una strage di bambini a Gaza

 

a Gaza è in corso una strage di bambini, un precedente pericoloso per
tutta l’umanità

di Guido Rampoldi
in “Domani” del 8 gennaio 2025

La denuncia all’Onu della dottoressa statunitense Tanya Haj-Hassan, medico di terapia intensiva
pediatrica, per alcuni mesi volontaria nell’ospedale di Gaza: «Cosa resta da dire per convincere il
mondo a reagire?»
Secondo fonti militari israeliani citate dal Jerusalem Post, a Gaza un numero rilevante di miliziani
palestinesi sono minorenni privi di un reale addestramento: Hamas sta diventando un esercito di
ragazzini. Grazie ai nuovi ingressi avrebbe in parte ovviato alle perdite subite e oggi, sommata
all’organizzazione gemellata, la Jihad, conterebbe 12mila effettivi (20-23mila secondo le fonti
interpellate dalla tv israeliana Channel 12). Piccoli gruppi continuano a operare anche nel nord di
Gaza, benché quel territorio sia stato spopolato dall’Idf con operazioni che israeliani autorevoli – un
ex premier, un ex capo di stato maggiore, il quotidiano Haretz – descrivano esplicitamente come
«pulizia etnica» (termine, insieme ad “apartheid israeliano”, tuttora tabù per il timoroso
opinionismo italiano).
Se stiamo al proposito dichiarato dal governo Netanyahu – distruggere Hamas – la guerra è fallita.
La brutalità dell’intervento ha prodotto per reazione stuoli di guerrieri in erba decisi a vendicare i
lutti e le sofferenze di cui sono state vittime e testimoni. Per intuirlo sono perfino superflui i report
sugli “acts of genocide” commessi dall’Idf (l’ultimo, prodotto da Amnesty, è stato ripreso con
evidenza da New York Times e Washington Post; scarsa o nulla l’eco sulla stampa italiana).
La strage dei bambini
È sufficiente la testimonianza resa alle Nazioni Unite dalla statunitense Tanya Haj-Hassan, medico
di terapia intensiva pediatrica, per alcuni mesi volontaria nell’ospedale di Gaza. Il suo racconto vale
un centinaio di editoriali sul tema.
«Come uno dei pochi osservatori internazionali a cui è stato permesso di entrare a Gaza, posso
dirvi: passate solo 5 minuti in un ospedale e diventerà dolorosamente chiaro che i palestinesi
vengono massacrati intenzionalmente, affamati e spogliati di tutto il necessario per vivere (…) Intere
famiglie sono state cancellate. I nostri colleghi del settore sanitario e del settore umanitario vengono
uccisi in numero da record. Abbiamo curato innumerevoli bambini che hanno perso intere famiglie,
un fenomeno così frequente a Gaza che è stato dato loro un nome specifico: “Bambino ferito senza
famiglia sopravvissuta”. Abbiamo tenuto le mani dei bambini mentre esalavano il loro ultimo
respiro, ed eravamo l’unica persona, a loro sconosciuta, che potesse tentare di confortarli».
Ospedali nel mirino
Significativa è anche la premessa che Tanya Haj-Hassan ha anteposto alla sua deposizione: «Prima
di condividere ciò di cui sono stata testimone, voglio citare il mio collega dottor Mohammed
Ghanim, un giovane medico del pronto soccorso che è stato ucciso un mese fa da un drone
israeliano (…): “Ho evitato di diffondere storie tragiche per due motivi. La prima: so che non serve
a niente. La seconda: non riesco a trovare le parole per descrivere quel che accade”. Provo la stessa
sensazione. Cosa resta da dire per convincere il mondo a reagire? (…) Non ci sono parole che
trasmettano adeguatamente quanto perversa sia questa aggressione. Ricordo Mohammed, 5 anni,
con una ferita alla testa, probabilmente un colpo d’arma da fuoco, che è morto al pronto soccorso
perché non c’erano letti in terapia intensiva. (…) O il tredicenne Amer che aveva subito un grave
trauma al collo dopo che la sua casa è stata bombardata e continuava a chiamare sua sorella. Non
l’aveva riconosciuta nella ragazza che era nel letto accanto a lui, le ustioni l’avevano resa
irriconoscibile. Dopo la sua morte Amer restò l’unico membro sopravvissuto della sua famiglia.
Ricordo la sua voce dolce che mi sussurrava all’orecchio: “Vorrei morire con loro. Tutti quelli che
amo sono in paradiso. Non voglio più essere qui”. (…) Tutto ciò che è necessario per sostenere la
vita umana è sotto attacco a Gaza, e lo è da molto tempo: acqua, cibo, riparo, istruzione, assistenza
sanitaria, energia, fognature e servizi igienico-sanitari. Tutte le università di Gaza sono state
distrutte, comprese le uniche due scuole di medicina in cui insegnavo (…).
Immaginate questi bambini, le madri, i padri che cercano disperatamente cure mediche e speranza
in uno dei pochi ospedali rimasti a Gaza. Poi si spegne l’elettricità. L’ingresso dell’ospedale viene
colpito da un missile. L’ospedale ha ricevuto (dagli israeliani) l’ordine di evacuazione. È
apocalittico. Quello stesso ospedale – dove ho assistito a ciascuna di queste orribili tragedie – è
stato preso di mira più volte negli ultimi 14 mesi, così come praticamente ogni altro ospedale di
Gaza. Gli ospedali e gli operatori sanitari sono stati sistematicamente presi di mira dall’esercito
israeliano fin dal primo giorno. Uccisi, imprigionati, torturati. Ho incontrato personalmente
operatori sanitari che hanno descritto torture fisiche, psicologiche e sessuali inflitte dall’esercito e
dalle guardie carcerarie israeliane. Una delle mie infermiere, Saeed, è stata rapita e detenuta per 53
giorni. Ha descritto le forme più orribili di tortura. (…).
Il dottor Ghanim, che ho citato prima, ha scritto in aprile, 6 mesi prima di essere ucciso:
“(…)Eravamo 13 medici al pronto soccorso, tutti siamo stati torturati a diversi livelli e 6 sono stati
feriti o imprigionati. Sto parlando solo del dipartimento di cui ero responsabile e non sto parlando
dei medici di altri dipartimenti che sono stati assassinati dopo essere stati arrestati o dei medici la
cui sorte è ancora sconosciuta”. Oltre mille operatori sanitari sono stati uccisi a Gaza. Altre
centinaia sono stati detenuti in Israele. Almeno quattro sono stati uccisi durante la prigionia (…)
Molti sono stati uccisi mentre cercavano di salvare i feriti in quelli che sono tristemente noti come
gli attacchi israeliani doppi e tripli – un posto viene colpito, poi colpito di nuovo una seconda e una
terza volta quando i soccorritori sono arrivati per soccorrere le vittime. (…)».
Gaza, un precedente per l’umanità
Per minimizzare questa testimonianza ci vengono offerti vari espedienti. Innanzitutto si dirà che la
dottoressa Tanya Haj-Hassan, avendo un cognome arabo, dev’essere certamente un’antisemita,
accusa però svuotata dall’uso grossolano e meccanico che ne fanno anche in Italia vari esponenti
della multiforme destra ebraica: se tutti sono in odore di antisemitismo (perfino il papa, per aver
espresso l’auspicio che la giustizia internazionale indaghi quel che Israele combina a Gaza) non lo è
nessuno, può concludere la giudeofobia autentica. Un metodo meno ottuso consiste nel buttarla
sulla visione prospettica.
Si dirà: se l’Asse del Male minaccia la nostra civiltà (giudaico-cristiana, s’intende) che altro sono se
non un dettaglio i tormenti inflitti alla popolazione di Gaza? E poi quel conflitto non è diverso da
qualunque altro conflitto, dunque perché commuoversi per i bambini di Gaza? È la guerra, signora
mia, cosa si aspettava? Rifletta, quale esercito non ha commesso crimini di guerra?
In realtà qui si parla soprattutto di crimini contro l’umanità, infamie piuttosto rare in questo secolo,
tali da autorizzare la spaventosa profezia che ci consegna Tanya Haj-Hassan: «Il precedente che è
stato stabilito a Gaza si diffonderà ovunque in tutto il mondo. Segna la fine dello stato di diritto.
Come ha detto un mio collega, un volontario: “Quando ero a Gaza, mi sembrava di assistere al
preludio della fine dell’umanità”. Se la solidarietà con i tuoi simili non è una ragione sufficiente per
agire, pensa a come questo si ripercuoterà su di te. La domanda con cui vi lascio è: cosa stiamo
rischiando noi tutti?».

image_pdfimage_print

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Time limit is exhausted. Please reload CAPTCHA.