Rom e Sinti, tra sgomberi forzati, parole d’odio e falsi miti
di Andrea Scutellà
‘il rapporto dell’Associazione 21 Luglio’ : “aumentano gli sgomberi per il Giubileo”
in Italia abita lo 0,25% dei Rom; solo il 3% di loro è nomade. In 40mila vivono nei campi. C’è chi in Tv li definisce “feccia della società”: ma i bambini hanno un’aspettativa di vita è inferiore di 10 anni e all’Università non arrivano mai
Roma – È il 9 luglio 2014, in riva al fiume Aniene. Trentanove persone di etnia Rom subiscono uno sgombero forzato dal loro accampamento, in via di Val d’Ala. Supportate da Amnesty International e dall’Associazione 21 Luglio chiedono una sistemazione alternativa. “Dopo ore di intense trattative – riporta una nota dell’Associazione 21 Luglio – ai rom viene offerta l’accoglienza all’interno dell’ex Fiera di Roma”. Il 30 novembre, però, arriva la notifica di uno sgombero imminente. I 15 nuclei familiari verranno rimpatriati in Romania. Salvo trovarsi, di nuovo, a fine febbraio 2015, in riva al fiume Aniene. “Lo sgombero forzato ha avuto un costo totale di 168.400 euro, senza che sia stata trovata alcuna risposta adeguata alle famiglie coinvolte”. Ecco un chiaro esempio di “Gioco dell’Oca”, che 21 Luglio denuncia nel suo primo rapporto nazionale: presentato proprio l’8 aprile, nella giornata internazionale dedicata ai Rom, Sinti e Camminanti.
Giubileo in vista: aumentano gli sgomberi. “Dopo l’annuncio del Giubileo, nel periodo compreso tra il 13 e il 30 marzo – spiega Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio – si è passati da una media 2 sgomberi al mese a 6 a settimana. C’è un libro di Tano D’Amico sull’evento del 2000, che si intitola Il Giubileo nero degli zingari. Alle istituzioni suggerirei di evitare questo rischio”. Una preoccupazione condivisa da Riccardo Magi, presidente dei Radicali italiani e consigliere comunale di Roma. “Il rischio – precisa – è quello di cedere a interventi di decoro o pulizia della città in netto contrasto con le politiche sociali”. L’esempio della comunità di via Val d’Ala è dietro l’angolo. “Gli sgomberi, lasciando la situazione invariata, muovono tre cose – conclude Stasolla -: i rom, i soldi e i voti”. Cacciare una comunità rom, infatti, è di sicuro appeal elettorale.
A Milano si sgombera per l’Expo. “Lo sgombero come metodo è legittimo” precisa Carlo Stasolla “ma diventa forzato quando non si rispettano i parametri stabiliti dalle organizzazioni internazionali”, cioè quando manca un preavviso sufficiente e le giuste alternative alla vita in strada per le famiglie. A Roma, lo scorso anno 34 sgomberi forzati hanno coinvolto circa 1.135 persone, secondo i dati forniti da 21 Luglio. A Milano, invece, 191 sgomberi hanno riguardato oltre 2.200 persone. Secondo le Associazioni Naga e Errc vengono chiamati “allontanamenti medio-grandi” quelli eseguiti per opere legate all’Expo e “micro-allontamenti” quelli “frutto della pressione di cittadini” che spesso non rispettano “la normativa vigente”.
Il sistema dei campi e i flussi di denaro in aumento. “Dal 2000 l’Italia è stata definita il Paese dei campi”. L’Associazione 21 luglio nel suo rapporto denuncia con forza “la politica segregante volta a gestire e a mantenere un sistema abitativo parallelo per soli rom, ovvero su base etnica“. Un sistema che è costato alla sola città di Roma circa 22 milioni di euro nel 2013, secondo “Campi Nomadi spa”, un documento prodotto da 21 luglio nel 2014, che aveva anticipato la collusione tra politiche sociali e malaffare emersa con l’inchiesta Mafia Capitale. L’Associazione annuncia un “Campi nomadi bis” in uscita il 6 maggio, focalizzato sullo scandalo dei centri di raccolta “temporanei” dei rom. Stasolla non si sbottona troppo sui flussi di denaro diretti verso i campi, ma anticipa che “non sono diminuiti, anzi sono aumentati rispetto al passato”.
La longa manus della Cooperativa 29 giugno. Il solo “villaggio” di Castel Romano, su cui era stesa la longa manus della Cooperativa 29 Giugno, sarebbe costato, secondo le stime di 21 Luglio, oltre 5 milioni di euro. Ancor più preoccupante diviene il fatto se paragonato “con quanto il Governo italiano ha dichiarato di avere destinato a politiche di inclusione rivolte ai rom nel documento presentato in sede di Revisione Periodica Universale presso le Nazioni Unite (senza specificare l’arco temporale): 19.830.000 euro”.
?Dall’emergenza all’inclusione.? Erede della sciagurata stagione della “emergenza nomadi” (2008-2011) – che permise di agire in deroga a diverse leggi nella gestione dei campi – la Strategia nazionale di inclusione dei Rom, Sinti e Camminanti (2012) “ce l’ha chiesta l’Europa” ed è imperniata su 4 cardini: alloggio, salute, impiego e istruzione. La stagione “emergenziale” si è conclusa a suon di sentenze, considerata illegittima dal Consiglio di Stato nel 2011, con conferma della Cassazione nel 2013. Ad oggi, nonostante i buoni propositi, l’attuazione del nuovo piano vive di ritardi e confusioni.
I rischi della discrezionalità dei Comuni. La discrezionalità degli enti locali non solo nei confronti delle istituzioni nazionali, ma anche nei rapporti reciproci, per l’applicazione dei provvedimenti “può condurre a situazioni in contrasto con la Strategia”, sottolinea 21 Luglio. “I Comuni possono attivare misure proprie a prescindere dagli orientamenti delle Regioni (…) come di fatto avviene”. Le politiche figlie delle vecchie logiche emergenziali, come la costruzione di nuovi campi, sono costate dal 2012 ad oggi, secondo i calcoli di 21 luglio, circa 13 milioni di euro. Inoltre l’attivazione dei tavoli regionali, fulcro del piano, procede a rilento: a febbraio 2015 erano operativi appena 10 su 20 previsti. Regioni con una consistente percentuale di popolazione rom, come Lombardia e Veneto, sono ferme al palo. Il tavolo del Lazio, invece, pur istituito, non è ancora stato convocato.
Numeri di una percezione sballata. Gli organismi internazionali hanno spesso sottolineato come in Italia manchino adeguati strumenti di monitoraggio per valutare l’inclusione dei Rom, Sinti e Camminanti. I pochi numeri che ci sono, frutto di stime e non di censimenti, bastano a confutare alcuni luoghi comuni. Non solo l’Italia non è “invasa” dai rom, ma, tra i paesi europei, è quello che ne ha le percentuali più basse: appena lo 0,25% sul totale dei residenti. Metà di loro ha la cittadinanza italiana. Le stime del Consiglio d’Europa oscillano tra le 120mila e le 180mila persone, di cui 40mila vivono nei “campi nomadi”. A proposito di nomadismo, c’è un altro mito da sfatare: appena il 3% dei rom continua a viaggiare, secondo il Rapporto Conclusivo dell’indagine sulla condizione di Rom, Sinti e Camminanti in Italia diffuso dalla Commissione Diritti Umani del Senato nel 2011.
Baraccopoli e magazzini. I luoghi in cui abitano i rom rientrano spesso nella definizione di baraccopoli stabilita dall’Un-Habitat delle Nazioni Unite. Gli abitati “sono spesso delimitati da recinzioni” e “videosorvegliati”, si legge nel rapporto di 21 Luglio. Sono “al di fuori del tessuto urbano e distanti dai servizi primari, come scuole, ospedali e supermercati” tantoché “l’isolamento spaziale spesso si traduce in isolamento sociale”. Le “condizioni igienico-sanitarie” sono “critiche” e le “unità abitative sono temporanee, solitamente bungalow, container o roulotte”. Il “Best House Rom”, il discusso centro di raccolta temporaneo di Roma senza luce e aria naturale in cui vivono 300 rom ormai da 2 anni, è accastato come magazzino. La segregazione sulla base dell’origine etnica, inoltre, potrebbe costare all’Italia l’ennesima procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea.
I minori rom. Oltre il 60% dei rom presenti in Italia hanno meno di 18 anni, secondo Opera Nomadi. Di questi “almeno 15mila” sarebbero “a rischio apolidia”. La condizione, cioè, di inesistenza di fatto per la burocrazia italiana, che ha ripercussioni gravissime sulla vita quotidiana: l’impossibilità di avere un pediatra o un medico di famiglia, di iscriversi a scuola, di contrarre un prestito, un mutuo, di prendere la patente di guida, di iscriversi alle liste di collocamento. Di vivere, insomma.
Un bambino ha possibilità di laurearsi prossime allo zero. Un bambino che vive in un “campo nomadi” in Italia, secondo le stime raccolte da 21 Luglio, ha possibilità prossime allo 0 di intraprendere un percorso universitario e neanche l’1% di frequentare le scuole superiori. Tra la scuola primaria e la secondaria di primo grado abbandonano il 50% dei minori rom e sinti. Circa il 95%, invece, getta la spugna tra le medie e le superiori. Infine un bambino appartenente alle minoranze zigane ha un’aspettativa di vita di 10 anni inferiore rispetto a un collega gagè. E dire che i progetti di scolarizzazione dei rom, nel solo Comune di Roma, sono costati 3,2 milioni nell’anno solare 2014.
E tocca pure sentire quello della Lega: “Sono la feccia della società”. “I rom sono la feccia della società” dice in diretta Tv l’europarlamentare della Lega Nord, Gianluca Buonanno. Un’affermazione dell’arguto deputato che ha scatenato l’applauso del pubblico di Piazza Pulita, immediatamente stigmatizzato dal conduttore Corrado Formigli. Nel 2014 altri 442 discorsi d’odio – calco dell’inglese hate speech – hanno afflitto il dibattito pubblico italiano, “di cui 204 ritenuti di particolare gravità”. L’87% dei questi discorsi sono stati pronunciati da uomini politici. Ne risulta un bombardamento quotidiano da parte di alcune forze politiche contro i Rom, i Sinti e i Camminanti.
Sentimenti antizigani. Non deve stupire, allora, il triste primato risultato dal sondaggio del Pew Research Centre, secondo cui l’85% degli italiani esprime sentimenti antizigani. Per ogni Buonanno che parla c’è una folla pronta ad applaudire. Una volta acclamata, la parola, non fatica a trasformarsi in azione: da parte dell’istituzioni – Borgaro, provincia di Torino: un sindaco Pd e un assessore ai trasporti di Sel hanno pensato a una linea bus dedicata esclusivamente al servizio tra il campo rom e il capolinea – della società civile – “È severamente vietato l’accesso agli zingari” recitava il cartello appeso all’ingresso dell’esercizio commerciale romano – e dei singoli individui, probabili autori dei numerosi incendi che hanno interessato molti “campi nomadi” nel 2014.