un papa che … rompe!

un papa che disturba

papa-francesco

di Isabelle de Gaulmyn in “La Croix” del 24 luglio 2015

Il papa disturba. Finché si limitava a criticare i comportamenti della Curia, i cattolici lo applaudivano. Ma quando, nell’enciclica Laudato si’, o nel suo viaggio in America Latina, denuncia una “economia che uccide” e un sistema che “continua a negare a migliaia di milioni di fratelli i diritti economici, sociali e culturali più elementari”, comincia, qua e là, a suscitare reazioni negative. Esagera, si mormora in certi ambienti, soprattutto negli Stati Uniti, dove gli si affibbia sprezzantemente il soprannome di “papa della Pampa”. Attacco troppo facile, che vorrebbe attribuire tutto ciò che il suo discorso ha di forte alle sue radici. Insomma, questo papa resterebbe troppo segnato dalla sua America Latina d’origine: quello che forse va bene per quel sottocontinente, non può essere adatto all’Occidente, dicono, dove la realtà sarebbe più complessa, e le disuguaglianze sociali meno forti.

Francesco, come ha detto lui stesso, non si discosta dalla più classica dottrina sociale della Chiesa. È da tempo che essa denuncia un liberalismo che teoricamente dovrebbe autoregolarsi, è da tempo che afferma che, al di sopra della proprietà privata, c’è il diritto ad una giusta attribuzione dei beni universali, e alla dignità di ogni uomo. Certo, la sua esperienza pastorale in una delle megalopoli più ingiuste del mondo dà a questo discorso una forza particolare. Soprattutto, questo papa venuto dal Sud, ripete incessantemente che il mondo è diventato globale: “L’interdipendenza planetaria richiede risposte globali ai problemi locali”, ha dichiarato in Bolivia. L’Europa non è al riparo dai drammi del mondo più di altre aree geografiche, come la tragedia dei migranti ci ricorda ogni giorno.

In questa critica, papa Francesco riconosce che la Chiesa non ha il monopolio della verità. Ripete anche che non si tratta di fare un discorso ideologico, ma di partire dalla condizione reale degli uomini e delle donne, da cui la Chiesa di Cristo non può fuggire. In fondo, in un mondo in cui l’economia può asservire degli uomini e sfigurare il pianeta, chiedere una conversione radicale non è un’utopia. E’ solo dar prova di realismo.