l’invito di Zanotelli a votare sì al referendum ‘no triv’

REFERENDUM ‘NO TRIV’

IL PETROLIO RESTI SOTTOTERRA!

“le ragioni date dai comitati NO TRIV per votare SI’ sono tante”

Il 17 aprile dobbiamo tutti/e prepararci ad andare a votare il nostro SI’per il Referendum, proposto da nove regioni e dai comitati No Triv . (Ricordiamoci che si tratta di un Referendum abrogativo di una legge del governo Renzi sulle trivellazioni petrolifere, per cui è da votare SI’ all’abrogazione!) La sola domanda referendaria su cui dovremo esprimerci sarà : “Si può estrarre petrolio fino all’esaurimento dei pozzi autorizzati che si trovano lungo le coste italiane entro le 12 miglia?”

zanotelli (2)

Inizialmente erano sei le domande referendarie proposte dalle nove regioni (Basilicata, Puglia, Molise, Veneto, Campania, Calabria, Liguria, Sardegna e Marche). Ma la Cassazione ha bocciato l’8 gennaio le altre cinque domande perché il Governo Renzi, nel frattempo, aveva furbescamente riscritto due commi del Decreto Sblocca Italia 2016. Per cui ne rimane una sola. Le ragioni date dai comitati NO TRIV per votare SI’ sono tante: il pericolo di sversamenti di petrolio in mare con enormi danni alle spiagge e al turismo, il rischio di movimenti tellurici legati soprattutto all’estrazione di gas e l’alterazione della fauna marina per l’uso dei bombardamenti con l’aria compressa.

Ma la ragione fondamentale per votare SI’ è ,che se vogliamo salvarci con il Pianeta, dobbiamo lasciare il petrolio ed il carbone là dove sono, cioè sottoterra! Il Referendum ci offre un’occasione d’oro per dire NO alla politica del governo Renzi di una eccesiva dipendenza dal petrolio e dal carbone per il nostro fabbisogno energetico. Gli scienziati ci dicono a chiare lettere, che se continuiamo su questa strada, rischiamo di avere a fine secolo dai tre ai cinque centigradi in più. Sarà una tragedia!

Papa Francesco ce lo ripete in quel suo appassionato Laudato Si’: ”Infatti la maggior parte del riscaldamento globale è dovuto alla grande concentrazione di gas serra emessi soprattutto a causa dell’attività umana. Ciò viene potenziato specialmente dal modello di sviluppo basato sull’uso intensivo dei combustili fossili(petrolio e carbone) che sta al centro del sistema energetico mondiale.” Il Vertice di Parigi sul clima , il cosidetto COP 21, dello scorso dicembre , lo ha evidenziato , ma purtroppo ha solo invitato gli Stati a ridurre la dipendenza da petrolio e carbone. E così gli Stati, che sono prigionieri dei poteri economico-finanziari, continuano nella loro folle corsa verso il disastro. Per questo il Referendum contro le trivellazioni diventa un potente grimaldello in mano al popolo per forzare il governo Renzi ad abbandonare l’uso dei combustibili fossili a favore delle energie rinnovabili.

zanotelli

Trovo incredibile che il governo Renzi non solo non abbia obbedito a quanto deciso nel vertice di Parigi, ma che non abbia ancora calendarizzato la discussione parlamentare per sottoscrivere gli impegni di Parigi entro il 22 aprile. In quel giorno infatti le nazioni che hanno firmato l’Accordo di Parigi si ritroveranno a New York per rilanciare lo sforzo mondiale per salvare il Pianeta. Sarebbe grave se mancasse l’Italia.

Per questo mi appello alla Conferenza Episcopale Italiana perché, proprio sulla spinta di Laudato Si’, inviti le comunità cristiane ad informarsi su questi temi vitali per il futuro dell’uomo e del Pianeta, e votare quindi di conseguenza.

Mi appello a tutti i sacerdoti perché nelle omelie domenicali spieghino ai fedeli la drammatica crisi ecologica che ci attende se continueremo a usare petrolio e carbone.

Mi appello alle grandi associazioni cattoliche (ACLI, Agesci, Azione Cattolica…) a mobilitare i propri aderenti perché si impegnino per la promozione del SI’ al Referendum.

“Abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti….Gli atteggiamenti che ostacolano le vie di soluzione, anche fra i credenti, vanno dalla negazione del problema all’indifferenza, alla rassegnazione comoda o alla fiducia cieca nelle soluzioni tecniche. Abbiamo bisogno di nuova solidarietà universale. Come hanno detto i vescovi del Sudafrica” I talenti e il coinvolgimento di tutti sono necessari per riparare il danno causato dagli umani sulla creazione di Dio.”

Diamoci da fare tutti/e, credenti e non, per arrivare al Referendum con una valanga di SI’ per salvarci con il Pianeta.

Alex Zanotelli

Napoli,14 marzo 2016

no alla guerra!

perché No alla guerra in Libia 

alcune proposte costruttive

zanotelli (2)

noi rappresentanti di movimenti, associazioni e gruppi del mondo della pace e della nonviolenza siamo preoccupati delle pressioni esercitate sul nostro governo perché assuma un ruolo guida nell’intervento militare in Libia a fianco di altre potenze occidentali. Il Presidente del Consiglio ha detto che “non è in programma una missione militare italiana in Libia”. Ne prendiamo atto. Ma i problemi restano: – il contrasto all’espansione del terrorismo del sedicente Stato islamico; – una minaccia alla sicurezza del nostro paese; – la stabilizzazione della nazione nordafricana. La guerra non è il mezzo adeguato per sconfiggere il terrorismo né tantomeno per portare stabilità alla Libia. Basterebbe guardare alla storia di questi ultimi anni per capire che gli interventi militari non hanno risolto i problemi, li hanno invece aggravati

A partire dalla dissennata guerra lanciata dalla Nato nel 2011 contro il regime di Gheddafi che avrebbe dovuto inaugurare un’era nuova di pace e democrazia. Invece la Libia è precipitata nel caos e nella guerra intestina. Non solo. Quella guerra ha posto le basi per altri conflitti. È ormai risaputo e documentato che il saccheggio di vasti arsenali di armi del colonnello durante l’operazione della Nato ha alimentato la guerra civile in Siria, rafforzato gruppi terroristici e criminali dalla Nigeria al Sinai e destabilizzato il Mali.

Tresoldi

Di fatto nessuno dei conflitti iniziati dal 1991 ad oggi – Iraq, Somalia, Balcani, Afghanistan, Siria – ha risolto i problemi sul campo, anzi sono tragicamente aggravati. Il fallimento di tali operazioni è sotto gli occhi di tutti: milioni di profughi abbandonati al loro destino che fuggono a causa delle nefaste conseguenze delle recenti guerre.

Oggi poi, un eventuale secondo intervento armato in Libia avrebbe gravi ripercussioni anche sulla vicina Tunisia che teme il debordare della crisi libica oltre i suoi confini, mettendo a repentaglio il suo fragile equilibrio politico e il faticoso cammino verso la democrazia avviato in questi ultimi anni.

Inutile e ovvio dire che saranno i civili a pagare il prezzo più alto di imprese militari, anche nel caso di attacchi effettuati dai droni. Per quanto si voglia far credere che la precisione di tale velivoli a pilotaggio remoto non causerà vittime tra la popolazione, i fatti dimostrano l’esatto contrario. Indagini condotte su una lunga serie di attacchi hanno messo in evidenza che per un terrorista colpito i droni uccidono altre trenta persone circa, tra cui donne e bambini.

Se un intervento armato di polizia internazionale in Libia ci dovrà essere, sarà da considerarsi come estrema ratio, fatta nell’ambito delle Nazioni Unite e in seguito alla esplicita richiesta del governo unitario libico. Senza la quale – ammoniscono le autorità del governo di Tripoli – “qualsiasi tipo di operazione militare si trasformerebbe da legittima battaglia contro il terrorismo a palese violazione della nostra sovranità nazionale”.

Va aggiunto che la lotta al terrorismo dello Stato Islamico non potrà mai essere vinta con un dispiegamento di forze militari. Anche la macchina bellica più potente è inefficace di fronte al fanatismo e alla capacità di mimetizzarsi dei terroristi in grado di colpire ovunque nel mondo cittadini inermi con attentati sanguinari. La nostra penisola è in una posizione particolarmente vulnerabile perché è la più esposta per la sua vicinanza geografica alle coste libiche.

Per i motivi esplicitati qui sopra, ci rivolgiamo al governo italiano perché assuma un ruolo guida per indicare alla comunità internazionale la ricerca paziente e perseverante di una soluzione politica alla grave crisi libica.

Vermigli

A tale scopo proponiamo con urgenza che l’Italia si impegni:
  • a ricostruire l’assetto statuale della Libia, sostenendo con la diplomazia e la politica l’iniziativa per un accordo tra le controparti e la formazione di un governo unitario tra i governi di Tobruk e di Tripoli;

  • a coinvolgere gli stati membri della Lega araba e dell’Unione africana anche al fine di bloccare i finanziamenti ai movimenti terroristici islamici che provengono da Arabia saudita e Qatar, dal commercio di petrolio e di droga;

  • a valorizzare la partecipazione della società civile della Libia nel processo di ricostruzione della loro nazione;

  • a garantire da parte dell’Europa l’apertura delle frontiere per accogliere e assistere i profughi, mettendo in campo un’operazione di salvataggio in mare.

Valpiana

Sulla base della nostra Carta costituzionale che sancisce che «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa della libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali» chiediamo al governo di adoperarsi con determinazione e concretamente al fine di promuovere e restituire pace e giustizia al popolo della Libia. Lavoro al quale partecipano da tempo schiere di cittadini che a vario titolo e in diverse organizzazione operano per la promozione della pace e della giustizia tramite l’educazione nelle scuole, con corsi di formazione alla nonviolenza attiva, con la disseminazione di informazione, con la ricerca, il monitoraggio e la denuncia di vendita illegale di armi e con una variegata gamma di iniziative e progetti.

Rota

Infine desideriamo rivolgere un appello a papa Francesco che negli anni del suo pontificato non si è stancato di dichiarare la propria ferma opposizione alla guerra. Che anche in questo caso levi la sua voce profetica per denunciare l’assurdità e l’immoralità di un intervento armato in Libia, sollecitando la comunità internazionale a cercare soluzioni pacifiche e giuste.

Valpiana Zanotelli

Efrem Tresoldi, direttore di Nigrizia

Mao Valpiana, direttore di Azione nonviolenta

Alex Zanotelli, direttore di Mosaico di Pace

Mario Menin, direttore di Missione Oggi

Filippo Rota Martir, direttore di Missionari Saveriani

Marco Fratoddi, direttore di La nuova ecologia

Antonio Vermigli, direttore di In dialogo

Pietro Raitano, direttore di Altreconomia

Luigi Anataloni, direttore di Missioni Consolata e segretario della Federazione Stampa Missionaria Italiana

il grido di p. Zanotelli contro la guerra in Libia

BASTA GUERRE!

zanotelli

siamo alla vigilia di un’altra guerra contro la Libia, “a guida italiana” questa volta. Sembra ormai assodato che le forze speciali SAS sono già in Libia, per preparare l’arrivo di mille soldati britannici. L’operazione complessiva, capitanata dall’Italia, dovrebbe coinvolgere seimila soldati americani ed europei per bloccare i cinquemila soldati dell’Isis. Il tutto verrà sdoganato come “ un’operazione di peacekeeping e umanitaria

”L’Italia, dal canto suo, ha già trasferito a Trapani quattro cacciabombardieri AMX pronti a intervenire. Il nostro paese-così sostiene il governo Renzi – attende però per intervenire l’invito del governo libico di unità nazionale, presieduto da Fayez el Serray. E altrettanto chiaro che sia il ministro degli Esteri, Gentiloni, come la ministra della Difesa, Pinotti, premono invece per un rapido intervento. Sarebbe però ora che il popolo italiano-tramite il Parlamento- si interrogasse , prima di intraprendere un’altra guerra contro la Libia. Infatti,se c’è un popolo che la Libia odia, siamo proprio noi che, durante l’occupazione coloniale, abbiamo impiccato o fucilato centomila libici. A questo dobbiamo aggiungere la guerra del 2011 contro Gheddafi per “esportare la democrazia”, ma in realtà per mettere le mani sull’ oro ‘nero’ di quel paese. Come conseguenza, abbiamo creato il disastro, facendo precipitare la Libia in una spaventosa guerra civile, di tutti contro tutti, dove hanno trovato un terreno fertile i nuclei fondamentalisti islamici. Con questo passato, abbiamo , noi italiani, ancora il coraggio di intervenire alla testa di una coalizione militare?zanotelli (2)

 Il New York Times del 26 gennaio scorso afferma che gli USA da parte loro, sono pronti ad intervenire. Per cui possiamo ben presto aspettarci una guerra. Questo potrebbe anche spiegare perché in questo periodo gli USA stiano dando all’Italia armi che avevano dato solo all’Inghilterra. L’Italia sta infatti ricevendo dagli USA missili e bombe per armare i droni Predator MQ- 9 Reaper, armi che ci costano centinaia di milioni di dollari. Non dimentichiamo che la base militare di Sigonella (Catania) è oggi la capitale mondiale dei droni usati oggi anche per spiare la Libia. L’Italia non solo riceve armi, ma a sua volta ne esporta tante soprattutto all’Arabia Saudita e al Qatar, che armano i gruppi fondamentalisti islamici come l’ISIS. I viaggi di Renzi lo scorso anno in quei due paesi hanno propiziato la vendita di armi. Questo in barba alla legge 185 che proibisce al governo italiano di vendere armi a paesi in guerra e che non rispettano i diritti umani. (L’Arabia Saudita non rispetta i diritti umani e fa la guerra in Yemen)

 Per cui diventa pura ipocrisia per l’Italia intervenire militarmente in Libia per combattere l’Isis, quando appare chiaro che siamo noi ad armarlo. E’ così che siamo noi a creare i mostri e poi facciamo nuove guerre per distruggerli. “La guerra è proprio la scelta per le ricchezze- ha detto recentemente Papa Francesco. Facciamo armi: così l’economia si bilancia un po’ e andiamo avanti con il nostro interesse. C’è una brutta parola del Signore.Maledetti coloro che operano per la guerra, che fanno le guerre: sono maledetti,  sono delinquenti!”

Basandoci su questa lettura sapienziale, dobbiamo dire NO a questa nuova guerra contro la Libia. Quello che ai poteri forti interessa non è la tragica situazione del popolo libico, ma il petrolio di quel paese. Dobbiamo tutti mobilitarci!

 In questo momento così grave è triste vedere il movimento per la pace frantumato in mille rivoli. Oseremo metterci tutti insieme per esprimere con un’unica voce il nostro NO alla guerra contro la Libia, un NO a tutte le guerre che insaguinano il nostro mondo. E’ possibile un incontro a Roma di tutte le realtà di base per costruire un coordinamento o un Forum nazionale contro le guerre? E’ possibile pensare a una Manifestazione Nazionale contro tutte le guerre, contro la produzione bellica italiana, contro la vendita di armi all’Arabia Saudita e al Qatar , in barba alla legge 185? E contro le nuove bombe atomiche in arrivo all’Italia, le B61-12. E’ possibile pensare a una Perugia-Assisi 2016, retaggio storico di Capitini, sostenuta e voluta da tutto il movimento per la pace?

 Smettiamola di ‘farci la guerra’ l’un con l’altro e impariamo a lavorare in rete contro questo Sistema di morte. “La guerra è un affare-ha detto recentemente Papa Francesco. I terroristi fabbricano armi? Chi dà loro le armi? C’è tutta una rete di interessi, dove dietro ci sono i soldi o il potere. Io penso che le guerre sono un peccato, distruggono l’umanità, sono la causa di sfruttamento, traffici di persone. Si devono fermare.”

    Napoli, 29/01/’16                                                                   Alex    Zanotelli

p. Zanotelli mette a confronto due viaggi in Africa

Francesco e Renzi, due modi diversi di andare in Africa

 l’analisi di padre Zanotelli

zanotelli
in “www.farodiroma.it”

“Il cuore del ministero di Papa Francesco è la richiesta di una Chiesa povera per i poveri, che cammina con la gente. La tentazione del potere per la Chiesa è enorme, anche la vita religiosa tende a imborghesirsi, si tende a fare dei religiosi una piccola élite, in Africa come in Europa”

Sono parole di padre Alex Zanotelli, uno dei “profeti scomodi” della Chiesa Italiana, che ha commentato il viaggio d Papa Francesco prima a TV 2000, l’emittente della Conferenza Episcopale Italiana e poi ad A Sua Immagine, il programma di Rai Uno in collaborazione con la stessa Cei. Il religioso fu allontanato dalla direzione di Nigrizia per la sua denuncia della politica italiana a favore della produzione e del commercio delle armi, un grido che ha anticipato di circa 30 anni le posizioni di Papa Francesco su questo tema. Missionario comboniano, Zanotelli ha trascorso due decenni proprio a Nairobi, nella baraccopoli di Korogocho, prima di rientrare in Italia per ragioni di salute. Ora è missionario a Napoli, al quartiere Sanità, sempre dalla parte degli ultimi. Intervistato da Lorena Bianchetti, il religioso trentino mette coraggiosamente a confronto il viaggio che sta compiendo Francesco in Africa con quello del premier Renzi che nello scorso luglio è partito alla volta dell’Africa con una folta delegazione di manager per favorire gli investimenti all’estero delle imprese italiane, con seicento milioni di euro a disposizione delle ditte che investono nell’Africa subsahariana. Prima tappa è stata Maputo, dove nel 2011 l’Eni ha scoperto nella provincia di Cabo del Gado un giacimento off-shore di due miliardi e mezzo di metri cubi di gas, capaci di soddisfare i bisogni energetici delle famiglie italiane per i prossimi trent’anni. Renzi ha detto che l’Eni investirà 50 miliardi di dollari in Mozambico. È chiaro che gli investimenti andranno a beneficio delle imprese italiane, poco o nulla andrà a beneficio del popolo mozambicano. È questo l’aiuto allo “sviluppo”?

zanotelli (2) Seconda tappa, Brazzaville, capitale del Congo, dove l’Eni è ben piazzata per l’estrazione del petrolio. Renzi firma un altro accordo con il governo congolese per un giacimento di petrolio off-shore. Terza tappa, Luanda, capitale dell’Angola, tra le nazioni più ricche di risorse dell’Africa. Anche qui l’Eni è presente, fin dal 1961. Renzi apre al governo angolano la scatola di Pandora delle imprese italiane. Il messaggio di Renzi è chiaro: è venuto in Africa per fare affari. E i soldi della Cooperazione italiana servono spesso a sostenere le imprese nostrane con appalti all’estero che spesso hanno ben poca utilità per le popolazioni locali. Infatti “mentre le élites borghesi al potere, con le quali il governo italiano si accorda, diventano sempre più ricche , il popolo diventa sempre più povero”, afferma Zanotelli che trova “molto grave che il viaggio di Renzi sia stato organizzato quasi in funzione dell’Eni che, in Africa, ha sulla coscienza un grave crimine ambientale: il disastro ecologico del Delta del Niger. Nonostante le proteste e le lotte del popolo Ogoni che vive in quella regione, nonostante la costante pressione dei movimenti ambientalisti nostrani, i vari governi italiani (da Berlusconi a Renzi), non hanno mai voluto affrontare l’argomento”. “Ho lavorato personalmente – rivela il sacerdote – per l’invio di una Commissione parlamentare nel Delta del Niger, ma il ministero degli affari esteri ha negato il permesso”. “Ritengo altresì grave – afferma Zanotelli – la presenza di Finmeccanica nella delegazione che ha seguito Renzi. In un continente dilaniato da guerre e guerriglie, come può l’Italia presentarsi vendendo altre armi? Come ha potuto il governo italiano inviare la portaerei Cavour per il periplo dell’Africa, esibendo la nostra migliore produzione di armi ai governi africani? Non si può dare con una mano l’aiuto per la lotta contro la fame nel mondo, e con l’altra offrire armi. Inoltre, non è con questo tipo di “cooperazione” che risolveremo il dramma delle migrazioni. Nonostante Renzi a
Maputo abbia detto che serve ciò che stiamo facendo in Mozambico, è proprio il tipo di “sviluppo” promosso dal presidente del consiglio che forza la gente a fuggire dalle zone rurali per ammucchiarsi nelle baraccopoli o a imbarcarsi sui barconi della “speranza”. È proprio il nostro Sistema economico-finanziario, del quale Renzi è un paladino, che ridurrà l’Africa a essere per tre quarti non abitabile (per il surriscaldamento) e forzerà almeno duecento milioni di africani a fuggire, secondo i dati Onu”. “Non è questa – conclude padre Alex – la strada della cooperazione, della solidarietà, del futuro per noi e per loro”.

la denuncia di p. Zanotelli

padre Alex Zanotelli torna a denunciare i mali della Campania

 

Napoli e la camorra. Infuocano le polemiche sulle parole della presidente della Commissione antimafia, Rosy Bindi, che ha definito «la camorra un dato costitutivo della città». Un’affermazione che ha acceso un aspro dibattito, nel quale è intervenuto anche padre Alex Zanotelli, che ha la sua missione nel quartiere Sanità di Napoli: «Il presidente Bindi non ha mai parlato di “dna”. Ma ha veramente ragione; non si può capire la storia di Napoli senza fare la storia della camorra. La sua frase potrà essere percepita come un pugno nello stomaco, lo è. Ma mi auguro che questa affermazione aiuti tutti noi a reagire».

Anche le parole del comboniano – pronunciate in occasione del funerale di Genny Cesarano, il 17 enne ucciso a colpi di arma da fuoco la notte del 5 settembre – avevano sollevato polveroni polemici. «La gravità di questo momento – aveva dichiarato dall’altare – è il sangue versato sulle nostre strade. In una città dove c’è violenza, discordia, frode e oppressione, il risultato è la morte. Le nostre mani grondano sangue e tutti noi, Chiesa compresa, dobbiamo assumerci le nostre responsabilità». «Questa è una città – aveva proseguito – spaccata in due. C’è una Napoli bene e una Napoli che vive malamente. Non possiamo accettare una città sventrata, fatta di Scampia, Rione Traiano e Soccavo e un’altra città fatta di Vomero». Ha infine chiesto alle istituzioni che «il popolo della Sanità sia messo in condizione di rialzare la testa. Tutte le istituzioni devono darci una mano, perché così, e solo così, possiamo vivere e non morire».

 Una riflessione che padre Alex – insieme a don Antonio Loffredo e don Giuseppe Rinaldi, parroci di Santa Maria alla Sanità-Napoli – ha poi approfondito in una lettera aperta, nella quale torna a puntare il dito contro la Chiesa che deve diventare «sempre più comunità attiva sul territorio, che diventi popolo di Dio, capace di alzare la testa. Questo è un dovere di noi preti. Noi stiamo provando da anni, fra mille difficoltà, a camminare con questo nostro popolo. Al di là di una povertà diffusa, c’è un consumismo che azzera le coscienze nella formazione dei nostri figli più giovani, e una violenza che serpeggia sulle strade di questo rione.

Parole che hanno esposto pubblicamente padre Zanotelli, da anni impegnato in lotte sociali contro le ineguaglianze, le ingiustizie, la povertà e per il diritto all’acqua. Il comboniano ha comunque trovato, in questi giorni, il conforto e la solidarietà dei membri della sua congregazione. Riuniti a Roma in assemblea per il Capitolo generale della congregazione, i 62 rappresentanti dei missionari comboniani provenienti da venti nazionalità e operanti in vari paesi d’Africa, America, Asia e Europa si sono esposti sostenendo le battaglie di Zanotelli, per la rinascita del quartiere Sanità e apprezzando le parole di denuncia contro la camorra. «Caro Alex – scrivono i missionari – desideriamo esprimere il pieno sostegno al tuo impegno nel Rione Sanità di Napoli per la valorizzazione della vita e della dignità umana in una realtà marcata dalla cultura della violenza e dominata dalla criminalità organizzata». 

 «Abbiamo apprezzato il coraggio delle tue parole nella denuncia della camorra durante i funerali del minorenne Jenny, ennesima vittima della violenza criminale, e il tuo invito alla comunità del Rione Sanità a non rassegnarsi, ad alzare la testa e darsi da fare per costruire un’altra Napoli capace di guardare al futuro con speranza».

 «Consapevoli del delicato momento che stai vivendo ti assicuriamo la nostra vicinanza e il ricordo nella preghiera perché il Signore ti accompagni e ti protegga nel fare “causa comune” con donne e uomini di buona volontà per la rinascita del quartiere della Sanità».

i soldi valgono più dei poveri

IL NAUFRAGIO DELL’EUROPA 

“E’ inaccettabile che merci e capitali 

godano di più diritti dei poveri

 per entrare in un Paese”

 di Alex Zanotelli
 
 
Con il naufragio di oltre 700 migranti vicino alle coste libiche, nella notte tra il 18 e il 19 aprile, è naufragata anche l’Unione Europea come patria dei diritti umani. L’Unione Europea è diventata una Fortezza che respinge i ‘naufraghi dello sviluppo’, il frutto di un Sistema economico dove pochi (il 20% della popolazione del mondo consuma il 90% dei beni prodotti).
Questo sterminio di innocenti, questo genocidio dura da 18 anni. Nel 2014 sono morti 3.500 migranti, nel 2013 oltre 600 e nel 2012 più di 500!
Il giornalista Gianpaolo Visetti di la Repubblica ha calcolato che dal 2000 al 2012 potrebbero essere periti nel Mediterraneo 42.000 persone. E’ un’ecatombe! Altro che Mare Nostrum, è un Cimiterium Nostrum!
..
L’Italia si troverà così da sola ad affrontare l’emergenza che si profila per questa estate. Ma ancora più grave è la decisione di distruggere le imbarcazioni , che la Libia interpreterà come un atto di guerra. E questo dopo la guerra del 2011 che ha creato il caos libico di oggi. “Vergognoso colpire le imbarcazioni”, ha reagito giustamente padre G. Perego della Migrantes.
Siamo in guerra contro gli impoveriti del Sistema, che è la causa del loro Esodo biblico. Ed è solo l’inizio: aumenteranno gli esodi in massa, perché provocati anche dal surriscaldamento.
Come credente e come discepolo di Gesù non posso accettare tali barbarie.
….
E’ inaccettabile che una decisione politica vada riempiendo di tombe il cammino che i poveri percorrono con la forza di una speranza. E’ inaccettabile che merci e capitali godano di più diritti dei poveri per entrare in un Paese. E’ inaccettabile che si rivendichino frontiere per i pacifici della terra e si tollerino frontiere permeabili al denaro, alla corruzione, al turismo sessuale, alla tratta delle persone e al commercio delle armi.”
un NO chiaro ad un’altra guerra per distruggere le imbarcazioni.
 

p. Zanotelli: “ma che natale celebra questo paese?”

vittime

le forti puntualizzazioni e critiche di p. Zanotelli a una politica e ad una realtà ecclesiale senza animo e senza autenticità evangelica:

 

Ma che Natale celebra questo paese?

Ma che Natale celebrano le comunità cristiane d’Italia?

 

I gravi eventi di questi giorni ci obbligano a porre questi interrogativi. Le immagini del video- shock: immigrati nudi e al gelo, nel CIE di Lampedusa, per essere ‘disinfestati’ dalla scabbia con getti d’acqua. Immagini che ci ricordano i lager nazisti.

Le foto degli otto tunisini e marocchini del CIE di Porta Galeria a Roma con le labbra cucite in protesta alle condizioni di vita del centro. Bocche cucite che gridano più di qualsiasi parola!

Ed ora il deputato Khaled  Chaouki che si rinchiude nel CIE di Lampedusa ed inizia lo sciopero della fame, per protestare contro le condizioni disumane del centro e in solidarietà con i sette immigrati che , per le stesse ragioni, digiunano .

Sono le urla dei trecento periti in mare il 3 ottobre a Lampedusa, le urla dei quarantamila immigrati morti nel Mediterraneo che è diventato ormai un cimitero.

Tutto questo è il risultato di una legislazione che va dalla Turco-Napolitano che ha creato i CIE, alla Bossi-Fini che ha introdotto il crimine di clandestinità e ai decreti dell’allora ministro degli Interni, Maroni, che trasudano di razzismo leghista. Possiamo riassumere il tutto con una sola parola: Razzismo di Stato.

Le domande che sorgono sono tante e angoscianti.

Come mai un paese che si dice civile ha permesso che si arrivasse ad una tale legislazione razzista e a una tale tragedia?

Come mai la  Conferenza Episcopale Italiana sia rimasta così silente davanti a un tale degrado umano?

Come mai la massa delle parrocchie e delle comunità cristiane non ha reagito a tante barbarie?

“Sono venuto a risvegliare le vostre coscienze- ha detto Papa Francesco quando è andato a Lampedusa.” Ed ha aggiunto: “La cultura del benessere ci rende insensibili alle grida degli altri.”

Ma allora viene spontaneo chiederci: “Ma che Natale celebriamo?” Natale non è forse fare memoria di quel Bimbo che nasce sulle strade dell’Impero (“non c’era posto per lui nell’albergo”) e diventa profugo per fuggire dalle mani di Erode? Natale è la proclamazione che il Verbo si fa carne, carne di profughi, di impoveriti, di emarginati. “La carne dei profughi-ci ha ricordato Papa Francesco- è la carne di Cristo.”

E allora se vogliamo celebrare il Natale, sappiamo da che parte stare, con chi solidarizzare.

Ecco perché dobbiamo avere il coraggio di chiedere al governo italiano , come dono di Natale, l’abolizione delle leggi razziste emanate in questi anni dalla Turco-Napolitano alla Bossi-Fini , e il varo di una legislazione che rispetti i diritti umani e la Costituzione. Inoltre chiediamo che in questa nuova legislazione venga introdotto il diritto all’asilo politico e allo ius soli.

E altrettanto chiediamo, come dono di Natale, ai vescovi italiani un documento che analizzi, in chiave etica, la legislazione razzista italiana e proponga le strade nuove da intraprendere per arrivare a una società multietnica e multireligiosa. Proprio per evitare quel pericolo che Papa Francesco ha indicato nel suo discorso a Lampedusa: ”Siamo caduti nell’atteggiamento ipocrita del sacerdote e del levita, di cui parla Gesù nella parabola del Buon Samaritano: guardiamo il fratello mezzo morto sul ciglio della strada e continuiamo per la nostra strada, non è compito nostro; e con questo ci sentiamo a posto.”

Auguro a tutti di posare davanti al presepe dove troverete un Bimbo-profugo vegliato da una famiglia transfuga e attorniato dal bue e dall’asino che ci ricordano le parole del profeta Isaia:

“Il bue conosce il proprietario

e l’asino la greppia del padrone,

ma il mio popolo non comprende.”

Alex Zanotelli

Zanotelli

Napoli, padre Zanotelli caricato dalla Polizia. Si opponeva al trasferimento di richiedenti asilo in un CIE

zanotelli

Fonte: Repubblica

“Sono bambini. Li state mandando in un lager. Dovete passare su di me”. Ma la furia di chi obbedisce al governo e alla legge che punisce gli immigrati non risparmia neanche un uomo di chiesa, padre Alex Zanotelli. Pur di far partire in fretta in una camionetta i nove africani della “Vera D.”, pur di chiudere la questione che ha agitato il porto di Napoli e le coscienze nell’ultima settimana, senza il minimo rispetto hanno buttato a terra persino il sacerdote che difende i diritti civili e si prodiga per l’umanità. Sta bene, il paladino di chi non ha voce e lotta per sopravvivere, ma è tornato a casa addolorato, come chi ha sostenuto una battaglia persa.

Intorno alle 21 la protesta era davanti ai garage della questura in via dei Fiorentini: “Siamo tutti clandestini” gridavano i manifestanti. Organizzazioni umanitarie, centri sociali, la Cgil con Jamal Quoddorack che hanno seguito dall’inizio la vicenda. L’assessore Giulio Riccio e il sindaco Iervolino vanno via aprendo le braccia: “Non c’è niente da fare”. Ma Zanotelli resta, con i suoi collaboratori, tra i quali Felicetta Parisi, che è in lacrime. “Li abbiamo visti, li abbiamo visti bene, erano vicino a noi – piange – non c’è alcun dubbio che sono minorenni”, riferendosi alla querelle sull’età dei cinque clandestini più giovani, tre dei quali erano stati giudicati maggiorenni dall’ospedale dove erano stati visitati. “Anche secondo il parere dei medici ospedalieri l’età scheletrica era intorno ai 18 anni – dice ancora Parisi – ma ci sono due anni di scarto in quell’analisi. Me ne assumo io la responsabilità. Sono un medico, un pediatra: erano minori. Li hanno spediti in un lager. Questa è una ignominia, una vergogna, viviamo l’epoca della disumanità”.

Padre Zanotelli ha salito le scale della questura ed è tornato indietro poco dopo amareggiato: “Non c’è niente da fare, li portano via”. Intanto i celerini si radunavano sotto il palazzo. “Dopo ore di trattative, di promesse, all’improvviso è arrivata la celere e abbiamo capito che li avrebbero portati a Brindisi – dice il sacerdote – Eppure c’era la richiesta di asilo politico, il Comune aveva trovato per loro una sistemazione”. Zanotelli viene accompagnato dai collaboratori, a proseguire nel racconto è Felicetta Parisi: “Quando Alex è sceso noi ci siamo messi davanti al garage da dove doveva uscire la camionetta – dice – Zanotelli voleva stendersi per terra, voleva protestare contro questo sopruso. E ha detto ai poliziotti: “Nessuno ha chiesto a questa gente che cosa ha fatto nell’ultimo mese, come ha vissuto, di che cosa ha bisogno. È una vergogna. Per me potete passare sul mio corpo, prima di prenderli”. Allora è scoppiato un tafferuglio, i poliziotti si sono lanciati verso di noi e Alex è stato scaraventato per terra”.

I collaboratori del sacerdote, indignati, denunciano: “Per ore la questura ha portato avanti quello che sembrava un dialogo. Era falso. Per la prima volta Napoli, la città dell’accoglienza e dell’umanità, si è macchiata della strage degli innocenti. Lo sanno tutti i Cie sono dei lager”.

p. Zanotelli e il no alla guerra!

zanotelli (2)

GLOBALIZZIAMO LA PACE!

di Alex Zanotelli

“NO alla guerra!”, ha gridato Papa Francesco per bloccare l’attacco militare alla Siria e ha indetto per il 7 settembre una giornata di preghiera e di digiuno, per scongiurare il flagello di un’altra guerra che potrebbe diventare mondiale .

Il nostro è un NO secco alla guerra in Siria. Dovremmo aver capito dalle guerre in Iraq, Afghanistan, Libia e Mali che questi interventi armati, che hanno costato la vita a milioni di civili innocenti, donne e bambini, non hanno risolto nulla. Basta con la GUERRA! “L’intervento americano in Siria nasce nell’illusione di una ‘guerra lampo’- ha scritto il massimo poeta arabo, il siriano Adonis. Rischia invece di sfuggire di mano, di aizzare il conflitto e di ripetere il peccato mortale in cui sono scivolati sia l’opposizione armata, sia il regime siriano. La guerra è un’attrazione demoniaca.” Per questo ascoltiamo il grido accorato di Papa Francesco: “Con tutta la mia forza, chiedo alle parti in conflitto di ascoltare la voce della propria coscienza, di non chiudersi nei propri interessi, ma di guardare all’altro come a un fratello e di intraprendere con coraggio e con decisione la via dell’incontro e del negoziato, superando la cieca contrapposizione.” Ed esorta la comunità internazionale “a fare ogni sforzo per promuovere, senza ulteriore indugio, iniziative chiare per la pace in Siria, basate sul dialogo e sul negoziato, per il bene dell’intera popolazione siriana.”

Anche noi oggi ci uniamo a Papa Francesco e a tutti gli uomini/donne di buona volontà per dire NO a un attacco militare contro la Siria che mieterebbe altre vittime innocenti oltre i centomila morti e i sei milioni di rifugiati siriani. “Troppi interessi di parte –ha scritto il Papa a Putin- hanno impedito finora l’inutile massacro!”

Il presidente degli USA, B. Obama ha già deciso l’attacco. Aspetta solo il consenso del Congresso. (Non così Hollande che è già pronto). Purtroppo il Presidente statunitense è prigioniero del “Complesso Militar-Industriale americano”(così lo definiva Eisenhower), che investe oltre 700 miliardi di dollari all’anno in Difesa. Queste armi servono a difendere lo stile di vita del 20% del mondo che consuma l’80% delle risorse del Pianeta. La guerra è insita in questo nostro Sistema di morte.

Ma noi non ci rassegniamo, siamo anche noi prigionieri di quell’antico Sogno del profeta Isaia: “Una nazione non alzerà più la spada contro un’altra, non impareranno più l’arte della guerra.”

Per questo, credenti e non credenti, ma amanti della pace, accogliamo l’invito di Papa Francesco a digiunare, possibilmente insieme, davanti alle chiese o nelle piazze. E i credenti di tutte le religioni si ritrovino nelle chiese, nei luoghi di culto, nelle sinagoghe e nelle moschee, a pregare l’unico Dio, che è il Dio della vita e non della morte.

Ma non basta per noi italiani, pregare e digiunare se non ci impegniamo a costruire la pace nella quotidianità con un impegno serio a:

-accettare la nonviolenza attiva e viverla nelle nostre relazioni familiari, sociali, culturali, religiose;

-premere perché il governo italiano non accetti di partecipare alla guerra in Siria e non permetta l’uso delle nostre basi militari per questo attacco;

-rifiutare che il governo italiano spenda 26 miliardi di euro in Difesa come ha fatto lo scorso anno (3 milioni di euro ogni ora!);

-annullare l’acquisto dei 90 F35, che ci costeranno 15 miliardi di euro;

-rifiutare che Sigonella (Sicilia) diventi la capitale mondiale dei droni e Niscemi (Sicilia) diventi il più importante centro mondiale delle comunicazioni militari.

Solo così questa giornata di preghiera e di digiuno, indetta da Papa Francesco, potrà essere efficace e far ripartire con forza in questo paese, un movimento unitario per la pace (non è concepibile che le varie realtà che operano in Italia per la pace non riescono a creare un unico grande movimento!).

La Pace può e deve sbocciare sulla faccia della Terra.

Alex Zanotelli

image_pdfimage_print