. E i soldi della Cooperazione italiana servono spesso a sostenere le imprese nostrane con appalti all’estero che spesso hanno ben poca utilità per le popolazioni locali. Infatti “mentre le élites borghesi al potere, con le quali il governo italiano si accorda, diventano sempre più ricche , il popolo diventa sempre più povero”, afferma Zanotelli che trova “molto grave che il viaggio di Renzi sia stato organizzato quasi in funzione dell’Eni che, in Africa, ha sulla coscienza un grave crimine ambientale: il disastro ecologico del Delta del Niger. Nonostante le proteste e le lotte del popolo Ogoni che vive in quella regione, nonostante la costante pressione dei movimenti ambientalisti nostrani, i vari governi italiani (da Berlusconi a Renzi), non hanno mai voluto affrontare l’argomento”. “Ho lavorato personalmente – rivela il sacerdote – per l’invio di una Commissione parlamentare nel Delta del Niger, ma il ministero degli affari esteri ha negato il permesso”. “Ritengo altresì grave – afferma Zanotelli – la presenza di Finmeccanica nella delegazione che ha seguito Renzi. In un continente dilaniato da guerre e guerriglie, come può l’Italia presentarsi vendendo altre armi? Come ha potuto il governo italiano inviare la portaerei Cavour per il periplo dell’Africa, esibendo la nostra migliore produzione di armi ai governi africani? Non si può dare con una mano l’aiuto per la lotta contro la fame nel mondo, e con l’altra offrire armi. Inoltre, non è con questo tipo di “cooperazione” che risolveremo il dramma delle migrazioni. Nonostante Renzi a
Maputo abbia detto che serve ciò che stiamo facendo in Mozambico, è proprio il tipo di “sviluppo” promosso dal presidente del consiglio che forza la gente a fuggire dalle zone rurali per ammucchiarsi nelle baraccopoli o a imbarcarsi sui barconi della “speranza”. È proprio il nostro Sistema economico-finanziario, del quale Renzi è un paladino, che ridurrà l’Africa a essere per tre quarti non abitabile (per il surriscaldamento) e forzerà almeno duecento milioni di africani a fuggire, secondo i dati Onu”. “Non è questa – conclude padre Alex – la strada della cooperazione, della solidarietà, del futuro per noi e per loro”.




il grido dei vescovi africani

 

I vescovi africani dicono “No alla miseria”

Nel messaggio conclusivo della riunione del coordinamento Giustizia e Pace del Secam, i presuli denunciano lo sfruttamento della popolazione e delle risorse naturali

 

 

migranti
“No alla miseria”. E’ questo il grido che i vescovi africani hanno lanciato nel messaggio conclusivo della riunione del coordinamento Giustizia e pace del Secam (Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar), svoltasi in questi giorni a Bujumbura, in Burundi.

Il testo – diffuso dall’agenzia Sir e ripreso dalla Radio Vaticana – è firmato da mons. Gabriel Justice Yaw Anokye, arcivescovo di Koumassi (Ghana) e vicepresidente del Secam. In esso i presuli africani elencano chiaramente le cause della miseria in Africa e Madagascar , esprimendo un “netto rifiuto dello sfruttamento dei più poveri e dei più deboli, la riduzione in schiavitù, il traffico dei nostri bambini e dei loro organi”.

Denunciano poi “l’insicurezza crescente in alcuni Paesi e regioni del continente” e ricordano “le violenze e le vessazioni criminali in Centrafrica, i conflitti ricorrenti nella Repubblica Democratica del Congo, il fanatismo e l’estremismo religioso in Nigeria, Mali, Egitto, Somalia, Kenya e Tanzania”. L’obiettivo è dunque porre fine allo “sfruttamento ingiusto delle nostre risorse naturali, con l’industria mineraria che provoca conflitti violenti e criminali”. L’auspicio, invece, che “gli Stati africani abbiano il coraggio di scrivere e votare delle leggi che proteggano le rispettive risorse naturali”, in modo da realizzare un “buon governo”, che escluda “tutte le forme di corruzione e cattiva gestione”.

Nel messaggio traspare, inoltre, la preoccupazione per la gestione non sempre sana delle acque del fiume Nilo. Da esse, infatti, dipende “il benessere minimo delle popolazioni e dei Paesi sulle sue rive”. Per questo, i presuli esortano ad “un dialogo paziente e fruttuoso”, rinnovando il loro impegno per “una cultura democratica rispettosa della libertà d’opinione” e che “tenga conto dei diritti dell’immigrato e affronti senza ipocrisia la questione dei rifugiati nel rispetto della loro dignità umana fondamentale”.

Riguardo ai crimini contro l’umanità, le Conferenze Episcopali del Continente nero si dicono favorevoli “al diritto legale e penale” e promettono anche di rafforzare le loro strutture di Giustizia e Pace “per un dialogo efficace con i popoli africani, le organizzazioni della società civile, i diversi gruppi religiosi e i governi”. L’ultimo pensiero, infine, alle vittime del naufragio di Lampedusa dello scorso 3 ottobre e alle loro famiglie, a cui i presuli assicurano la loro vicinanza e preghiera.

(06 Novembre 2013) © Innovative Media Inc.